giovedì 28 ottobre 2010

88 anni e siamo ancora qui

Auguri a chi non ha tradito. A chi non ha rinnegato. A chi rifiuta ogni cedimento, ogni compromesso.
Auguri a chi, contro i detrattori di ieri e di oggi, non ha abbandonato il posto di combattimento.

Siamo ancora qui. E chiamateci Fascisti nostalgici. Ciò che per voi è un insulto, per noi è un titolo di merito.




giovedì 21 ottobre 2010

Liberate Alessio Burtone!

Solitamente non discuto dei casi di cronaca nera che i mass media, come veri e propri avvoltoi (mi perdonino questi bellissimi ed utilissimi animali, spesso bistrattati, per il paragone che non rende loro onore), ci propinano quotidianamente.

Ma tacere mentre viene strumentalizzato a fini politici il caso della donna romena che è morta in seguito alla colluttazione con il ragazzo alla stazione Anagnina di Roma è una cosa che non riesco proprio a fare.

Devo dire la verità: neanche io, inizialmente, riuscivo a capire come mai il presunto aggressore, Alessio Burtone, potesse contare su ragazzi e sostenitori che, fuori dalla sua casa, lo incitavano e lo acclamavano. Ma come, mi sono chiesto, aggredisce una ragazza, le fa sbattere la testa e la manda in coma, e viene osannato e sostenuto? I manifestanti e i sostenitori, mi sono risposto, possono solamente essere suoi “degni compari”. Del resto non è che la stampa e i mass media in generale abbiano parlato bene di Burtone, che è stato letteralmente crocifisso sulle croci della tv e dei suoi processi mass mediatici.

Informandomi meglio tramite la rete internet, che per l’ennesima volta mi ha aiutato a filtrare le balle di regime dalla verità (sempre più capisco perché la vogliono disciplinare, censurare, incatenare), ho capito bene come la propaganda mass mediatica sia, nonostante tutto, fortissima, anche per una persona come il sottoscritto, ampiamente vaccinata dai virus del sistema.

Parlavamo di Alessio Burtone. Che è stato descritto come un criminale, un teppista, un violento, ed invece è un semplice cittadino, con qualche piccolo precedente penale: molto più pulito ed onorevole di tanti che si sono permessi di dare giudizi sul suo conto. Ma la descrizione reale di Alessio, si dirà, stona malamente con il video che ci hanno fatto vedere, quello dove Alessio sferra un pugno alla ragazza romena, facendola cadere e mandandola in coma irreversibile, che causerà poi la morte della donna.

L’intervista che ripropongo di seguito è apparsa, a quanto mi è dato sapere, sul sito internet di Repubblica. Per il resto, nessuno dei grandi media nazionali si è premurato di darcene notizia. È la testimonianza fondamentale di un uomo lì presente e che afferma con sicurezza e dovizia di particolari come il tutto nasca da una stupida lite: una fila non rispettata. Dalla stessa romena, però. Che è stata apostrofata dal giovane con queste semplici parole: “Ma non si rispetta la fila al vostro Paese?” Una frase ironica, anche pungente, ma che la romena non deve aver sicuramente gradito se è vero, come dice il testimone del video, che da questo momento in poi la donna insegue il ragazzo con violenza: lo picchia, gli sferra diversi colpi al volto, diversi calci, insultandolo. Alessio cerca di allontanarsi, di mettere un po’ di distanza tra quella ragazza che lo insulta ed inveisce pesantemente contro di lui in maniera totalmente ingiustificata. Ma la donna continua, e sono altri pugni, ed altri schiaffi. Che porteranno poi al gesto di stizza del ragazzo, con le tragiche conseguenze che tutti conosciamo.

Ma questo particolare sembra non interessare nessuno. Non certamente il Comune di Roma né il suo Sindaco, quel Gianni Alemanno che ancora una volta non perde occasione di mancare al suo mandato, evitando accuratamente di difendere un cittadino italiano dal fango e dalle calunnie che gli sono state riversate addosso senza pietà e senza alcun pudore, per schierarsi senza se e senza ma dalla parte della comunità rom, ancora prima di sapere come si fossero svolti realmente i fatti. Certo, certo: infarcirsi la bocca di quella retorica stantia, vecchia e anche noiosa se vogliamo, la famosa “violenza contro le donne”, è elettoralmente molto più vantaggioso che non dire a chiare lettere la verità: che la romena era ben conosciuta per i suoi scatti d’ira e per i suoi litigi, ed era conosciuta per essere una donna molto violenta, che già in passato aveva avuto problemi simili.

Ma ormai abbiamo capito bene che la violenza, in questo Paese, è solo ed esclusivamente maschile: non si concepisce neanche minimamente che anche una donna possa essere violenta o minacciosa o pericolosa. Chi scrive ricorda bene un servizio de Le Iene (non riesco a trovarlo su YouTube) di non so quanto tempo fa, dove si dimostrava chiaramente che il famoso numero di telefono anti-stalking, voluto dal Ministero delle Pari Opportunità e su cui la Ministra Carfagna ci ha letteralmente messo la faccia, era in realtà uno strumento ad uso e consumo delle sole donne. Si viola così un elementare diritto costituzionale: tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge, senza distinzioni di sesso, di razza o di religione. E in barba a questo articoletto della Costituzione, con la quale i democratici si riempiono la bocca un giorno si e l’altro pure, un servizio pubblico era solo ed esclusivamente per le donne, una chiara discriminazione a sfondo sessista: quando le centraliniste del numero verde parlavano con un uomo la risposta era “Si rivolga ai Carabinieri o alla Polizia, qui aiutiamo solo le donne”. Quando l’inviato della trasmissione ha chiesto lumi al Ministro, ricordo bene che quest’ultimo ha ironizzato sull’inviato con alcune frasi ironiche del tipo “Si vede bene che lei è un uomo bisognoso di protezione”, come a dire: sei grande e grosso, ma chi ti tocca? Come se una donna non possa perseguitare il proprio ex compagno, o chiamarlo a tutte le ore del giorno e della notte, o appostarsi sotto casa, oppure assalirlo violentemente, oppure insultarlo in strada, o aspettarlo al lavoro…

