martedì 31 marzo 2009

Dalla casa del Padre alla casa del padrone

Parlando con diverse persone, e leggendo diverse emails, vengo a sapere di tanta gente indignata per la totale e definitiva conversione di Fini al partito unico della destra; la parola che va per la maggiore è quella della condanna perenne: “traditore”.


Tanti vogliono sapere che cosa ne pensiamo noi del MFL. Solo questa domanda dimostra ampiamente come in tanti, anche all’interno della nostra area, sentano ma non riescano ad ascoltare. Noi del MFL siamo da anni che denunciamo l’abiura politica di Fini; ed è un tradimento che comincia da lontano, da Fiuggi. E’ da anni che Fini sparla pubblicamente del Fascismo, di Benito Mussolini, dei Fascisti. E, per sdoganarsi completamente, ha assunto un portamento ed un atteggiamento politico che definire antifascista è dir poco. Condanna totale del Fascismo, che diventa male assoluto; pellegrinaggi allo Yed Vashem, per celebrare quella che è l’unica religione per la quale non solo non si accettano eresie, ma neanche dubbi, tentennamenti o prese di posizione neutrali; elogio dell’antifascismo e della Resistenza (“Ringraziamo i partigiani che hanno combattuto per la nostra libertà”, ha sentenziato recentemente); condanna delle leggi razziali; condanna della Chiesa, che a parere di Fini rimase a guardare mentre in Italia veniva attuata una campagna di eliminazione nei confronti degli ebrei. Insomma, il camerata ha svestito la camicia nera, difficile e pericolosa da portare, per il grembiule e il cappuccio. E così è diventato un personaggio "politically correct", infarcito di un po' di buonismo, di un antifascismo viscerale, ogni tanto qualche polemica con Berlusconi (che eccita molti i sinistri), qualche stronzata qua e la' detta però con convinzione...

Ce n’è abbastanza perché un Fascista serio prenda le distanze da questo personaggio. Invece, così non è accaduto: alla vittoria di Berlusconi e del suo governo è stato un tripudio di pseudonazionalisti che salutavano la truppa del capitalista massone come il governo dei camerati; e alla vittoria di Alemanno, alle ultime elezioni di Roma, abbiamo dovuto assistere a pseudocamerati che, con le bandiere di AN e dell’Italia, si esibivano nel tanto vituperato saluto romano. Quanto fosse camerata Alemanno l’ha dimostrato nelle settimane successive, ma questo è un altro discorso.


Quello che voglio dire è questo: personaggi come Fini, o come Alemanno, o come La Russa, che hanno utilizzato un ideale per arricchirsi, salvo poi rinnegarlo una volta seduti nelle poltrone che contano, sarebbero stati dimenticati da un pezzo nella spazzatura della politica italiana se non avessero trovato una legione di imbecilli pronti a votarli, convinti di portare al potere il Fascismo e i Fascisti. Molto pragmaticamente, Fini ed i suoi colonnelli hanno scoperto che in questa sedicente democrazia le ideologie pesano. Sono zavorra. E’ difficile, specialmente in questo orrendo Paese, avere un’ideologia. Per dichiararsi Fascisti pubblicamente ci vogliono le palle. Non si diventa sindaci di Roma facendo politica col fascio. E’ più facile diventarlo promettendo musei del ricordo dell’Olocausto in caso di elezione. Il che si può fare, per carità. Ma la smettano, una volta per tutte, di infangare il nome del movimento politico più nobile, più audace, più "sanamente italiano" che l'Italia abbia mai avuto. Hanno scelto di passare dalla "casa del Padre" alla casa del padrone, Berlusconi (che personalmente preferisco di gran lunga a Fini: quantomeno fa i suoi interessi, in maniera coerente, e non si è mai finto Fascista per avere il voto dei Fascisti). Che i sedicenti Fascisti, se tra quella accozzaglia di arrivisti ce n'è ancora qualcuno, la smettano una buona volta di farsi prendere per il culo.

venerdì 27 marzo 2009

Tuvixeddu, dopo dieci anni arriva il verdetto

(la foto è presa dal sito www.sardinianostra.it)



IL braccio di ferro tra la Regione Sardegna e la Compresa riguardo la necropoli di Tuvixeddu arriva, dopo dieci anni, ad una soluzione.

Una lunga storia, fatta di corsi, ricorsi, aspre battaglie legali ed accuse a mezzo stampa, quella che vede in primo piano la necropoli di Tuvixeddu, quella dove i punici seppellivano i loro morti tanti secoli fa e che è, attualmente, una delle più importanti di tutto il Mediterraneo. Uno dei fiori all’occhiello di quella Cagliari che vuole essere città turistica e di attrazione. Proprio per questo, ben dieci anni fa, l’organizzazione ambientalista “Amici della Terra” aveva impugnato in Tribunale il progetto che avevano sottoscritto la Soprintendenza ai Beni Culturali, la Regione Sardegna ed il Comune di Cagliari per la costruzione, proprio sul colle di Tuvixeddu, di più di 30 ville e una ventina di palazzi, che sarebbero dovuti essere una zona residenziale all’avanguardia della Cagliari che conta. Al ricorso, presentato a suo tempo, si era unita in seguito la giunta di Renato Soru e con lui tutti gli ambientalisti, nell’opinione che della necropoli di Tuvixeddu, già fortemente compromessa dopo anni di incuria e di mancati interventi, non si dovesse risparmiare alcuno sforzo per salvare il salvabile.

Ma, questo il verdetto della I Sezione del Tribunale di Cagliari, l’associazione “Amici della Terra”, in virtù del suo carattere regionale, non aveva i titoli per impugnare in Tribunale quell’accordo: è un “difetto di legittimazione”.

Soddisfatto, come prevedibile, il Presidente di Compresa Cualbu il quale, adesso, si appresterà anche a chiedere i danni (da quantificare). Per la Regione Sardegna, oltre al danno la beffa.

giovedì 26 marzo 2009

In Italia come in Iraq

Leggo che un F16 americano, decollato dalla base militare di Aviano per una normale esercitazione, ha avuto dei problemi in alta quota. Così il pilota ha pensato bene di liberarsi di due serbatoi di carburante, di mezza tonnellata ciascuno, sganciandoli sul centro abitato. Così, con molta nonchalance, come tanti automobilisti che distrattamente gettano un fazzoletto dal finestrino.

Il primo serbatoio è caduto a Tamai, centrando in pieno una casa e disintegrando una automobile parcheggiata, mentre il secondo serbatoio è caduto a Brugnera, sfiorando dei bambini che giocavano nei pressi.

Inutile dire che, se si è evitata la tragedia, è stato solamente per una incredibile serie di circostanze fortunate e fortunose.

Con curiosità provo a sfogliare qualche quotidiano, ma mi accorgo che la notizia è data solo dai quotidiani locali e da Il Manifesto.

Una strage sfiorata per colpa di un “top gun” non sembra allarmare eccessivamente i nostri politici. Non una parola di condanna, una interrogazione parlamentare; l’ennesimo atto di prepotenza degli americani nei confronti dell’Italia passa inosservato, non richiede neanche la pagina 20 di un giornale a distribuzione nazionale.

In un Paese civile, come minimo, il Ministro degli Esteri avrebbe contattato immediatamente i vertici militari USA, o anche l’ambasciatore americano in Italia, per rendere immediatamente colpo dell’accaduto, identificare il responsabile e punirlo secondo la punizione che merita. L’accusa, se formulata, dovrebbe essere gravissima. In quelli che una volta si chiamavano Stati nazionali, mettere in pericolo dei civili in tempo di pace, per negligenza o per vendetta, era considerata un’accusa molto grave. Invece, par di capire, in questa colonia americana dove sventola il tricolore un militare che per non appesantire troppo il suo aereo sgancia i suoi serbatoi pieni di carburante sui centri abitati non fa notizia, non suscita clamore, non provoca indignazione, ma solo qualche trafiletto nei giornali del posto. Il nostro Ministro degli Esteri Franco Frattini è troppo occupato a protestare contro l’antisemitismo di Durban II e a garantire il suo sostegno ad Israele; evidentemente non trova il tempo di fare nient’altro. Viene da chiedersi di quale Stato sia il Ministro degli Esteri, Frattini…

Certo, certo, se anziché centrare una automobile oppure l’aperta campagna i serbatoi avessero centrato qualche bambino, o qualche innocente passante, l’indignazione sarebbe stata grande. Ma, in Italia, si protesta solo quando ci scappa il morto, mai per evitare che il morto ci sia in futuro.

La Storia si ripete, come la strage del Cermis. Dove, dopo innumerevoli travagli subiti dai parenti delle vittime e coperture giudiziarie da parte degli americani (come confermato dagli stessi accusati), i quaranta milioni di risarcimento da destinare ai parenti delle vittime di chi perse la vita a causa dei piloti americani sono stati bloccati dall’allora Ministro della Difesa americano in persona, William Cohen (notare il cognome).

Come per Calipari, dove l’Italia rimase con un pugno di mosche in seguito alla piena assoluzione americana che ebbero gli autori di quell’attacco insensato.

Questo dimostra, a qualunque idiota che ancora non l’abbia capito, che la sovranità italiana non è fortemente limitata solo a livello economico o politico, ma anche sul fronte dove di solito si misura il potere di una Nazione: il fronte interno. L’Italia non riesce a protestare neanche per le arroganze più inverosimili: è la politica che io ho definito la “politica dei novanta gradi”.

