giovedì 30 settembre 2010

Galeotta fu la battuta di Ciarrapico

Ce lo eravamo chiesti un po’ tutti quello che Ciarrapico ha chiesto a Fini, riguardo le sue intenzioni di fondare un nuovo partito. “Ma ha già ordinato le kippah?”, si è chiesto il senatore del PDL. Perché in effetti, a vedere la famosa foto del Presidente della Camera con la kippah in testa nel suo viaggio purificatore in Israele, dopo che per anni ed anni era andato in giro a parlare di “Fascismo del Duemila”, di “Mussolini grande statista” e cose simili, ce lo eravamo chiesti un po’ tutti.

"Fini ha fatto sapere che presto fonderà un nuovo partito. Spero che abbia già ordinato le kippah perché è di questo che si tratta: chi ha tradito una volta, tradisce sempre. Può darsi pure che Fini svolga una missione ma è una missione tutta sua personale. Se la tenga. Quando andremo a votare vedremo quanti voti prenderà il transfuga Fini".

In Parlamento, si sa, su questa tematica sono particolarmente sensibili. Del resto, l’abbiamo detto più e più volte: in questo Paese si può dire tutto di tutti, in qualunque modo e su qualunque tema. Si può affermare che i magistrati sono malati di mente, che è legittimo “smollarla” via per aiutarti la carriera politica, che i romani sono tutti dei “porci”: non rischierai mai la tua carica di Ministro, di parlamentare, di onorevole. Ma se tocchi quel tastino lì, che sappiamo essere particolarmente dolente, apriti cielo!

Per carità: anche Ciarrapico non l’ha presa bene! Ma come, si è chiesto il nostro, io che ho aiutato la causa ebraica con la mia casa editrice, stampando tante opere a favore degli ebrei e dello Stato di Israele, ora vengo bollato come antisemita? Capiamo bene Ciarrapico: è brutto pensare che fai i salti mortali per dimostrare la tua fedeltà, e poi vedere che per una battutina che ti scappa al microfono della Camera tutto ciò che hai fatto viene rimesso in discussione. Ma sappiamo bene che quelli lì, specialmente su certi temi, sono abbastanza esigenti.

Addirittura Lehner (vi ricorda qualche cosa il cognome? Si, avete indovinato) chiede l’espulsione di Ciarrapico dal Parlamento. Sarebbe interessante conoscere la motivazione: lesa maestà judaeorum? Se ancora qualcuno non ci ha pensato, può dimostrare la propria vicinanza e contrizione al popolo che così tanto ha sofferto e soffre quotidianamente chiedendo di inserire un reato simile nella Costituzione Italiana. Anzi: è strano che non ci abbiano pensato prima.

Ecco: la politica italiana è tutta qui. Mentre le azienda vanno a rotoli, la povertà sale, gli operai salogono sulle fabbriche per tutelare il diritto al lavoro, noi parliamo della cucina Scavolini della casa di Fini (come se ci fosse bisogno di arrivare fino a questo punto per dimostrare l'incosistenza del personaggio) e delle battute di Ciarrapico...

Se qualcuno chiede l’espulsione di Ciarrapico per non si capisce bene quale reato che non sia quello del cattivo gusto, altri chiedono l’intervento di Silvio Berlusconi. Che dal canto suo ci dice: "Non voglio che una parola di troppo sfuggita a un nostro senatore possa ingenerare equivoci. In tutta la mia vita sono sempre stato amico di Israele", ha precisato il premier durante la replica al Senato. "Da ragazzo- aggiunge- ho avuto amici ebrei che mi hanno raccontato la sofferenza delle loro famiglie, ho abitato a Milano vicino a una scuola israelita. La visita al campo di Auschwitz mi ha offerto un sentimento di soidarietà incancellabile. Da allora - conclude il premier - mi sento anche io Israeliano".

Suvvia Ciarrapico, vede che siete tutti sulla stessa barca? E poi, come le dice Gianmario Mariniello di Generazione Italia, se anche a Lei serve qualche kippah le fanno pure lo sconto, con tanto di fattura. Non è un’offerta da buttare via.

mercoledì 15 settembre 2010

Da Corfù a Tripoli

Non c’è episodio migliore di quello che riguarda l’Ariete per descrivere i rapporti tra Italia e Libia.


I fatti sono ormai conosciuti: domenica sera l’Ariete, un motopeschereccio della flotta di Mazara del Vallo, probabilmente per aver sconfinato nelle acque libiche (è ancora da accertare), è stato vittima di un attacco della Marina libica, che ha esploso decine di colpi contro il peschereccio. Fortunatamente per gli occupanti della nave nessuno è rimasto ferito, neanche in modo lieve, e solo il motopeschereccio ha riportato dei danni.