Questo è emblematico della mentalità di alcuni ambienti romani: la violenza è uomo. L’uomo la fa e la donna la subisce. Balle. Dobbiamo forse ricordare Anna Maria Franzoni e la cugina di Sarah Scazzi, che a detta degli inquirenti è quantomeno coinvolta nell’assassinio?

Se è vero che la stragrande maggioranza delle violenze sono contro le donne, si stima che un buon 20/25% dei reati di stalking vedano come principali indiziate proprio le donne stesse. La violenza è anche donna. E ce lo dimostra bene questa romena, che chissà cos’altro avrebbe fatto se solo ne avesse avuto l’occasione o la possibilità. Del resto, basta andare a memoria, i casi in cui i cittadini romeni o rom si rendono responsabili di gravi delitti (primo fra tutti quello ai danni della povera signora Reggiani, barbaramente violentata ed uccisa, oppure l’omicidio di Vanessa Russo, per ricordare solo i più noti) sono molti di più di quelli degli italiani commessi contro i rom. I quali, però, piagnucolano, si dicono indignati, chiedono giustizia. Quella stessa giustizia che molte vittime di rom o di romeni non hanno mai avuto.

È certo che Alessio Burtone non sarà esente da colpe, ma queste sono infinitamente più piccole e meno gravi di quelle che il regime ha riscontrato in lui per trasformarlo nel nuovo simbolo del mostro. Un ragazzo normalissimo, come tanti di noi, che ha semplicemente avuto un gesto di stizza nei confronti di una signora – italiana o straniera qui poco importa – violenta e pericolosa, e che di colpo si è ritrovato su tutti i giornali. E nessun politico che abbia avuto il coraggio di correre in sua difesa, anzi il contrario. Vigliacchi, sempre e comunque.

Talmente tanto che nessuno si accorge della solenne ipocrisia del Sindaco di Roma (sic!) Alemanno, il quale propone di intitolare una piazza alla romena guerrafondaia. Ma detto da uno che ha concesso la cittadinanza onoraria a Gilad Shalit, non dovrebbe stupirci in maniera particolare. Qualcuno dica al sindaco che se avesse dovuto intitolare una piazza a tutti i cittadini italiani vittime della violenza rom non basterebbero tutte le piazze non solo di Roma, ma dell’Italia intera!

mercoledì 20 ottobre 2010

Per non dimenticare


Ripropongo dalla rete internet.

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RICORDIAMO I PICCOLI CADUTI DI GORLA.

Articolo di FULVIO FARBA, rintracciato da R...OMINA ANTONELLI che ringrazio di cuore.

Esiste, a Milano, una collinetta artificiale, denominata Monte Stella, costruita con oltre un milione di quintali di macerie, recuperate da tutti i settori della città rasi al suolo dai bombardamenti terroristici anglo-americani. Una parte di dette macerie proviene dalla distruzione di due istituti scolastici superiori, di sei scuole elementari e cinque materne completamente atterrati, ma anche da altri trentacinque edifici scolastici danneggiati in città, mentre altre centoventicinque scuole, di ogni ordine e grado, vennero distrutte in provincia. Fra le scuole elementari distrutte, una è particolarmente ricordata dai milanesi, quelli meno giovani, quelli che la guerra l'hanno vissuta nella metropoli, ed è la scuola di Gorla, della quale vogliamo ricordare la triste sorte.

Era una giornata limpida, tersa, allora non c'era lo smog, e -incredibile a dirsi- dalla piazza del Duomo si riusciva a vedere la cerchia delle Alpi, quella del 20 ottobre 1944, allorché una formazione di circa quaranta quadrimotori americani del tipo B 24 e B 27 comparve nel cielo della città, contemporaneamente al suono delle sirene d'allarme. E sulla verticale di Gorla, che allora era un sobborgo periferico e non un quartiere incorporato nella città come oggi, gli aerei sganciarono il loro carico. Puro terrorismo, volontà di inserire su un popolo ormai in ginocchio, nonostante ancora oggi ci sia chi sostiene la tesi che le bombe erano destinate alla stazione ferroviaria di Greco, che si trova in zona, ma che era facilmente identificabile, ed anche attaccabile senza pericolo, data l'inesistenza di ogni reazione da parte della caccia italo-germanica.
Nella zona attaccata si contarono 635 Vittime, o almeno furono recuperati 635 corpi, forse potevano esserci stati altri esseri umani che, letteralmente dilaniati dalle esplosioni, non vennero mai rinvenuti. Fra gli edifici centrati in quella tragica mattina ci fu la scuola elementare Francesco Crispi: fu letteralmente polverizzata. Centonovantaquattro bambini, la loro direttrice, quattordici maestre, un'assistente sanitaria e quattro bidelli furono travolti. Quattro soli bambini, una femminuccia e tre maschietti (Annamaria, Giuseppe, Remo e Gabriele) si salvarono e furono estratti dalle macerie. Occorsero tre giorni per ritrovare e recuperare i corpi delle vittime della scuola, tre giorni in cui Vigili del Fuoco, militari dell'U.N.P.A., soldati italiani e tedeschi, uomini della G.N.R. e operai in tuta, magari. partigiani, certamente antifascisti, lavorarono fianco a fianco, senza risparmiarsi, unitamente ai genitori dei bambini, ed ai parenti, disperati, ma sempre speranzosi, nell'illusione di trovare qualche superstite. Chi lavorava e piangeva, chi lavorava e pregava, chi malediceva e bestemmiava Dio, che aveva permesso una strage di bambini senza colpa né pena. Oggi, al posto della scuola, sorge un monumento funebre, una madre con un bimbo in braccio, inginocchiata, come se offrisse al Cielo quella sua creatura, e sotto al monumento c'è l'Ossario, dove sono conservati i resti dei piccoli Caduti, e degli adulti che erano con loro.

