Capita spesso di leggere qualche
sinistro con il tipico cervelletto che li caratterizza, negare i meriti
Fascisti a proposito di Stato sociale; dicono, i poveretti, che non fu
il Fascismo a creare il sistema pensionistico… Peccato che chiunque
possa verificare online, anche sui siti dell’odierna INPS e di vari
Sindacati, quale sia la realtà; in effetti Nel 1898 la previdenza
sociale muove i primi passi con la fondazione della Cassa Nazionale di
previdenza per l’invalidità e la vecchiaia degli operai, ma si trattava
di un’assicurazione volontaria integrata da un contributo di
incoraggiamento dello Stato e dal contributo anch’esso libero degli
imprenditori. Gli iscritti nel 1899 ammontavano a 978 in tutta Italia
(si pensi che il censimento del 1901 valutava i lavoratori di industria
ed agricoltura in 12 milioni!).
Ancora nel 1919, anno in cui la previdenza divenne obbligatoria, gli iscritti alla Cassa Nazionale erano a malapena 660 mila…
Rispetto agli occasionali interventi dei
precedenti governi, un attento e coordinato studio condusse alla prima
codificazione di una serie di provvedimenti legislativi finalizzati a
tutelare nel concreto la posizione dei lavoratori e la loro dignità
nelle aziende; dalle leggi per la tutela del lavoro di donne e fanciulli (Regio Decreto n° 653 26/04/1923) e di maternità e infanzia (Regio Decreto n° 2277 10/12/1923), passando per l’assicurazione obbligatoria contro la tubercolosi e le esenzioni tributarie per le famiglie numerose, si arrivò all’edificazione dell’INFPS e dell’INFAIL, colossi dello Stato sociale arrivati fino ai nostri giorni, seppure perdendo per strada una “F”.
Citiamo ancora il libretto di lavoro,
le integrazioni salariali per i lavoratori sospesi o ad orario ridotto,
il TFR e la pensione di reversibilità a favore dei superstiti
dell’assicurato e del pensionato.
Quindi, come al solito, la “democrazia”
giudeo – partigiana non ha saputo fare altro se non eliminare il termine
“Fascista” dalle denominazioni, esattamente come è avvenuto per le
opere pubbliche del Fascismo, dalle quali sono state cancellate le
scritte d’epoca ed i vari adornamenti di Fasci Littori ed aquile.
Oggi però, ed è ufficiale, scopriamo che
l’INPS non è più un istituto che garantisce ai lavoratori italiani una
pensione, bensì uno schema di Ponzi! Questo, almeno, stando alle
dichiarazioni di un boiardo di nome Tito (c’è il futuro in un nome
simile!) Boeri, presidente dell’INPS, che ha recentemente dichiarato:
«Abbiamo sempre più bisogno
di immigrati che contribuiscano al finanziamento del nostro sistema di
protezione sociale», mentre «il nostro paese ha chiuso molti canali
d’ingresso regolare».
Ovvero, in parole più semplici, gli immigrati servirebbero a pagare le nostre pensioni!
Ora, per chi non lo sapesse, ecco cos’è il classico schema Ponzi:
Lo schema Ponzi è un modello
economico di vendita truffaldino che promette forti guadagni alle
vittime a patto che queste reclutino nuovi “investitori”, a loro volta
vittime della truffa.
Lo schema di Ponzi permette a
chi comincia la catena e ai primi coinvolti di ottenere alti ritorni
economici a breve termine, ma richiede continuamente nuove vittime
disposte a pagare le quote. I guadagni derivano infatti esclusivamente
dalle quote pagate dai nuovi investitori e non da attività produttive o
finanziarie. Il sistema è naturalmente destinato a terminare con perdite
per la maggior parte dei partecipanti, perché i soldi “investiti” non
danno alcuna vera rendita né interesse, essendo semplicemente incamerati
dai primi coinvolti nello schema che li useranno inizialmente per
rispettare le promesse. La diffusione della truffa spesso diventa di
tale portata da renderla palese, portando alla sua interruzione da parte delle autorità.