Il rapporto tra Italia e Libia è tutto qui. Un paese africano pretende ed esige dall’Italia dei risarcimenti per il fatto che il nostro Paese, durante il Fascismo, ha portato la Libia ad un gradino maggiore di civiltà costruendo strade, scuole, ospedali, acquedotti, e via d
icendo (ne parlai qui http://chessaandrea.blogspot.com/2008/09/laccordo-italia-libia-lennesima.html). Nel frattempo, negli anni scarica migliaia e migliaia di africani sul balcone del dirimpettaio, cioè le nostre coste, strafregandosene degli impegni presi con l’Italia. Che, incredibile ma vero, anziché imporsi con la forza della sua Marina militare, scongiura in ginocchio il famoso beduino di smetterla, gli darà anche 5 miliardi di euro in 25 anni. Sempre per non farsi mancare niente, e per aggiungere al danno anche la beffa, il beduino ogni tanto, per farsi bello agli occhi del suo popolo africano, si fa una scampagnata nel nostro Paese con tanto di tenda da bivacco e gnocche al seguito (chissà come si sarà sentito il nostro Presidente del Consiglio: le 600 avvenenti ragazze del beduino battono di gran lunga gli incontri galanti di Villa Certosa), e da un palco si mette a regalare copie del Corano, e a darci lezioni sulla libertà, dicendoci che ci dobbiamo tutti convertire all'islam e altre cosette simili. L’Italia, in tutto ciò, minimizza, gira la testa dall’altra parte, fischietta gli occhi guardando il cielo… Chissà che cosa sarebbe accaduto se una cosa del genere si fosse permesso di farla Ahmadinejad, ma questo è un altro discorso.


E ora, come se non bastasse, ci spara pure addosso. Potrà anche essere che gli italiani hanno sconfinato, ma non è sicuramente indice di grande rispetto farci sparare addosso così. Di solito, quando si sconfina nelle acque altrui, lo Stato che in quel momento ha la competenza territoriale affianca la nave sconfinante, intimando l’ALT! o magari semplicemente avvisando dell’accaduto. E chi ha invaso le acque territoriali altrui chiede scusa e fa dietro-front. Semplice. Io non ce li vedo i pescatori italiani che, tanto per fare i rambo, puntano decisi verso Tripoli ignorando gli avvisi della Marina beduina. Questi qui, probabilmente, hanno sparato senza mettersi molti problemi. Del resto, in Libia abbiamo portato un po’ di civiltà, ma non abbiamo certamente avuto il tempo di portarla in grande stile come avremmo voluto fare!


Ma quello che lascia ancor più sgomenti è il comportamento del governo italiano. Per Frattini è tutto ok: i libici si sono scusati, brindiamo a tarallucci e vino. “I rapporti con la Libia restano immutati”. Ci piacerebbe che Frattini e il governo che rappresenta (sic!) all’estero usassero, quando si tratta di difendere l’Italia, anche solo un decimo di tutto il livore e l’impegno che invece utilizzano per difendere Israele e gli Stati Uniti. Viene il sospetto che questo Frattini sia evanescente: appare magicamente solo quando si tratta di lanciare qualche accusa infondata all’Iran, o di dare qualche colpo di lingua agli Stati canaglia d’America, o di difendere Israele quando massacra in acque internazionali i pacifisti che cercano di portare qualche sedia a rotelle o del latte liofilizzati alla popolazione palestinese; ma per tutto il resto tace, è sempre pronto al compromesso.


Sappiamo che per gli italiani – al governo non fanno eccezione – il patriottismo si manifesta solo ed esclusivamente quando undici miliardari danno dei calci ad una palla. Ma stavolta si deve essere esagerato veramente se anche la Chiesa, per bocca di Monsignor Mogavero, dice che “Assistiamo a una vera e propria inerzia del governo italiano”.


Ai lettori più attenti non potrà sfuggire il paragone con il glorioso e pressoché sconosciuto (ai più) episodio di Corfù. Lo ricordiamo: non avendo granché di cui vantarci oggi, almeno ci rallegriamo pensando a chi eravamo in passato. È la mattina del 27 agosto 1923. Una missione italiana è situata lungo la strada tra Giannina e Kakavia: è un gruppo di ricercatori esperti, che sta studiando il confine tra Grecia ed Albania, allora piuttosto labile. Tutti i componenti italiani vengono trucidati senza pietà. Bastano due giorni al governo italiano per appurare le gravi colpe della Grecia riguardo quanto è accaduto. Il 29 agosto l’Italia chiede alla Grecia 50 milioni di lire come risarcimento economico simbolico (che Mussolini pensa di devolvere alle famiglie delle vittime), le scuse ufficiali e la ferma condanna degli assassini. Ma la Grecia fa orecchie da mercante. La Società delle Nazioni, nello stile dell’ONU che diventerà in seguito, si guarda bene dal difendere anche un minimo gli interessi italiani. I quali decidono di fare da soli. Passano altri due giorni: in sole 48 ore una intera divisione di fanteria e una imponente flotta navale della Marina Militare Italiana occupano l’isola di Corfù. Da lì non ci muoviamo, dice Mussolini, se questi Greci non rendono conto del loro operato. La Società delle Nazioni protesta. Da qui non ci spostiamo, dice Mussolini. I militari italiani lasceranno l’isola solo un mese dopo, per la precisione il 27 settembre, dopo aver ricevuto i 50 milioni di lire come risarcimento e le scuse ufficiali del governo greco.