A questo articolo di Fulvio Farba, aggiungo soltanto che l’ignominia dell’Italia ufficiale è senza LIMITI, senza PUDORE e senza DIGNITÀ. Ancora oggi, infatti, essa continua volutamente a dimenticare i MARTIRI di GORLA, i quali hanno un solo torto: NON SONO VITTIME della ferocia nazifascista ma delle democratiche bombe sganciate dagli aerei dei “LIBERATORI”.


Mario De Cristofaro

P.S. Il bellissimo manifesto riprodotto nella sottostante foto è opera dell’illustre maestro GINO BOCCASILE, fedele fino all’ultimo minuto e anche dopo a MUSSOLINI e alla R.S.I.

domenica 17 ottobre 2010

Comitato europeo per la difesa della libertà di pensiero

Ricevo e inoltro, invitando tutti i miei lettori a fare ciò che viene indicato in questo articolo, cioè aderire al comitato. E' una dei mezzi con cui contiamo di muoverci e di farci valere per difendere le nostre idee. E' in gioco la libertà di pensare quello che si vuole e come lo si vuole, senza chinarsi agli sgherri del Grande Fratello della innominabile lobby.

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Qualcuno dei miei lettori rammenterà il triste episodio di aggressione subito dal Prof. Antonio Caracciolo dell’Università “La Sapienza” di Roma; ne parlai in un breve articolo che potrete rivedere a questo indirizzo:http://www.lavvocatodeldiavolo.biz/?p=546.

Qualche tempo dopo, sono venuto a sapere direttamente dal blog del professore (http://civiumlibertas.blogspot.com/) che stava venendo alla luce un interessante comitato, il cui nome è leggibile nel titolo con cui si apre questa mia breve riflessione; dopo avere aderito con entusiasmo seguendo le direttive presenti sul blog Civium Libertas (A seguito di un noto episodio di intolleranza che ha colpito direttamente l’autore di questo blog, docente universitario, ma che costituisce una grave minaccia alla più generale libertà di espressione è qui lanciato un Allarme per la libertà della rete e di ogni forma di libertà di pensiero. All’indirizzo comitato.europeo@gmail.com si possono inviare Adesioni per la costituzione di un “Comitato europeo per la difesa della libertà di pensiero”. Le Adesioni devono essere corredate da nome, cognome, qualifica e ogni altra indicazione utile. I dati sono riservati e verranno utilizzati solo per le finalità associative.), un dubbio mi ha colto: non sarà mica il solito comitato che raccoglie aderenti solo fra benpensanti di regime ed oppositori di facciata? Dubbio più che legittimo, dato che in passato è capitato al sottoscritto e ad altri membri del MFL di aderire a comitati, petizioni ed appelli vari, scoprendo poi che tutte le adesioni contenenti riferimenti al nostro movimento venivano cestinate! Persino da un appello che intendeva sostenere la popolazione di Gaza, vittima del terrorismo dello Stato pirata denominato Israele, i nostri nomi furono esclusi per non turbare i sonni dei promotori, ovvero squallidi comunisti mascherati che del popolo palestinese se ne infischiano, ma che cercano spesso visibilità politica fingendo di interessarsene.

Ho scritto allora direttamente al Prof. Caracciolo, esponendogli il mio dubbio e chiedendogli se anche noi Fascisti, sui nostri siti, blog e mezzi di informazione, potevamo promuovere apertamente il Comitato e la nostra stessa appartenenza; devo dire con viva soddisfazione che lo stesso mi ha risposto nel giro di un giorno… Credo che non se ne avrà a male se riporto direttamente le sue parole: “Verrei meno ai miei principi se non considerassi PER TUTTI valido il principio della libertà di pensiero. Del resto, la politica del Comitato sarà sempre quella di non occuparsi dei CONTENUTI di un pensiero, ma della sua piena libertà nel rispetto dei principi costituzionali e della dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. Tutti possono fare opera di promozione del Comitato europeo per la difesa della libertà di pensiero. Cordialmente. Antonio Caracciolo”.

Ringraziando il Prof. Caracciolo per la sua cortesia e per la serietà di intenti del Comitato che sta lanciando, invito tutti i Camerati del MFL e tutti i miei lettori ad aderire al Comitato, dandone nel contempo massima visibilità sui vari blog e siti locali, politici e personali, al fine di allargare il più possibile la base degli aderenti; quanti hanno contatti con l’estero, essendo il Comitato un’entità che ambisce ad avere rappresentanti in tutta Europa, si mobilitino per informarli.

Le ultime esperienze elettorali che abbiamo patito, con liste MFL escluse dalle elezioni o mutilate vigliaccamente per limitarne al massimo la visibilità, nonché le notizie sempre più preoccupanti che ci giungono a proposito dei tentativi giudaici di limitare del tutto la presenza sulla rete internet dei cosiddetti “antisemiti” (ovvero, tutti quelli che non plaudono di fronte ai massacri perpetrati dai cosiddetti “israeliani”ai danni del popolo palestinese!), devono spingerci a collaborare con chiunque, anche se non dichiaratamente Fascista, tenti di innalzare delle barricate allo strapotere della più potente ed influente lobby della storia.