E’ la stessa protervia americana che abbiamo sperimentato diversi decenni fa, quando il nostro suolo patrio fungeva da tiro a segno per i gangsters dell’aria e le nostre donne da premio per il vincitore. E’ la stessa protervia che vediamo tutti i giorni nei paesi sottomessi alla dittatura mondialista americana. L'Italia come L'Iraq. Almeno lì, però, trovano ancora qualcuno che li spara addosso.

mercoledì 25 marzo 2009

Le Fosse Ardeatine: perchè fu legittima rappresaglia

Sono Giorgio Napolitano, Gianfranco Fini e Gianni Alemanno: la delegazione antifascista che più antifascista non si può è al gran completo, a rendere omaggio alle vittime delle Fosse Ardeatine. Vale a dire quella rappresaglia (sancita e regolata dalle leggi di guerra vigenti allora come oggi) che le autorità tedesche misero in atto per rispondere all’attentato, illegittimo e non regolato dalle leggi di guerra (in quanto i “combattenti” che lo effettuarono non indossavano divise chiare e riconoscibili, tali da qualificarli come parte belligerante), che degli “eroici” partigiani fecero mettendo dell’esplosivo dentro un carretto, uccidendo (nell’immediato) 33 militari tedeschi e due civili fra i quali un bambino di tredici anni, orribilmente dilaniato.

E’ il sessantacinquesimo anno di quel tristissimo episodio della seconda guerra mondiale, e c’è da chiedersi: per quanto ancora saremo costretti a subirci la vuota ed artificiale propaganda antifascista (che è sempre più forte, tanto da annoverare anche personaggi eminenti che hanno fatto carriera nel neofascismo italiano come Alemanno e Fini), sempre più sfacciata ed invadente nell’imporre le sue balle?

Perché in altro modo non si possono chiamare. Tra le cialtronaggini che è stato costretto a sentire chi non ha ancora portato il proprio cervello e la propria coscienza a rottamare annovero questa, dell’inqualificabile Gianfranco Fini: “Siamo grati a chi combattè per la libertà dell’Italia”. Parole che, paradossalmente, condividiamo. Perché sappiamo molto bene la differenza che passa tra dei vigliacchi traditori, rubagalline capaci solo di sparare alle spalle, pronti a togliersi la camicia nera per saltare sul carro del vincitore, e chi invece, sacrificando la propria vita, combattè a fianco dell’alleato tedesco nella lotta dei popoli d’Europa per dimostrare che no, l’Italia non era composta solo da traditori e da assassini, ma anche da camerati e da uomini d’onore, pronti a sacrificarsi fino all’estremo per la propria Patria ed a mantenere la parola data.

Possiamo fare ben poco, nell’era dei Badoglio-finiani, se non informare e militare. E sarebbe ora, una volta per tutte, di farla finita con le balle su Via Rasella e le Fosse Ardeatine. Per rispondere ai vaneggi antifascisti, con i quali si cerca di nascondere il pluridecennale fallimento di una classe politica sporca ed inefficiente, possiamo fare ben poco. Tra quel poco, però, rientra anche una attenta disamina dei fatti che si svolsero in Via Rasella e alle Fosse Ardeatine in quei drammatici giorni della seconda guerra mondiale. Perchè l'articolo non sia eccessivamente lungo, diamo per scontato che il lettore conosca già i fatti riguardanti l'attentato di Via Rasella effettuato da un gruppo di partigiani, e la conseguente rappresaglia delle autorità tedesche che portarono alle Fosse Ardeatine.

La rappresaglia che le autorità tedesche misero in atto come risposta all’attentato fu legittima. Da questo punto di vista mai la frase “In amore e in guerra tutto è permesso” fu più errata e fuorviante. Anche in guerra vi sono delle leggi, proprio per evitare, per quanto possibile, il dolore e la disperazione di chi la guerra la subisce solamente.

L’articolo 1 della Convenzione dell’AJA (1907) stabilisce che “Le leggi, i diritti e i doveri della guerra non si applicano soltanto all’esercito, ma anche alle milizie e ai corpi di volontari che riuniscano le seguenti condizioni: 1°) di avere alla loro testa una persona responsabile dei propri subordinati; 2°) di avere un segno distintivo fisso e riconoscibile a distanza; 3°) di portare le armi apertamente; 4°) di conformarsi nelle loro operazioni alle leggi e agli usi di guerra.” Tutte caratteristiche che gli “eroici” combattenti partigiani non avevano nel momento in cui eseguirono l’attentato. Se è vero che nel 1944 i partigiani godevano di un’ampia libertà militare, è anche vero che il movimento al quale appartenevano i partigiani non poteva essere considerato un organo belligerante così come viene inteso dai codici e dalla dottrina.

Il comportamento degli organi non militari, ed in special il comportamento della popolazione civile, è regolato dall’articolo 42 della Convenzione dell’Aja, il quale recita testualmente: “La popolazione ha l’obbligo di continuare nelle sue attività abituali astenendosi da qualsiasi attività dannosa nei confronti delle truppe e delle operazioni militari. La potenza occupante può pretendere che venga data esecuzione a queste disposizioni al fine di garantire la sicurezza delle truppe occupanti e al fine di mantenere ordine e sicurezza. Solo al fine di conseguire tale scopo la potenza occupante ha la facoltà, come ultima ratio, di procedere alla cattura e alla esecuzione degli ostaggi”. Solo queste righe bastano per sminuire ampiamente la presunta resistenza partigiana e per legittimare quella che fu a tutti gli effetti una azione di rappresaglia, codificata e prevista dai codici militare e dai regolamenti internazionali.

Quell’atto di terrorismo fu tanto illegittimo che per amnistiarli vi fu la necessità di ricorrere a due interventi giuridici (dl 96 del 25 aprile 1944 e e dl del 12 aprile 1945).

Alle Fosse Ardeatine, pertanto, vennero giustiziati partigiani e più in generale nemici della potenza tedesca, che in quel momento risultava, di nome e di fatto, come Stato straniero impegnato nell’occupazione militare di un'altra Nazione. La rappresaglia, anche se legittima, deve venir applicata con rigore ma anche con una certa discrezionalità che non deve sfociare nella crudeltà. A tal scopo, infatti, fu scelto un criterio di proporzionalità di 10 a 1: dieci italiani da giustiziare per ogni tedesco ucciso. Molto meno di quanto stabilirono gli americani o i francesi, che procedettero alla fucilazione di 50 (avete letto bene) tedeschi o italiani per ogni americano o francese ucciso.

Ma, per evitare ulteriori spargimenti di sangue, furono i tedeschi a far affiggere sui muri della città di Roma un avviso (sono proprio di qualche giorno fa le testimonianze, ospitate dal quotidiano L’Avvenire, che affermano chiaramente di avere visto nelle pubbliche vie tali bandi, con buona pace degli antifascisti e di coloro che si indignano ogni qualvolta si cerchi di riabilitare la verità storica) in cui si esortavano gli autori materiali dell’attentato a consegnarsi spontaneamente alle autorità tedesche. Cosa che, puntualmente, non avvenne; ciò non solo per il grande “eroismo” degli attentatori partigiani, ma anche per un preciso calcolo politico: la rappresaglia legittima che avrebbero eseguito le autorità tedesche avrebbe deteriorato le simpatie della popolazione romana per i Nazionalsocialisti. Lasciamo al lettore ogni possibile commento su una azione terroristica attuata per semplici ragioni politiche.

Delle Fosse Ardeatine, scrivevamo. La rappresaglia doveva svolgersi non prima di 24 ore, proprio per dare tutto il tempo agli autori materiali dell’attentato di consegnarsi spontaneamente alle autorità tedesche. La vulgata antifascista afferma che questa convenzione non fu rispettata in quanto le fucilazioni avvennero 23 ore dopo, quindi con un un’ora di anticipo rispetto al previsto. E’ vero che già 23 ore dopo i tedeschi erano pronti alla cava delle Ardeatine, ma su questo punto permangono diversi dubbi: i Nazionalsocialisti hanno cominciato subito la rappresaglia? Oppure hanno atteso? Essendo stati 33 i morti tedeschi nell’attentato in Via Rasella, 330 dovevano essere gli ostaggi da giustiziare. A queste 330 persone se ne aggiungeranno in seguito altre 10 in quanto un soldato tedesco (il trentatreesimo) morirà diverse ore dopo l’attentato. Ma al posto di 340 persone i corpi sulla cava saranno di 345: questo può spiegarsi solo con un errore di calcolo, in quanto se i comandi tedeschi avessero voluto vendicarsi avrebbero giustiziato più di cinque persone. Vi è da aggiungere, inoltre, che nei giorni successivi moriranno altri soldati tedeschi: se pertanto si fosse aspettato qualche giorno, i morti della rappresaglia sarebbero stati molti di più.

Altro c’è da raccontare: della sorte di Caruso, questore di Roma, e di Carretta, direttore del carcere di Regina Coeli da dove furono prelevati gran parte degli ostaggi da giustiziare.

Caruso fu condannato a morte per aver semplicemente svolto il proprio dovere: stilare una lista delle persone da giustiziare in una rappresaglia giustificata dalle leggi di guerra a seguito di un attentato illegittimo compiuto dai partigiani.

La sorte di Carretta, viceversa, fu più crudele. Portato in Tribunale, la folla si scatena; la scintilla che fa scoppiare l’incendio è una donna che, dal pubblico, urla di aver perso dei figli per mano dei tedeschi ed esige giustizia (si scoprirà, solo in seguito, che quella donna non aveva mai avuto figli); può così cominciare la mattanza. La folla travolge i carabinieri e infierisce selvaggiamente contro Carretta, pestandolo a sangue. Non contenta, lo trascina sopra le rotaie di un tram, aspettando che venga dilaniato dalla macchina che sta per arrivare. Ma il macchinista – che si scoprirà poi essere un partigiano – si rifiuta di passare sopra il corpo di un uomo indifeso. La folla non si calma. Trascinato Carretta a calci e pugni, lo gettano nel Tevere. Carretta, quasi semi-incosciente, cerca di difendersi in tutti i modi aggrappandosi alla sporgenza del ponte; la popolazione infierisce con calci e pugni, per costringerlo a mollare la presa, spunta fuori anche un coltello. Carretta cade nell’acqua, e cerca disperatamente di portarsi a riva. Ma la gente, inferocita e desiderosa di sangue, ubriacata dalla propaganda partigiana, non vuole che Carretta viva, anzi vuole comminargli una delle morti più cruente e orribili che si possano immaginare. Ben presto sul Tevere compare una barchetta: sono alcuni assassini che finiscono Carretta a colpi di remi sulla testa. Lui cerca di resistere, prova a stare sott’acqua per fuggire a quella gragnola di colpi, ma è costretto a risalire, prima o dopo, in superficie. Ed è quanto cerca di mettere la testa fuori dall’acqua per prendere una boccata d’aria che i suoi carnefici si accaniscono con violenza e con ferocia su di lui, fino a ridurre la sua testa ad un ammasso informe di carne e di cervello, che ben presto colora di rosso le acque del Tevere. Non risulta che mai nessuno sia stato chiamato a rispondere di questo atto di inumana ferocia.