Nel ’23 andavamo a Corfù per prenderci rispetto e giustizia per i nostri morti, senza elemosinare nulla da nessuno. Nel 2010 il beduino spadroneggia in Italia per terra e per mare, ci fa sparare addosso e Frattini dice che “I rapporti tra Italia e Libia non cambieranno minimamente”. Ecco: la situazione dell’Italia sta tutta qui. e non potrebbe essere più deprimente.

sabato 11 settembre 2010

Vincono i boia in camice bianco

Sono bastati meno di una quindicina di minuti perché il Parlamento Europeo approvasse la direttiva 86/609/CEE, sinistra formula dietro la quale si cela il vergognoso emendamento che – sostanzialmente – rende l’attività di vivisezione degli animali, praticata ogni anno in tutto il territorio europeo su 12 milioni di esseri senzienti, più facile e conveniente per le grandi industrie farmaceutiche e gli istituti di ricerca che conducono la sperimentazione animale.

La nuova direttiva sull’utilizzo degli animali a scopo medico e scientifico era in cantiere da più di due anni, e aveva provocato accesi dibattiti, specialmente tra i difensori dei diritti degli animali e le associazioni animaliste. Che lamentano sensatamente come, rispetto alla bozza di due anni fa, il testo sia stato progressivamente modificato in favore di un minor benessere degli animali.

Ma cerchiamo di fare un po’ di ordine. Vediamo, sinteticamente, quali sono i punti più discussi della nuova normativa.

1) La cavia può essere vivisezionata più volte, purché i precedenti esperimenti non siano stati particolarmente invasivi;

2) Si prevede generalmente l’uso dell’anestesia, ma diverse deroghe permettono di non utilizzare gli antidolorifici (ciò si traduce in un guadagno economico per i laboratori di ricerca, che non saranno certamente incentivati così ad utilizzarli);

3) Si da’ il via anche alla sperimentazione su cani e gatti randagi. Su tutto il territorio europeo, pertanto, quella micetta che con la sua figliolata era diventata la mascotte del quartiere, o quel cagnolino che vagava vicino a casa nostra e a cui davamo da mangiare di tanto in tanto, diventano tutti possibili cavie da laboratorio per gli scienziati e i medici.

4) Sono ammesse diverse procedure di sperimentazione volte a valutare la capacità di resistenza fisica e/o psicologica degli animali, come ad esempio il nuoto forzato fino all’esaurimento oppure l’isolamento dell’animale per lunghissimi periodi, con gravissimi danni al suo sistema psicologico e fisico.

5) La sperimentazione animale viene permessa non più solo per scopi medico o scientifici, ma anche per scopi didattici.

6) Entrano a far parte dell’elenco degli animali possibili di sperimentazione anche specie che prima non erano incluse, come per esempio gli scimpanzé i quali, è bene ricordarlo, per la scienza ufficiale condividono con l’uomo circa il 98% del DNA, e sono pertanto esseri senzienti particolarmente delicati e sensibili.

Vediamo adesso quali sono i punti in cui, anche secondo importanti associazioni animaliste (ad esempio Agire Ora), si sono fatti dei passi in avanti.

1) Mentre in precedenza per molti Stati membri vi era soltanto la necessità di notificare l’inizio di sperimentazione al Ministero dell’Ambiente o della Salute, senza attendere alcuna autorizzazione, da questo momento in poi la nuova direttiva prevede l’istituzione di singoli comitati nazionali consultivi che hanno il dovere (entro 40 giorni) di rilasciare il “via” al laboratorio; quest’ultimo, in caso contrario, NON può procedere con l’esperimento.

2) Nei documenti in cui il laboratorio dovrà richiedere il permesso di sperimentazione, inoltre, si dovrà indicare il tipo di dolore (classificato sulla base dell’intensità) a cui sarà sottoposto l’animale. Il comitato consultivo potrà, eventualmente, decidere di non rilasciare l’autorizzazione. Inoltre, al termine dell’esperimento, ogni laboratorio o centro di ricerca dovrà relazionare al Ministero su quanto questa sperimentazione sia stata utile e quali e quanti risultati medico-scientifici abbia raggiunto. Si spera così, almeno per il futuro, di avere una buona base statistica con cui poter valutare la reale necessità della sperimentazione animale.

Se da un lato questo può essere positivo (si pensi all’Italia, dove in precedenza vi era solo l’obbligo di notifica al Ministero della Salute mentre da questo momento in poi ci sarà bisogno di una vera e propria autorizzazione scritta), dall’altro è agghiacciante vedere come la classificazione del dolore a cui vengono sottoposti gli animali sia considerata “grave” solo per quelle vere e proprie forme di tortura. “Moderato” è, per esempio, un livello di sofferenza che è comunque molto alto. Possiamo solo immaginare e rabbrividire per che cosa si intenda con un livello di sofferenza “grave”.