E’ in gioco la libertà di tutti noi e delle generazioni che ci seguiranno. Forse non potremo vincere, dato il potenziale del nemico, ma almeno potremo morire combattendo per le nostre idee e per la vera libertà di espressione e di stampa, che non ha nulla a che fare con la libertà di linciare e mistificare di cui si avvalgono oggi i maggiori gruppi editoriali, guarda caso tutti nelle rapaci mani della stessa lobby di cui sopra!

Carlo Gariglio

www.fascismoeliberta.it

www.lavvocatodeldiavolo.biz

venerdì 15 ottobre 2010

Evidentemente facciamo molta paura

Una legge specifica, come quella austriaca, francese o tedesca, volta a punire chi, in un modo o nell’altro, esponga tesi revisioniste, volte a negare o ridimensionare la Shoah. È questa la proposta avanzata da Riccardo Pacifici, il leader della comunità ebraica romana, in una lettera che è stata pubblicata su Repubblica.

Lo spunto da ciò, neanche a dirlo, viene dalla cagnara mediatica con la quale i pennivendoli hanno attaccato e dileggiato il professor Moffa, docente all’Università di Teramo, a causa delle sue lezioni poco propense al peloso politicamente corretto.

Qualche tempo fa dissi che, in certi ambienti, non si aspettava altro. Un qualche idiota delirante su internet per fare una nuova legge per bloccare la rete, oppure, come in questo caso, un uomo, un docente, che ha il coraggio di andare controcorrente e di non accettare supinamente i dogmi storiografici, come tanti altri cittadini.

E forse il problema è proprio questo: i cani da guardia del regime si sono accorti che il revisionismo, sia come sia, prende piede. Non siamo più come ai “bei tempi” di Togliatti, che tornava dall’Unione Sovietica descrivendo le meraviglie di quel Paese a fronte di montagne di morti, carestie e massacri. Oggi basta una connessione ad internet, e ti apri verso il mondo. E se non sei un parlamentare che vuole ingraziarsi Pacifici, ed hai un minimo di cervello e voglia di capire, puoi accedere ad una vastissima bibliografia che, con dovizia di particolari, ti spiega perché quello che ci dicono sia avvenuto in realtà non sarebbe mai potuto accadere.

Ma quello che ci dicono che sia accaduto si configura sempre di più come una vera e propria religione. Che ha i suoi dogmi (lo sterminio di sei milioni di ebrei), i suoi martiri (Wiesel, Harendth, Levi), i suoi luoghi di pellegrinaggio (lo Yed Vashem), i suoi testi sacri (“Se questo è un uomo”), ed ora anche i suoi inquisitori, pronti a punire gli eretici.

In Parlamento tanti scalpitano per assecondare i desideri della operosa comunità la quale, con Alessandro Ruben, nel 2007, Ministro della Giustizia era Clemente Mastella, ci aveva già tentato. Ma la proposta non era andata in porto, arenata tra i faldoni di proposte parlamentari. Di solito una proposta di legge ha un iter lunghissimo e complicato, deve partire da un Consiglio Comunale o Regionale, da un parlamentare, oppure dal popolo, che si mobilita con la raccolta minima di 50.000 firme. Qui basta una letterina su Repubblica da parte di chi di dovere, il quotidiano del massone De Benedetti, ed ecco che tutti scalpitano. Evidentemente esistono delle corsie privilegiate…

Veltroni riemerge dal suo polveroso sarcofago gioioso come un bambino, Fini e Schifani addirittura si mostrano impazienti di far partire subito l’iter di approvazione (se avessero tutta questa solerzia anche per le ditte che chiudono, i precari, la disoccupazione e la criminalità forse il nostro Paese non sarebbe a questo punto), perfino il “che c’azzecca” Tonino è entusiasta. Litigano su tutto, di tutto, per tutto. Solo su un preciso argomento non litigano mai…

Quel famoso articolo 21 della Costituzione, che afferma che ognuno può esprimere liberamente la propria opinione con qualunque mezzo, viene dimenticato. Chi condanna di solito l’ingerenza del Vaticano nelle questioni italiane tace ambiguamente: tanto sul Vaticano si può sempre sparare a zero, ma per contrastare ben più potenti governi ci vuole tanto coraggio in più (Pannella dove sei?)! Gianni Letta ci dice che il negazionismo è frutto di ignoranza: quanti libri sul negazionismo ha letto per poter fare una simile affermazione?

Certamente: chi non ha ancora portato il proprio cervello a rottamare può ben comprendere l’ipocrisia di uno Stato che si proclama libero e democratico, e poi insegue in lungo e in largo il camionista al caffè o il docente in Facoltà che hanno solo osato esprimere dei dubbi su un avvenimento storico. E ci dicano, di grazia: che cosa hanno intenzione di fare questi “signori”? Posizioneranno un poliziotto in ogni locale, pub, ristorante, pronto a cogliere qualche accenno sull’olocausto che non aderisca al dogma? Ci intercetteranno ulteriormente? Ci chiameranno sistematicamente a prestare pubblicamente fedeltà al dogma?