Tanto altro si potrebbe dire, a cominciare dai processi-farsa (Norimberga docet) che ha dovuto subire Erick Priebke, veri e propri orrori giuridici. Scarcerato una prima volta nel 1996, è la folla dell’uditorio ad urlare e ad inveire contro la sentenza, facendone un vero e proprio caso nazionale ampiamente ripreso dalla Comunità Ebraica. L’allora Ministro dell’Interno Frick interviene per fare annullare la sentenza emessa da un Tribunale Italiano, e fa arrestare nuovamente Priebke dopo una pronuncia della Corte di Cassazione. Recentemente è stato permesso all’ex membro delle SS di poter lavorare ai domiciliari: permesso, anche questo, prontamente revocato dopo le vigorose proteste della comunità ebraica.

Mediti il lettore sul potere che ha un particolare gruppo, assai minoritario per numero di appartenenti rispetto all’intera popolazione italiana, se un Ministro dell’Interno annulla una sentenza del Tribunale e se un ultranovantenne, colpevole soltanto di aver eseguito un ordine militare, non può neanche usufruire dei domiciliari che, come sappiamo per triste esperienza, vengono oggigiorno concessi anche a stupratori, assassini ed efferati delinquenti.

domenica 22 marzo 2009

Umorismo ebraico

Adiv, negozio di Tel Aviv, sta facendo in questi mesi dei grandissimi affari. Tantissimi soldati di quello che viene descritto come l’esercito più morale del mondo si recano qui, in questa attività commerciale che funge anche da stamperia, per comperare delle magliette. Ma non sono magliette normali. Sono le magliette con le quali i soldati, reduci dalle loro imprese contro gli indifesi di Gaza, testimoniano le azioni compiute, con le quali vantarsi con gli amici.

“One shot one kill” era un vecchio motto degli eserciti, che in queste magliette viene stravolto: “One shot two kills”. Un colpo, due uccisioni. Ad accompagnare la scritta la foto di una donna incinta vestita di nero, il volto coperto dal burqa musulmano, in mano un fucile. Il messaggio è chiaro: se uccidi una donna incinta ne fai fuori due con un colpo solo.

In un’altra maglietta un bambino palestinese morto, e la mamma che piange accanto: “Better use Durex”. Era meglio se usavi il preservativo, mamma palestinese. In teoria, dovrebbe far ridere.

“Confirm your kill” è la scritta di una maglietta: spara un colpo di pistola alla tempia del nemico, per accertarti di averlo ucciso.

Smaller harder”: più è piccolo, e più è difficile farlo fuori. Nel disegno un bambino palestinese.

Ironia anche nella t-shirt che richiedono i soldati del Levi Battalion: “Scommetti che sarai violentata?” Nella didascalia una donna malmenata e picchiata, e sopra un soldato dell’eroico esercito dell’unica democrazia del Medio Oriente.

L’ironia ebraica è sempre divertente quando tratta dei goym e degli arabi bastardi. Dovrebbe far ridere, almeno in teoria. Quel che è certo è che i soldati del moralissimo esercito le indossano volentieri, e per Adiv gli affari vanno a gonfie vele.

Educazione all’odio ed alla barbarità: i piccoli israeliani crescono leggendo il Talmud, addestrandosi con il fucile, scrivendo gli insulti ai bambini palestinesi sui missili che poi verranno gentilmente “regalati” a questi ultimi; diventati uomini compiono le loro incursioni su Gaza cecchinando i bambini, radendo al suolo le case, bloccando le donne palestinesi incinte ai valichi di uscita per ore interminabili, sparando i pescatori di Gaza che sconfinano oltre le tre miglia di mare (in teoria dovrebbero arrivare a ben 18 miglia per poter pescare), uccidendo i contadini che si avventurano a coltivare i loro campi, provando armi nuove e pericolosissime, che i medici palestinesi non sanno come curare.

Compriamo qualcuna di queste magliette e mandiamole ai vari Frattini, ai Ronchi, ai Storace, e più in generale a tutti coloro che hanno avuto la faccia tosta, mentre Israele inceneriva Gaza, di manifestare con striscioni del tipo “Con Israele per la pace”: sarebbe un bel regalo…

Massacrano un popolo inerme, nell’indifferenza e nella paura del mondo, e ci scherzano pure sopra.

giovedì 19 marzo 2009

Pitbull, yorkshire e la tipica idiozia italica

Le recenti aggressioni di cani randagi contro persone e bambini, nonché le idiote reazioni a queste, sarebbero da classificare tra le pagine di cronaca nera se non rivelassero, a mio modo di vedere, un modo di pensare endemico, ed altamente dannoso, della classica mentalità italica.

Quella, cioè, di non saper guardare avanti, di essere incapaci di progettare il futuro, e pertanto di oscillare, ogni volta che i problemi si propongono (o vengono proposti) con una certa urgenza, tra gli estremi. Se è vero che spesso e volentieri una reazione estrema è necessaria ed auspicabile per risolvere una situazione di estrema urgenza, è anche vero che ragionare sempre e comunque in bianco o nero, senza essere capaci di saper cogliere le sfumature, non è solo cretinaggine (spesso e volentieri dettata dall’ignoranza di situazioni ed avvenimenti), ma, nel caso italiano, il modo più comodo e più veloce per risolvere problemi dei quali ci si è disinteressati per decenni.

Qualche imbecille elogia la mafia su internet? Chiudiamo internet! Ogni fine settimana intere legioni di ubriaconi e cocainomani si spalmano sopra qualche innocente automobilista o su qualche albero? Vietiamo l’alcol! Le discoteche sono il luogo in cui si consumano spesso e volentieri sostanze stupefacenti? Chiudiamo tutte le discoteche! E nella fattispecie: dei cani randagi aggrediscono in branco i bambini? Uccidiamo tutti i cani!

Il problema delle razze canine pericolose e del randagismo va inquadrato proprio in questa ottica.

Innanzitutto, per il sottoscritto, il problema delle razze canine pericolose non si pone certamente con l’urgenza che viene strepitata dai mass media e dai governanti. Sarebbe scorretto negare che alcune razze di cani, come per esempio i pitbull oppure i boxer, hanno una aggressività (soprattutto intracanina, cioè tra cani che sono della stessa razza) maggiore rispetto ad altri cani. Ma nulla che un addestramento portato avanti con scrupolo e coscienziosità (senza utilizzare metodi violenti o coercitivi nei confronti dell’animale), e un padrone intelligente e sensibile, non possano risolvere. Pertanto, affidare i cani (o determinate razze di cani) solo a persone che non abbiano precedenti penali per reati contro le persone, ad esempio, e portare via gli animali che vengono sfruttati dal loro padrone solo per fare del male, è già un buon punto di partenza per far si che i cani possano crescere serenamente e pacificamente con la società che li circonda. Ma nessuno, a quanto ho modo di vedere, sembra pensare a queste elementari soluzioni…

Si potrebbe obbiettare a quanto sopra scritto semplicemente facendo una rassegna stampa delle aggressioni di pitbull, boxer o rotweiller avvenute negli ultimi mesi. Rispondo che la cosa sarebbe altamente fuorviante. Per un motivo molto semplice. Quanti di voi conoscono cani di piccolissima taglia (pincher, yorkshire etc.) particolarmente aggressivi? Io ne ho visti tantissimi. Solo che se si viene morsi da uno yorkshire la cosa non fa notizia (spesso basta qualche pedata per riportare alla ragione la bestia troppo esuberante), mentre se si viene morsi da un pastore tedesco o da un rottweiler, cani dalle mascelle ben più potenti e tenaci, ecco subito accorrere legioni di giornalisti che cominciano a parlare di razze pericolose e di cani pericolosi.

Io stesso ho amici che hanno cani di grossa taglia (pastore tedesco, rottweiler, pitbull, boxer) da anni, bestie dolcissime e altamente pacifiche, esclusivamente dedite al gioco, alle coccole e al proprio padrone. E ho anche amici che hanno cani piccolissimi ma letteralmente ingestibili e pericolosi. Faccio solo l’esempio di un mio amico che è costretto a rincorrere giornalmente il suo yorkshire per tutta la città, poiché quest’ultimo vaga per le strade cercando di azzannare quanti più bambini possibile. Solo che questo yorkshire riesce, fortunatamente, a fare ben pochi danni per via delle sue piccole dimensioni, e l’unico scopo che raggiunge è quello di farci ridere a crepapelle.

Questo per dire una cosa essenziale: che gli animali, e specialmente i cani, sono bestie splendide capaci di dare un amore incondizionato in cambio di qualche ciotola di croccantini e di tante coccole, tanto da diventare per il padrone dei veri e propri amici e compagni inseparabili, spesso molto più di tanti presunti “umani”. E gli occhioni di un cagnone grande e grosso che non appena scendi dall’auto ti salta addosso, sbavandoti addosso e ricoprendoti di peli, in molte case (la mia in primis) è un rito con il proprio fedele compagno da celebrare con solennità.

Questo per dire qualcosa sul problema “razze pericolose”, che viene imposto con urgenza e clamore ad ogni aggressione canina che viene riportata dalle agenzie di stampa. Ma il problema del randagismo potrebbe muoversi su un terreno analogo.

In Italia è stimato che i cani randagi siano all’incirca 600.000, di cui neanche un terzo (per la precisione circa 150.000) sono custoditi nei canili. Il numero, purtroppo, è destinato ad aumentare, ed è fedele specchio dell’inciviltà italica che fa si che questa sia un urgenza tipicamente italiana. Nessun paese europeo ha un problema randagismo, tranne l’Italia.

