domenica 31 agosto 2008

Poverini questi libici!

Poverini i libici! Non paghi delle atrocità e delle sevizie inferte agli italiani prima della cacciata di questi dai territori libici nel 1970, con espropri, furti, omicidi, requisizioni forzate in pieno stile comunista; non paghi dei sospetti di terrorismo che attirarono su di loro dopo che alcuni aerei, negli anni passati, hanno invaso il nostro spazio aereo; non paghi degli scud lanciati su Lampedusa e dei sospetti sulla strage di Ustica; non paghi delle ultime minacce all’Italia in caso di nomina ministeriale di Calderoni; non paghi dei quasi mille (1000!) miliardi di dollari versati alla Libia da parte dell’Italia nei decenni precedenti; non paghi di non aver pagato le nostre aziende italiane operanti in Libia, tra le quale la Impregilo e molte del settore dell’edilizia, tanto da costringere queste a rivolgersi alla Corte di Giustizia di Bruxelles; non paghi di essersi fatti finanziare dall’Italia la recente costruzione dell’ospedale di Bengasi; non paghi di tutto ciò, adesso i beduini di Gheddafi rivogliono cinque miliardi di dollari di risarcimenti per la “colonizzazione” – ma meglio sarebbe dire civilizzazione – che gli italiani fecero in Libia.
Secondo l’accordo che il nostro “premier” ha firmato a Tripoli l’Italia concederà alla Libia, per i prossimi venticinque anni, 200 milioni di dollari all’anno per le riparazioni del periodo coloniale. Inoltre restituiremo anche la Venere di Cirene,
tra vedere e non vedere. Quando mai una potenza coloniale ha restituito, a distanza di decenni, le opere prese dal Paese colonizzato? Forse l’Inghilterra, anzi ancor di più la Francia, ci hanno mai restituito anche una sola delle opere di inestimabile valore che hanno trafugato dal nostro suolo nei secoli passati?
Ma quali sarebbero i “danni” di cui parla Gheddafi? Vediamoli subito e, come è nel nostro stile, facciamo parlare un po’ di dati che da soli bastano a dare l’idea di quali sfracelli abbiano causato gli italiani in Libia.

Costruzione di 754 scuole;
costruzione di 44 ospedali;
costruzione di 127 ambulatori;
costruzione di 70 infermerie;
costruzione di diverse migliaia di edifici a scopo civile e militare;
2930 km di rete ferroviaria, ancora oggi spina dorsale delle ferrovie libiche;
8000 km di strade, ancora oggi importanti elementi della viabilità in Libia;
265 ponti;
3007 ettari di terreno bonificati e posti in coltivazione;
costruzione di 2088 case coloniali;
costruzione e messa in opera di 1688 opere tecniche ed elettriche;
avvio di 13650 aziende industriali e commerciali.

Come si potrà notare da questa breve carrellata di notizie, paghiamo cinque miliardi di dollari alla Libia per averle portato la civiltà ed averla fatta passare dall’oblio della barbarie alla luce della civilizzazione. Con un atto certamente di colonizzazione, ma una colonizzazione intesa dall’Italia coloniale prima e resa eccellente dal Fascismo poi in chiave “romana”: non un barbaro e violento assoggettamento dei popoli vinti nei confronti del vincitore – come hanno fatto tutte le altre potenze coloniali, la cui azione colonizzatrice si è risolta in un criminale accaparramento di risorse e in uno sfruttamento umano, con milioni e milioni di morti e sofferenze inenarrabili, la cui triste conseguenza si può ancora vedere oggi in Africa o nel sud delle Americhe – ma quasi una sorta di “adeguamento” civile, politico e culturale mirante a trasformare la Nazione assoggettata non in un territorio da spremere fino all’ultima goccia, ma in una Nazione parallela, altrettanto civile, evoluta e preparata come quella italiana del Ventennio Fascista che “portò la civiltà” in Africa così come la Roma di tanti secoli prima estese la propria fino ai confini più estremi dell’Europa.
Ora: di che cosa dovremmo vergognarci noi italiani? Non sarebbero piuttosto i libici che dovrebbero risarcirci per tutte le migliaia e migliaia di immigrati che annualmente “siamo costretti” ad accogliere sulle nostre coste? Dovremmo essere noi a chiedere alla Libia un risarcimento, non il contrario! In sostanza la Libia del beduino Gheddafi non solo ci vomita addosso tutti i suoi residui umani da decenni, non solo è storicamente una Nazione ostile all’Italia, ma noi la paghiamo pure!
Non dobbiamo certo vergognarci del nostro passato, che è stato glorioso ed ha scritto la storia del mondo, ma del nostro presente di Nazione perennemente sottomessa, instancabilmente pronta a chiedere scusa anche all’ultimo dei capi di Stato e a sborsare soldi al primo capobastone! Ma si sa: Berlusconi è fedele alla tradizione, e proprio in questo non ha deluso, continuando la solita politica estera italiana “dei 90 gradi” nei confronti di tutti gli altri stati nazionali, anche i più ridicoli come quello libico, che vogliono l’Italia terreno di conquista per tutti i farabutti di ogni risma.
Ci sarebbe da augurarsi una sola cosa, assai improbabile nella generale idiozia che ammorba il popolo italiano. Che tutti gli imbecilli che hanno votato Berlusconi, Alemanno, Fini e compagnia aberrante, slogandosi le braccia a suon di saluti romani e di braccia tese, considerandolo il governo valido da opporre ai “comunisti”, si rendano conto di quali interessi sono rappresentati da questo governo. Un governo che non solo regge il sacco degli unici due stati-canaglia per eccellenza, gli USA e Israele, ma che ha anche il coraggio di mettersi a novanta gradi di fronte all’ultimo dei capi africani. E dire che per molto meno di quello che ci ha fatto la Libia in tutti questi decenni abbiamo mandato i nostri soldati a bombardare Corfù! Altri tempi. Di quelli non ci dobbiamo certamente vergognare.