Ecco, la differenza sostanziale fra uno
schema di Ponzi e l’INPS è riassunta nelle ultime righe appena
riportate, ovvero, nessuna autorità perseguirà mai l’INPS per i soldi
sottratti ai cittadini con la forza, o con l’inganno, per una previdenza
sociale ormai più presunta che reale. Vedrò di spiegarmi meglio; qual è
il concetto stesso di previdenza sociale? Diciamo accantonare parte di
quello che guadagniamo per poi ritrovarcelo durante i periodi difficili,
o la vecchiaia; come funzionano le assicurazioni private, che
garantiscono a chi le sottoscrive la cosiddetta previdenza integrativa?
Si versa una cifra stabilita, che può essere mensile, o semestrale, ed
alla fine del contratto la si ha indietro in un’unica soluzione, o
tramite versamenti mensili.
Come vengono usati questi soldi che
versiamo? Vengono custoditi ed investiti dalle assicurazioni, che
tramite una diversificazione del portafoglio, ottengono dei rendimenti,
una parte dei quali ritorna al sottoscrittore, mentre un’altra parte
resta alla compagnia assicurativa per pagarsi il “disturbo” di investire
e fare fruttare i soldi dei clienti; ovviamente, oltre a questo viene
riconosciuta al contraente la rivalutazione del capitale, calcolata in
base agli indici ISTAT (altra creatura del Fascismo).
Cosa accade, invece, quando versiamo soldi all’INPS, ovviamente in misura enormemente superiore e non volontariamente?
Dopo 30/35 anni di versamenti, ci
sentiamo dire che i soldi non ci sono più e che abbiamo bisogno di più
extracomunitari per pagarci le pensioni!
Facciamo un rapido calcolo tutt’altro
che preciso, ma che serve almeno a rendere l’idea; un operaio che
incassa mille euro al mese di stipendio, costa all’azienda che lo assume
un cifra analoga di versamenti INPS… Quindi a nome di ogni operaio,
l’azienda versa circa mille euro mensili all’INPS per 35 anni, ovvero
qualcosa come 420 mila euro!
Certo, il calcolo, come detto, è molto
impreciso, in quanto nel corse dei famosi 35 anni cambiano le
retribuzioni, vanno considerate le svalutazioni e magari cambiano anche
le mansioni del lavoratore, ma il calcolo di cui sopra serve
semplicemente a porre una domanda: che fine hanno fatto i 420 mila euro
versati in questa simulazione a nome del lavoratore? E ancora: come mai
invece di investire e rivalutare questi soldi, per poi pagare la
meritata pensione, l’INPS sostiene che non ci sono fondi e che per non
morire di fame dobbiamo sperare nell’arrivo di milioni di
extracomunitari regolari, i quali, con i loro contributi finanzieranno
le pensioni? Semplice, perché i soldi che ingenui e sventurati versano
all’INPS vengono rubati e spesi per tutta una serie di cose che nulla
hanno a che fare con la nostra pensione! Da qui la similitudine con lo
schema di Ponzi: per pagare i primi “investitori” si usano i soldi di
quanti “investono” dopo, fino allo scoppio del sistema ed alla
sparizione degli ideatori, con cassa annessa!
Ecco in sintesi la trasformazione da
INFPS a INPS! Dalla previdenza sociale voluta dal Fascismo, allo schema
di Ponzi voluto dal giudeame “democratico” per arricchire loro stessi e
truffare il cittadino!
Intanto, i soldi che versate come tante
formichine, vengono spartiti da questi delinquenti, che finanziano così
le false pensioni che concedono al Sud come voto di scambio, nonché i
loro stipendi e le loro stesse pensioni! Basta dare uno sguardo a certi
articoli, per capire dove finiscono i nostri versamenti e perché c’è
bisogno di nuovi “adepti” per finanziarsi:
“Roma, 9 marzo 2017 – La
metà o quasi dei super burocrati dell’Inps guadagna 239mila 800 euro,
appena 200 euro sotto il tetto massimo di legge dei 240mila. Una beffa,
rafforzata dall’avere tutti o quasi lo stesso premio di risultato (…)
Comunque, mettendo insieme tutte le voci (parte fissa tabellare,
retribuzione di posizione fissa e variabile, premio di risultato),
scopriamo che nel 2015 risultavano in servizio ben 44 dirigenti di primo
livello, con una retribuzione complessiva annua ampiamente sopra i 210
mila euro a testa, con circa venti recordman a quasi 240 mila euro: da
Giulio Blandamura a Vincenzo Caridi, da Rosanna Casella ad Antonello
Crudo, da Vincenzo Damato ad Antonio De Luca, da Cristina Deidda a
Maurizio Manente, da Flavio Marica a Fabrizio Ottavi, da Luca Sabatini a
Sergio Saltalamacchia, da Maria Sciarrino a Gabriele Uselli e altri. Ad
appena mille euro in meno si trovavano Giovanni Di Monde, Giuliano
Quattrone e Gabriella Di Michele, che a febbraio scorso è stata nominata
direttore generale dell’Istituto (…) Se dalla dirigenza di prima fascia
si passa alla seconda, le retribuzioni restano comunque su livelli
elevati. Su oltre 450 dirigenti di questa categoria, tutti (salvo quelli
nominati in corso d’anno) si portano a casa stipendi ampiamente oltre i
100mila, con una quota rilevante che oscilla tra i 130 e i 150”.