Pertanto quasi mezzo milione di cani vaga per tutta la penisola, spesso e volentieri unendosi in branco, cercando un tetto sulla testa e qualcosa da mangiare. Il fare branco è una necessità: insieme si è più forti, e quando si sta insieme c’è bisogno di qualcuno che comandi mentre gli altri sono costretti ad ubbidire (come gli esseri umani, anche se tanti idioti si ostinano a negare questa evenienza). Spesso e volentieri le vicissitudini del branco di randagi, che sono maltrattati, affamati, sporchi ed ammalati, fanno si che questi cani divengano particolarmente aggressivi nei confronti di chiunque. Se voi foste da giorni senza mangiare, tremanti di freddo ed ammalati non sareste un poco incazzati? Ma non sono i cani ad essere feroci: è quella condizione che scatena tutta la rabbia di cui sono capaci. E quella condizione è colpa dell’uomo, che prima li ha voluti e dopo li ha abbandonati.

Anche qui, i rimedi sarebbero pochi ma buoni: pratiche di sterilizzazione forzata per evitare la riproduzione dei randagi (ormai la sterilizzazione è quasi completamente senza conseguenze per la stragrande maggioranza degli animali sui quali viene fatta), canili a misura di cane (gabbie ampie e spaziose, condizioni igieniche buone, climatizzazione automatica per non far soffrire agli animali le rigide temperature invernali), leggi severe e dure contro l’abbandono ed il maltrattamento degli animali (multe salatissime e nei casi più gravi il carcere), educazione alla convivenza uomo-animale sin dalla più tenera età (pensate quanto sarebbe bello portare, una volta al mese, dei cuccioletti abbandonati nelle scuole in modo da abituare i bambini a convivere e a rispettare quelli che poi molto probabilmente saranno i loro amici), campagne di prevenzione contro il randagismo, di sensibilizzazione al problema, e di repressione contro gli abusi sugli animali.

In sostanza tutte cose che sentiamo dire da decenni, ma che vengono sostanzialmente disattese. E nel frattempo siamo costretti a sentire proposte abominevoli, vergognosamente ammantate di legittimità, come la soppressione forzata di tutti i cani randagi. Tipico degli italiani, per i quali il buon senso e il semplice ragionamento è un optional.

mercoledì 18 marzo 2009

Se fossi di destra farei un monumento a Soru


Se io fossi di destra farei un monumento a Renato Soru. No, no, non si stupiscano i lettori: il mio non è un intento apologetico, bensì una semplice constatazione. E cioè che un solo uomo, Soru per l’appunto, è riuscito a terremotare l’intera sinistra nazionale come nemmeno Berlinguer o Craxi erano riusciti a fare, tanto da spingere alle dimissioni quel molliccio di Veltroni (unico geniaccio della politica italiana che, dalla fusione di due partiti, non è riuscito a crearne nemmeno uno).

Tutto cominciò qualche mesetto fa. L’Unità è in grave crisi, mancano i soldi per andare avanti, il giornale non vende più, tanti “giornalisti” stanno per essere messi sulla strada. Arriva il mitico Soru: “Compro tutto io! Ci penzu deu!” dice il nuovo paladino della sinistra.

Ovviamente, se a comprare un giornale poco prima della campagna elettorale fosse stato Berlusconi c’è solo da immaginare i girotondi, le manifestazioni e gli scioperi serrati che ne sarebbero seguiti: è un tiranno, è un dittatore, compra tutto e tutti! Invece Soru no: lui non è lo sporco sfruttatore capitalista, lui è l’uomo che risolleverà l’intera sinistra.

Soru compra l’Unità e ci mette qualche soldino, tanto per tirare a campare: così anche il giornale tradizionalmente più estremista del panorama italiano, L’Unità, può fungere da cassa di risonanza per la propaganda elettorale delle elezioni che ci saranno di lì a poco. Passa qualche mesetto e i soldi finiscono: ci vogliono 7 milioni di euro circa. Ma Soru, incredibilmente, non li ha. L’Unità è nuovamente sull’orlo del baratro. Come è possibile? Ma Soru non aveva messo un sacco di soldi poco prima? Si, si, ci dicono, ma la falla era talmente grande che non si poteva tappare col ditino di Renato: servono altri liquidi. Va bene, dice lui. Li metto ma si deve tagliare il personale, gli stipendi, i collaboratori esterni, si deve ridimensionare il giornale. Vabbè, dico io... L'Unità non ci mancherà: riusciremo a non piangere stanotte. Insomma, clamorosamente (per i sinistri) Soru si comporta proprio come un vero e proprio capitalista… Certo che a leggere certe cose che sono comparse su qualche sito, risalenti solo a qualche mese fa, c’è da compatire i tanti deficienti che parlavano di Soru come “l’uomo della Provvidenza”. Ma bisogna comprenderli: sono eternamente alla ricerca di nuovi miti e di nuovi capi a cui votarsi religiosamente. Fidel Castro, Obama, Chavez, Soru, Veltroni: basta che sia. I sinistri sono di bocca buona (radical chic e salotti alla moda) ma non sottilizzano eccessivamente.

E poi il colpo di teatro. Sconfitta clamorosa alle elezioni regionali, terremoto nel PD e Veltroni a casa, con rifondazione di tutto il Partito.

Geniaccio di un Soru. Manco Berlusconi nei suoi sogni osava sperare tanto. Vuoi vedere che adesso dicono che, sotto sotto, c’è di mezzo lui?

mercoledì 11 marzo 2009

Le Iene, i rom e il politicamente corretto

Qualche giorno fa, su Italia Uno, è andato in onda un servizio della trasmissione Le Iene firmato dall’ottimo Paolo Calabresi, inviato e trasformista ineguagliabile che già a suo tempo riuscì a farsi passare per un Marilyn Manson che avrebbe dovuto esibirsi al Festival di Sanremo; oppure per un importante vescovo dell’America del Sud il quale, giunto allo stadio San Paolo per una partita di calcio del Napoli, viene trattato con tutti gli onori dalle autorità e dal Presidente del Napoli De Laurentis prima di essere scoperto in seguito ad una soffiata; oppure riuscì, non molto tempo fa, a farsi passare per un mafioso dell’est desideroso di aprire un casinò in un paesino dell’Italia, mettendo ai suoi piedi importanti uomini politici e imprenditori del luogo, attirati dalle generose parcelle che il Calabresi in incognito aveva fatto intendere di essere disposto a concedere generosamente.

In quest’ultimo servizio Calabresi torna a travestirsi, ma stavolta non è un importante personaggio o un cantante controverso, bensì un più semplice romeno. Calabresi, così travestito, è andato in quei quartieri romani che recentemente sono stati teatro di stupri ed efferate violenze ai danni delle donne, per “testare” come si comportano i cittadini di Roma alla vista di un romeno. Nella maggior parte dei casi l’accoglienza della gente di Roma è stata benevola; in due casi, però, la situazione ha minacciato di degenerare. La prima quando, all’uscita di una pizzeria, il finto rom Calabresi viene fermato da un romano che lo accusa di averlo guardato male, ma viene poi fermato da un amico il quale, cortesemente, si scusa, e la cosa finisce lì. Nell’ultima parte del video, invece, la situazione assume una piega molto pericolosa tanto da costringere Calabresi ed il suo collega a farsi riconoscere come inviati de Le Iene per evitare le ire di un romano furibondo. Lo dico subito, per evitare fraintendimenti: rincorrere una persona con un coltello dicendogli “Ti apro come una cozza” non è un comportamento da sottoscrivere.

Come prevedibile, la stampa e il mondo di internet in questi giorni si sono scatenate con una sequela di vomitevoli dichiarazioni sul razzismo che prende piede in Italia, sul Fascismo che ritorna, sulla inospitalità dei romani come indice più alto di un vero e proprio razzismo degli italiani, e così via.

Come al solito accade in queste situazioni, il buon senso non è di casa, benché meno in Italia. A nessuno dei solerti antifascisti è venuto in mente di far notare come un romeno barcollante, con un bottiglione di birra in mano, che va in giro a chiedere sigarette e a mangiare la pizza sulle panchine pubbliche, per giunta in quartieri dove la rabbia e l’impotenza dei cittadini per quello che sono costretti a subire giornalmente è molto forte, non sia la cosa migliore da fare. Un po’ come accendere un fuoco dentro una polveriera.

Alla fine del servizio Calabresi rimarcava come la situazione per i romeni non fosse proprio idilliaca, dimenticandosi anche di far notare, da bravo sinistrorso come egli stesso si definisce, che i romeni sono il gruppo etnico che ha più propensione per lo stupro e che sempre più spesso sono tristemente sulle prime pagine dei giornali. Certamente, il 60% degli stupri e delle violenze fisiche sono ancora commesse da italiani, ma basta pensare che gli stranieri in Italia sono in netta minoranza rispetto agli italiani (ancora per poco!) per capire come quel 40% sia un dato allarmante. Tanto più se si pensa che, dove l’incidenza dei rom aumenta, come è per l’appunto il caso di Roma, la percentuale dei rom che commettono efferati delitti sale al 31%.

Ancora, va ricordato che i rom hanno alcuni tristi records, come dimostra il rapporto del Ministero dell’Interno del 2007: omicidi volontari (15,4), violenze sessuali (16,2), furti di autovetture (29,8), furti con strappo ovvero borseggiamenti e scippi (19,3), con destrezza (37,0), rapine in esercizi commerciali (26,9).

Fermi, fermi… Già mi immagino gli antifascisti commentare le mie statistiche e i miei dati e chiedere: da dove hai preso questi dati? Risposta: da un sito tradizionalmente non certo favorevole a Berlusconi, il quale fa notare come tra i romeni sono 17 volte più propensi allo stupro di altre etnie. Il che non significa affatto che tutti gli stupratori sono rumeni, ma che tra i rumeni c’è un’ampia probabilità di trovare degli stupratori. Il sito è Antimafia Duemila, e questa è la pagina web in questione: http://www.antimafiaduemila.com/content/view/13242/48/1/2/, mentre le percentuali più sopra sono presi da un’altra fonte, non certo tacciabile di filofascismo, come il Corsera (http://www.corriere.it/cronache/09_febbraio_23/calabro_d5e96f52-0189-11de-91dc-00144f02aabc.shtml).