Andrea Chessa

sabato 30 agosto 2008

Estremisti con la kippà

http://80.241.231.25/ucei/PDF/2008/2008-08-21/2008082110423035.pdf
http://80.241.231.25/ucei/PDF/2008/2008-08-21/2008082110423203.pdf

Se c’è qualcuno che crede ancora che l’Italia sia un paese democratico, e che coloro che parlano di regie orchestrate a tavolino da parte di poteri forti (sempre gli stessi da un paio di secoli a questa parte) siano da catalogare sic et simpliciter come “complottisti”, dovrebbe leggersi gli articoli che, in collegamento .pdf, vengono riportati immediatamente qui sopra.
Gli articoli de La Nazione e de Il Giorno si riferiscono alle (poche) polemiche, ovviamente taciute da tutti i media, che sono state innescate in seguito al fallito congresso-dibattito della “Ultima spiaggia” di Capalbio all’insegna della rassegna “Uno scrittore, un’estate”. Qui, a presentare la seconda edizione del suo libro “Pasque di sangue”, si sarebbe dovuto presentare Ariel Toaff, colui che ha affrontato lo spinosissimo tema – secolarmente diffuso in tutta Europa nei secoli precedenti – degli omicidi rituali all’interno dell’ebraismo.
Inutile dire che il convegno - che secondo le parole dello stesso Toaff doveva riunire, in un interessante faccia a faccia, lo stesso storico con altre importanti personalità legate al mondo dell’ebraismo - non ha avuto luogo. La spiegazione di questo è stata data, con una facilità disarmante, dall’organizzatore dell’evento, Gianni Aringoli: “Ho avuto fortissime pressioni dalla Comunità di Roma per non organizzare il dibattito con Toaff a Capalbio. Mi hanno detto che intendono cancellare lo storico con il silenzio”.
In queste poche parole Aringoli, probabilmente inconsapevolmente, ha sintetizzato magistralmente tutto il potere che ha la Comunità Ebraica di Roma – che si configura sempre più come un fortissimo gruppo di pressione politica – nel bloccare o nel tacitare tutte le voci scomode alla comune vulgata, sinteticamente liquidate come antisemitismo.
“Pasque di sangue” si inserisce in una lunga tradizione di libri contrari al potere e tacciati di antisemitismo, a cominciare dai principali testi revisionisti (di Irving, Faurisson, Mattogno, Hardwood e così via).
Ariel Toaff, ebreo e figlio del capo della Comunità Ebraica di Roma, ha una colpa indicibile: aver instillato il sospetto che il popolo ebraico, l’agnello sacrificale, l’eterno martire, possa aver raggiunto, in qualche suo piccolo e minoritario gruppuscolo fanatico e oltranzista, livelli tali di odio verso i cristiani da compiere degli atti efferati nei confronti degli stessi. E’ per questo, per non smontare il mito del popolo ebraico come eterna vittima da compatire e da comprendere e da aiutare, che la “damnatio memoriae” ebraica si è accanita contro lo storico che “va distrutto con il silenzio”.
Un solo sospetto rimane a chi scrive: se fosse accaduto che qualche gruppo di potere o politico si fosse mobilitato per impedire la divulgazione di un libro sull’olocausto, o sulla guerra di “liberazione”, o sulle stragi solitamente (e spesso erroneamente, come Sant’Anna di Stazzema) attribuite ai nazifascisti, che cosa sarebbe accaduto? Come minimo ci saremmo dovuti sorbire i rimbrotti dell’opinione pubblica sulla libertà di parola, sul valore della democrazia e del confronto. Avremo sentito, da qualunque parte, ferme condanne contro la censura. Del resto non era accaduto lo stesso anche alla Fiera del Libro di Torino? Anche lì non si era condannata la censura “da qualunque parte provenga”? Qui un intero gruppo di potere ha messo in campo tutto il suo potere e la sua influenza politica per impedire che uno storico divulgasse il suo libro. Ha fatto si che nessuno si presentasse al dibattito, riuscendo a far si che le sedie degli ospiti restassero desolatamente vuote. Ariel Toaff, e chi con lui, va “distrutto con il silenzio”. Se solo queste parole le avesse pronunciate qualcun altro, chiunque altro, sarebbero state considerate frasi di una gravità inaudita. Ariel Toaff è stato eliminato come scrittore, come storico, come intellettuale; e deve considerarsi fortunato, dato che almeno lui non è stato pestato a sangue (come Faurisson), minacciato ripetutamente di morte assieme ai suoi familiari (come Mattogno), arrestato e condannato al carcere (come Irving), o privato della sua pensione e costretto a vivere in un piccolo monolocale (come Finkelstein). Ci si chiederà perché mettere dentro lo stesso calderone Irving, Faurisson, Mattogno, gli storici revisionisti e gli ebrei come Toaff, a loro modo revisionisti anch’essi. Perché, a prescindere dai diversi campi in cui si applica lo studio e il lavoro di questi studiosi, a prescindere dalla validità o inutilità delle loro ricerche (che, come tutti i lavori, si prestano a confutazioni e contro-dimostrazioni), chi è onesto, per lo meno con se stesso, non può non riconoscere in questa costante opera di misconoscimento, di intimidazione, di delegittimazione, di calunnia, una volontà di tutto distruggere e tutto nascondere, senza neanche prendersi la briga di confutare l’opera in questione, pur di non urtare la suscettibilità di un ristretto numero di “eletti”.
Noi di Fascismo e Libertà l’abbiamo già detto mille volte, converrà ripeterlo ancora una volta. Non si tratta di acritica aderenza a tutto quello che può essere strumentalizzato in chiave politica. Non abbiamo niente a che spartire con i complottisti da tavolino, con i professionisti del dubbio, con i calunniatori di professione. Si tratta, all’interno di una società che giustamente si richiama ai valori di tolleranza, di confronto delle idee, di pluralità dell’informazione, di applicare una linea coerente che abbia un olo peso ed una sola misura. Quel che ci sarebbe piaciuto sarebbe stato un bel dibattito in cui le tesi di Ariel Toaff venivano messe in discussione e sistematicamente smontate una dopo l’altra. Ma che dibattito si può fare con chi vuole distruggere tutto con il silenzio?
Questo è estremismo allo stato puro, intolleranza endemica da parte degli stessi che qualche mese fa si indignavano per un boicottaggio (mai avvenuto) alla Fiera del Libro di Torino, e che ci mettono in guardia continuamente dal nuovo antisemitismo non appena un qualche cialtrone disegna uno swastika su un muro, coloro che lo stesso Toaff – non noi – ha bollato come “l’ebraismo al potere”.
Dobbiamo ricordarci che in questo Paese gli ebrei sono minoranza. Se è vero che le minoranze hanno dei diritti, è sacrosanto che le maggioranze ne hanno come minimo altrettanti. Certo, ben poche minoranze cancellano i libri dalla memoria collettiva e culturale di un Paese ed esprimono pubblicamente il loro desiderio di “distruggere” pubblicamente uno studioso colpevole solo di aver pubblicato un libro scomodo. Forse la parola "minoranza" c’entra poco.

