lunedì 29 dicembre 2008

Il massacro di Gaza, nell'indifferenza


Mentre il cielo di Gaza si riempie di bombardieri, di fumo e delle urla dei bambini, colgo l’indifferenza del mondo dell'informazione non solo attraverso le parole della vuota e asservita diplomazia occidentale, ma anche in alcune telefonate ed emails che ricevo.
Franco Frattini afferma che è stato Hamas a violare il cessate il fuoco: mai parole furono pronunciate con più malafede. Hamas non ha violato nessuna tregua: quest’ultima è semplicemente scaduta e Hamas si è rifiutato di sottoscriverne un’altra (come del resto ha fatto anche Israele) a causa delle condizioni di vita dei palestinesi che Israele (che le ha definite, per bocca di un Olmert ridacchiante, “cura dimagrante”) non ha fatto niente per alleviare, né per migliorare. D’altro canto le condizioni di vita dei palestinesi sono sotto gli occhi di tutti, e persone come Mary Robinson – ex Presidente dell’Irlanda e funzionaria dell’ONU per i diritti umani – o Richard Falk – l’ambasciatore, sempre delle Nazioni Unite, al quale è stato vietato per sempre di rientrare in Israele perché aveva osato criticare le sofferenze inflitte dallo Stato ebraico alla Palestina – si sono espressi anche recentemente in maniera molto dura nei confronti di Israele. Ma niente, benché mano un’Europa che non sa andare oltre qualche insipida dichiarazione di circostanza, può fermare il popolo eletto da Dio dal distruggere un altro popolo per impossessarsi dei suoi territori.
Dire che Hamas ha rotto la tregua o che la tregua è scaduta ed Hamas non ha voluto sedersi ad un nuovo tavolo di negoziati (e come poteva, dato che in questi sei mesi Israele la tregua l’ha violata sistematicamente, con continui bombardamenti, chiusure dei valichi di frontiera, razionamento delle scorte di cibo, acqua e medicinali?) sono due cose ben diverse. Indurre volontariamente i meno informati – vale a dire la maggioranza degli italiani, unicamente presa in questi giorni dallo scambiarsi regali inutili o dall’abbuffarsi ad oltranza – in errore su questa questione, cioè se Hamas abbia davvero violato o no la tregua, è un proposito criminale. Ma non si creda che queste frasi e le dichiarazioni europoidi – miranti a far apparire Hamas e i palestinesi come “bestie che camminano su due gambe”, terroristi con i quali non si deve trattare e che non devono nutrire alcuna ambizione politica - siano solo deliberata malafede. Sono le componenti di una tattica precisa e lucida: la disumanizzazione dell’avversario, ora i palestinesi, in modo che quando questi verranno inceneriti dall’aviazione sionista il mondo non protesterà eccessivamente per la scomparsa di questi “terroristi”. Non fece la stessa cosa su scala mondiale la Francia, quando nella prima guerra mondiale diffamò impunemente la Germania, affermando che quest’ultima tirava i bambini in aria per poi infilzarli con le baionette? (Invenzione, beninteso, per la quale la Francia si scusò con la Germania al termine del conflitto) E’ solo un esempio, ma tanti altri se ne potrebbero fare, di una disinformazione che tutti i giornali e i telegiornali rifilano quotidianamente a piene mani. Pensiamo alle vittime civili: Israele ha detto che preverrà la crisi umanitaria (come sono umani!, direbbe Fantozzi) e i media, servili e acritici, hanno dato questa notizia in prima pagina. Vedete Israele come si preoccupa per le sofferenze dei palestinesi? Inoltre, se Israele ammazza i civili (più di 300, al momento in cui scrivo, senza contare i vari feriti e gli ingenti danni alle infrastrutture) la colpa è sempre di Hamas. Geniale. Sarebbe infatti Hamas a farsi scudo dei civili, avendo tutto l’interesse che il numero delle vittime salga costantemente per usare tutto questo in funzione anti-israeliana. Ma a nessuno è mai saltato in mente di far notare che una popolazione di un milione e mezzo di abitanti, chiusa ermeticamente in un’area inferiore a 400 chilometri quadrati, è uguale ad una scatola di sardine? E che pertanto è ovvio e scontato che qualunque bombardamento fa, quasi sempre, vittime civili? E se proprio si deve vedere chi utilizza gli scudi umani tra Israele e Hamas ci si faccia un giro su YouTube…
Disinformazione, che raggiunge l’obbiettivo. Come ho scritto all’inizio, percepisco l’odio atavico nei confronti dei palestinesi anche da qualche “camerata” che mi dice: “Stavolta i palestinesi hanno proprio esagerato: lancia un razzo oggi, lancia un razzo domani, alla fine Israele si incazza e fa un macello”. Questa frase è emblematica, è il sintomo di una malattia nel modo stesso di pensare. Innanzitutto dimostra la totale approssimazione con la quale si pretende, anche nella nostra area, di trasformare le questioni internazionali in chiacchera da salotto. Israele è uno Stato che, secondo le convenzioni internazionali, ha la totale responsabilità della popolazione che è sotto la sua occupazione militare: non può avere giramenti di testa, non può sbottare e “incazzarsi” massacrando i civili indiscriminatamente per vendicarsi di qualche razzo che non ha mietuto finora alcuna vittima. Dovrebbe rispettare, almeno in teoria, le convenzioni internazionali e le risoluzioni ONU, più di settanta, che ha sistematicamente disatteso in questi anni, le quali impongono ai sionisti di mettere in atto qualunque iniziativa umanitaria, sociale ed economica per far si che la popolazione palestinese nei territori occupati, che ricade sotto la giurisdizione israeliana, abbia garantiti livelli minimi di vita. Impedire agli ospedali di funzionare, razionare l’acqua ed il cibo, chiudere i valichi di frontiera in modo da chiudere i palestinesi in gabbia, fare il tiro a segno con i bambini, bombardare Gaza giornalmente… non mi sembrano cose particolarmente “umanitarie” da parte di Israele.
Ancora: sempre le leggi internazionali stabiliscono che una popolazione che è sotto occupazione militare – e i palestinesi lo sono – ha il diritto di intraprendere qualunque azione, specialmente militare, per combattere contro gli occupanti – e i sionisti lo sono.
Si dirà: ma Hamas è un gruppo estremista, va neutralizzato! Innanzitutto: da quando in qua si utilizza tale criterio per decidere chi sterminare? Come si stabilisce se un gruppo politico oppure una associazione è estremista o meno? Hamas è una forza militare che da sempre combatte l’occupazione della propria Patria: è forse estremismo questo? Sono i militanti di Hamas a rischiare la pelle per garantire, attraverso i cunicoli con l’Egitto che i palestinesi sono stati costretti a costruire per evadere dalla gabbia, che arrivino materiali, medicine e cibo. Sono i militanti di Hamas che garantiscono la sicurezza e l’addestramento delle forze di Polizia (anche perché diventare poliziotto è una delle poche possibilità, a Gaza, per avere un salario minimo garantito), senza le quali la striscia di Gaza diventerebbe una bolgia infernale. Sono i militanti di Hamas che fanno funzionare i pochi mezzi pubblici disponibili. E, tra l’altro, Hamas è legittimata dal sostegno della popolazione palestinese con le elezioni – considerate libere – del 2006, e deve fronteggiare quotidianamente i tentativi di insurrezione e di rovesciamento delle milizie di Al Fatah, armate dagli USA e da Israele dall’esterno. Per l’Europa che ciancia e straparla, spesso e a sproposito, di democrazia, di libere elezioni, di volontà popolare, questo dovrebbe essere la condizione minima ed indispensabile per poter considerare Hamas come una forza politica (lo è a tutti gli effetti) con la quale poter e dover dialogare.
Valgono ancora queste regole internazionali e di buon senso, o gli “eletti” hanno una speciale esenzione? Se si, che ce lo dicano chiaramente.