Tutte le possibili sperimentazioni a cui può essere sottoposto l’animale, inoltre, sono contenute nell’allegato VII della direttiva. Per motivazioni etiche eviteremo di esplicitare questo genere di trattamenti ai quali saranno sottoposti gli animali, ma sappiano i lettori che sono senza dubbio particolarmente cruente ed invasive, e che niente impedisce di classificarle come “tortura”.

3) Operazione trasparenza: su questo il movimento anti-vivisezionista si è impuntato, ed ha vinto. Ogni progetto deve essere reso pubblico: le motivazioni di ricerca, gli obiettivi, i metodi utilizzati, i tipi di sperimentazione, i risultati conseguiti.

4) Nelle presenti direttive vengono inclusi anche altri tipi di animali che prima non c’erano (come per esempio polipi, calamari, seppie) e anche i feti di animali (molti esperimenti condotti su feti animali o animali gravidi hanno portato spesso alla nascita di animali completamente deformati, o comunque molto sofferenti, sui quali adesso c’è comunque un minimo di vigilanza e di tutela).

5) Mentre prima la didattica e le indagini medico-legali erano escluse dal campo di sorveglianza degli organismi preposti, da questo momento in poi anche per questi due ambiti ci vorrà l’autorizzazione del Ministero.

6) Mentre prima – incredibilmente – ciò non veniva previsto, si prevede l’obbligo di ispezioni a sorpresa da parte di organismi terzi. Visto il potere della lobby medico-scientifica, ci si augura che gli ispettori possano essere realmente “terzi”.

7) È previsto il reinserimento degli animali che non devono essere più utilizzati negli esperimenti. Resta da vedere quanto si lavorerà fattivamente per questo inserimento a livello di normative nazionali.

8) Sono previsti diversi incentivi per l’adozione di metodi alternativi, che attualmente sono relegati quasi esclusivamente alle analisi tossicologiche (per esempio quelle condotte sui saponi, sui profumi o sui trucchi di bellezza), che costituiscono in totale nemmeno il 10% della sperimentazione scientifica.

Un altro elemento importante va inoltre sottolineato. Come si potrà facilmente capire, non tutti gli Stati europei hanno le stesse identiche leggi in materia di tutela dei diritti animali. In alcuni Stati sono più drastiche, in altri meno. Per quanto riguarda questi ultimi la direttiva li costringerà a “mettersi al passo” con le nuove norme, e quindi questo è sicuramente un aspetto positivo. Gli Stati che hanno già un tipo di legislazione sociale avanzata, pertanto, potranno mantenerla. L’Italia, ad esempio, sarà costretta ad adeguarsi: d’ora in poi non sarà più sufficiente che un laboratorio notifichi semplicemente al Ministero dell’Ambiente l’inizio di un processo di sperimentazione, ma dovrà attendere il permesso dello stesso Ministero. Niente poi impone ai singoli Stati di rendere ancora più restrittiva la legislazione europea.

Accanto ad importanti passi avanti, si registrano altrettanti passi indietro agghiaccianti per qualunque Stato che voglia anche solo lontanamente considerarsi civile: la possibilità di sperimentare sugli animali randagi, sugli scimpanzé, senza l’utilizzo di antidolorifici, sottoponendoli a torture fisiche e psicologiche per scopi scientifici spesso dubbi o mai del tutto chiariti (225.000 morti all'anno negli Stati Uniti per incompatibilità farmaceutica e il dato che denuncia come il 90% dei farmaci non superi le prove cliniche, con grande dispendio di uomini e di risorse). Non è vero, come affermano i vivisettori, che la sofferenza animale sarà minore, in quanto lo stesso animale può essere utilizzato più e più volte, anche nell’ambito di sperimentazioni diverse.

Il nuovo testo della commissione europea presenta elementi inaccettabili per qualsiasi essere civile, accanto a diversi miglioramenti (che si spera vengano fatti applicare con solerzia). È un testo che, sostanzialmente, può definirsi molto deludente. La lobby dei vivisettori – che possono contare su una “potenza di fuoco” politica ed economica molto elevata – ha vinto a Bruxelles, ha vinto in Europa, contro tutti coloro che da sempre si dichiarano contrari a forme estreme di sperimentazione medico-scientifica su esseri senzienti, capaci di provare emozioni come il dolore, la rabbia, la pietà. Tante dichiarazioni di principio sulla necessità di diminuire la sofferenza animale, e tante, tante scappatoie per i torturatori e i boia in camice bianco.