giovedì 28 agosto 2008

Il dl Gelmini e le ipocrisie comuniste

Il Consiglio dei Ministri ha approvato il disegno di legge sulla Scuola del Ministro Gelmini. Abbastanza rilevanti alcune novità che vengono introdotte già dall’anno scolastico che sta per cominciare a giorni.
Innanzitutto torna, anche per le scuole elementari e medie, il voto in decimali. All’opacità del “sufficiente”, “buono” o “ottimo” si sostituisce il ben più esplicativo numero; questo è fondamentale in sede di media aritmetica, che si baserà su criteri oggettivi e (si spera) ineludibili come quelli matematici.
Seconda novità: sulla media di fine anno avrà influenza anche il voto in condotta, che in precedenza aveva invece solo un valore simbolico; con un voto di condotta inferiore alla sufficienza (dal 5 in giù) si verrà automaticamente bocciati.
Questo è, secondo il Governo, un buon modo per combattere il bullismo imperversante nelle scuole.
Ancora: torna la tanto famosa materia di “educazione civica”, trasformata nell’”educazione alla Costituzione e alla cittadinanza”, per far si che i pargoletti tricolore imparino al meglio le buone regole per una educazione civica e rispettosa.
Quarta novità: guerra anche contro il caro-libri; i libri di testo saranno stampati solo in seguito ad un determinato periodo di tempo (tre, quattro o cinque anni). Senza dubbio mi sembra un’idea semplice ma innovativa per permettere un minimo “riciclo” del libro scolastico, che magari può essere rivenduto, o riprestato magari al fratello più piccolo etc.

Due parole sull’introduzione della materia di educazione civica. Nonostante il nome sia un po’ “sinistro” – presuppone quel lavaggio del cervello basato sull’antifascismo che fino ad ora è stato delegato alla televisione e ad una cultura militante (sempre a sinistra, ovviamente) ma altamente remunerata – è senza dubbio positivo tornare ad insegnare a quella massa di ragazzini viziati e cafoni che sono gli alunni italiani le regole del buon vivere. Si potrebbe cominciare dal più semplice, come insegnare a non buttare la cartaccia per la strada, a non svuotare il posacenere della propria automobile in corsa sulla faccia del motociclista che segue, a salutare il proprio vicino quando lo si incontra la mattina, a non rendere un intero quartiere partecipe delle proprie conversazioni telefoniche, per concludere con il più “nobile”: un corretto comportamento con i propri animali domestici e non domestici, una corretta guida stradale, un sereno convivere con la natura.
Ritengo senz’altro positivo il reintegro del voto di condotta, che torna ad essere non più la causa di un piccolo rimbrotto da parte del genitore al figlio degenere (a tanto spesso si riducono le cialtronate dei teppisti quattordicenni, allevati e cresciuti spesso da genitori ancora più teppisti di loro), bensì va a “fare media” con le altre materie; sempre che non si scenda sotto la sufficienza, perché in tal caso scatterebbe la bocciatura automatica. Positivo perché, nell’era del cosiddetto “bullismo”, con sedicenni che danno fuoco al proprio compagno di scuola, che sodomizzano le proprie compagnette (spesso accondiscendenti) armati dell’immancabile videofonino e altre azioni similari, un giro di vite era necessario. Se il voto di condotta fa media con le altre materie, e diventa addirittura vincolante per la propria promozione, automaticamente diventa un deterrente che spinge lo studente a comportarsi meglio. Conseguentemente anche l’autorità dell’insegnante, ultimamente assai inflazionata, ne esce rafforzata.
Ovviamente quando si parla di giri di vite l’Unione degli Studenti – una vera e propria palestra per i delinquenti noglobal di domani – (basta andare sul loro sito e leggere: “Il tuo preside non ti concede le gite? Ti sei beccato una sospensione o un provvedimento disciplinare? Unisciti all’UDS!”) si indigna e promette di scendere in piazza. Non gli sembra vero: ricominciando la scuola quale migliore scusa per continuare a fare gli sfaticati, per drogarsi ed ubriacarsi, per bloccare le città con i loro cortei nei quali scandiscono slogan demenziali? E poi il provvedimento è stato varato dal centro-destra, pertanto è sbagliato per definizione.
Non sarebbe neanche il caso di parlare di questi “partigiani” in erba se non si unissero a questo coro ridicolo anche i Genitori Democratici (hanno sempre bisogno di specificarlo, che sono democratici, come se tutti gli altri non lo fossero ) guidati da Angela Nava, la quale proferisce perle di cotanta saggezza: “La valutazione delle singole discipline di per se’ gia’ non e’ sganciata dalla condotta che il ragazzo tiene in classe, perche’ quando attenzione e partecipazione non ci sono e’ impossibile che ci siano le competenze. Il profitto riflette la stessa condotta che e’ gia’ inserita nel voto delle discipline E poi cosa cambia il voto di condotta rispetto alle sanzioni che gia’ ci sono per punire certi comportamenti dei ragazzi? Cosi’ si rischia di scaricare sugli studenti tutte le responsabilita’ di cio’ che non va nella scuola”. Mai parole furono proferite più in malafede. E’ quasi imbarazzante dover commentare questi qualunquismi se a questi non fosse concessa tanta visibilità e rilievo mediatico. Innanzitutto, secondo i democratici genitori, il voto che io ho in Geografia è influenzato anche dal comportamento che io ho in classe. Assolutamente falso: si può ignorare la Geografia per tutto l’anno (magari leggendo La Gazzetta dello Sport, come facevo io) e poi rimettersi in carreggiata con tre interrogazioni da voto 7. I comportamenti criminali degli studenti, inoltre, spesso e volentieri avvengono fuori dalla classe, magari nei bagni o nei cortili più interni della scuola, e spesso e volentieri sono fatti da alunni modello, figli di genitori rispettabili. Proporre, come sembra faccia questa signora, l’equazione “bullo = studente che non va bene a scuola” è quantomeno assai scorretto.