sabato 27 dicembre 2008

Buone feste, Gaza



La Repubblica parla già di 195 morti in sole poche ore. Il regalo di Israele ai palestinesi arriva con qualche giorno di ritardo, nuova tappa verso il totale annichilimento e lo sterminio della gente di Gaza. La decisione di passare all’azione era stata presa da Israele esattamente il 25 dicembre: come negare alla gente di Gaza gli auguri di buone feste?
La motivazione ufficiale è data dal continuo lancio di razzi che partono dalla Striscia di Gaza verso il territorio di Israele; già, i razzi… quei pericolosissimi petardi che, nonostante siano stati lanciati a centinaia per giorni, sono incredibilmente riusciti a causare 0 vittime; magari bucano qualche strada o sbrecciano qualche muro, ma non fanno alcuna vittima… in compenso quando cadono sui palestinesi qualcuno lo seccano sempre.
Ci si dovrebbe chiedere, visto che le agenzie di stampa riferiscono di una capacità da parte di Hamas di lanciare almeno 200 “razzi” al giorno, da dove entrino questi petardi: tutti i valichi sono chiusi o controllati da Israele, che detiene anche il completo controllo aereo e militare dell’intero territorio, sono razionati anche i chili di farina o i litri di petrolio che entrano giornalmente nella Striscia. E non si è mai visto, del resto, uno Stato che bombarda un pezzettino di terra, uccidendo 200 persone in qualche ora, per reagire ad una rappresaglia che non ha causato finora alcuna vittima.
Sia ben chiaro, non deve essere certamente simpatico, per la gente di Israele che vive al confine con il territorio palestinese, vedersi i petardi di Hamas sfrecciare sulla testa: è ragionevole che i cittadini israeliani che sono sotto il tiro dei petardi di Hamas richiedano al loro governo più sicurezza e una azione che metta fine al lancio dei razzi. Ma riteniamo che l’uccisione sproporzionata di civili a fronte di qualche strada bucherellata contravvenga non solo le leggi internazionali, ma anche il buon senso. E’ la stessa reazione sproporzionata che Israele fece già due anni fa, nel 2006, quando incenerì completamente il Libano per vendicarsi di una azione di guerra che portò al rapimento di due suoi soldati.
La rappresaglia di Israele impressiona e lascia sgomenti per la sua sproporzione e la sua rabbia, stabilita a tavolino dai generali israeliani…
L’ANP, la Lega Araba, perfino la Chiesa e anche il Capo del Governo Silvio Berlusconi chiedono l’immediata cessazione dell’indiscriminato bombardamento che incenerisce il popolo palestinese con più di cento tonnellate di bombe…
Buone feste, popolo di Gaza, colpevole solo di amare la tua terra. E buone feste anche a voi lettori, già che ci siamo.

