La sinistra, nel suo
delirio antirazzista e politicamente corretto, è riuscito, almeno per quanto mi
riguarda, in una impresa incredibile: rendermi simpatiche le compagnie di
navigazione Moby, Tirrenia, e il loro proprietario Vincenzo Onorato. Si,
esatto, proprio loro. Proprio quelle su cui viaggi – le uniche due che
collegano la Sardegna alla penisola, appartenenti alla stessa persona – e che,
ogni volta che per disgrazia sono costretto a sbarcare a Fiumicino o a Genova
con l’auto, se sono da solo non mi costano meno di 300 euro con il passaggio auto
e un posto letto; proprio quelle che la cui mensa in cui ti servi da solo non
ti costa meno di 30/40 euro con un primo, un secondo e una Coca-Cola, manco
fossi da Pomata (noto ristorante cagliaritano).
Cosa è successo? È stata
la campagna pubblicitaria congiunta di Tirrenia e Moby a ridare fiato a quella
sinistra che ha fatto dell’antifascismo una bandiera e che è stata giustamente
e sonoramente sconfitta alle urne.
Questo lo spot: “Navigare italiano non è uno slogan, è un
impegno: significa avere 5.000 lavoratori italiani altamente qualificati, per
offrirvi un servizio sempre impeccabile. Significa riconoscere il valore e la
professionalità dei nostri connazionali e portare lavoro e fiducia nei nostri
porti. Significa darvi solo il meglio per trasformare il vostro viaggio in una
vacanza”.
Le due compagnie di
navigazione, insomma, hanno fatto ciò che dovrebbe essere normale in qualunque
Nazione, in qualunque famiglia, in qualunque comunità: privilegiare prima di
tutto i propri concittadini. In una situazione di disoccupazione al 30% -
addirittura 40% tra i giovani – con un immenso esercito di lavoratori sfruttati
e sottopagati quali sono gli immigrati (spesso e volentieri clandestini) questo
dovrebbe essere considerato meritorio e lodevole.
Invece tutto un esercito
di disadattati sociali che era finito giustamente nel dimenticatoio ha trovato
nuovo vigore. Primo fra tutti quel Saverio Tommasi che, almeno tra le persone
di buon senso che utilizzano Facebook, è diventato giustamente famoso per le
scempiaggini che “spara” con una cadenza impressionante, una sorta di Cristiano
Ronaldo della demenza, famoso per: aver confuso un evento su Facebook fatto
apposta per ridicolizzarlo in una spedizione punitiva; per aver polemizzato con
la direzione dello scalo aeroportuale di Bologna per i fasciatoi introvabili
per i papà, con tanto di cartelli a prova di imbecille disseminati per tutto il
terminal; per aver scritto – senza alcun senso del ridicolo – che Carlo
Giuliani stava andando al mare (con tanto di passamontagna ed estintore sulla
testa per proteggersi dal sole, evidentemente) e quindi “piangiamo tutti un
eroico e valoroso combattente antifascista morto per la libertà”; aver
strepitato contro il crudele dittatore Boko Haram, dimenticando che Boko Haram
non è un dittatore, ma un gruppo terrorista di matrice islamista. E tante altre
perle che non mi vengono in mente (tendiamo a dimenticare le cose brutte o ridicole). Ebbene, il nostro sentenzia: “Se pensi che ti debba considerare migliore
di un altro in base alla nazionalità dei tuoi dipendenti, sei razzista. Non c'è
altro da dire”. Sfugge, a questo tontolone, la differenza tra discriminare
una persona in base alle proprie caratteristiche etniche o razziali e scegliere
di privilegiare i lavoratori marittimi italiani, da sempre sinonimo di qualità
e di alta capacità professionale. Domanda: se è razzista chi, da italiano,
assume lavoratori italiani pagandoli in maniera nettamente superiore a quanto
vengono pagati dalle altre compagnie i loro omologhi stranieri, come dovremmo
chiamare coloro che hanno favorito una immigrazione selvaggia, facendola pagare
ai cittadini italiani in aumento della criminalità e della tensione sociale,
per far ingrassare le coop rosse e i loro amici?