Comunque sia, grazie a Calabresi sappiamo come dobbiamo comportarci se non vogliamo passare per razzisti, tantomeno contro questa povera ed indifesa categoria. Quando vediamo, nel nostro quartiere tipo Caffarella o Guidonia, un rom che si avvicina barcollante con una bottiglia di birra in mano a chiederci delle sigarette, e rimane lì a fissarci come un ebete (aspettando qualche reazione di stizza, come fa il furbissimo Calabresi) anche quando gli abbiamo detto che non abbiamo nessuna sigaretta, non dobbiamo in alcun modo irritarci né avere paura. Anzi, anche se non fumiamo, d’ora in poi portiamocene qualcuna nella tasca dei pantaloni, pronti ad offrirla al primo romeno bisognoso. Non sia mai che sia un servizio delle Iene.

domenica 8 marzo 2009

Strada Olbia-Sassari: ecco la "tranvata"

La storia, tutta sarda, di cui scrivo oggi, parte da una data importante: 10 luglio 2008. In quella giornata, con un Protocollo di Intesa, l’ex Presidente della Regione Renato Soru impegnava il Presidente del Consiglio Berlusconi alla realizzazione di un’opera importante non solo per il nord Sardegna, ma per tutta l’isola e per tutti i sardi: la strada a quattro corsie Olbia – Sassari. Un percorso che, come sa bene chi quella strada la percorre spesso, è particolarmente pericoloso e mortale; tanti sono gli automobilisti che, su quella strada altamente trafficata, stretta, con tanti incroci a raso e poca visibilità, hanno tragicamente perso la vita.

L’intesa del 10 luglio dell’anno scorso si traduce, all’incirca un mese e mezzo dopo (per la precisione il 29 agosto), in una ordinanza che è firmata proprio dal Presidente del Consiglio Berlusconi, con la quale il Governo e la Regione Sardegna si impegnano, in tempi il più possibile brevi, alla realizzazione di quella strada. E’ un’altra delle vittorie politiche sia di Renato Soru, che può portare un fiore all’occhiello del suo lavoro come Governatore della Sardegna, sia di Berlusconi, che conta così di ammodernare al meglio l’isola sarda che dovrà ospitare i lavori per il vertice G8. I soldi, del resto, ci sono: 10 milioni di euro presi dai fondi FAS (Fondo per le Aree Sottoutilizzate), con i quali si interverrà anche per la S.S. 125 (l’Orientale Sarda), la messa in sicurezza del ponte di Su Riu Podrongianus, la nuova stazione ferroviaria di Olbia e il miglioramento del porto di Porto Torres.

Due giorni fa, però, arriva la “tranvata” tutta italiana: il CIPE (Comitato Italiano per la Programmazione Economica), l’organo che stabilisce dettagliatamente come impegnare i fondi statali e in quali infrastrutture, non ha inserito la Olbia-Sassari nelle opere che dovranno essere costruite al più presto. E dato che la Regione non è in grado, allo stato attuale, di reperire fonti di finanziamento alternative, la Olbia-Sassari (71 chilometri di strada a quattro corsie, divisi in una decina di lotti), molto semplicemente, slitta a data da destinarsi. In sostanza: non si farà.

La nuova strada del nord Sardegna era (ed è!), per la nostra Isola, importantissima, una scelta storica per la Sardegna: non solo si modifica, in meglio, una pericolosissima strada che ha causato tantissimi incidenti stradali, con morti e feriti, ma si sarebbero collegati i due aeroporti di Olbia e di Alghero, i due porti (Olbia e Porto Torres), e due capoluoghi importanti come Sassari ed Olbia. Il tutto permettendo alla Sardegna di presentarsi al meglio per il G8.

Ma quali sono le opere per le quali il CIPE ha dato il via libera per l’immediata esecutività dei lavori? A leggere bene si capisce che, per la Sardegna, è prevista solo la metropolitana di Cagliari (attesissima anche questa), che era “in cantiere” già da tempo. La stragrande maggioranza dei soldi, ancora una volta, vanno al nord. C’è la nuovissima autostrada che collegherà Brescia, Bergamo e Milano; c’è la tangenziale di Milano; c’è Malpensa; c’è la Brescia-Padova. Unico comun denominatore: tutte opere per il nord, che vanno ad intervenire su aree produttive ed industriali spesso e volentieri particolarmente riconoscenti, elettoralmente parlando, per la Lega Nord e per Forza Italia. Per il sud solo un’altra opera: il ponte sullo stretto di Messina, che sarà finanziato con più di un miliardo di euro.
Insomma, su circa 18 miliardi di euro che il Governo stanzia per le infrastrutture (che sono importantissime per una Nazione che voglia dirsi civile e moderna, ancor più con la crisi economica mondiale) di tutta Italia, al sud ed alla Sardegna vanno solo le briciole. Tutto il resto va al nord, o per ringraziare gli elettori di Berlusconi e Bossi, o per opere pubbliche di difficile e lunghissima realizzazione come il ponte sullo Stretto. Tra tante, la Olbia-Sassari era una occasione ghiottissima per la Sardegna: non solo migliorare la viabilità sarda, ma anche dare lavoro ed occupazione per i lavoratori e le imprese sarde nell’immediato, specialmente nel periodo di una situazione economica difficile che tocca anche la Sardegna.

Già tanti elettori e politici sardi protestano. Ora si tratta di vedere come si comporterà Cappellacci. Farà la voce grossa con colui che, mettendo in campo tutta la sua formidabile macchina propagandistica ed elettorale lo ha portato sul più alto scranno della Sardegna, oppure chinerà la testa? E si che Berlusconi, in diversi comizi pro-Cappellacci che lo avevano portato sull’Isola, aveva anche ventilato il voto di scambio nelle appena passate elezioni regionali, parlando di fondi per la Sardegna che il Governo nazionale era pronto a sbloccare immediatamente in caso di vittoria del centro-destra. E tanti elettori sardi, pensando che avere un Governo regionale con lo stesso colore politico di quello nazionale sarebbe stato vantaggioso per l’Isola sarda, hanno votato Cappellacci anche e soprattutto per questo.

Staremo a vedere. Nell’immediato ho comunque una certezza: che il sud e la Sardegna sembrano proprio non essere tra i primi pensieri di questo Governo. Alla faccia di Cappellacci e del “Governo amico”.
Riguardo la Olbia-Sassari, sulla rete internet è presente anche un blog: http://stradasassariolbia.blogspot.com/

sabato 7 marzo 2009

Durban II: l'Italia non ci sarà

Il Ministro degli Esteri Franco Frattini, approfittando della riunione della NATO a Bruxelles, ha fatto sapere ufficialmente che l’Italia non parteciperà alla Conferenza contro il Razzismo, ribattezzata Durban II (dal nome della città sudafricana, per l’appunto Durban, dove si svolse il primo incontro), che si terrà a Ginevra il prossimo mese di aprile. Alla stessa decisione sono giunti Stati come Canada, Stati Uniti d’America, Israele, Francia, Belgio, Danimarca e Canada.

Si tratta di una pregiudiziale fortissima. Che ricorda di molto la precedente conferenza, dello stesso tenore, che si svolse a Durban (Sudafrica) qualche anno fa, precisamente nel 2001.

Secondo la diplomazia italiana, nel testo che sarà presentato a Ginevra vi sono delle pregiudiziali fortemente antisemite che per il nostro Paese non sono negoziabili: prima fra tutte l’equiparazione tra razzismo e sionismo, a seguire la quale vi sarebbero tutta una serie di accuse alla politica che Israele applica nei Territori Occupati, giudicata “in violazione dei diritti umani internazionali, un crimine contro l’umanità e una forma contemporanea di apartheid”. Nel testo, inoltre, si esprime “profonda preoccupazione per le discriminazioni razziali compiute da Israele contro i Palestinesi e i cittadini Siriani nel Golan occupato”.

Secondo gli Stati Uniti, inoltre, questo convegno verrebbe strumentalizzato dai fanatici musulmani, Iran in primis, per gettare “discredito” nei confronti dello Stato-canaglia di Israele. Tutto ciò è quantomeno paradossale se si pensa che l’Iran non risulta invitato alla manifestazione.

Ben altri sono, invece, gli scopi della Conferenza di Durban II, che parte dallo stesso presupposto della volta scorsa: che i principi che erano già stati stabiliti nel 2001 ( si tenga ben presente che USA e Israele boicottarono anche quella precedente) non sono serviti a fermare i tanti conflitti armati che purtroppo imperversano giornalmente in ogni angolo del globo e che sono stati causati in gran parte proprio da parte di quei Paesi che hanno sabotato il precedente incontro. E tali conflitti armati sono causati proprio dal razzismo, dalla discriminazione, dalla continua e persistente violazione dei diritti umani e dalla negazione della autodeterminazione nazionale, che pure l’ONU, tra le sue prerogative, si impegna a difendere e nello stesso tempo a rispettare. Risultato di questo impegno è la CERD (Convention for the Elimination of alla forms of Racial Discriminations), che Israele ha sottoscritto, obbligandosi quindi a rispettare, nel 1979. Fino ad ora, però, il comportamento di Israele va esattamente nella strada opposta rispetto alle linee guida contenute nel documento delle Nazioni Unite, e i palestinesi non sembrano averne tratto alcun particolare giovamento.