lunedì 22 dicembre 2008

Anche i ricchi (ebrei) piangono


Queste ultime settimane hanno visto la definitiva caduta del sogno del libero mercato che il mondialismo, con le sue balle sul capitalismo come soluzione di tutti i mali, sullo Stato che non ha bisogno di intervenire nell’economia perché il mercato si autoregola da se, ha alimentato per decenni; è un gigantesco castello di carte che crolla e travolge tutti coloro che sono sotto. Nella totale disfatta fa piacere vedere che anche coloro che hanno lucrato sulle spalle dei poveracci con parcelle milionarie, accumulando nei loro conti in banca gran parte dell’intera ricchezza mondiale, piagnucolano sulla grande crisi. Beninteso, questi signori non hanno proferito una parola quando milioni di americani si sono visti pignorare la casa e sono stati costretti ad andare nelle roulottes con le scatolette di Kitekat; ma se a fare i conti con la crisi finanziaria sono coloro che appartengono al popolo eletto da Dio, allora significa che siamo veramente arrivati al capolinea.
La Bernard Madoff Investments and Securites, la società del ricco speculatore ebreo Madoff che gestiva soldi di molte e grandissime compagnie finanziarie, oltre alle associazioni, imprese e banche del mondo che conta dell’ebraismo finanziario, ha truffato tutti i suoi clienti con il famosissimo “metodo Ponzi”, quello che sperimentò tanto tempo fa il nostro connazionale. In sintesi Madoff ha convinto gran parte dell’ebraismo finanziario americano e mondiale ad affidare alle sue società i risparmi degli stessi garantendo, in qualunque condizione di mercato, utili non inferiori all’8 per cento. Una vera e propria manna dal cielo per gli speculatori finanziari, che però finivano per essere truffati, loro malgrado, all’interno del metodo Ponzi: si pagano gli investitori “vecchi” con il denaro dei nuovi azionisti che “affidano” i loro risparmi, e questo sistema si ricicla eternamente; in questo modo i nuovi investitori pagano i vecchi in un circolo vizioso che non produce ricchezza, ma solo circolazione di capitale che si accumula in un sistema piramidale truffaldino. Sono incorsi in questa truffa clamorosa nomi del calibro della Yeshiva University di New York (università per soli ebrei: il razzismo biologico spetta solo agli eletti, mentre i goym devono eternamente piangere e chinare il capo per tragedie mai accadute), Frank lautenberg (senatore), Fred Wilpon (proprietario della squadra dei Mets), Mortimer Zuckermann (plutocrate dell’edilizia), la Fondazione Elie Wiesel (che delizia!), Steven Spielberg, la Hadassah (organizzazione di femministe che sostengono Israele), l’American Jewish Congress (zoccolo duro della lobby sionista americana) e così via.
Si sa, chiunque abbia letto il Talmud sa bene che spillare soldi ai goym, fino a ridurli dentro le roulottes, va sempre bene per il popolo eletto; ma che il popolo eletto venga truffato da uno di loro, al quale avevano affidato tutti i loro risparmi anche e specialmente perché ebreo (“Uno di noi!”), questo non si riesce proprio a mandare giù.
Che cosa aspettarci adesso? Come minimo l’istituzione di un secondo giorno della memoria, per ricordare questa seconda grave tragedia che colpisce il popolo ebraico; la proiezione, su tutti i nostri teleschermi, di ebrei che piangendo ci raccontano quanto è stato terribile perdere tutti i propri risparmi e quanto sia stato doloroso il loro reinserimento nella vita sociale; nuovi eroi e nuovi martiri da santificare e glorificare, i Perlaska di oggi, nei film che si dedicheranno all’avvenimento. Consigliamo un buon titolo a Spielberg: “Madoff’s List”. E già me li vedo, i nostri politici, tutti ad inchinarsi con la kippà sulla testa a ripetere: “Mai più… mai più…”

sabato 20 dicembre 2008

E' arrivata la nuova Inquisizione

La repressione che il sistema attua ormai da decenni contro chi osi proporre tesi scomode al potere segna, in questi giorni, una nuova vittima: Sylvia Stolz. La Stolz non è uno storico revisionista, un politico considerato “antisemita”, una negatrice dell’olocausto, ma solo e semplicemente l’avvocato che difese Ernst Zundel, pubblicista ed editore tedesco - al quale si deve la pubblicazione di testi come “Ne sono morti veramente sei milioni?” di Richard Hardwood, il “Rapporto Rudolf” di German Rudolf, “Occhio per occhio” di Sack - e che ha subito ben tre attentati alla sua vita per i quali non si sono mai trovati i colpevoli né i mandanti. Già la storia di Zundel è particolare per il suo carattere di repressione e di intimidazione: assolto a suo tempo a Toronto dall’accusa di falsificazione storica e di apologia del Nazionalsocialismo, Zundel è stato costretto a fuggire precipitosamente negli Stati Uniti per preservare la propria incolumità personale; ma arrivato negli U.S.A. è stato condannato per le stesse accuse già confutate dalla Corte di Toronto e costretto a ritornare in Germania, che nel frattempo ne aveva richiesto l’estradizione, dove viene condannato a ben cinque anni di carcere (il massimo della pena prevista, comminato ad un ultrassessantenne colpevole solo ed eslcusivamente di un reato di opinione). L’avvocato Stolz aveva già difeso altri due revisionisti (Rudolf e Verbeke), e per questo si era attirata l’odio e l’antipatia da parte di numerosi gruppi politici che l’avevano fatta oggetto di numerosi attacchi sugli organi di stampa.
Come qualsiasi buon avvocato, la Stolz ha imbastito una campagna di difesa per il suo cliente Zundel, cercando di dimostrare non tanto la verità delle tesi che sono state sostenute dal suo assistito – verità che, comunque sia, non è compito di un tribunale accertare – quanto la sensatezza di poter aprire una dibattito – da parte di Zundel come da parte di chiunque altro storico o pensatore – sull’olocausto e sulla seconda guerra mondiale, senza per questo diventare un sostenitore di metodi violenti o criminali. Ma, incredibilmente, da difensore di Zundel la Stolz è diventata la principale accusata, colpevole di esporre le stesse “aberranti” tesi del suo cliente. Tre anni e mezzo di prigione, interdizione dai pubblici uffici e il divieto di esercitare la professione di avvocato per ben cinque anni. Il tutto condito da una carcerazione, come riporta chi ha avuto modo di vederla nel suo carcere di Heidelberg, che molto spesso si avvale sadicamente di atteggiamenti persecutori: cibi talmente piccanti da risultare immangiabili, letture obbligate e così via. In sostanza la morte non solo “umana” e civile, comminata ad una donna colpevole solo di aver difeso il suo cliente, ma anche professionale: così si spezzano e si piegano i pericolosi nazisti e chi osa difenderli!
Chi ha studiato i metodi dell’Inquisizione avrà avuto sicuramente una sensazione di deja-vu: era proprio dei tribunali dell’Inquisizione, infatti, accusare il difensore di un accusato degli stessi crimini commessi da quest’ultimo. Così facendo si ottenevano due risultati: da una parte si impediva, a chi veniva accusato di una qualsiasi colpa, di difendersi correttamente; dall’altra si attuava una vera e propria opera di intimidazione nei confronti del mondo politico e civile: se chi difendeva una persona accusata di stregoneria veniva accusata di stregoneria essa stessa, diventava allora particolarmente difficile che l’accusato potesse trovare qualcuno disposto a rischiare la propria vita per difenderlo.
L’Europa delle libertà civili e della libertà di opinione, questioni sulle quali anche i nostri media nazionali cianciano spesso e volentieri a vanvera, mostra ancora una volta la maschera; la stessa Europa che vigliaccamente tace sulle quotidiani negazioni dei diritti umani (queste si vere e non “ideali”) dei palestinesi, oppure sul genocidio (questo si vero e dimostrato!) che gli occupanti americani stanno attuando in Iraq ed in Afghanistan, distribuendo giornalmente il loro carico di bombe e infettando i terreni delle popolazioni con le loro armi chimiche e batteriologiche. Tutti crimini contro l’umanità per i quali probabilmente mai nessun tribunale tedesco si muoverà per denunciare e giustiziare i colpevoli.
La stessa Europa che, oggi come ieri, utilizza metodi inquisitori per zittire ed annullare le voci controcorrente. Ieri era la stregoneria, oggi il revisionismo olocaustico. Cambia il dogma, ma non i metodi.