Chiarito dove finiscono i soldi che gli
ingenui credono di versare per la loro previdenza, rimane ancora da
evidenziare un punto che dimostra, oltre ogni dubbio, come l’odierna
INPS non abbia più nulla a che fare con la previdenza sociale, essendosi
trasformata in un’associazione a delinquere dedita all’estorsione nei
confronti dei lavoratori.
Torniamo all’esempio della previdenza
integrativa; che cosa accade al firmatario del contratto se, per
qualsiasi ragione, non può o non vuole proseguire nei suoi versamenti?
Semplice, il cliente comunica di volere
recedere dal contratto, ed ha la facoltà di richiedere indietro quanto
versato; certamente rimettendoci qualcosa in penali varie, ma ricevendo
comunque indietro buona parte dei suoi soldi.
Nella peggiore delle ipotesi, cioè in
caso si voglia recedere dal contratto prima di avere versato per un
minimo di anni, si possono perdere i soldi versati fino ad allora.
Cosa accade, invece, se non si versano i soldi che l’INPS pretende dai cittadini?
Si entra in una spirale di cartelle
esattoriali, ingiunzioni, pignoramenti e quant’altro, nella speranza di
estorcere ai lavoratori quanto richiesto, naturalmente con abbondanza di
sanzioni, interessi e more che non di rado triplicano gli importi
originari!
Ora, vi sembra normale che un ente nato
per tutelare la previdenza sociale dei lavoratori si trasformi un uno
sbirro pronto a pignorarti la casa e l’automobile se rifiuti di pagare i
contributi per la pensione?
Il comportamento logico sarebbe quello
di dire: “Non paghi? Bene, non avrai la pensione”. Invece parte la
caccia al poveraccio, con la gentile partecipazione di Equitalia, dei
suoi eredi e di ufficiali giudiziari assortiti!
E non credete di saldare il contro
crepando! Già, perché i “debiti” con INPS, INAIL ed altri enti criminali
non si estinguono con la morte, ma vengono girati agli eredi.
Dico la cosa con estrema certezza, dato
che quando morì prematuramente mio padre, nel 1997, mi ritrovai pochi
giorni dopo la sepoltura uno di questi maiali stipendiati dallo Stato
davanti alla porta di casa, il quale pretendeva da me, in quanto erede,
il saldo di “debiti” fiscali avuti da mio padre!
Ovviamente congedai con una pedata l’usuraio itinerante e mi recai a sottoscrivere un atto di rinuncia all’eredità!
Io stesso sono in una situazione
analoga, in quanto mi sono sempre rifiutato di pagare bollettini INPS
non dovuti, dopo un’iscrizione d’ufficio come “artigiano”, cioè una
professione che non avevo mai svolto, essendo stato un dipendente
mascherato da lavoratore autonomo con partita IVA, grazie ai delinquenti
per i quali lavoravo all’epoca.
Evidentemente ai banditi dell’INPS non
pareva conveniente attendere l’arrivo di nuovi extracomunitari,
preferendo in questo caso torchiare dei poveracci costretti a prendere
una partita IVA per non vedersi licenziare!
Proprio di recente gli indegni usurai,
con evidente dose di ottimismo ed ironia, mi hanno inviato una serie di
cartelle, ammontanti, con interessi e multe varie, a 34 mila euro!
Peccato per loro, il sottoscritto è
stato abbastanza astuto da non avere beni intestati, né tanto meno dal
mettere al mondo figli che avrebbero potuto diventare “debitori” di
queste canaglie appena venuti al mondo.
Carlo Gariglio
Nessun commento:
Posta un commento