Dispiace vedere che, da una certa parte politica, e dalle ramificazioni di questa, si tocchi il ridicolo pur di contestare e delegittimare quello che viene fatto dalla controparte, anche quando un disegno di legge presenta delle proposte basate esclusivamente sul buon senso. Del resto che i comunisti non abbiano buon senso è noto a chiunque non sia intellettualmente e moralmente prevenuto. Tranne che ai comunisti, si intende.

lunedì 25 agosto 2008

"We killed Jesus Christ and we are proud of it! God gave me this land!"

Propongo alcuni video, presi dalla rete internet, che dimostrano al meglio come i coloni dell'unica democrazia del Medio Oriente trattino i goym palestinesi. Nel primo video vedrete una donna (probabilmente israeliana) che davanti al soldato israeliano insulta una donna palestinese dandole della "sharmouta", puttana, mentre la povera ragazza chiede aiuto al soldato, che guarda la scena immobile.

Nel secondo video un soldato israeliano spara con un proiettile di gomma ad un palestinese legato, bendato, assolutamente inoffensivo ed incapace di difendersi. Non sono scene nuove, purtroppo: così facevano i "liberatori" americani ai soldati SS che deponevano le armi e si avvicinavano con le braccia alzate in chiaro segno di resa. Metodi vigliacchi, di soldati che hanno da tempo smarrito il senso dell'onore che impone la divisa, che hanno trovato l'entusiastica adesione dell'esercito di quella che con grande ipocrisia viene definita "l'unica democrazia del Medio Oriente".


Il terzo filmato non necessita neanche di commento. Se masticate un minimo di inglese potrete sentire un sionista vantarsi dell'uccisione di Cristo da parte dei suoi avi, insultare l'operatore ("Fuck you nazi!") e declamare il diritto divino allo sterminio palestinese ("God gave me this land!")