venerdì 19 dicembre 2008

Fini, non c'è limite alla vergogna

C’è un personaggio, nella scena politica italiana, che negli ultimi dieci/quindici anni ci ha “deliziati” (ma meglio sarebbe dire “schifati”) per le sue incredibili doti di equilibrista e di capriolaio; un colpo al cerchio ed uno alla botte, il nostro è riuscito a dire tutto ed il contrario di tutto in soli pochi anni, a contraddire il giorno dopo quello che aveva appena pronunciato con convinzione il giorno prima, ad allearsi con coloro che fino a poco prima aveva pubblicamente additato come i suoi presunti nemici, a rinnegare prontamente i valori che hanno guidato (a suo dire) per anni la sua lotta politica.
Per dare un’idea al lettore (ed in particolar modo a tutti i “presunti” fascisti - la “f” minuscola è d’obbligo – che lo hanno votato pensando di eleggere un fascista) proponiamo questa breve cronologia, che non necessita di ulteriori commenti.

1988 - Sono orgoglioso di consegnare la tessera ad honorem del Msi-Dn all'amico Le Pen.
1989 - Non dobbiamo rischiare di perdere la nostra identità nazionale in Europa.
1990 - Il fascismo non è mai morto.
1991 - Il fascismo è un'esperienza che non si è ancora conclusa, e noi ci sentiamo ancora intimamente legati ad esso.
1992 - La pena di morte è necessaria contro la delinquenza e lo spaccio di droga.
1993 - L'immigrazione è un pericolo serio per l'Italia, rischiamo di essere sommersi, di
perdere la nostra identità nazionale.
1994 - Mussolini è stato il piu' grande statista del secolo.
1995 - Il fascismo non deve piu' ripetersi.
1996 - Chiedo perdono per gli ebrei, e gli errori commessi durante la seconda guerra mondiale.
1997 - Sono un conservatore atlantista.
1998 - Bisogna condannare il fascismo sotto ogni sua forma.
1999 - L'America ha liberato l'Europa. An difende l'interesse nazionale italiano in Europa. Sono un convinto europeista.
2000 - Haider? Un personaggio oscuro. L'Ue si è comportata bene.
2001 - Siamo una forza di governo democratica. An è contro la pena di morte.
2002 - Le Pen? Pericoloso, naturalmente voterei l'amico Chirac.
2003 - Mussolini? Un dittatore. All'Italia servono piu' immigrati. I tempi sono maturi per concedere il diritto di voto a tutti gli immigrati.

Già un personaggio del genere, degno erede dei Badoglio e dei Mastella, in qualsiasi Paese civile e soprattutto dotato di memoria sarebbe stato scacciato dalle scena politica a furor di popolo, tra gli sberleffi e le pernacchie di fantozziana memoria. Quale elettore serio voterebbe mai per un politico del genere? Poiché però l’Italia non può affatto ritenersi un Paese civile (benché meno il suo elettorato), il nostro ha scalato negli ultimi anni la scena politica, fino ad arrivare a diventare Presidente della Camera. La lobby sionista, ad ogni nuova capriola del nostro, esulta di passione. Tzipi Livni, probabile futuro Primo Ministro di Israele, e tutti i suoi amici di oltreoceano “gongolano” di gioia. Chi mai poteva pensare che chi era diventato importante grazie al voto dei “fascisti” arrivasse a rinnegare pubblicamente il Fascismo, il suo capo e le sue decisioni? Un qualunque politico di questo genere, dopo anni di militanza neofascista, che arriva a definire il Fascismo “male assoluto”, che si inginocchia allo Yed Vashem per un olocausto mai accaduto, che attacca addirittura la Chiesa complice, a suo dire, di non aver fatto nulla per opporsi alle leggi razziali, si sarebbe ritirato dalla scena politica. Avrebbe detto: “Signori, io ho fatto politica per anni nell’area neofascista. Adesso mi accorgo che quello in cui io avevo creduto è il “male assoluto”; ciò significa che ho sbagliato gran parte della mia attuale carriera, che ho sbagliato completamente nel fare certe valutazioni che hanno influenzato la mia condotta per anni. Ragion per cui, non essendo affidabile, lascio la politica”. Questo direbbe un politico serio, che ha a cuore il suo elettorato e i suoi militanti (che, nonostante tutto, nella destra ci sono), anziché rinnegare e capriolare pubblicamente da una posizione all’altra solo per compiacere i suoi occulti finanziatori.
Ormai il lettore avrà capito di chi parliamo: ormai, per chi riesce ad osservare la scena politica italiana con obbiettività, Gianfranco Fini è a tutti gli effetti il degno erede di Mastella; che, in confronto a lui, diventa un radicale.
Già qualche giorno fa Fini l’aveva detta bella, ribadendo l’indiscussa differenza di levatura morale tra i partigiani e i repubblicani della R.S.I. Non si preoccupi il Presidente della Camera: noi abbiamo ben presente che differenza passa fra chi decide di morire per la propria Nazione, e coerente e fedele ai suoi ideali e al suo Paese fino alla fine, e dei rubagalline che sapevano solo sparare alle spalle per compiacere i loro padroni sovietici.
Me le ancor più recenti sparate di Fini, sulle colpe che avrebbe la Chiesa per le leggi razziali del 1938 e quindi sul presunto olocausto, contrariamente a quanto si sarebbe portati a pensare a prima vista, non sono assolutamente frutto di semplice doppiogiochismo e opportunismo politico (oltre che umano).
Rientrano in quella più grande strategia che determinati poteri stanno attuando contro la figura del Papa Pio XII, da sempre accusato di non aver denunciato le leggi razziali e lo sterminio degli ebrei, sottomettendosi di fatto ai Nazionalsocialisti. Chi avrà la bontà di informarsi anche da altre fonti che non provengano dalle logge o dalle sinagoghe, capirà che Pio XII non è mai stato tenere nei confronti dei nazisti, ma al contrario di tanti altri (e soprattutto del Papa polacco sempre pronto a denunciare i crimini nazisti ma altrettanto smemorato nel denunciare quelli comunisti) è rimasto lucido e distaccato, capendo che le voci che giravano sul presunto sterminio degli ebrei erano sostanzialmente infondate; non si capirebbe altrimenti perché la Chiesa, che (è accertato storicamente) fu spesso e volentieri polemica con i Fascisti negli ultimi anni del secondo conflitto mondiale, avrebbe dovuto dar manforte ai Fascisti proprio su una questione cruciale come uno sterminio di massa. Del resto come si poteva gridare contro un presunto sterminio, se la stessa Croce Rossa appurò che gli ebrei detenuti nei campi di concentramento ricevevano sostanzialmente lo stesso trattamento di tutti gli altri detenuti e addirittura in alcuni campi si autogestivano da soli, senza l’intervento delle SS? Come credere all’olocausto ebraico se già gli stessi ebrei, nel primo conflitto mondiale (quindi ben prima dell’avvento al potere di Adolf Hitler nel 1933), accusavano la Germania di aver già sterminato diversi milioni di ebrei? Di quale olocausto si parla se è storicamente dimostrato che fino a pochi giorni prima della fine del secondo conflitto mondiale in Germania operava attivamente un centro per l’emigrazione ebraica? Come si fa a parlare di “olocausto programmato” se sono ormai note le collaborazioni (spesso proficue) tra i sionisti e i tedeschi per favorire l’emigrazione degli ebrei in Palestina? Del resto non fu proprio la stessa comunità ebraica ad auto dichiararsi nemica della Germania nel marzo 1933, dopo un feroce boicottaggio dei prodotti tedeschi (non sanzionato dalle autorità tedesche) che incise pesantemente sull’economia tedesca?
Pio XII ha avuto il torto di non credere alle menzogne che i vincitori hanno imposto al mondo per legittimare una guerra che furono gli stessi Stati Uniti e gruppi di potere internazionali più o meno occulti a volere fortemente. Ed ancora oggi i grembiulini – e chi per loro ha svenduto la camicia nera per il ben più remunerativo cappuccio – vogliono togliersi questo sassolino dalla scarpa, al fine di poter raggiungere, con lo screditamento di Pio XII, due obiettivi: gettare ulteriore discredito sulla Chiesa Cattolica (nemica giurata della massoneria nei secoli) e rafforzare la vulgata ufficiale olocaustica che pian piano comincia ad avere qualche crepa.