Fonti:

http://www.agoravox.it/Nuova-direttiva-UE-sulla.html

http://www.repubblica.it/cronaca/2010/09/09/news/vivisezione-6888071/

http://www.leal.it/campagna-bruxelles/

http://notizie.virgilio.it/cronaca/vivisezione-nuova-direttiva-europea.html

http://it.peacereporter.net/articolo/24041/Ue,+direttiva+choc%3A+ammessa+la+vivisezione+sui+randagi

http://www.giornalisticamente.it/index.php?option=com_content&view=article&id=863:direttiva-ue-sulla-vivisezione-tra-sensazionalismo-e-notizie-certe&catid=42:societa&Itemid=60

http://www.agireora.org/info/news_dett.php?id=1016

http://register.consilium.europa.eu/pdf/it/10/st06/st06106.it10.pdf

giovedì 9 settembre 2010

Ho fatto un errore su "La storiella di Sakineh, assassina sadica e violenta"

Il lettore Raffaele mi fa notare, nel mio articolo "La storiella di Sakineh, assassina sadica e violenta", quanto segue:

Applicano o applicavano (tranne per gli Stati Uniti d'America)?
Attraverso una rapida ricerca ho visto che la pena di morte in Francia e in Inghilterra è stata abolita definitivamente rispettivamente il 9 ottobre 1981 e il 31 luglio 1998. (fonti Wikipedia)

Si riferisce alla seguente frase:

Eppure ce ne sarebbero di cose da chiedere ad israele, all'Inghilterra, e allo Stato-canaglia per eccellenza, gli Stati Uniti d'America. Tre stati che, guarda caso, hanno tutti nel loro ordinamento la pena di morte, e la applicano senza nemmeno suscitare la metà dello sdegno che invece suscita Sakineh.

Raffaele,

ottima segnalazione. Nell'articolo da me citato ho scritto di Inghilterra, Israele e Stati Uniti. E mi sono espresso male. Sia perché l'Inghilterra l'ha abolita dal suo ordinamento giudiziario, sia perché, errore mio, la pena di morte non è prevista ufficialmente neanche nello Stato di Israele. Ma volevo intendere, e mi riferivo in particolar modo ad Israele e Stati Uniti, che non sono certo i più carini quando si tratta di dimostrare clemenza nei confronti di qualcuno. Sia perché Israele sta eliminando giorno dopo giorno un intero popolo (ma, ripeto, la pena di morte non è prevista nel suo ordinamento giudiziario), sia perché gli Stati Uniti la hanno ancora nel loro ordinamento.

La ringrazio per la segnalazione: scrivere in questo spazio diventa ancor più interessante e impegnativo, se i miei lettori (che la pensino come me poco importa) mi fanno notare i miei errori. E mi convinco sempre di più che sarebbe bene sottoporre i miei scritti, prima di pubblicarli, ad altri due occhi che non siano i miei. Posso rileggere il mio testo anche venti volte, ma ci sono certi errori che chi ha scritto non vedrà mai, al contrario di chi invece legge solamente. Quando sbaglio, e ciò mi viene fatto notare, non c'è niente di male ad ammetterlo ed eventualmente rettificare e chiarire. Ancor più se, come spesso capita, si cerca di scrivere tra una pausa al lavoro, nello studio, comunque non sempre nella tranquillità richiesta.

Un saluto

mercoledì 8 settembre 2010

67 anni fa moriva la Patria


L'Europa, con la sua varia e splendida civiltà, moriva agonizzando nel sangue dei suoi caduti. Moriva a Berlino, con i ragazzi dei battaglioni Nordland e Charlemagne a difendere un chilometro quadrato di rovine, un pezzo di idea, il simbolo dell'Europa che non si arrendeva: il bunker del Fuhrer. Moriva con i giovani hitleriani, che cantano in mezzo alle cariatidi e ai feriti, con il Panzerfaust in spalla, pronti a contendere ogni metro di terreno alla bestia rossa che avanza distruggendo, stuprando, uccidendo. Moriva con i giovani di Schio, arresisi pattuendo di aver salva la vita, massacrati fino all'ultimo uomo, beffandosi dei loro carnefici mentre urlano "Viva Mussolini!". Moriva con le donne dei Fascisti che vengono braccate, seviziate, uccise, rasate a zero ed esposte alla rabbia e alla cattiveria di una folla inferocita. Moriva nelle gelate distese russe, in mezzo a quelle lunghissime file di uomini e di vite. Moriva ai Salò, con i fascisti che si preparano disperatamente all'ultima battaglia della Valtellina. Moriva nelle foibe, dove non si sa ancora con esattezza il numero di tutti coloro (sacerdoti, uomini, donne e bambini) che sono stati scaraventati nell'abisso. Moriva a Giulino di Mezzegra. Moriva nel bunker della Cancelleria.

Moriva. Ma c'è una fiammella che, per quanto piccola, arde ancora nei cuori di chi non ha tradito, di chi non si arrende, di chi ancora difende quei simboli, quegli uomini, quelle idee. Scalda ancora. E fa ancora paura.