lunedì 18 agosto 2008

Carlo Gariglio - Immigrazione. Verità nascoste che nessuno osa dire

Pubblicato sul mensile "Il Popolo d'Italia", gennaio 1999

Che il problema dell’immigrazione extracomunitaria sia ormai una vera e propria piaga nazionale è cosa ben nota; che però su questo tema, pur di attualità su tutti i giornali che vanno per la maggiore e in tutti gli show super patinati delle TV non si siano dette molte verità, è cosa non da tutti risaputa.Il regime politico - culturale tenta infatti, purtroppo con successo, di contrabbandare alla massa acritica le sue “verità”, ove chiunque tenti di opporsi all’immigrazione selvaggia viene tacciato di razzismo, mentre chiunque appoggi le più vergognose sanatorie si ritrova promosso d’ufficio al ruolo di cittadino “progressista” della futura società multirazziale. Naturalmente, all’interno di queste ”verità” l’immigrato viene dipinto come un poveretto nullatenente, richiamato dall’opulenza della società occidentale nel tentativo di trovare un’occupazione ed una sistemazione adeguata, e soltanto il fallimento di questi tentativi porta il poveraccio a delinquere.Peccato però che questo quadretto edificante sia del tutto falso, nelle sue premesse come nelle sue conclusioni.Infatti i veri razzisti non sono quelli che si oppongono all’accoglienza indiscriminata, ma sono proprio quelli che, come l’ex Premier Romano Prodi, dichiarano pubblicamente che costoro ci sono utili “perché fanno i lavori più disagiati”, o che, come il capo del Polo Silvio Berlusconi, dichiarano che “gli immigrati serviranno a pagare le pensioni dei nostri concittadini”; sono forse queste “nobili” motivazioni umanitarie, o viceversa squallidi presupposti utilitaristici che presuppongono uno sfruttamento dell’uomo sull’uomo? E’ più razzista chi dice di accogliere gli extra comunitari perché potranno essere impiegati sotto costo a nostro vantaggio, o chi pretende che costoro restino nelle loro terre, indirizzando la solidarietà nella direzione di contribuire allo sviluppo del terzo mondo, insegnando finalmente a queste nazioni come provvedere da sé alla propria sopravvivenza?La verità è che, nell’ottica mondialista, l’immigrato viene visto come una mera merce, da sfruttare per bisogni economici, politici e religiosi; le sinistre mostrano il volto accogliente per riempire le loro federazioni di partito desolatamente vuote e per riempire le piazze di poveretti ignari, muniti di cartelli e striscioni che spesso neppure comprendono, con i quali rivendicano diritti che ai loro paesi di provenienza non hanno mai neppure sentito nominare; le organizzazioni cattoliche si comportano allo stesso modo per riempire le chiese, fingendo di ignorare qual è il trattamento che i musulmani e gli esponenti di altre religioni riservano ai cattolici nei paesi ove sono in maggioranza, mentre gli imprenditori mondialisti considerano l’extracomunitario come un novello sottoproletario da sfruttare in fabbrica e da utilizzare come consenziente consumatore dei propri prodotti. In tutto questo non vi è nulla di umanitario, ma al contrario vi è quanto di più squallido e di egoistico le “capaci” menti dei nostri uomini di sinistra potessero concepire.Altro mito da sfatare è il presunto bisogno che muoverebbe questi poveri immigrati, tutti bravi, belli, onesti e buoni lavoratori, trascinati sulla cattiva strada dalla mancanza di opportunità che i “razzisti” occidentali non concedono loro; in realtà la gran massa degli extracomunitari che approdano sulle coste italiane è costituita da persone abbastanza facoltose da potersi permettere di pagare cifre astronomiche alla mafia albanese per essere traghettate in Italia, cifre inoltre che se paragonate al tenore di vita delle località di provenienza di costoro, assumono significati addirittura iperbolici. Che cosa spinge allora migliaia di albanesi, magrebini ed arabi a spendere milioni per approdare sulle nostre coste? Ma naturalmente la fama di “paese di bengodi” che l’Italia ha ormai agli occhi del mondo intero; nazione dove si tartassano i cittadini autoctoni per mantenere folle di extracomunitari che nel migliore dei casi sono dei veri e propri sfaccendati, nel peggiore sono degli autentici criminali che già partono da casa propria con in testa l’idea di creare, o fortificare, veri e propri clan mafiosi dediti al contrabbando di stupefacenti ed armi, nonché allo sfruttamento della prostituzione.Solo pochi giorni or sono vari TG nazionali hanno dedicato ampi servizi ai poveri del Sudan, questi sì veramente disperati, con bambini ridotti a vere e proprie larve, incapaci persino di difendersi dalle mosche che li divorano; ebbene, a queste fasce veramente povere dei paesi africani, composte da persone che neppure sognano di emigrare all’estero a causa della assoluta impossibilità a realizzare la benché minima spesa, nessuno fornisce validi aiuti, ad eccezione di eroici missionari (nella fattispecie i frati comboniani) i quali fanno miracoli per strappare alla morte peggiore almeno qualcuno dei bambini in questione, campando delle elemosine di qualche buon cuore occidentale.E tutto questo accade mentre governi inetti come quello nostrano spendono svariati miliardi per accogliere e mantenere criminali, mafiosi, prostitute, sfruttatori e delinquenti della peggior risma!Considerando poi che con le cifre spese dall’Italia per accogliere la peggiore feccia extra comunitaria si potrebbero sfamare intere nazioni africane sul posto, viene a cadere definitivamente la grande mistificazione mondialista, in quanto è evidente che non si vuole risolvere il problema del terzo mondo, ma aggravarlo, privando cioè i paesi poveri delle risorse finanziarie per svilupparsi, nonché delle braccia che potrebbero realizzare questo sviluppo. I fautori della società multirazziale infatti considerano proprio l’attaccamento alle proprie tradizioni ed alle proprie terre il maggiore pericolo per i loro loschi piani, perché sono proprio i ceppi etnici più radicati, gelosi della propria appartenenza ad una etnia ben chiara e rispettosi di quelle altrui, che potrebbero opporsi al dominio mondiale cui essi aspirano; è soltanto trasformando la società planetaria in un’informe melassa di meticci, senza cultura, tradizioni, né consapevolezza di essere un popolo, che si potrà giungere al mondialismo perfetto, ovvero dieci o venti famiglie ben individuabili che da sole governeranno il mondo, piegando tutto e tutti alle proprie necessità di produzione e consumo. Nell’immenso crogiolo umano che questi criminali stanno tentando di imporci, non ci saranno più rivolte nei confronti dei dominatori planetari, ma se mai un perenne stato di guerra fra poveri, ove i rimasugli delle vecchie culture e tradizioni di tanto in tanto si accapiglieranno fra loro per futili motivi, tornando però presto al naturale stato di prostrazione. La migliore prova di quanto sopra sta proprio negli USA, cioè il paese che dovrebbe rappresentare l’esempio vivente di società multirazziale, ma che in realtà dimostra al mondo intero come siano condannate al fallimento le manie di integrazione che pervadono “i sinistri” italiani; siamo di fronte, infatti, ad uno squallido insieme di varie razze, che fingono di vivere insieme in pace e in armonia, ma che in realtà spesso esplodono in vere e proprie guerre tribali, dove il nero attacca il bianco, il giallo non tollera il nero, l’ispanico odia l’italiano, e via discorrendo. Tutto ciò, naturalmente, va a vantaggio dei banchieri [...] di Wall Street, i quali, imperterriti, continuano a produrre miliardi di dollari e ad ingigantire i propri imperi, mentre i poveracci si dedicano alle loro puerili e stupide guerre, non già provocate da nobili sentimenti nazionalistici, ma da sterili lotte per il controllo di qualche vicolo malfamato, o dello spaccio di droga nel quartiere, o ancora per conquistare qualche posto in più alle prostitute del proprio colore. A comprova di ciò possiamo agevolmente notare come gli stessi USA, ovvero il braccio armato del mondialismo sionista, agiscono da veri e propri massacratori nei confronti di quei paesi che tentano di mantenersi impermeabili alla penetrazione dei “valori” stelle e strisce: Iraq, Iran, Panama, Haiti, Grenada sono solo alcuni paesi che hanno sperimentato sulla propria pelle quanto possa costare il tentativo di sottrarsi al dominio planetario mondialista, mentre al contrario gli stati che accettano di farsi governare da leaders fantoccio, al soldo degli USA e dei propri infami alleati, riescono a godere di (apparente) prosperità inaspettata. Smascherata l’impostura rimane da chiedersi: come invertire la tendenza?La cosa indispensabile è la consapevolezza del problema, unita alla piena comprensione delle ragioni per le quali ci si oppone all’immigrazione selvaggia; non esistono, infatti, biechi razzisti che non vogliono accogliere l’immigrato extra comunitario perché convinti della sua inferiorità, ma esistono bensì patrioti consapevoli dei rischi che corrono, sia il popolo italiano sia i popoli africani ed arabi, mandati allo sbaraglio per fare gli interessi dei falsi umanitari. E’ necessario che ciascun popolo, europeo e non, si renda conto del pericolo che stiamo correndo e si faccia garante della conservazione di tradizioni, usi e costumi, religione e territorio proprie, aiutando nel contempo quella fetta di popoli africani ed arabi che non sono consapevoli di ciò, al fine non di dominare e sottomettere le altre etnie, ma al contrario di collaborare, da pari a pari, fra popoli diversi per giungere all’obiettivo di una pacifica convivenza, ciascuno a casa propria, con le proprie leggi, i propri usi, le proprie tradizioni e le proprie religioni, ma anche e soprattutto con le stesse possibilità di sviluppo e di arricchimento per tutti i popoli della terra.Le grandi potenze occidentali, invece di assorbire manodopera straniera a basso costo, dovranno recarsi nei territori del terzo mondo, creando infrastrutture, strade, acquedotti, ed istruendo gli autoctoni circa il modo di sviluppare un’agricoltura degna di questo nome, ed un’industria quantomeno efficiente, lasciando poi loro la completa gestione del tutto.Questo è il solo ed unico modo per arginare contemporaneamente la piaga dell’immigrazione selvaggia, e quella ancora peggiore del mondialismo. E questa sarà la vera sfida del 2000: imparare a sopravvivere separati ma concordi, oppure soccombere nel calderone multirazziale.
Carlo Gariglio