P.S. Per ulteriori informazioni:

martedì 16 dicembre 2008

Al-Zaidi e quelle scarpe che tanti avrebbero voluto lanciare

Muntather Al-Zaidi, il giornalista iracheno che ha tirato le sue scarpe a Bush, rischia fino a diversi anni di carcere. Muntather è un tipo di giornalista che in Italia non siamo più abituati ad avere; meglio, ne abbiamo una triste e squallida fotocopia, che di nome fa Marco Travaglio. Quello stesso Travaglio che riesce a parlare di tutto per non dire assolutamente niente; quel Travaglio che in decine e decine di occasioni che ha avuto per parlare ad Annozero (a proposito: ma se i media sono controllati perchè lui è sempre ospite privilegiato in varie trasmissioni?) della vicenda De Magistris, è riuscito clamorosamente a non dire la principale causa che ha innescato le due inchieste di "Poseidon" e "Why not": la massoneria. Quell'eroico Travaglio che, insieme al suo grande amico Beppe Grillo, evita tutti gli argomenti più scottanti: la massoneria, il signoraggio, le lobby di potere sioniste, e così via...
No, non possiamo proprio capire, noi italiani, il giornalista Muntather Al-Zaidi; corrispondente di una tv, Al Baghdadia, da sempre contro l'occupazione del suo suolo; torturato dagli invasori a stelle e strisce non è stato piegato, e si è rimesso in gioco per continuare il suo lavoro: cercare di informare la sua popolazione sulla vera natura dell'occupazione americana e sulle stragi perpetrate quotidianamente dai "liberatori". E i media nostrani quasi ironizzano su questo gesto, lo fanno passare per un atto di rabbia cieca a gratuita, e Muntather per il classico musulmano fanatico. Autore di lesa maestà al Presidente uscente del più grande Stato-canaglia della Terra: gli Stati Uniti. Il Balilla iracheno ha lanciato quel che poteva, le sue scarpe, gridando quello che è l'insulto che è sulla bocca di tutti i musulmani nei confronti del criminale Bush: "Cane!" Chissà quanti giornalisti e quanti politici avrebbero voluto insultare Bush, ma non l'hanno fatto, eterni servi del capitale e del vincitore, a prescindere da chi esso sia. E anche per Al-Zaidi vale quello che disse il sempre attuale Guareschi: "Quando la canaglia impera, la Patria degli onesti è la galera".

