venerdì 29 giugno 2012

Festeggiate italidioti, festeggiate...


Non si offendano i miei pochi lettori. Ma se c’è un momento in cui sottoscrivo in pieno il mio articolo precedente “Italiani, siete delle merde”, quel momento è proprio questo.

Perché noi siamo anni che parliamo di sovranità nazionale, di massoneria, di lobby segrete, di crisi economica, di signoraggio. Ci abbiamo messo sempre e comunque la faccia, chi più chi meno, e avessimo avuto una soddisfazione che fosse una… Mai. Niente di niente. Niente scuote gli italiani. Solo una cosa, una cosa soltanto, riesce a farli scendere in piazza a fare casino: la vittoria della squadra di calcio. Come chiunque di voi, in questo preciso istante le strade sono in festa: l’Italia ha vinto contro la Germania. L’italidiota medio, alle prese col caro benzina, l’IMU, una crisi economica che in confronto quella del ’29 sembra un passatempo, una disoccupazione ai massimi storici, una delinquenza galoppante procurata in gran parte da una immigrazione senza freno, una casta politica che non perde occasione di umiliarci e di trattarci col massimo disprezzo, l’italidiota medio, scrivevo, ora è in festa, con la macchina addobbata delle bandiere nazionali, che scorrazza sulle strade italiane. Ecco per che cosa festeggiano gli italiani: il calcio.

Anzi, no. Festeggiano degli europei per preparare i quali sono stati massacrati impunemente migliaia e migliaia di cani a fucilate, bruciati vivi, torturati e massacrati senza alcuna pietà. Tutti gli appelli al boicottaggio sono falliti: lo share ha vinto ancora una volta. Per l’ennesima volta avete venduto l’anima agli sponsor in nome del dio del pallone. Si dirà: l’intero sistema degli europei era già partito, non si poteva più fermare. Niente di più sbagliato. Sarebbe stata una doppia soddisfazione farlo naufragare miseramente, e sarebbe bastato poco. Pensate quanto sarebbe stato bello – lo so che è un sogno, ma proviamo ad immaginarlo – se questi campionati europei si fossero giocati  con scarsa affluenza di pubblico negli stadi e uno “share” basso. Li avremo colpiti tutti insieme in quello che più gli interessa: il soldo, il conto in banca. Senza scendere in piazza, senza fare chissà quale rivoluzione: semplicemente guardando un altro canale. Avremmo mandato a monte il loro investimento, avrebbero speso miliardi di euro per una manifestazione guardata da pochi, e quindi avrebbero avuto un danno doppio: i soldi già spesi e quelli non guadagnati. I signori del calcio e i loro finanziatori avrebbero capito di essersi spinti troppo oltre. Avrebbero capito che massacrare animali innocenti giusto per liberare le strade per i turisti che venivano a vedere le partite no, non si fa. E invece sghignazzano, se la ridono, e hanno imparato a loro vantaggio la lezione più amara, più squallida: che non c’è niente che possa smuovere la coscienza di un popolo così idiota e così imbelle come noi. Che pur di vedere una partita non ci fermiamo davanti a niente. Che si è sempre pronti a gridare contro i cattivissimi nazisti (i cui crimini sono tutti da verificare), che la guardia è sempre alta, purché si ripresentino uguali a sessant’anni fa: con i baffetti e lo swastika sul braccio. Quando i criminali invece si presentano in giacca e cravatta, nello scintillio degli sponsor e dei mass media, e commettono crimini veri e dimostrabili, che nell’era di internet diventano difficili da occultare, tutti sono assenti, tutti fanno finta di non vedere. Che diamine! Non si tratta mica di uno swastika disegnato sulla casa di Pacifici!

Si tranquillizzi, “signor” Monti. Qualcuno di noi, peccando ancora una volta di ottimismo, aveva pensato che la situazione politica attuale avrebbe potuto non dico portare ad una rivoluzione, ma quantomeno ad una presa di coscienza matura da parte di una piccola parte della popolazione. E invece niente. Continui pure a dissanguarci, signor Monti. Non sarà il popolo italiano a fermarla. 

La crisi, i suicidi, la disoccupazione… assumono quasi un altro valore ai miei occhi. Quello di un popolo che dal 1945 in poi ha perso la propria sovranità militare ed economica in favore dell’invasore americano, e che adesso ha perso qualunque dignità, qualunque decenza, qualunque senso della ragione. Siamo come il Titanic: l’orchestra suona facendo finta che la nave da crociera non stia affondando nell’abisso del mare, continua grave e solenne la sua melodia mentre i corpi dei passeggeri vengono inghiottiti dall’acqua. Ma l’orchestra del Titanic aveva un qualcosa di eroico, di cavalleresco e di mistico in quel suo cosciente continuare a suonare. Si doveva fare il proprio dovere, fino in fondo, allietare coloro che riuscivano a raggiungere le scialuppe di salvataggio. Qui si continua a suonare e a festeggiare a causa di una ubriacatura collettiva di deficienza e di idiozia. E purtroppo sulla barca che va a fondo non ci sono solo gli italidioti. Ci siamo anche noi.

domenica 10 giugno 2012

Boicottali!