giovedì 14 agosto 2008

Dev'essere il caldo

Questi giorni ho seguito con attenzione i tg di regime. Niente di niente. Ho ascoltato le radio. Niente. “Ci sarà sicuramente una manifestazione”, mi son detto. Niente di niente. “Sicuramente l’hanno fatta e nessuno dei tg ne ha parlato”, mi sono detto ancora. Allora ho fatto qualche salto sui blog sinistri e filo-terroristi. Niente di niente. L’informazione dei grembiulini e quella comunistoide veleggiavano – e ancora veleggiano – tranquillamente nel vento pre-ferragostiano; ogni tanto una qualche indignazione per la nuova deriva “fascista” del governo Berlusconi, oppure la celebrazione di Famiglia Cristiana – che per i comunisti è diventata “un compagno come noi”, o ancora l’occasione fornita dalla prostituta nigeriana strafatta di coca sdraiata a terra davanti ai poliziotti, che permette alle anime belle di sentirsi più candide e più pulite degli altri. Ma a parte queste quisquiglie, diciamo, normale amministrazione.
Eppure proprio i comunisti dovrebbero essere informati sul fatto che, a Firenze, due giorni fa è stato approvato il nuovo regolamento di polizia urbana, che in 46 articoli (tutti fascisti uno più dell’altro) detta le regole che da ora in poi dovranno essere severamente rispettate per migliorare il decoro di Firenze (dopo anni e anni di malcostume comunista urgeva un restyling). Regole tanto ferree che già si contano le prime “vittime” di cotanta austera amministrazione.
Primi martiri della repressione sono stati gli strilloni, coloro che, agli angoli dei semafori, vendono i giornali agli automobilisti che attendono il verde; è stata poi la volta di un mendicante che bivaccava agli angoli di una strada; analoga sorte del mendicante è poi toccata ad una famiglia francese sorpresa negli stessi atteggiamenti del mendicante; colpita anche l’inciviltà del turista che getta la cartaccia per terra e quella del fiorentino che getta il mozzicone di sigaretta, sempre per terra, accanto al cestino. Ma il nuovo regolamento rosso non si ferma qui: multata anche una signora che aveva steso i panni ad asciugare - ohibò! Che crimine! - e un commerciante – udite udite! – che puliva la sua vetrina oltre l’orario consentito. Quasi quasi dimenticavo i due ambulanti extracomunitari (piezz’e core dei sinistri) multati perché vendevano merce contraffatta.
Ora, condivisa pienamente la tolleranza zero nei confronti di chi butta la cartaccia per terra, vende merce contraffatta, bivacca in Piazza Santa Maria Novella oppure ostruisce il passaggio nei marciapiedi, mi chiedo quale insulto al decoro può arrecare un commerciante che pulisce la vetrina del suo negozio, o una signora che stende i panni, o dei ragazzini che giocano a calcio. Mi sarei aspettato una bella manifestazione antifascista in contemporanea per le principali piazze delle nostre città; i “bloggers” che proponevano a tutti gli internauti perditempo dei “banners” da mettere nei loro siti; Diliberto che grida contro il complotto fascista contro le massaie e i commercianti fiorentini; giovani che, in difesa di queste categorie disagiate, difendevano la democrazia cercando di spaccare le teste dei poliziotti a colpi di estintore (queste azioni eroiche sono il lasciapassare per un perfetto democratico); Beppe Grillo che propone un “Signora che stende i panni Day” e altre cose ai quali i sinistri – da sempre all’avanguardia in questo tipo di azioni democratiche – ci hanno ormai da tempo abituato.
Invece no. Silenzio assoluto. Nelle piazze ci sono solo i turisti; i bloggers sono tutti impegnati a dare contro al sindaco leghista di Novara che ha proibito le adunate sediziose (e la cosa, come ben sanno i cittadini di Novara, serve ad evitare quegli spiacevoli gruppi di giovani e non che nelle ore notturne disturbano chi dorme con urla e risate, trasformando le strade del centro in un immondezzaio che si presenta poi ai residenti nelle prime ore della mattina) o, tutt’al più, a gridare all’attentato alla democrazia per la foto di una prostituta nigeriana che si accascia al suolo strafatta di cocaina. Oltre, però non vanno. Passa quindi sotto il più assoluto silenzio un regolamento – quello della città di Firenze – varato da una giunta di sinistra, è bene ricordarlo, che era sicuramente necessario ma che unisce, accanto a misure certamente condivisibili, provvedimenti che definire demenziali è poco.
A chi scrive rimane un dubbio: se a fare una cosa del genere fosse stata una giunta di destra che cosa sarebbe successo? Sicuramente avremmo dovuto sorbirci tutte quelle manifestazioni molto democratiche appena descritte sopra.
Del resto bisogna capirli. Domani è Ferragosto: viene quindi meno la necessità di manifestare il proprio antifascismo, ed è meglio conservare l’indignazione per i giorni lavorativi; a ciò aggiungiamoci il caldo: troppa afa per difendere le massaie e i commercianti fiorentini, meglio indignarsi quando la temperatura cala un po’ e si può fare tutti insieme una bella gita fuoriporta.
No, in questi giorni per gli antifascisti non conviene fare gli antifascisti. Deve essere il caldo.