Se questa legge passerà, in un modo o nell’altro, ci attendono tempi duri. La Nuova Inquisizione ha visto che non riesce a fermare l’eresia: non bastano le intimidazioni delle questure, le schedature dei movimenti e dei capi politici controcorrente (primi fra tutti noi del MFL), l’assassinio dei politici carismatici che si oppongono al Nuovo Ordine Mondiale (leggasi Haider), il monitoraggio costante delle conversazioni, dello scambio di emails, le intercettazioni telefoniche, le campagne di stampa violente, offensive e diffamatorie contro gli eretici. L’eresia del Nuovo Millennio prende piede, piace sempre di più, e più viene denigrata e perseguitata e più piace, perché ha tante soluzioni da opporre a chi vuole invece imporre il pensiero unico nascondendosi dietro finti moralismi di democrazia e di tolleranza.

Cominciano ad avere paura, hanno fretta... Aspettavano solo un casus belli, e l’hanno trovato.

Mala tempora currunt. Chi, come noi, non si arrende e mai si arrenderà, costi quel che costi, sa che ora la lotta diventa esclusivamente ideale. Parlare di determinati argomenti sarà vietato; avere determinati libri (non armi, ma libri!) sarà punibile per legge. Torneremo ai volantini passati di mano in mano, alle occhiate complici, alle parole d’ordine sussurrate dietro le porte notturne per riconoscere i fidati dai delatori e dalle spie. Dovremmo chiedere a militanti, lettori, simpatizzanti, di collaborare con noi e di cercare di comprendere tra le righe quello che vogliamo dire: dovrete aiutarci anche voi contro la Nuova Inquisizione, dovrete usare un po' di più il vostro intuito per sfuggire ai dettami della censura. Siamo i nuovi carbonari. Siamo i nuovi briganti. Siamo i nuovi ribelli. Siamo i nuovi eretici. E quando si crea ad hoc una proposta di legge per combattere solo e semplicemente una idea, un’opinione, un pensiero, una convinzione, allora quell’idea ha già vinto.

venerdì 8 ottobre 2010

E continueremo a chiamarli mafiosi di merda!

Pubblicato sul mensile "Il Lavoro Fascista", mggio 2010

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Avevamo dato appuntamento ai Camerati per le elezioni amministrative della Sicilia del 30 e 31 maggio 2010; in occasione delle stesse, avevamo preparato la documentazione necessaria per presentare due liste MFL nei comuni palermitani di Santa Cristina Gela e Scillato ed abbiamo provveduto alla materiale presentazione, che doveva avvenire fra il 30 aprile ed il 5 maggio.

Con tutta franchezza, posso dire che nessuno di noi nutriva particolari ansie per queste presentazioni, non tanto per fiducia intrinseca nell’onestà dei funzionari siciliani (la Sicilia, mi perdoneranno i tanti cittadini onesti e laboriosi, rimane pur sempre patria della più famosa mafia del mondo), quanto per la mole di precedenti che avevamo dalla nostra. Chi ci segue sa bene che fu proprio la Sicilia a legittimare per prima la liceità delle nostre liste elettorali, presentate in occasione di varie elezioni amministrative fin dal lontano 1993; fu qui, infatti, che si registrò la prima riammissione di una nostra lista elettorale ad opera del TAR della Sicilia, e fu qui che dal 1993 al 2000 ci presentammo a varie elezioni senza più subire alcun ostracismo. Riassumo, a beneficio di quanti non seguono le nostre vicende da allora, che fummo riammessi alle amministrative del 1993 nei Comuni di Palermo, Catania e S. Agata Li Battiati (CT), con il logo del Fascio Repubblicano e la dicitura completa “Fascismo e Libertà”, mentre a Roma nello stesso periodo fummo costretti ad eliminare la parola “Fascismo” dal contrassegno elettorale per essere riammessi alle elezioni. Seguì nel 1996 la partecipazione addirittura alle Elezioni Regionali della Sicilia, con tanto di pubblicazione del logo della lista MFL e dei nominativi di tutti i candidati sulla “Gazzetta Ufficiale della Regione Sicilia”, come testimonia la copia un po’ rovinata di una delle pagine di quella Gazzetta, mentre nel 1997 tornammo ad essere presenti nel Comune di Palermo.

Infine, nell’anno 2000, alcuni mascalzoni già espulsi dal MFL nel 1998, tentarono di legittimarsi quali depositari del logo MFL presentando una lista falsa (ma con il nostro contrassegno completo!), senza incontrare alcun ostacolo da parte dei mafiosi locali facenti capo alla commissione elettorale.

Eravamo, dunque, più che tranquilli, in quanto pur sapendo di vivere in una repubblica delle banane, non avremmo mai creduto che una tale mole di precedenti avrebbe potuto essere gettata nel cesso da qualche squallido mafiosetto di paese, convinto di guadagnarsi così una medaglietta di latta antifascista da esporre con orgoglio al pari delle decorazioni di una guerra mai combattuta che ostentano tanti sedicenti partigiani.

Ma quello che non sarebbe mai accaduto neppure nella fantasiosa repubblica delle banane portata sugli schermi cinematografici dal comico Woody Allen nei lontani anni 70, è accaduto nella Sicilia del 2010: le nostre liste sono statee ricusate!

I prodi antifascisti mafiosi delle Sotto Commissioni Elettorali di Corleone (il nome di questo paese dice già tutto…) e di Termini Imerese, si sono assunti l’eroico compito di violare la Legge e le consuetudini, eliminando le nostre liste con sforzi di fantasia enormi e veri e propri falsi in atto pubblico!