domenica 14 dicembre 2008

Internet: stringono la presa

Con calma, ma sistematicamente, prosegue il tentativo massonico-mondialista di mettere a tacere l’unico mezzo di comunicazione che i poteri occulti non sono ancora riusciti definitivamente a controllare: la rete internet.
La tecnica che viene utilizzata è la seguente: 1) l’utilizzo di casi limite come dimostrazione della pericolosità di determinati sistemi (in questo caso quello web), in modo da generare allarme e malcontento sociale da poter poi sfruttare come giustificazione per i provvedimenti di censura; 2) la preparazione meticolosa, con l’utilizzo dei media, del pensiero politicamente corretto da far digerire alla gran parte della popolazione mediante allarmi ed emergenze spesso ingiustificate; 3) il tentativo di collaudare alcuni sistemi di repressione giuridico-penali in alcuni Stati, che possano funzionare come “base di lancio” per il futuro; 4) l’adozione di tali sistemi in grande stile mediante le entità sopranazionali. Per quanto riguarda la rete internet questi punti sono stati scrupolosamente osservati.
Sul primo punto, noi Fascisti sappiamo bene di che cosa si tratta. Più di mezzo secolo di menzogne e di mistificazioni storiche e politiche non sono bastate ai soloni dell’antifascismo per avere la certezza della loro impunità perenne; sanno bene, infatti, che qualora un’organizzazione Fascista tornasse al potere o assumesse importanza agli occhi dell’opinione pubblica, sarebbero costretti a giustificare pubblicamente tutte le menzogne grazie alle quali, sempre in nome dell’antifascismo e della democrazia, si sono spartiti soldi e potere per decenni. Pertanto il Fascista è dipinto semplicemente come un rozzo troglodita, il cui unico linguaggio è quello della violenza, privo di qualunque valore propositivo e costruttivo, di qualunque scrupolo morale, di qualunque briciolo di umanità. A dar manforte al Sistema di repressione gli utili idioti che hanno animato, ed animano, la cosiddetta area. Sul fronte comune contro il Fascista (non solo come esponente di una ideologia, ma addirittura come uomo, come persona, come singolo che viene a perdere i suoi diritti elementari), pertanto, si ha perennemente bisogno di episodi limite, violenti ed estremi, in modo da poterli mostrare all’opinione pubblica e poter finalmente dire: “Vedete chi sono i Fascisti? Quelli che picchiano, che uccidono, che discriminano! E’ necessario combatterli con tutti i mezzi a disposizione!” In questi ultimi anni, con la scomparsa di partiti che, bene o male, hanno costituito un punto di ritrovo essenziale per i Fascisti del dopoguerra (come il M.S.I.), o con la vergognosa abiura di altri che hanno unito insieme per anni tanti fascisti o presunti tali (Alleanza Nazionale), la bipartizione dello schieramento politico in un centro-destra e centro-sinistra (sul modello anglosassone o statunitense) ha costretto sempre più i partiti dell’area fascista a privilegiare le nuove forme di comunicazione che la tecnologia mette a disposizione. Contro il restringimento degli spazi di manovra politica, di visibilità pubblica, di perdita di potere elettorale e di militanza attiva, internet costituisce un sistema ideale non solo per poter veicolare al meglio le proprie idee, ma anche per tenere in contatto tra di loro vari gruppi politici tra loro affini. Se è vero che internet è stato per il mondo una vera e propria rivoluzione, che mette in contatto tra loro persone fisicamente distanti, ciò vale anche per la politica. Basta installare programmi gratuiti ed alla portata di tutti per poter effettuare telefonate tra pc e pc con una semplice connessione ad internet; è semplicissimo scambiarsi documenti o idee con semplici e-mails; basta creare un forum virtuale per aggregare tra loro persone che condividono i medesimi interessi, passioni, obbiettivi. La realtà virtuale incide – eccome se incide – su quella reale!
Tutto questo, come era prevedibile, non è passato inosservato ai poteri forti. Se la diffusione di internet non si può fermare, se non si possono fisicamente controllare i milioni e milioni di utenti che, da qualunque angolo del globo, usufruiscono di questo strumento, allora il minimo che si può fare è predisporre degli strumenti normativi e giuridici che giustifichino la repressione contro chi si scopre, di volta in volta, non omologato al sistema. Ma per poter far questo senza gravi squilibri politici e/o sociali occorre un elemento fondamentale: il consenso popolare. E come si ottiene il consenso popolare? Sperimentando e affinando la censura e la repressione su internet contro un gruppo (politico) la cui soppressione ed eliminazione siano considerate un danno esclusivamente per coloro che la subiscono. Neanche a dirlo: i Fascisti. Questi esseri violenti la cui unica preoccupazione è la caccia all’immigrato, il pestaggio del nero, e l’esposizione delle bandiere con le svastiche e le croci celtiche allo stadio. Tanto quale forza politica o sociale correrà mai in aiuto dei Fascisti?
Ma andiamo con ordine. E’ da anni, da quando è nata la rete internet, che i censori si affannano a metterci in guardia dal Fascismo che ritorna via internet, subdolo e strisciante; ma è in questo ultimo periodo che il Grande Fratello sferra i suoi colpi più forti. Innanzitutto è sempre aperta, anche su internet, la caccia al Fascista. Basti qui ricordare gli episodi solo più recenti, come Facebook, Fascismo e Libertà, le cosiddette “canzoni antisemite” e il famosissimo “blog antisemita”. Su Facebook, un sito che permette a chi si registra e crea un proprio profilo utente di tenersi in contatto con tanti altri utenti, si sono costituite delle vere e proprie “bande” di cacciatori virtuali che spulciano il sito alla ricerca di gruppi di utenti considerati Fascisti, e pertanto da chiudere e da denunciare alla Pubblica Autorità. Come nella Russia degli anni ’30, dove erano i cittadini stessi a denunciare il loro vicino di casa come “controrivoluzionario”. Per quanto riguarda la nostra formazione, tempo fa fu chiuso il Nostro sito internet a causa di un documento che pubblicò il Segretario Nazionale Carlo Gariglio, come risposta ad un altro documento molto più pesante e diffamatorio ai suoi danni: in quel caso chi di dovere non si accontentò, come si fa di solito in questi casi, di “oscurare” la pagina internet o di richiedere le rimozione della stessa dal Nostro sito, bensì oscurò definitivamente il sito intero. Alla faccia della procedura. Ancora, basti ricordare il recente caso di alcuni rifacimenti di famose canzoni italiane in una versione ironica su alcuni cavalli di battaglia dell’antifascismo per scatenare una vera e propria caccia al Fascista (per ora solo virtuale), la quale ha portato come prima cosa ad eliminare subito le canzoni dal sito che le ospitava. Che tali canzoni fossero in alcuni casi di pessimo gusto è un dato di fatto; ma sembra di notare che, evidentemente, alcune cose sono più di cattivo gusto rispetto ad altre e, nonostante siano solo parole, incorrono nella censura dei sincerissimi democratici. Ma vogliamo parlare del blog antisemita? Qualche mese fa saltò fuori la storia del “blog antisemita”: un sito in cui veniva presentata una lista nera di docenti universitari ebrei. Da sinistra a destra l’indignazione fu grande: addirittura Veltroni chiese che il responsabile fosse consegnato alla Giustizia. In due giorni – con buona pace nostra, che da più di un anno attendiamo di sapere i nomi degli autori che tempo fa ci diffamarono e ci minacciarono su diversi siti – il colpevole fu trovato. Peccato che la lista cosiddetta “antisemita” non fosse nient’altro che una lista di professori autodichiaratisi sostenitori di Israele, che un sostenitore di estrema sinistra aveva inserito sul suo sito. Ne parlai qui: http://chessaandrea.blogspot.com/2008/02/unaltra-lista-nera-contro-gli-ebrei.html.
Anche la politica, dal canto suo, chiede l’attivazione della censura su internet, sempre contro i Fascisti; e, paradossalmente, a richiedere tali provvedimenti sono proprio alcuni tra coloro che grazie al voto dei “presunti” fascisti occupano posizioni di primo piano. Il Sindaco di Roma, Alemanno, proprio recentemente ha stigmatizzato alcuni siti internet perché, a suo dire, affermerebbero che sia lui sia Gianfranco Fini “sono comandati dagli ebrei”. Nonostante questa affermazione pesante e grave, nessuno è ancora riuscito a segnalare un sito che riporti o faccia anche solo trasparire questa affermazione: forse perché non esiste un sito del genere? Comunque sia, nessuno (tranne il sottoscritto) si è premurato di farlo presente al Sindaco; la storiella del sito antisemita, anche se è una panzana allucinante, torna troppo comoda agli antifascisti (al gruppo dei quali Alemanno sembra aver aderito recentemente e con entusiasmo) per mettere in guardia gli italiani da un pericolo antisemitismo che di fatto non esiste.
Ma se Alemanno o Fini si limitano a richiedere la chiusura di siti internet inesistenti, è a Mastella ed alla legge denominata Prodi-Levi che va il “merito” di aver impresso una svolta sostanziale alla censura (sempre e solo contro i Fascisti, ovviamente) italiana su internet.
Clemente Mastella, i tempi infausti in cui era Ministro della Giustizia (sic!), propose e cercò di far passare una legge che condannava fino a 12 anni chi esponeva idee considerate “revisioniste”; ad aiutarlo in questa impresa Alessandro Ruben, della Anti Defamation League (potentissimo gruppo appartenente alla lobby sionista che si occupa di denunciare e intimidire tutti coloro che osano contraddire la politica israeliana nei Territori Occupati e Israele) ed esponente del PDL.
Tocca poi alla legge Levi-Prodi (http://chessaandrea.blogspot.com/2008/11/internet-tax-ci-riprovano.html), che viene riproposta con poche modifiche dal centro-destra proprio in questi giorni, il tentativo di costringere tutti coloro che usano internet per fare opinione a pagare una apposita tassa.
Aggiungiamo, a ciò, la recentissima proposta del Ministro Maroni di assegnare a ciascun fruitore di internet un IP (un codice particolare, proprio di ogni connessione internet, che permette l’identificazione dell’utente) univoco e non mutabile come gli IP delle attuali connessioni internet. Se tale affermazione mostra la sostanziale estraneità del Ministro Maroni al mondo dell’informatica (assegnare un IP univoco sarebbe tecnicamente difficilissimo, se non impossibile, perché implicherebbe una riconversione totale delle infrastrutture della rete web), ciò mostra come la politica, da destra a sinistra, si stia accorgendo del potere immenso di internet.
E ancora recentemente è stato il Primo Ministro, Silvio Berlusconi, a pubblicizzare una regolamentazione per internet.
E veniamo ai giorni nostri. Sempre per la sicurezza delle famiglie, la lotta contro la pedofilia, il Fascismo e l’antisemitismo, la violenza e bla bla bla, YouTube (il più popolare sito internet di video e filmati) e l’Anti Defamation League di Ruben hanno stilato una intesa per censurare i video pericolosi sul portale. In sintesi l’ADL avviserà quotidianamente YouTube riguardo i video considerati antisemiti, e il portale si limiterà a cancellarli. Semplice.
Un piccolo appunto, scontato ma necessario. Noi del MFL non consideriamo assolutamente internet come una zona franca dove dire e fare di tutto. Anche su internet devono valere le regole del mondo reale del rispetto e della democrazia. Combattere la violenza e la sopraffazione è un atto giusto e sacrosanto, ed anche internet va pertanto “instradato” in questa direzione. Ma ci sembra che la situazione sia ben altra e ben più grave, e che al Sistema non interessi tanto contribuire ad un miglioramento di internet e delle sue meccaniche di funzionamento e fruizione, quanto aprire un altro fronte – stavolta sulla rete – di quella guerra cominciata alla migliore delle Idee fin dal 1922.