Innanzitutto vi è da dire che era perfettamente prevedibile che nazioni come l’Italia, gli USA o Israele avrebbero cercato di sabotare in ogni modo il processo di pace. Israele fra tutti. E’ stata infatti Israele, in tutti questi anni, a dimostrare il più alto disprezzo per le Nazioni Unite; non soltanto disattendendo le 73 esplicite risoluzioni ONU che intimano ad Israele, come Stato occupante, di provvedere al meglio alle condizioni di vita dei palestinesi; ma anche perché è stato proprio lo Stato ebraico, nell’ultima spedizione punitiva contro la gente di Gaza, a sparare impunemente sugli edifici con la bandiera dell’ONU, sulle ambulanze; è stata Israele a cercare di intimidire tutti coloro che, rappresentando l’ONU, hanno criticato il suo comportamento nella Striscia: Richard Falk, ambasciatore ONU, ebreo americano, che è stato tenuto in ostaggio per qualche ora al confine israeliano, e poi espulso come “cittadino non gradito in Israele”, è solamente l’ultimo in ordine di tempo.

E, più in generale, è proprio Israele a perseguire, fin dal 1948 (anno che i palestinesi definiscono “nabka”, cioè “tragedia”) politiche di discriminazione e di imprigionamento non solo ai danni dei nativi palestinesi, ma anche degli Stati e dei popoli vicini.

Per quanto riguarda gli USA, sono stati proprio questi, con una politica di unilateralismo e di aggressività propria della dottrina neoconservatrice di Bush e dei suoi accoliti, ad invadere due Stati sovrani con la scusa di armi di distruzione di massa, che non sono mai state trovate probabilmente perché non sono mai esistite (Iraq), e con la scusa di combattere l’inafferrabile Bin Laden (Afganistan). E sono sempre gli USA che, grazie al generoso sostegno economico che ogni anno versano ad Israele (si va dai 3 agli 8 miliardi di dollari, secondo le varie stime che propongono Walt e Marsheimer nel loro “La lobby israeliana e la politica estera USA), permettono a quest’ultimo di continuare la sua politica espansionistica, forte anche dell’appoggio diplomatico incondizionato che sa di poter ricevere dall’unica superpotenza rimasta.

Per quanto riguarda l’Italia, è stata l’unica nazione che ha dimostrato un tale grado di servilismo nei confronti dei sionisti e degli americani. Ricordiamo solo che, mentre la superpotenza pirata del Medio Oriente inceneriva Gaza con la sua elevatissima tecnologia di morte, i nostri parlamentari hanno avuto la faccia tosta di indire manifestazioni dove campeggiavano giganteschi striscioni con questa scritta: “Con Israele per la pace”. In nessun altro Paese europeo si ha avuto il coraggio di arrivare a tanto.

E’ molto probabile che questa conferenza naufragherà, o partirà comunque abbastanza monca a causa dell’assenza di interlocutori importanti. Ma ormai i crimini di Israele sono di portata mondiale. Le balle dei reggibastone non bastano più: basta una telecamera ed una connessione ad internet perché tutto il mondo possa vedere quello che gli israeliani praticano quotidianamente nei confronti dei palestinesi.
Che altro non è se non l’applicazione, lucida e coerente, del sionismo. Di quell’ideologia, cioè, che fin dalla sua nascita, nell’Ottocento, ha previsto scientificamente l’allontanamento forzato della popolazione araba dai suoi territori per l’edificazione di Eretz Israel, la Grande Israele. E mentre all’Italia si chiede ancora di cospargersi il capo per delle leggi razziali che di fatto diventarono inapplicabili, tali e tante erano le esenzioni per gli ebrei all’interno dell’impianto legislativo varato dal Fascismo, in Israele il razzismo si applica oggi. Centinaia di migliaia di palestinesi sono stati sfrattati dalle loro case e molto probabilmente sarà loro impedito per sempre di rientraci (Israele ha sempre detto, senza alcun tentennamento, che il ritorno dei profughi ai loro territori di origine è fuori discussione); su circa 6000 chilometri quadrati di territorio palestinese, Israele se ne è unilateralmente annesso più di 3500. All’interno di Israele i cittadini palestinesi, anche quei pochi che hanno acquisito la cittadinanza israeliana a seguito di matrimoni con israeliani, rimangono discriminati per il resto della loro vita: più di 3000 palestinesi della palestinesissima Jaffa hanno visto le loro case venire abbattute, con la scusa che erano considerate case abusive nonostante fossero lì da decenni. Nel solo marzo 2008 Israele ha finanziato piani edilizi per l’edificazione di nuove città e nuove colonie, e lo stesso Governo ha annunciato 15.000 nuove case in via di costruzione.

Non solo questo. Soltanto negli ultimi anni, lo Stato di Israele si è reso responsabile di varie violazioni territoriali (prevalentemente aeree) ai danni delle altre nazioni vicine: in primo luogo Siria, Iran ed Iraq. Ha inoltre condotto guerre su vasta scala volte ad opprimere popolazioni confinanti, come nella guerra del Libano 2006, o nell’invasione della Striscia di Gaza nel dicembre 2008. La Striscia, in particolare, è sotto occupazione militare da anni, con gravissimi danni per l’economia palestinese e la mobilità dei cittadini residenti al suo interno, i quali, per uscire, devono sottoporsi ad interminabili file di ore ed ore ai check-points sotto controllo israeliano, che regolano l’entrata e l’uscita non solo delle persone, ma anche delle merci, dei medicinali, della benzina, delle parti di ricambio per gli autoveicoli, etc. Per cercare di risolvere questa situazione di isolamento totale, i palestinesi sono stati costretti a scavare dei tunnel sotterranei, della lunghezza di qualche centinaio di metri, che collegano l’estremità della Striscia di Gaza con il confine egiziano. Proprio come fanno i topi i quali, quando si vedono in trappola, cercano in tutti i modi una via di uscita. Israele bombarda giornalmente questi tunnel.

Per il “nostro” Ministro tutto questo non è niente di diverso dall’ ”antisemitismo”. Bisogna chiedersi se la malafede di Frattini è voluta, nel senso che è utile a ben determinate lobby di potere, oppure dettata dall’ignoranza. La seconda, purtroppo, non può essere, essendo Frattini un personaggio sveglio, intelligente e nient’affatto stupido. E allora è la prima. Ma anche i sassi riescono a comprendere che “sionismo” ed “ebraismo” sono due cose ben separate e distinte: tantissimi ebrei del mondo sono antisionisti, allo stesso modo in cui tanti sfegatati sostenitori di Israele e del sionismo non sono ebrei. E come si potrebbe parlare di Israele senza includere gli ebrei, o di ebrei senza includere Israele, dato che è stato proprio questo Stato-pirata ad autodichiararsi “Stato ebraico”, denotandosi così in senso esplicitamente religioso, pertando discriminatorio e condannabile in sede internazionale?

Avrebbe fatto piacere vedere i criminali di guerra non dico ad una nuova Norimberga (per questo bisognerà attendere ancora, a mio parere), ma quantomeno ad un confronto – come poteva essere il Convegno contro il Razzismo – in cui qualcuno chiedesse od esigesse queste precisazioni. Non ci saranno, neanche questa volta.

venerdì 6 marzo 2009

Miguel Serrano se n'è andato


Qualche giorno fa ha lasciato questo spazio terreno Miguel Serrano. Filosofo e scrittore nazionalsocialista, ex ambasciatore del Cile in diversi Stati, conoscitore serio e preparato della religione indù e fondatore del Nazionalsocialismo esoterico (secondo cui Adolf Hitler è l'ultimo "avatar" che si è opposto alla dittatura satanico-materialista del mondo terreno), disciplina di studio che ha visto proprio in Serrano stesso uno dei principali esponenti, Egli se n'è andato nel silenzio e nella dimenticanza di una cultura europea che lo ha ostracizzato, e non raramente criminalizzato, per la sua fiera appartenenza anche spirituale al Nazionalsocialismo. Una appartenenza che Miguel Serrano ha fatto di tutto per rimarcare, sempre e comunque.
Su questo genere di questioni, l'esoterismo hitleriano e la Storia del Nazionalsocialismo più in generale, c'è una interessantissima serie di uno studioso serio quale è Marco Dolcetta, che ha dedicato una buona parte delle sue capacità a realizzare diversi documentari molto interessanti, anche se di difficile reperibilità. Consiglio di procurarseli e visionarli. La biblioteca MFL, dal canto suo, permette di acquistare a basso prezzo anche il DVD sul Nazionalsocialismo esoterico ( http://www.fascismoeliberta.info/phpf/viewpage.php?page_id=11)


giovedì 5 marzo 2009

Cuffaro alla Commissione di Vigilanza, ma tutti tacciono

C’è una notizia, che circola stranamente solo sulla rete internet, che è incredibilmente importante. Eppure la stragrande maggioranza dei media tacciono. Si stenta a credere come una notizia così grave, che in qualunque paese civile susciterebbe proteste, discussioni, interrogazioni parlamentari, manifestazioni, sequele di lettere ai giornali, passi così inosservata. Eppure, a sfogliare i liberissimi media italiani, trovano spazio le dichiarazioni dell’allenatore dell’Inter, Jose Mourinho, le manifestazioni contro il prolungamento dell’età pensionabile femminile a sessantacinque anni (impostaci dalla Commissione Europea, e non certo dal Governo Italiano, come qualche cialtrone sinistrorso in cerca di popolarità cerca di far credere), le idiozie di Franceschini, la probabile chiusura dello storico giornale de L’Unità (non ne sentiremo la mancanza), e via dicendo. Ma la notizia che Salvatore Cuffaro è subentrato al posto di Giuseppe D’Alia alla Commissione di Vigilanza Rai sembra apparentemente interessare pochi. Si, è proprio lui: quel famoso Salvatore Cuffaro, già Presidente della Regione Sicilia, condannato in primo grado nel 2005 per favoreggiamento aggravato alla mafia, e condannato, nel 2008, per la vicenda della spie alla Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo, con cinque anni di reclusione ed interdizione perpetua dai pubblici uffici.
Il suo predecessore, Salvatore D’Alia, si è anche divertito a prendere per i fondelli tutti gli italiani così: “Comunico di aver designato la mia sostituzione come componente in Commissione di Vigilanza Rai il collega Salvatore Cuffaro, cui formulo i miei migliori auguri di buon lavoro”. In sintesi abbiamo D’Alia che vigila su internet e Cuffaro che vigila sulla Rai. Viene da dire: che culo!
Giuseppe D’Alia è stato quel genio che, in buona sostanza, ha proposto un disegno di legge che da più parti è stato accusato di voler mettere il bavaglio a quella sola ed unica fonte di informazione che il sistema mafio-massonico non è ancora riuscito ad oscurare definitivamente: internet. E’ davvero curioso questo D’Alia: vuole tappare i siti web che inneggiano a Provenzano ma poi è lui stesso che cede il posto, in Commissione di Vigilanza Rai, ad un personaggio che è stato condannato per aver cercato di favorire, indirettamente, la mafia. Il tutto nel più assoluto silenzio dell’opinione pubblica.