Cominciavano le danze quelli del clan dei corleonesi, che giudicavano la lista MFL presentata a S. Cristina Gela, comunicando al Camerata Capizzi che il contrassegno elettorale era illegale, appellandosi alla Sentenza del Consiglio di Stato del 1994, ovvero quella che sanciva la liceità del Fascio Repubblicano, purché disgiunto dalla parola “Fascismo”! Da notare che questa Sentenza, violata in primis proprio da chi l’aveva sollecitata, cioè il Ministero dell’Interno, per il quale anche il Fascio resta contrassegno illecito, viene ormai da anni violentata ed interpretata sempre a seconda degli interessi dei mafiosi antifascisti che tentato di buttare fuori dalle elezioni le nostre liste; c’è, infatti, chi giustamente la ignora, in quanto non si può impedire ad un movimento politico riconosciuto legalmente operante con un nome ed un simbolo la partecipazione alle elezioni con quegli stessi nome e simbolo, e chi la ignora con comportamento esattamente opposto, ovvero non considerando legale neppure l’utilizzo del Fascio! In mezzo a queste due interpretazioni, troviamo i tanti che la fanno valere a modo loro, cioè estendendola non solo alla parola “Fascismo”, ma anche alla sigla MFL e persino alla sola lettera “F”! In onore al vecchio detto “democratico” secondo il quale la Legge si applica nei confronti dei nemici, ma si interpreta quando si giudicano gli amici!

Tornando alla ricusazione dei corleonesi, munendosi di tanta pazienza e della relativa documentazione, il Camerata Capizzi si recava a colloquio dal Presidente della Sotto Commissione, che vediamo idealmente raffigurato nella foto sopra, facendo notare che se la famosa Sentenza del 1994 fosse stata vincolante, coloro i quali hanno accettato le nostre liste elettorali in Sicilia nel 1996, 1997 e 2000 meriterebbero la galera… Ma il Presidente, mostrando una preparazione da vero giurista, rispondeva: “Ognuno ragiona con la propria testa”, sottintendendo che in Italia non esistono Leggi, ma solo rotoli di carta igienica stampati con direttive che ciascun mafioso può stravolgere a piacimento!

Ma dopo la frase di cui sopra veniva il meglio; il Capo Bastone, mostrandosi falsamente bonario, faceva notare al Camerata Capizzi che c’era ancora tempo per sostituire il contrassegno ed evitare tante seccature. Capizzi, dopo essersi consultato telefonicamente con il sottoscritto, decideva di incassare l’abuso al fine di salvare la lista, e con essa gli sforzi di tutti quelli che avevano contribuito a darle vita con le loro candidature; tornava, quindi, alla Commissione elettorale recando con sé il logo MFL di riserva, ovvero quello su cui non compare la parola “Fascismo”, ma solo la sigla “MFL”… E qui il capoccione dei corleonesi superava sé stesso: non si può sostituire il logo senza sostituire anche tutti gli altri documenti allegati alla lista, poiché essi contengono la descrizione del simbolo ricusato!

Ora, non era mai accaduto nella storia del MFL di incontrare un mascalzone così arrogante ed in malafede da inventarsi di sana pianta delle regole mai scritte da nessuno; è ben vero, infatti, che tutti i documenti inerenti le candidature recano la descrizione del logo del movimento, ma è altrettanto vero e dimostrabile che in caso di logo sostituito a causa di una decisione della commissione elettorale, tutti i documenti si ritengono comunque validi. Del resto, basterebbe rammentare quanto accadde a Torino nel 2006, allorquando un altro Prefetto mafioso ci impose la censura della parola “Fascismo” (già usata in ben 15 elezioni in provincia di Torino, dal 2000 al 2005) dal contrassegno; dopo aspre litigate con la Commissione locale, cancellammo la parola “Fascismo” sostituendola con la parola “Censurato”, ma a nessuno venne in mente di chiederci di rifare tutte le candidature ed i documenti relativi. E casi simili accadono ad ogni tornata elettorale non solo a noi, ma a politici e partiti ben più noti ed importanti…

Ma il capo dei corleonesi non ha sentito ragioni: la lista va ricusata!

Il Camerata Capizzi ha chiesto al boss mafioso locale di mettere tutto nero su bianco, per consentirci di denunciarlo al più presto, ma quando si è recato a ritirare il verbale della ricusazione definitiva… Sorpresa! Del tentativo di consegnare un logo alternativo e delle motivazioni del rifiuto di acquisirlo non vi era l’ombra! Lista ricusata in quanto il contrassegno non è stato sostituito nelle 48 ore di Legge!

E così i mafiosi di Corleone arrivano persino a falsificare un atto pubblico pur di danneggiare i Fascisti! Spero per loro che i 30 denari che riceveranno dal Capo Clan in premio possano servire per acquistare tante medicine in Farmacia… Noi, intanto, stiamo preparando la doverosa querela ai danni di questi farabutti, anche se abbiamo già una vaga idea di come finirà!

Potrebbe bastare? Ma nemmeno per sogno! Dobbiamo ancora rendere conto ai Camerati del comportamento dell’altra cosca mafiosa, ovvero la Sotto Commissione Elettorale di Termini Imerese, competente per il Comune di Scillato… Ma prima di entrare nei dettagli, sarà bene fare una premessa atta a chiarire la situazione; in Sicilia vige una Legge elettorale diversa da quella del resto d’Italia, grazie alla ridicola qualifica di Regione a Statuto Speciale di cui gode l’Isola. Grazie a questa autonomia, forse per sentirsi meno italiani, i politici siciliani si sono fatti una leggina zeppa di assurdità, tipo la facoltà di un candidato di candidarsi contemporaneamente, nello stesso Comune, sia alla carica di Sindaco, sia a quella di Consigliere Comunale… Spicca poi la coreografica dichiarazione con la quale ogni candidato dichiara di non essere mafioso (!) e di non essersi imparentato con mafiosi… Infine, mentre in tutta Italia le liste elettorali vanno consegnate un mese prima delle elezioni il venerdì e il sabato, in Sicilia, per evitare che i politici locali si affatichino sotto il caldo torrido, la consegna delle liste si può effettuare dal venerdì al mercoledì successivo!