venerdì 12 dicembre 2008

Dall'Unione Europea un sussulto di dignità

I giorni scorsi l’Europa ha respinto una proposta di riconsiderazione dei rapporti tra Unione Europea ed Israele. L’accordo avrebbe riguardato una partecipazione di Israele ai programmi scientifici ed energetici dell’Unione Europea; non bisogna essere dei laureati in Scienze Politiche per capire che questo genere di accordi è spesso la sala d’aspetto per altri accordi ben più sostanziosi in materia di politica e cooperazione internazionale. In sostanza, uno Stato storicamente riconosciuto colpevole di spionaggio ai danni del suo migliore alleato, gli Stati Uniti, che ha violato decine e decine di risoluzioni ONU in materia di diritti umani, che sotto gli occhi colpevoli del mondo opprime un popolo che ha l’unica legittima ambizione di continuare a vivere nella propria terra, che è una minaccia per l’intero Medio Oriente con le sue 300-400 bombe atomiche e l’esplicita ammissione di non aver problemi ad usarle in futuro, uno Stato di tal genere avrebbe avuto accesso ai programmi scientifici dell’Unione Europea.
Incredibilmente l’Unione Europea, i cui cittadini dei rispettivi Stati (dove il dibattito su Israele e Palestina quantomeno viene avvantaggiato dalla mancanza dei tristi e squallidi personaggi comunisti che da noi equiparano l’antisemitismo all’antisionismo) sono evidentemente molto meglio informati dei nostri connazionali, ha avuto un sussulto di dignità: discussione rinviata a data da destinarsi fino a che Israele non “regolarizzerà” la situazione con i Palestinesi. Strano che Pannella e la Bonino (quella che ha avuto il coraggio di lodare gli americani per aver liberato le donne dal chador, dimenticandosi di specificare che tale opera di bontà è stata compiuta a suon di massacri di civili, bombardamenti e stupri) non abbiano organizzato un Israele Day, nel quale scendere tutti insieme in piazza come scimmiette a reggere la bandierina con la stella di David. Strano che nessuno abbia urlato all’antisemitismo dell’Unione Europea che finalmente traspare anche nelle decisioni pubbliche. Strano che nessuno Stato europeo sia ancora stato iscritto nel registro degli Stati-canaglia, al pari di Iran e Siria. Del resto, sembrava solo qualche anno fa che il generale israeliano Moshe Dayan minacciava l’Unione così: "Le nostre Forze armate sono la seconda o terza potenza al mondo. Abbiamo la capacità di portare il pianeta alla distruzione insieme a noi, e vi garantisco che è quello che succederà prima che Israele sparisca".
Da noi, viceversa, abbiamo anziani ultraottantenni che, se nel ’56 definivano come “controrivoluzionari” i morti che si immolarono contro la belva sovietica, oggi, in un acuto di ignoranza (voluta?) storica e politica, affermano che l’antisionismo è un antisemitismo mascherato. Oggi come ieri, i nostri governanti sono sempre in ritardo sui tempi. Pur di compiacere i loro occulti padroni e finanziatori, per loro è il minimo.