Disprezziamo il tradimento, l'infamia, e il disonore militare e politico trasformato in vittoria da mangiatori di carogne avidi e corrotti, che hanno svenduto la nostra Patria al nemico, e i cui eredi stanno ancora lì, seduti ai posti di comando. Non abbiamo tradito. Non tradiremo. Non ci arrenderemo mai.

martedì 7 settembre 2010

Run away turn away

Finché non mi ritrovo su un blog di Fascismo e Libertà. Dove c'è uno che chiama camerati i commentatori, e vabbè. Uno che scrive che i partigiani sono "vigliacchi che sparano a tradimento", che "la seconda guerra mondiale fu il banco di prova in cui i Fascisti misero a prova la loro fede", eccetera eccetera eccetera. Uno di quei siti che sembra creato allo scopo precipuo di guastarmi il fegato, e ce n'è tanti. Sto per cliccar via. Ma sulla colonnina destra - quella dove gli autori sfoggiano tutte le loro vanità - c'è una playlist. Do un'occhiata - cosa ascolta un veterofascista? I Black Sabbath, e va bene, e poi? Small town boy, Bronski Beat.

Small town boy? Bronski Beat?


No, senti, caro vicepresidente nazionale per le isole di Fascismo e Libertà, adesso tu questa cosa ce la spieghi. Ti ecciti a guardare il video in cui menano il frocio? Ma non si vede niente, il regista stacca subito.

Siamo un po' seri. Il fascismo è roba seria, mistica dell'azione. Cosa avrebbe pensato Mussolini di Jimmy Sommerville? Un invertito albionico di matrice proletaria che tra un pasto e l'altro (almeno cinque al giorno, ricordiamolo) intona lamenti in falsetto sulle sue sterili frustrazioni sessuali?


***


Grazie ad alcune funzioni implementate nel mio blog, capito su un altro sito dove l’autore scrive ciò che avete letto sopra riguardante il sottoscritto. Vista l’insistenza di questo anonimo autore, bisognerà pur rispondergli. Del resto gli va un minimo di ringraziamento per averci fatto un poco di pubblicità: se i nostri detrattori si sentono in dovere di sparlare di noi, o quantomeno di ironizzare sul nostro conto, è segno che procediamo comunque nella direzione giusta.




Il nostro anonimo detrattore, comunque, sembra che mi abbia letto bene. O comunque meglio della maggior parte dei suoi amici. Già di questo c’è da rallegrarsi. Perché addirittura si è ricordato di quel “la seconda guerra mondiale fu il banco di prova in cui i Fascisti misero alla prova la loro fede”, ormai datato a prima dell’estate. Io me lo immagino lì, davanti al monitor, che armeggia freneticamente con la tastiera, mentre il fumo gli esce dalla terza narice, che vorrebbe staccare, ma comunque non ce la fa, va’ fino in fondo, a guastarsi il fegato. Suvvia, mio anonimo lettore, davvero mi da tutta questa importanza? Ho addirittura il potere di guastarle il fegato? Sembra di no. Perché poi, dopo essersi sorbito i miei interventi revisionisti, su Via Rasella, sulla seconda guerra mondiale, c’è una cosa che lo fa imbestialire, e su cui poi ironizza (meno male, mio anonimo lettore, non avrei sopportato di essere una delle prime cause del suo mal di fegato). Non sopporta che a me piaccia una canzone, “Small town boy” dei Bronski Beat.

Credetemi: io pensavo che avrei potuto scrivere di tutto e su tutto, ma mai giustificarmi per ascoltare questa canzone, che mi piaceva sin da quando ero bambino. Per dileggiarmi, l’anonimo lettore scomoda addirittura brandelli di mistica fascista: “No, senti, caro vicepresidente nazionale per le isole di Fascismo e Libertà, adesso tu questa cosa ce la spieghi. Ti ecciti a guardare il video in cui menano il frocio? Ma non si vede niente, il regista stacca subito. Siamo un po' seri. Il fascismo è roba seria, mistica dell'azione. Cosa avrebbe pensato Mussolini di Jimmy Sommerville? Un invertito albionico di matrice proletaria che tra un pasto e l'altro (almeno cinque al giorno, ricordiamolo) intona lamenti in falsetto sulle sue sterili frustrazioni sessuali?”

Peccato. La battuta in cui mi eccito guardando i nuotatori che dileggiano l’infelice fanciullo, caro anonimo lettore, se la poteva risparmiare: non le rende onore. Sono sicuro, da come scrive, che poteva inventarsi qualche cosa di molto più divertente, in linea con lo spirito di tutto il resto dell’articolo.

Il Fascismo è roba seria, ci dice l’anonimo lettore. Lo ringraziamo. E poi precisa: mistica dell’azione. Ve lo immaginate il Duce che si ascolta i Bronski Beat sulla televisione, mentre il ragazzo omosessuale prende il treno per scappare dalla realtà oppressiva, moralista e bigotta della sua cittadina? Anonimo lettore: si che me lo immagino. Del resto, se si legge il libro del figlio di Mussolini, “Il Duce mio padre”, è lo stesso figlio che racconta di come il padre da un lato gli impedisse di suonare la musica jazz, che per Mussolini era “roba da negri” (pensiero condiviso, i tempi erano quelli, da tutti gli italiani e da tanti europei), e dall’altro gli regalasse la strumentazione musicale per continuare i suoi studi, che gli permetteranno in seguito di diventare un grande musicista.