mercoledì 4 marzo 2009

Il Molo Ichnusa abbandonato: parte l'inchiesta

Qualunque cagliaritano che, come il sottoscritto, passa spesso e volentieri in via Roma, sicuramente lo avrà visto. Parlo del Terminal Crociere che, già dal 2007, anno del suo completamento, aspetta di entrare definitivamente in funzione. In oltre due anni di abbandono questa bella struttura, che si affaccia su uno dei porti più belli di tutta Italia, quello di Cagliari per l’appunto, ha funzionato per neanche due settimane, ospitando l’evento “Prix Italia”, sponsorizzato dalla Rai, nel settembre dello scorso anno. Solo due settimane di lavoro: poca cosa rispetto a quello che il nuovo terminal dovrebbe e potrebbe fare.

Accogliere le grandi navi da crociera, innanzitutto. Per una città come Cagliari, che ha la vocazione e l’ambizione di essere città turistica non soltanto tre mesi all’anno, un bel terminal in cui accogliere le grandi navi era auspicabile e necessario. E, sulla carta, la “nuova” struttura del Molo Ichnusa si presta bene a questa eventualità: una piazza coperta polivalente, con bar, ristoranti, negozi e punti di ritrovo; cinque corpi costruiti attorno alla piazza centrale, che possono essere adibiti non solo allo scopo principale della struttura, ma anche per eventi pubblici, manifestazioni, spettacoli culturali e via dicendo. Soprattutto se si pensa ai tanti problemi di spazio ai quali va incontro Cagliari ogni qualvolta si tratti di organizzare manifestazioni culturali o eventi pubblici ad ampio raggio, di spazio in primis, ma anche di adeguamento tecnico delle strutture.

Ma quale è il motivo per cui il nuovo terminal portuale non riesce ad entrare in funzione? A dir poco incredibile, a maggior ragione se si pensa che, a quanto scrivono questi giorni diversi siti e quotidiani sardi, il vero e unico problema era noto a tutti: la scarsa profondità del fondale che, essendo di soli 7 metri, non permette l’attracco di navi da crociera che necessitano anche di fondali con più di 10 metri di profondità. Se così non fosse, le navi toccherebbero e rischierebbero di restare incagliate sul fondo. La domanda nasce spontanea: come mai, prima di costruire il terminal vero e proprio, non si è provveduto quantomeno ad adeguare il fondale dello scalo, fondamentale requisito perché il terminal potesse entrare in funzione, prima di costruire il corpo-struttura vero e proprio? E’ questa la domanda principale alla quale cercherà di rispondere la Magistratura, che ha aperto, proprio in questi giorni, un’inchiesta per accertare le cause dell’accaduto. L’ipotesi di reato è chiara: abuso d’ufficio.

E mentre aspetto di sapere se questo scandalo all’italiana è dettato da incompetenza oppure malafede (ma, in tipica salsa “italica”, non mi sorprenderei se fossero entrambe le cose), non posso fare a meno di cercare con lo sguardo, ogni volta che passo in via Roma, un’altra occasione mancata per Cagliari.



Le foto sono prese dai seguenti siti:

www.prixitalia.rai.it

martedì 3 marzo 2009

Williamson: perchè non lo impicchiamo?

E’ notizia recente che il vescovo Williamson, salito alla ribalta della cronaca per aver negato l’olocausto nazista e aver dubitato della stima ufficiale dei sei milioni di ebrei uccisi, ha chiesto pubblicamente scusa alla Chiesa Vaticana ed alle vittime della seconda guerra mondiale: “Non avrei mai pronunciato quelle parole, se avessi saputo in anticipo il dolore che avrebbero causato”. Ammesso e non concesso che disquisire del numero di morti dell’Olocausto equivalga a mancare di rispetto ai morti della seconda guerra mondiale (e anzi, questo dovrebbe essere fatto proprio per rendere loro una “vera” giustizia, che stabilisca una verità che non sia quella dei vincitori), la Chiesa Cattolica ha comunque detto che no, queste dichiarazioni non bastano proprio.

Capiamo che aver espulso Williamson dall’Argentina per un delitto che altro non è se non di opinione, averlo cacciato dal movimento lefevbriano, averlo privato anche della pensione e dei soldi che gli garantivano di campare, evidentemente tutto ciò non è sufficiente perché Williamson, che comunque coraggiosamente non ha ritrattato le proprie posizioni “storiche”, venga punito per aver contraddetto l’unico credo religioso che la Chiesa si sente in dovere di difendere con tutte le sue forze: quello olocaustico.

Allora ci chiediamo: quale pena potrà mai essere considerata sufficiente per tale eresia? Forse la crocifissione, da effettuarsi simbolicamente ad Auschwitz? Forse lo scuoiamento totale alla presenza della comunità ebraica? Forse gli vogliamo dare una bella e grande lavagna su cui scrivere con le unghie, alla maniera di Bart Simpson, “L’olocausto è veramente avvenuto, l’olocausto è veramente avvenuto, l’olocausto è veramente avvenuto….”? Oppure, in pieno stile dantesco, potrebbero utilizzare la famosa pena del contrappasso: lo buttino in un forno crematorio e chi si è visto si è visto. No, no… sembra tutto troppo poco per il peccato di cui il vescovo si è macchiato. Insomma: non è mica comunista, pedofilo oppure assassino: è un negatore dell’olocausto! Forse l’idea migliore sarebbe un’altra, che permetterebbe, tra le altre cose, una grande sintonia tra i laici e i cattolici: un colpo alla nuca e non se ne parli più! Non è stato proprio Marcello Pera, qualche settimana fa, a dire su Sky che i negazionisti sono come dei serpenti ai quali va schiacciata la testa? Noi altri, tra vedere e non vedere, faremo meglio a dotarci di apposito elmetto antinfortunistica.

domenica 1 marzo 2009

Aveva ragione Marx!

Di Carlo Gariglio
Pubblicato sul quindicinale "CiaoEuropa", febbraio 2009

Si tranquillizzi il lettore: non sono diventato comunista… E’ che ho ormai raggiunto un tale livello di intolleranza per le continue intromissioni nella vita politica e sociale italiana dei tanti cattolici (e presunti tali), da avere deciso di rivalutare la famosa frase marxiana: “La religione è l’oppio dei popoli”.

Con questo non intendo assolutamente associarmi alle idee materialistiche espresse da quel personaggio, dato che resto comunque una persona molto aperta alla spiritualità e fermamente convinta che l’uomo sia qualcosa di più che non un ammasso di carne ed ossa… Ma la mia spiritualità mi impedisce di entrare a gamba tesa nelle vita altrui, pretendendo di imporre la mia personalissima visione ultraterrena o le mie superstizioni spacciate per “parola di Dio”, come invece accade per molti degli esponenti delle tre religioni che, purtroppo, oggi vanno per la maggiore: Cristianesimo, Ebraismo ed Islam. In Italia, invece, accade che la religione di maggioranza, cioè quella cattolica, stia diventando sempre più invadente e violenta nei confronti del cittadino, infischiandosene della presunta laicità dello Stato e del rispetto comunque dovuto a quanti cattolici non sono. Come se ciò non bastasse, tanti imbecilli indottrinati a dovere da Papi, alti prelati e politici asserviti, tuonano contro il “pericolo” islamico, continuando, al contrario, a flirtare con i “fratelli maggiori” ebrei!

Intendiamoci: chi scrive è assolutamente favorevole alla libertà di culto per chiunque, sia esso musulmano, cristiano o credente negli Eloim; ma la libertà di culto non va intesa come libertà di costringere qualcuno ad assoggettarsi ad idee e visioni del mondo da altri. Chiarisco con un esempio; benché io sia contrario all’aborto per principio, proprio perché non ragiono come un invasato che si sente portavoce di Dio, credo ci possano essere anche casi limitati nei quali l’aborto possa essere utilizzato come estrema e dolorosa soluzione… Gravidanze generate da stupri, feti malformati che daranno vita alla nascita di infelici, donne abbandonate dai compagni… Tutti casi limite che per gli stupidi invasati religiosi non hanno ragione di essere considerati, ma che per chiunque sia dotato di un minimo di raziocinio vanno analizzati con cura e soprattutto con chi questi casi li sta subendo in prima persona. Dunque mai mi sognerei di chiedere una Legge che vieti l’aborto, pur essendone contrario, perché uno Stato laico deve sì garantire chi è contrario a questa pratica, ma anche chi non lo è o chi è vittima di situazioni drammatiche come quelle sopra esposte.

Invece, i baldi cattolici esigono che la pratica dell’aborto sia vietata sempre e comunque… E se questo è praticamente normale e scontato da parte degli ecclesiastici, molto meno lo è per quei politici, sedicenti cattolici, dalla morale molto estensibile quando guardano in casa propria, ma altrettanto ferrea quando pontificano sulla vita degli altri!

Eppure l’adesione ad una visione religiosa dovrebbe essere libera e spontanea, non certo regolata da Leggi e divieti… Ai cattolici (e non solo a loro) dovrebbe bastare l’enunciazione del principio da parte della Chiesa: se vuoi essere un buon credente, non devi utilizzare quel tipo di pratica. Punto e basta. Chi non vuole essere un buon credente deve potere scegliere diversamente.