mercoledì 13 agosto 2008

Indecenti

Partiamo da quel giorno, dal 25 novembre del 2006. Siamo alla Umbria Olii, una delle aziende più importanti nel campo della produzione di oli d’oliva a livello nazionale ed internazionale. Cinque uomini, per la precisione Tullio Mocchini, Giuseppe Coletti, Wladimir Toder, Maurizio Manili e Claudio Demiri. Di colpo un’esplosione fortissima in uno dei quattro silos che i lavoratori stavano manutenzionando; subito dopo una seconda esplosione, le fiamme facilitate dal fatto che i silos contenevano un tipo di gas altamente infiammabile, e il luogo di lavoro che diventa un inferno. Mocchini, Coletti, Toder e Manili muoiono. Si salva fortunosamente solo Claudio Demiri. Fin qui il fatto di cronaca, che tristemente non è più una novità nella quotidiana strage di lavoratori che muoiono nei cantieri italiani, subito scavalcato da altre morti “bianche” (così le definiscono, come se la morte si potesse classificare con un colore) che hanno meritato le pagine e i primi servizi dei giornali dei giorni dopo.
Intanto, poco ripreso dai giornali (io stesso, che mi tengo sempre informato mediante sia i media ufficiali sia i siti di informazione alternativa, devo ammettere che non ne sapevo niente), il processo in questi due anni è andato avanti. Opposte, ovviamente, le tesi di accusa e difesa. Molto sinteticamente, secondo la difesa Del Papa – principale accusato e tra i massimi dirigenti dell’azienda – avrebbe messo in atto tutte le misure di prevenzione richieste dalla normativa vigente, e la causa del tragico incidente sarebbe stata causata dall’imprudenza degli operai, i quali, per sveltire il lavoro (era di sabato) che li vedeva lavorare ad una passerella di collegamento tra due silos carichi di materiale altamente infiammabile, avrebbero usato una procedura di saldatura esplicitamente vietata appositamente per evitare incendi e/o esplosioni.
Secondo l’accusa, viceversa, le mancate misure di sicurezza e prevenzione sul lavoro erano già state denunciate in passato e tutti i dirigenti, Del Papa compreso, sapevano benissimo che lavorare in quel cantiere era pericoloso.
Come accade in Italia, anche le perizie che le due parti in causa studiano sono opposte tra di loro: quella commissionata dalla difesa di Del Papa scagiona quest’ultimo completamente, mentre quella dell’accusa lo inchioderebbe alle sue responsabilità.
Fin qui, purtroppo, non andiamo oltre quella brutta consuetudine giurisprudenziale che vede le due parti di una causa giudiziaria gonfiare il petto, ognuna rispettivamente con la propria perizia, accusando l’altra di negligenza e di malafede. Questi due anni, in particolare, vedono un Del Papa agguerritissimo, che ha addirittura denunciato i periti della controparte, rei di non aver scritto una perizia tecnica a sua discolpa. Sia ben chiaro, a scanso di equivoci, che noi non siamo come quella spazzatura su due gambe che ha osato dare della puttana ad un Ministro della Repubblica colpevole di essere troppo bella, basandosi su voci mai confermate: in Italia un cittadino è innocente o colpevole fino al terzo grado di giudizio, e bisognerà certamente attendere molto per sapere se Del Papa è un manager di primo piano, rispettosissimo delle leggi, oppure se gli operai che lavoravano alla Umbria Olii sono solo gli ennesimi incolpevoli della quotidiana mattanza che si svolge quotidianamente in tanti luoghi di lavoro a causa di datori di lavoro criminali. Ma c’è un’altra cosa che, a mio parere, supera i limiti della decenza, del buon gusto, del rispetto. E’ fresca la notizia che la Umbria Olii, per iniziativa dell’amministratore delegato e massimo dirigente Giorgio Del Papa – indagato per disastro colposo aggravato dall’inazione in previsione dell’evento (il che significa, secondo l’accusa, che Del Papa era a conoscenza delle violazioni delle norme sul lavoro presenti nei suoi cantieri e non avrebbe messo in atto alcuna misura di prevenzione), violazione delle norme sulla sicurezza sul lavoro, mancato aggiornamento degli standard dei mezzi di protezione, omicidio colposo plurimo – ha chiesto alle famiglie dei lavoratori morti nel tragico disastro 35 milioni di euro in risarcimento danni.
La possiamo rigirare come vogliamo, ma non smette di farmi schifo. Possiamo definirlo l’accanimento di una grande ditta contro delle normali famiglie di lavoratori, che certamente non hanno 35 milioni di euro disponibili sull’unghia. Possiamo chiamarlo, se volessimo usare le parole di Morena Sabatini, la vedova di Maurizio Manili, una seconda morte inflitta ai lavoratori che si guadagnavano la paga alla Umbria Olii. Per attenerci alla giurisprudenza, possiamo anche soltanto vederlo come una richiesta danni che difficilmente potrà avere uno sbocco perché basata su una perizia di parte non firmata da periti incaricati dal giudice (quindi terzi).
Si aspettavano quindi le affermazioni di Confindustria. Come minimo un richiamo alla decenza, al contegno nei confronti di chi ha subito un lutto così grave e angoscioso (perché palesemente ingiusto), una sorta di rimbrotto ufficiale a quel manager d’assalto, Del Papa. Invece la Confindustria, fedele agli interessi dei suoi iscritti oltre ogni limite del buon gusto, ha il coraggio di diramare questo comunicato:

"La Umbria Olii di Campello sul Clitunno rappresenta una realtà aziendale importante per il territorio di Spoleto, una realtà che fino al 2006 era leader in Europa per la raffinazione di olio di oliva per uso alimentare. Per questo motivo Confindustria Perugia fa appello al senso di responsabilità di tutti perché non sia vanificato lo sforzo in cui l'imprenditore è impegnato per riportare l'azienda ai vertici del suo settore. Le recenti critiche, provenienti da più parti, riguardo alla linea difensiva adottata dal presidente Giorgio del Papa confermano ed amplificano l'ingiusto processo mediatico che praticamente ha già condotto alla sua condanna senza appello. In questo clima, Confindustria Perugia - pur comprendendo profondamente il dolore e le ragioni dei familiari delle vittime del tragico incidente - vuole essere partecipe delle vicende e del futuro della Umbria Olii. Se Del Papa, nell'esercizio delle sue funzioni di Presidente, ha commesso errori o violazioni delle norme, queste responsabilità dovranno essere accertate esclusivamente dagli organi competenti nelle sedi deputate. Non è possibile condividere la posizione di chi sostiene che la scelta di Del Papa a difesa della sua azienda e la attività imprenditoriale stessa siano in contrasto con la cultura del popolo umbro. Del Papa, nonostante le mille difficoltà e nonostante potesse contare sull'ammissione alla Cassa integrazione, ha richiamato al lavoro tutte le maestranze che con grande impegno stanno condividendo gli sforzi dell'imprenditore. Proprio i dipendenti della Umbra Olii, in una lettera pubblica, hanno riconosciuto all'azienda un comportamento sempre corretto nei confronti dei lavoratori e del mercato, e un'attenzione particolare alla sicurezza del lavoro e alla difesa dell'ambiente per i quali sono stati fatti investimenti considerevoli. Ci sembra contraddittorio dichiarare la propria preoccupazione per le difficoltà economiche ed occupazionali dell'area di Foligno, Trevi, Spoleto e della Valnerina - come ha fatto di recente il Sindacato - e poi ostacolare in concreto il rilancio di una attività imprenditoriale che ha contribuito per lungo tempo allo sviluppo di quel comprensorio. Noi riteniamo che sia giunto il momento di dismettere gli atteggiamenti demagogici che hanno spesso caratterizzato le tante prese di posizione su questa dolorosa vicenda, nonché l'affannosa ricerca di un capro espiatorio, ferito da un evento così drammatico e luttuoso, che ha messo in grave pregiudizio la continuità aziendale. Questo clima non giova certo né alle vittime e ai loro parenti, né alla ricerca della verità. Con il pensiero sempre rivolto a chi non c'è più, il nostro auspicio è che la Comunità umbra si ritrovi unita in una azione concorde che da un lato miri a salvaguardare l'azienda ed il futuro dei suoi collaboratori, dall'altro solleciti che eventuali errori, da chiunque siano stati commessi, siano accertati, nei tempi più rapidi possibile e senza pregiudiziali, per evitare che possano ripetersi tragedie come quella accaduta a Campello".

Innanzitutto: quali critiche? Ammetterà Confindustria che è ben difficile poter comprendere la posizione di Del Papa, il quale, prima della conclusione del processo, chiede un risarcimento danni milionario basato su una perizia commissionata dai suoi avvocati difensori e palesemente in contrasto con un’altra perizia, di parte opposta. Ammetterà Confindustria che se “queste responsabilità dovranno essere accertate esclusivamente dagli organi competenti nelle sedi deputate” allora la richiesta di risarcimento danni di Del Papa è quantomeno inopportuna?
Ma no. Confindustria non ammette. La corporazione degli industriali difende senza mezze misure un suo iscritto che attualmente è indagato per omicidio colposo e mancato rispetto delle norme di sicurezza cantieristiche: così facendo non ci sono dubbi riguardo la posizione di Confindustria. Per chi ancora non se ne fosse accorto: ecco la vera faccia del capitalismo: un sistema economico feroce, che non si ferma davanti a niente, che non conosce limiti di decenza, di umanità, di sensibilità, rappresentato pienamente dalla corporazione degli industriali italiani. Un sistema economico che, come un bulldozer, distrugge qualunque cosa incontri sulla sua strada e privilegia il fattore economico a quello umano.
Non nutrirò dubbi sulla innocenza di Del Papa, se questa verrà dimostrata in Tribunale. Ciò non toglie che, moralmente, sia lui che i suoi “fratelli” di Confindustria sono colpevoli. Perlomeno moralmente. Se questo conta ancora qualcosa.