Il sottoscritto, caro mio anonimo lettore, non è un fanatico, e non arriva a questi livelli quasi demenziali di coerenza. Si, non compro la Coca-Cola, non compro da McDonald’s, e quando acquisto qualche cosa di dubbio controllo sempre il codice a barre, per paura di foraggiare l’economia di Israele. Cerco anche di non mangiare carne – in pochi mesi ne ho più che dimezzato il consumo (due/tre volte al mese, non di più) – per non sostenere una economia basata sulla morte e sulla tortura degli animali. Non compro saponi o prodotti che non abbiano il marchio della ICEA, sempre per lo stesso motivo. Cerco di non guardare i demenziali programmi della TV, e di non comprare le loro riviste. Insomma, coerenza, per quanto si può. Ma almeno mi lasci ascoltare “Small Town Boy”, suvvia!

Se lei, anonimo lettore, pensa che io non ascolti i Bronski Beat perché parlano di un omosessuale perseguitato, si sbaglia di grosso. Sa che cosa le dico? Che a me quella canzone piace. La musica è la forma d’arte che preferisco: la sento più diretta – perfino rispetto alla pittura – e arriva direttamente sulla pelle, senza essere mediata dalla ragione. Quindi anche la canzone di Sommerville può essere bella, per me. Per l’epoca in cui quella canzone fu composta, ha sonorità elettroniche particolarissime, è un pezzo da museo della musica. Ed è carina, orecchiabile. E parla di uno che è perseguitato, che deve stare attento addirittura alla sua pellaccia. A me la figura del perseguitato piace, mi ci ritrovo. All’epoca il perseguitato era un omosessuale, ma oggi la parte degli omosessuali la facciamo noi (loro fanno gli status symbol su riviste, giornali e TV). Siamo noi quelli perseguitati, che non possiamo esporre i nostri simboli, che abbiamo un intero sistema di repressione che a distanza di decenni ha ancora paura di noi (ancora oggi si inventano nuove leggi per metterci a tacere, e c’è sempre qualche solerte e premuroso magistrato che si incarica della loro applicazione), che siamo descritti continuamente come fanatici e assassini. E nei cortei cantano che ucciderci non è reato, persino un suo lettore mi vorrebbe mettere al rogo, me e tutti i “fasci”.Vede, caro lettore: nel mio blog troverà tante cose che potrebbero guastarle il fegato, ma non troverà mai una incitazione alla violenza nei confronti dei nostri avversari politici. Cerchiamo, anche in queste piccolezze, di operare un minimo di selezione.

Meno male, caro anonimo lettore, che lei si è fermato ai Bronski Beat: cosa penserebbe di me se avesse continuato a scorrere l’elenco delle canzoni, e c’avesse trovato addirittura Marilyn Manson? Abominio! Africa dei Toto?! Oh cielo! Gli anarchici Ramones? Disdetta! Gli albionici Oasis? Orsù che vergogna! E gli oscuri “Cradle of Filth”?

Insomma, lei crede che io debba ascoltare solo “Giovinezza” e “Faccetta Nera”? Non mi chieda questo: mi annoierei mortalmente. Perché io potrei rigirare la frittata, e chiederle come mai scrive il suo blog usando una invenzione americana e la piattaforma di una multinazionale come Google… non la finiremo più, lo capirà bene anche lei.


Suvvia, si rilassi e si sieda, se lo gradisce, almeno virtualmente al mio desco. Non mi piace sapere di essere la causa del suo mal di fegato, nè di chiunque altro.


La saluto

lunedì 6 settembre 2010

Fascismo e Libertà per i caduti di Rovetta

Il Movimento Fascismo e Libertà - Partito Socialista Nazionale ha preso parte, in data 5 Settembre 2010, alla quinta visita alla Tomba dei Caduti di Rovetta al Verano di Roma ed alla prima visita alla Tomba di Padre Antonio Intreccialagli al Cimitero di Montecompatri. L'evento è stato organizzato dal Comitato Onoranze Caduti di Rovetta, organo dell'Ass. Reduci 1^ Legione d'Assalto 'M' Tagliamento.

***

Un ringraziamento alla delegazione dei nostri camerati presenti alla cerimonia: Augusto Sensi, Davide Agostini, Mariangela Dau, Pier Giorgio Basile.

giovedì 2 settembre 2010

La storiella di Sakineh, assassina sadica e violenta


Spiace riprendersi un poco dalle vacanze, riprendere le proprie normali attività, e scoprire che la politica italiana – eccetto la disgustosa bagarre tra i finiani e i berlusconiani – non ha altro di meglio da fare che dibattere sulla vicenda di Sakineh, la donna iraniana che è stata condannata alla lapidazione. Mi sarebbe piaciuto riprendere l’attività di questo spazio pensando un poco alla politica italiana, ma quest’ultima ha ben poco di succulento da offrire che non sia già stato detto in altri spazi.