Il buon Camerata Capizzi, che non essendo mafioso di professione, né per hobby, ha dovuto conciliare la consegna delle liste con i suoi affari, recandosi di conseguenza a Scillato alcuni giorni dopo la consegna di Santa Cristina Gela… Dunque quando si è presentato a questo secondo Comune, il clan dei corleonesi aveva già realizzato le sue porcherie ai nostri danni… Ed essendo la Sicilia terra di “pizzini”, i corleonesi non potevano certo venire meno alle tradizioni insegnate dal collega Provenzano!

E così i mafiosi di Termini Imerese hanno preparato una lunga serie di motivazioni per invalidare la nostra lista, senza limitarsi al solito ridicolo mezzuccio del simbolo irregolare; queste motivazioni appaiono fin da un esame sommario ai limiti del delirio, dato che neppure i corleonesi, che pur avevano ricusato la lista, erano arrivati a tanto… Si parte dalla difformità della modulistica da noi utilizzata rispetto a quella proposta dalla Regione Sicilia in facsimile e si giunge, in un crescendo di deliri e falsificazioni, fino all’asserita mancanza di dichiarazioni da parte dei candidati, passando per rilievi degni di un comico affermato a proposito di presunte dichiarazioni errate.

Giusto per non annoiare i Camerati lettori, mi limito a sottolineare alcune “perle”; innanzi tutto, persino le istruzioni regionali sottolineano che i candidati non hanno alcun obbligo di utilizzare i facsimile della Regione, purché inseriscano fra la modulistica le dichiarazioni obbligatorie per Legge, puntualmente elencate ed altrettanto puntualmente riportate sui nostri moduli… Inoltre, ci viene contestata la mancanza di una dichiarazione pubblicata erroneamente su un facsimile della Regione, ovvero, la mancata dichiarazione del candidato Sindaco di non essersi candidato al Consiglio Comunale di altri Comuni… Peccato che la Legge consenta a chi si candida a Sindaco di candidarsi anche al Consiglio Comunale in ben due Comuni! Ma il top del ridicolo questa congrega di mafiosi lo raggiunge rilevando una presunta difformità fra le dichiarazioni del candidato a Sindaco, il quale in un modulo dichiarerebbe di non essersi candidato in altri Comuni, mentre in un secondo modulo dichiarerebbe di essersi candidato in due Comuni diversi… Peccato che si tratti, nel primo caso, della candidatura a Sindaco, che per Legge è possibile in un solo Comune, mentre nel secondo caso sia una Candidatura al Consiglio Comunale, che per Legge è consentita in due Comuni diversi!

Giusto per non farsi mancare nulla, i mafiosi di Termini Imerese concludevano la loro delirante lista di irregolarità inventate (non a caso, nessuna di esse era stata rilevata a Corleone, benché la modulistica fosse assolutamente identica!) con la solita contestazione della presunta illegittimità del contrassegno elettorale. Ma tutto questo, che già di per sé rappresenta un modo di agire infame e che configura diversi reati di falso e di abuso d’ufficio, veniva commesso violando vergognosamente quelle stesse istruzioni della Regione che i mafiosi di Termini Imerese fingevano di rispettare con noia e pedanteria! Infatti, qualsiasi non analfabeta che volesse leggere queste istruzioni, al paragrafo 15 – “Adempimenti della commissione elettorale circondariale”, troverebbe quanto segue:

G) Regolarizzazione di documentazione

Qualora all’atto della verifica dei documenti e delle dichiarazioni relative alla presentazione delle liste dovessero riscontrarsi vizi formali ovvero dovessero mancare documenti o dichiarazioni così come prescritti, la commissione elettorale circondariale assegna ai presentatori un termine di 24 ore per produrre quanto richiesto; decorso infruttuosamente tale termine la lista risulta cancellata e non ammessa alla competizione elettorale. Quanto precede, secondo il comma 2 dell’art. 18, T. U. approvato con D.P.Reg. 20 agosto 1960, n. 3, aggiunto con l’articolo 2 della l.r. 20.8.1994, n. 32. Si precisa che la regolarizzazione introdotta supplisce la carenza dei requisiti meramente formali, non di sostanza, degli atti presentati, nonché la mancata produzione tipologica dei documenti (mancanza di documenti o di dichiarazioni così come prescritti) e non la mancanza della documentazione.
(Cfr. T.A.R. – Sezione Catania – Sez. I – sent. n. 1278/1994).

F) Esame del contrassegno di lista

L’operazione consiste nel controllo del contrassegno di lista. Esso dovrà essere ricusato qualora risulti identico o facilmente confondibile con quello di altre liste presentate in precedenza, o con quelli notoriamente usati da altri partiti o raggruppamenti politici. Vanno, inoltre, ricusati i contrassegni di lista notoriamente usati da partiti o raggruppamenti politici che non siano presentati da persona munita di mandato da parte di uno o più rappresentanti del partito o del gruppo politico stesso, mediante firma autenticata. Verificandosi tali ipotesi, gli artt. 18, lett. e) e 21, comma 1, T.U. approvato con D. P. Reg. 20 agosto 1960, n. 3, non dispongono l’immediata eliminazione della lista, ma soltanto la ricusazione del contrassegno della lista prescelta. In conseguenza, la commissione assegna ai delegati della lista un termine di non oltre 48 ore per la presentazione di un nuovo contrassegno o della autorizzazione di cui si è detto sopra; della ricusazione deve essere dato immediato avviso (anche telegrafico, se occorra) ai delegati stessi. Se il nuovo contrassegno o l’autorizzazione non verranno presentati o se essi non soddisfino alle condizioni prescritte, la lista non sarà ammessa.