Non capitoliamo

Il 10 giugno 1940 il Sangue, l'Onore e la Tradizione entravano in guerra contro l'usura armata, contro le logge, contro le sinagoghe nascoste.
Il 10 giugno 1940 cominciava l'ultima, disperata e tremenda guerra dell'Europa e del mondo per la sua salvezza e per la sua integrità. Sessantasette anni dopo la vittoria del nemico, nonostante i loro magistrati, le loro leggi, i loro politici asserviti, siamo ancora qui. Ufficialmente il Terzo Reich non ha capitolato. E nemmeno noi.

venerdì 1 giugno 2012

I have a dream...

Diciamo la verità: guardando la vita politica italiana, e la bagattelle di questi ultimi giorni, viene da chiedersi se l'attuale classe politica che dirige questo disgraziato Paese (non è più una Nazione) non stia sperimentando volontariamente la pazienza degli italiani. E' probabile che si chiedano: quanto in la' possiamo spingerci, prima che si incazzino definitivamente? 

Annullare la parata del 2 giugno sarebbe stato un atto non solo politicamente rilevante, ma anche una azione di buon senso e di serietà: per una volta politica e buon senso sarebbero andate a braccetto, di comune accordo. Invece lo sgherro rosso che pomposamente si fa definire "Presidente della Repubblica" non vuole rinunciare alla sensazione di celebrare la sua, di Repubblica: quella nata dall'invasione del suolo patrio, da una vergognosa e ignobile sconfitta militare, dalla incredibile trasformazione dei vigliacchi e degli assassini in eroi e degli eroi in criminali. Ma anche a prescindere da questo, annullare questa parata avrebbe significato non solo un gesto simbolico, in segno di affettuosa vicinanza alle popolazioni colpite dallo spaventoso terremoto dell'Emilia e dintorni; avrebbe anche permesso di stornare le risorse dei Vigili del Fuoco, dei Carabinieri etc. sulle zone colpite dal sisma. E' stato lo stesso sindacato dei Vigili del Fuoco a richiedere espressamente di non partecipare alla parata e di essere invece inviato nei luoghi dei terremotati. Richiesta non accolta. Napolitano ha detto che la parata si terrà, ma in maniera sobria... Come se, terremoto permettendo, vista l'attuale situazione economica in cui versa l'Italia e non solo, sarebbe stato moralmente giustificabile uno sperpero di denaro pubblico per una inutile manifestazione. Non c'è limite al peggio: questo Presidente della Repubblica non ha umanità, non ha dignità, è politicamente ed umanamente disgustoso, ben oltre i limiti della decenza.

Eppure Napolitano non sarebbe stato certamente il primo: nel 1976 il governo annullò la parata del 2 giugno in segno di solidarietà alle vittime del terremoto che aveva colpito poco tempo prima il Friuli. Nessuno ebbe qualcosa da obbiettare.

Ma se fino ad adesso ci siamo limitati ad esprimere una opinione molto diffusa nel web e in buona parte della società civile, ciò che stiamo per dire è più controcorrente, in piena tradizione Fascista.

Se deve essere annullata la parata del 2 giugno perché costituisce un inutile e vergognoso spreco di denaro pubblico, che dire del Gay Pride che si terrà a Bologna il 9 giugno? Cosa sia il Gay Pride lo sa bene chiunque non abbia ancora riciclato il proprio cervello: una disgustosa pagliacciata di decerebrati che si sollazzano al ritmo di musiche demenziali, vestiti come dei clowns. Attenzione: diciamo decerebrati e pagliacci non in quanto omosessuali. Sappiamo bene che tutti gli omosessuali onesti, e in Italia ce ne sono tanti, sono disgustati quanto noi dall'essere rappresentati da gentaglia simile, il cui unico scopo è quello di provocare e di schifare chi non sia altrettanto disgustoso. 

Anche gli omosessuali dell'ArciGay - principali organizzatori della manifestazione - avrebbero potuto dimostrare sensibilità annullando la "loro" parata. Così non è stato. Il sottoscritto non capisce perché ci si indigni per il mancato annullamento della parata del 2 giugno, ma non del GayPride del 9 giugno, che non è nemmeno la celebrazione di una festa nazionale, ma una manifestazione in cui una minoranza di perversi e pederasti vuole imporre alla restante cittadinanza un qualcosa che si vuole spacciare come "normale" e che invece si vive all'insegna della trasgressione e dell'eccentricità più assoluta. Ma del resto che cosa aspettarsi di diverso da quelli dell'Arcigay, che prima ci inviano decine e decine di inviti alle loro manifestazioni, sperando di provocare qualche rabbiosa reazione dei cattivi Fascisti e poi, quando rispondiamo cortesemente e affermativamente al loro invito, rimangono a bocca aperta come degli imbecilli e ci scongiurano di non presentarci?

Insomma: tra comunisti e omosessuali c'è ben poco da stare allegri.

Ma ho un sogno. Sogno una Roma che domani sia deserta, con quel criminale di Capo dello Stato che guarda il massone Goldman Sachs affianco e si chiede: ma dove sono finiti tutti? Una Roma listata a lutto: persiane sprangate, negozi chiusi, mezzi pubblici fermi il tutto immerso nel più assoluto silenzio e desolazione, le telecamere che non hanno alcuna folla da inquadrare, i giornalisti che non sanno chi intervistare.... Ho lo stesso sogno per Bologna, il 9 giugno: i carri dei pagliacci sfilano chiassosi ed irritanti in mezzo a strade vuote, deserte. Pagliacci di Roma o pagliacci di Bologna, restano sempre dei pagliacci. Che almeno rimangano soli nel loro squallore.