Spiace dover apprendere, dalle solite fonti giornalistiche conniventi e bugiarde (che tacciono sulle reali motivazioni della condanna), che tante istituzioni e uomini politici (il Comune di Roma e Alemanno in prima fila, si sa che quando si tratta di dare contro l’Iran il nostro “camerata” non se ne lascia scappare una) manifestano pubblicamente per la liberazione della “povera” donna iraniana che, secondo i giornali, è stata condannata a morte per adulterio.

Ed anche su tanti blogs, reti sociali (non ci siamo ancora piegati all’idioma della perfida Albione che li descrive come “social networks”) e siti di informazione alternativa è tutto un dare addosso all’Iran retrogrado ed oscurantista che prescrive la condanna per lapidazione ad una donna che ha avuto il solo torto di tradire il marito.

Insomma: sono ancora in tanti coloro che, in Italia e non solo, approfittano anche delle questioni di letto degli iraniani per imbastire contro la Repubblica Islamica una vera e propria crociata della fede in nome dei diritti umani, della dignità della persona, dei diritti fondamentali della persona e via dicendo. Tutte belle parole che gli stessi moralizzatori si guardano bene anche solo lontanamente dal pronunciare quando invece è l’Occidente che, in Iraq come in Afganistan come in Palestina, fa stragi di civili vergognosamente coperte e mascherate dall’opinione pubblica e in special modo dai mass media.

Ma di che cosa si tratta veramente? Nell’era di internet, di Facebook e della posta elettronica basta poco per venire a conoscenza dei motivi per i quali Sakineh è stata condannata a morte. E sono motivi tutt’altro che di secondaria importanza. Sakineh è accusata non solo di aver tradito il proprio marito, ma anche di aver aiutato il suo amante ad ucciderlo, infierendo poi con sadica ferocia sul suo corpo ed esponendolo ad inenarrabili torture delle quali sappiamo ben poco in quanto il giudice Malek Eijdar Sharifi ha proibito la divulgazione dei particolari per motivi di ordine morale ed umano. Ben diverso, insomma, dalla società occidentale che, in nome di un presunto diritto all’informazione che esce sempre fuori nei momenti di comodo, non esita a divulgare anche i particolari più raccapriccianti, e, come le cronache italiane hanno riportato recentemente, non esita addirittura a farci dei film (sono in preparazione delle pellicole sui casi di cronaca nera di Cogne e dell’omicidio di Chiara Poggi: non solo non c’è limite all’orrore, ma questo diventa anche film), nel più totale disprezzo per i sentimenti di chi ha perso i propri cari in un modo così macabro e violento.

Comunque: altro che tradimento! Sakineh è una assassina, checché ne dica la Bruni-Tedeschi (a proposito: perché quando si parla della moglie di Sarkozy non si cita mai il suo secondo nome, di origine ebraica?), ed è una assassina sadica e violenta. In sua difesa si è mobilitato tutto l’apparato progressista e liberale e falsamente democratico del cosiddetto Occidente, quello stesso Occidente che tuona severe parole di condanna contro l’Iran e che poi tace sulla pulizia etnica che Israele compie in Palestina, o sui massacri che gli americani e gli inglesi compiono quotidianamente in Afganistan ed in Iraq, con quotidiane mattanze di civili e di bambini che, al contrario di Sakineh, nessun progressista di Repubblica o nessun parlamentare dei Verdi o nessun sindaco ha il coraggio di difendere. Eppure ce ne sarebbero di cose da chiedere ad Israele, all’Inghilterra, e allo Stato-canaglia per eccellenza, gli Stati Uniti d’America. Tre stati che, guarda caso, hanno tutti nel loro ordinamento la pena di morte, e la applicano senza nemmeno suscitare la metà dello sdegno che invece suscita Sakineh.

Al sottoscritto, che si ritiene una persona civile, gli assassini non fanno nessuna impressione. Gli animali uccidono essenzialmente per tre motivi: per difendere se stessi o la propria prole; per difendere il loro territorio; per procacciarsi il cibo. Gli assassini che nei loro atti di barbarie compiono gesti di violenza e di gratuita crudeltà si pongono, consapevolmente, sotto il livello animale, e quindi a maggior ragione sotto quello umano. Qualunque società civile dovrebbe avere a cuore la soppressione o l’eliminazione, o quantomeno l’allontanamento dagli esseri umani, di questi soggetti.

In Iran, che è una Nazione civile, gli assassini li fanno fuori. Qui da noi i politici e le più alte cariche politiche dello Stato si mobilitano in loro difesa. Ecco: la differenza sta tutta qui.