Ed invece, come hanno agito i mafiosi di Termini Imerese? Ricusando la lista senza contraddittorio e senza assegnarci i termini garantiti dalla Legge per correggere eventuali mancanze di documenti o di dichiarazioni (24 ore), oppure per presentare un contrassegno di riserva (48 ore)! Anzi, non si sono neppure degnati di comunicare l’illecita ricusazione a noi del MFL, preferendo avvertire quelli del Comune di Scillato con una fax, ed inviando sempre allo stesso Comune, dopo giorni, il verbale di ricusazione!

Ovviamente abbiamo presentato una denuncia ancora più corposa contro questi lerci mafiosi, ma sappiamo già come andrà a finire… In un Paese serio, dei funzionari che osassero comportarsi così finirebbero dritti in galera, ma nell’Italia di Pulcinella, della mafia e dei partigiani, certamente si troverà il modo di archiviare la querela, nonostante i tanti e documentati abusi perpetrati da questi mascalzoni

Terremo, come sempre, i Camerati informati circa gli sviluppi di questa squallida vicenda, garantendo nel contempo a questi infami delinquenti autorizzati che non trascureremo alcuna azione politica, né alcuna possibilità legale, per fargli pagare il fio della loro arroganza derivante da un senso di onnipotenza e di impunità che le loro frequentazioni mafiose gli garantiscono da sempre.

Carlo Gariglio

www.fascismoeliberta.it

mercoledì 6 ottobre 2010

I complici di Israele

Giovedì 7 ottobre si terrà, a Roma, una manifestazione di aperto sostegno nei confronti di Israele e, conseguentemente, della sua politica.

Pochi giorni fa una manifestazione simile, e rigorosamente bi-partisan, si era tenuta in favore di Tony Blair, non si sa bene per quali meriti (l’appoggio incondizionato alle guerre dei criminali americani? Il bombardamento dell’Iraq e dell’Afghanistan? La sua inefficienza come mediatore negli accordi israelo-palestinesi?).

Chi scrive si chiede, e chiede: ma l’Italia è ancora una Nazione sovrana, capace di portare avanti una propria politica estera e di porsi come elemento importante nelle relazioni tra gli Stati, oppure è soltanto la continuazione territoriale di qualche altro Paese? E se si, di quale Paese? Israele? Stati Uniti d’America? Inghilterra?

E ancora: che cosa mai dovrà fare Israele perché da tutto il mondo, e specialmente l’ipocrita Occidente che pretende di uniformare a suon di bombe tutto il mondo al suo antiumano american way of life, possa alzarsi una condanna ferma e decisa per i suoi crimini? È uno Stato che ha rinchiuso un milione e mezzo di persone dentro un pezzo di terra, tenendole alla fame. È uno Stato che si erge, forte delle sue 300 testate atomiche, come paladino che cerca di fermare la corsa al nucleare. È uno Stato che attacca le navi di pacifisti civili in acque internazionali. È uno Stato che si è autodefinito “ebraico” e che in nome di ciò smantella continuamente le case dei nativi palestinesi per sostituirle con le villette di fanatici coloni. È uno Stato che, forte di una potente lobby che lo difende da qualunque accusa, non esita un giorno si e l’altro pure a manifestare la propria arroganza.


Ci chiediamo: cosa deve accadere perché da questa parte del mondo si alzi una condanna dura e forte contro questo Stato che minaccia così impunemente la pace di una intera regione, quella mediorientale? Quanti bambini dovrà ancora uccidere dal mirino dei suoi cecchini? Quante case dovrà ancora radere al suolo? Quanti palestinesi dovrà espellere dalle loro case? Su quanti campi dovrà ancora passare sopra con le sue ruspe? Quante testate atomiche dovrà costruire? Quanti paesi dovrà minacciare? L’Iran? La Siria? E poi chi altro? Quante azioni in stile “Piombo fuso” dovrà compiere? A quanti camion di rifornimenti per i palestinesi dovrà impedire il passaggio? Quanti pacifisti dovrà uccidere e torturare in acque internazionali la prossima volta? Ci dovrà pur essere un limite superato il quale si dica “Basta”!

Ogni tanto la nostra classe politica vigliacca e complice, supportata da una lobby sionista potentissima in tutta Europa che riesce a zittire qualunque critica ad Israele con il baubau dell’antisemitismo, sente il bisogno di sostenere Israele, non si sa bene per che cosa e in nome di quale valore. Tutto ciò, si badi bene, in stile rigorosamente bipartisan. Domani, a Roma, vedremo D’Alema come Casini, Veltroni come Alemanno, Aznar come la Nirenstein, che si arrogheranno il diritto di scendere in piazza e di insegnarci che cosa è la democrazia, i diritti umani, il rispetto dell’altro, tutto ciò sostenendo uno Stato che ha fatto della violazione di qualunque diritto e di qualunque regola internazionale la propria bandiera. Li abbiamo visti e li vedremo litigare su qualunque argomento: leggi ad personam, Berlusconi, intercettazioni, legge elettorale, destra contro sinistra, Berlusconi contro Fini, e via dicendo. Ma sul sostegno ad Israele queste divisioni non esistono più, svaniscono come per incanto. Tutti uniti. Tutti partecipi. Tutti complici.