Purtroppo tutti sappiamo che non è così; i cattolici (italiani e non) pretendono, a suon di strali e minacce, di piegare tutti i cittadini alle loro tristi superstizioni, soprattutto in campi quali il controllo delle nascite, l’aborto, la fecondazione artificiale, l’eutanasia, il diritto di interrompere l’accanimento terapeutico… E come se ciò non bastasse, si permettono anche di debordare da questi temi morali, pretendendo di imporre la loro visione anche in campi molto più pratici, tipo l’immigrazione, il rapporto con i Rom, le tasse, il rapporto con le altre religioni e persino di invitare i loro fedeli a disobbedire a Leggi e Sentenze di uno Stato che dovrebbe essere Laico e sovrano!

L’esempio di quanto dico è sotto gli occhi di tutti: costanti inviti del Papa alla “tolleranza” ed all’accoglienza (ovviamente il tutto a spese e discapito del cittadino comune, dato che di allestire campi di accoglienza nella Città del Vaticano non si parla mai!), intromissioni assurde da parte di tutti i più alti prelati nei campi e sui temi più disparati, vere e proprie crociate contro delle proposte di Legge che nulla dovrebbero avere a che fare con la religione… Ed il tutto con il benestare dei tanti politici abituati a scodinzolare intorno alle tonache vaticane in cerca di voti ed appoggi, nonché dei tanti cittadini italiani ormai cloroformizzati da secoli di propaganda cattolica…

In questo quadro desolante, poteva mancare l’elemento di massima desolazione, ovvero il sedicente “fascista” che sposa le tesi dei sedicenti cattolici trasformandosi in un buffo “Arlecchino servitore di due padroni”, ovvero in uno strano bipede ibrido che pretende di stare contemporaneamente dalla parte dei Fascisti e di quelli che, da Wojtyla in poi, hanno relegato il nazifascismo fra il male assoluto? Eh già, perché se è vero che tutti i Fascisti e presunti tali amano ricordare in tutte le salse il tradimento del Badoglio – Fini che ha definito più volte così il Fascismo, pochi sanno (e pochissimi di quelli che lo sanno amano ricordarlo), che il “buon” Papa polacco nel suo libro “Memoria e identità” definì il Nazismo (ma questo vale anche per il Fascismo che con esso era alleato, se ne convincano i tanti “fascisti all’amatriciana” che tentano di separare le due cose…) come “male assoluto” ed il comunismo “male necessario”… Dunque non mi è ben chiaro come possano certi “cattolici all’amatriciana” ignorare il messaggio di colui che, stando alla vulgata cattolica, è il Vicario di Cristo in terra, nonché “infallibile” quando parla di dottrina religiosa e di temi morali!

Certo, l’Italia è il Paese degli ignoranti, ove convivono “fascisti” che rinnegano quasi tutto quello che venne fatto dal Fascismo per farsi benvolere e comunisti che non hanno mai letto Marx né sentito parlare delle centinaia di milioni di morti causati dal comunismo; vogliamo forse negare un posto ai “cattolici” che non badano a quanto dice il Papa?

Decine e decine di volte, direttamente o tramite forum internet, mi è capitato di polemizzare con sedicenti cattolici, i quali concludevano più o meno così i loro interventi: “Io sono un cattolico osservante, credo in Cristo ma non nella Chiesa e nel Papa”… Peccato che un discorso così sia, per i cattolici veramente osservanti, al limite della bestemmia, in quanto il cattolicesimo si differenzia dalle altre branche del Cristianesimo proprio per il riconoscimento della supremazia della Chiesa Cattolica e del suo Capo assoluto, il Papa… Basta un semplice sguardo ad un dizionario per ritrovare definizioni simili alle seguenti: “La Chiesa cattolica (dal greco: ?????????, katholikòs, cioè “universale”) è la Chiesa cristiana che riconosce il primato di autorità al vescovo di Roma, in quanto successore dell’apostolo Pietro sulla cattedra di Roma” (…) “La Chiesa cattolica afferma che Gesù conferì all’apostolo Pietro l’autorità ultima su tutta la comunità dei suoi discepoli: secondo l’interpretazione cattolica Cristo conferì a Pietro nei pressi di Cesarea di Filippo il primato sugli altri apostoli e su tutta la Chiesa (Matteo 16,13-20) e lo riconfermò dopo la resurrezione nell’apparizione presso il lago di Tiberiade (Giovanni 21,15-19)”.

Indi, parlare di “cattolici osservante” che non riconosce la Chiesa né l’autorità del Papa è una vera e propria assurdità; si potrà essere, al limite, Cristiani, ma non certo cattolici… Dunque che Cristiani, Islamici, Buddisti, Pagani, Agnostici e quant’altro si professino Fascisti ha un senso , mentre non ha alcun senso che lo faccia un cattolico, in quanto il solo farlo lo pone in aperto contrasto con quanto predicato dal suo massimo leader spirituale. E tutte le soluzioni portate avanti da questi strani esempi di “cattolici” e “fascisti” non hanno senso alcuno, se non evidenziare la tanta confusione mentale che alberga nelle menti di molti italiani…

Ma c’è di più. Molto spesso gli Arlecchini di cui sopra cercano di piegare il Fascismo alle beate pretese del cattolicesimo, portando i loro (pochi) seguaci a battersi contro l’Islam, a mendicare comprensione da parte del Giudaismo, a rivendicare con orgoglio una presunta “tradizione” giudaico – cristiana ed a battersi in nome di un non meglio identificato “occidente”. Ora, si dà il caso che il Fascismo ed il Nazionalsocialismo affondino le loro radici in una vera tradizione pagana, che ha visto trascorrere millenni di Storia e di civiltà senza sentire il bisogno di inventarsi feticci strani da imporre agli altri popoli; è appena il caso di ricordare che la Roma che civilizzò e dominò il mondo era quella Pagana, e che nel suo dominio mai si sognò di imporre alle genti straniere il Dio da adorare. Roma conquistava Popoli e terre straniere, lasciando piena libertà di culto a tutti. Quando Roma si lasciò pervertire dal cristianesimo – cattolicesimo, pretendendo di imporre a tutti i popoli conquistati questi culti, l’Impero Romano si sfaldò in tempi molto brevi. Chissà perché sono in pochi a riflettere su questo evidente dato…

Proseguendo, sarebbe anche il caso di ricordare che Fascismo e Nazionalsocialismo ebbero ottimi rapporti con popoli che si riconoscevano in religioni diverse dal cattolicesimo… Recentemente, proprio sulle pagine di questo periodico, riprendendo una vecchia ricerca del giornalista Alberto Mariantoni, ho parlato di uomini e movimenti arabi, africani, indiani, giapponesi, che si schierarono a fianco di Fascismo e Nazionalsocialismo durante la II Guerra Mondiale… Molti di questi movimenti sono sopravvissuti al crollo dei Fascismi in europa , restando sostanzialmente gli unici esempi di organizzazioni politiche che condividono con noi Fascisti idee e visioni della società. Tutto questo accadeva mentre milioni di cattolici si scagliavano contro l’Italia Fascista e la Germania Nazionalsocialista ed accade mentre il cattolicesimo, dopo avere sfruttato per anni la bontà di Mussolini ed Hitler, ci getta nella pattumiera della storia e del “male assoluto”.
Si è così completata “l’evoluzione” del cretinismo di una certa area politica, abusivamente riconducibile al Fascismo: fungere da scherani di persone che li spingono a guerreggiare con chi condivide le loro idee per difendere chi queste idee ha tradito e rinnegato! L’odierno fascista – cattolico all’amatriciana si erge a sentinella di un Occidente che ha fra i suoi valori fondanti e riconosciuti l’antifascismo, si fa portatore di una tradizione giudaico – cristiana che nega tradizioni millenarie pagane e guerriere a cui si rifacevano Fascismo e Nazionalsocialismo, e si fa difensore di una religione che lo considera il “male assoluto”!

Contenti loro… Noi, Fascisti e basta, invece di armarci per combattere guerre altrui, preferiamo la compagnia degli islamici che condividono le nostre idee (come i Baathisti di Saddam Hussein, tanto per fare un esempio) a quella dei cattolici che scodinzolano intorno alle Sinagoghe dei “fratelli maggiori”, così come amiamo ricordare che i cattolici papalini fino al 1870 sparavano con moderne mitragliatrici contro i Bersaglieri italiani, rei ai loro occhi di volere unificare l’Italia… E di un Occidente che vieta l’esistenza dei movimenti Fascisti e terrorizza gli storici revisionisti con repressione, processi, aggressioni e galera, non sappiamo che farcene!

Lo tengano bene a mente quelli che infangano il Fascismo cercando di portarlo a difendere i privilegi di Papa e Clero: l’unico vero errore del povero Mussolini, animato sempre da eccessiva bontà, fu proprio quello di venire a patti con la Chiesa, cui concesse diritti, prebende, onori e sovranità territoriale, nonché l’intervento in Spagna per proteggere luoghi di culto ed ecclesiastici dalla barbarie rossa, ottenendone in cambio il più vile dei tradimenti e dei voltafaccia. Predicavano antisemitismo e sono diventati i lacchè dei “fratelli maggiori”; scomunicavano i comunisti e sono diventati cattocomunisti; chiamarono il Duce “Uomo della Provvidenza” ma passarono ben presto dalla parte degli “alleati”; ottennero uno Stato sovrano dal Duce, ma rifiutarono di riconoscere la nascita della RSI; rifiutarono asilo a Donna Rachele ma nascosero fra le mura del Vaticano partigiani e traditori di ogni risma; lasciarono massacrare decine di migliaia di “fascisti e presunti tali” dai loro nuovi amici partigiani senza proferire una parola di condanna… E dovremmo ancora sopportare che qualche idiota, sedicente Fascista, si mobiliti per difendere i loro privilegi, le loro superstizioni e le loro vite da nullafacenti?

Ciascuno si goda la sua religione, ma per favore, non mischiate il Fascismo con questa genia di traditori e voltagabbana!

Carlo Gariglio
www.fascismoeliberta.it