Anche Selvaggia Lucarelli,
che non si sa come è passata dai pettegolezzi da salone di bellezza ad
interessarsi di politica, dice la sua: “Cari
amici di Moby, il tassista che ieri mi ha rifiutato la corsa sotto la pioggia
perché faceva finta di non avere il poss, la tizia della lavanderia che mi ha
consegnato il maglione taglia xxs, il tizio che ci impiega 3 giorni per
rispondere a una mail di lavoro, quello che mi deve consegnare un pacco ma
scrive l’indirizzo sbagliato, il barista sgarbato, l’impiegato che sbuffa
perché deve risolvere un problema e non sia mai, sono tutti italiani. Se pensi
di convincermi a salire sulle tue navi perché il personale italiano lavora
meglio a prescindere, beh, io all’Elba me ne vado a nuoto. P.s. Anche Schettino
era tutto italiano.” Il fatto che esistano degli italiani che nel loro
lavoro sono poco professionali implicherebbe automaticamente poter assumere
tranquillamente gli stranieri infischiandosene dei lavoratori italiani? Dove
starebbe il collegamento tra le due cose? Tant’è: il livello è questo qui.
Per finire la nostra
carrellata di sinistri non poteva mancare Michela Murgia, la scrittrice sarda
famosa per essersi indignata contro il concetto di “Patria” che a suo parere si
sarebbe dovuto cambiare in “Matria” (una sorta di Boldrini in formato nuorese,
però almeno la Murgia sa scrivere), e che ha avuto il solo pregio di capire
che, dopo aver azzeccato l’unico libro in tutta la sua vita, “Accabadora”, le
era rimasta, per stare ancora un po’ sulla cresta dell’onda, la strada dell’antifascismo
duro e puro, da cesso sociale, per intenderci, solo un po’ più snob (e un po’
più ironico, ché non guasta mai: un punto a suo favore). La perla dal suo
profilo Facebook: “Continuità razziale. E
i soldi pubblici che prendono dalla Regione Sardegna servono anche a pagare
questa roba.”, e sotto l’articolo in cui si parla della pubblicità rassista
e fassista. Addirittura “contiguità razziale”… ovvio: dal voler privilegiare i
lavoratori italiani con contratti decenti e dignitosi a rinchiudere tutti gli
omosessuali e gli ebrei nei (presunti e mai dimostrati) campi di sterminio
nasssisti il passo è brevissimo.
In
questo fuoco incrociato di dichiarazioni e di indignazioni a comando c’è ancora
Vincenzo Onorato, persona alla quale non manca di certo la grinta, né come
imprenditore né come uomo: “Onorato
Armatori - è scritto infatti in una nota del gruppo - ha circa 4.750
lavoratori, dei quali meno del 6% è straniero. Ed è proprio questo il messaggio
che si vuole lanciare: navigare con il Gruppo Onorato Armatori vuol dire anche
difendere il lavoro e la dignità dei nostri connazionali, perché una nave che
batte bandiera italiana deve avere marittimi italiani, e non tanti
extracomunitari sfruttati e con stipendi da fame”. Continua, Onorato, e le
sue sono frasi pesantissime: “Chi ci ha
accusato di questo orrendo crimine [essere razzisti, ndr], ha evidentemente perso le puntate
precedenti: le compagnie italiane godono, con una vecchia legge del 1998, della
quasi totale defiscalizzazione e in più hanno l'esenzione al pagamento di
contributi per i propri dipendenti.
A tanta generosità da parte dello
Stato sarebbe dovuto corrispondere soltanto l'impegno di impiegare marittimi
italiani o comunitari. Gli
armatori, con la loro associazione, la Confitarma, hanno disatteso questo
impegno imbarcando al posto di marittimi italiani, marittimi extracomunitari a
stipendio da fame, nel silenzio colpevole della Triplice che ha firmato con
Confitarma accordi liberatori. Morale: i marittimi italiani a casa a fare la
fame (e sono circa 60.000) mentre gli extracomunitari la fame la fanno direttamente
a bordo”.
Siamo
sicuri che questa pubblicità raccoglierà i frutti sperati e meritati e ci
auguriamo, anzi, che possa essere uno stimolo per altre compagnie – importanti come
la Moby-Tirrenia e non – a fare lo stesso: privilegiare l’assunzione di
italiani a scapito degli stranieri. Non è razzismo: è buon senso. L’indignazione
e lo strepitare a comando di personaggetti conosciuti solo ed unicamente per il
loro odio livoroso verso l’Italia e gli italiani, invece, farà la fine di una
scoreggia fatta dentro una tromba d’aria: non sentiremo né il rumore né la
puzza.
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