domenica 7 dicembre 2008

Tagli alla Chiesa: il Governo fa dietro-front


E’ bastato poco, alla Chiesa Cattolica, per far rimettere in fila il Governo italiano. Una nota piccina picciò che dice, per bocca di Bruno Stenco, dirigente della CEI con delega all’Educazione: “La scuola cattolica si mobiliterà in tutto il Paese per protestare contro i tagli alle scuole cattoliche”; e, come se non bastasse, anche Benedetto XVI lancia la sua staffilata: i cittadini devono avere il diritto “di educare i propri figli secondo le proprie convinzioni etiche e religiose”. Tremonti, che cerca disperatamente di tagliare tutto il tagliabile, nel tentativo, bene o male, di governare l’Italia nella tempesta finanziaria mondiale, aveva osato troppo. Aveva pensato, il Ministro dell’Economia - che ha avuto il coraggio di parlare di un concreto pericolo di “fine argentina”, attirandosi le ire dei pidocchiosi sempre pronti a rassicurare il proprio elettorato anche nel momento della catastrofe – che anche i fondi (tantissimi) che lo Stato Italiano elargisce annualmente ad uno Stato straniero, il Vaticano, potevano essere oggetto di qualche taglio. Che, nonostante tutto, non era consistente: 120 milioni di euro. Confrontati con i miliardi di euro che il Vaticano si prende ogni anno dalle casse statali italiani non sono granché.
Eppure la classe politica è insorta contro Tremonti: si rubino i soldi con i fondi pensione, con i risparmi sui BOT, alla pompa di benzina; si tagli la Sanità, la Scuola, la sicurezza, le infrastrutture, la ricerca scientifica, la politica sociale; si spremano sempre di più gli italiani ma non si tocchino i vescovi. Compatti nella crociata anche i rappresentanti di quella parte la quale, sempre più, si configura come la rappresentazione politica della malafede e dell’ipocrisia, vale a dire la sinistra. Quando si tratta di fare le “crociate” sul matrimonio dei finocchi o la legalizzazione di quell’infanticidio chiamato “aborto”, cioè questioni frivole ma rivestite di eccezionali importanza e vitalità, in modo che il popolo non pensi alle questioni importanti che riguardano il Paese, non hanno pietà per la Chiesa Cattolica. E’ tutto uno sbraitare di Chiesa medievale, di nuovi atei – spinti e incitati dai loro rappresentanti politici – che chiedono di sbattezzarsi dalla parrocchia di origine, di accuse dirette contro la Chiesa riguardo le sue malefatte passate o il suo essere recalcitrante al riconoscimento di finocchi e “transgenders”… Andare contro la Chiesa Cattolica diventa allora una moda, né più né meno come i pantaloni a vita bassa o gli occhiali da sole a forma di goccia. Ma quando si tratta invece di cose concrete e importanti, come i milioni di euro o i milioni di voti che portano i cattolici, anche i rappresentanti di quella massa di ipocriti che sono i comunisti e i sinistrorsi corrono a rinserrare le file. Per carità: si accusi pure la Chiesa di essere retrograda, di non permettere alle donne di celebrare Messa, di essere contro l’aborto o il matrimonio omosessuale, ma che non le si portino via i soldi con i quali gestisce la sua rete di clientelismi e di affarismo anche a sinistra.
E infatti immediatamente Giuseppe Vegas, sottosegretario all’Economia, fa un “politicamente corretto” dietrofront: “I vescovi possono tranquillamente dormire su quattro guanciali”. Per tutti i precari, i poveri, gli studenti, i ricercatori e i semplici cittadini che da anni protestano per una politica sociale più giusta con manifestazioni, scioperi, serrate e quant’altro, senza aver ottenuto una virgola, queste parole suonano come una vera e propria beffa. Ciò che non è riuscito a milioni di studenti, che hanno bloccato l’intero comparto della Scuola per mesi, e che crepano all’interno di scuole fatiscenti che la classe dirigente si guarda bene dal riammodernare, riesce ad una minuscola dichiarazione di un vescovo riportata dagli organi di stampa nazionali. Ricordiamoci di questo evento: è una piccola dimostrazione di chi comandi veramente in Italia.
Un altro piccolo appunto mi rimane ancora da scrivere. Riguarda la frase del Papa: “Tutti devono avere il diritto di educare i propri figli secondo le proprie convinzioni etiche e religiose”. Posto che secondo il sottoscritto l’educazione dell’individuo spetti allo Stato nazionale, e non alle famiglie – onde evitare la disgregazione nazionale, morale e sociale della Nazione – si potrebbe anche essere d’accordo su questa frase. Si potrebbe dare ragione al Papa, in linea di principio, quando sostiene che i genitori devono educare i propri figli secondo quello che ritengono più giusto. A prescindere dall’esito di tale scelta, però, i genitori devono educare i figli secondo le proprie disponibilità, senza pretendere di campare sulle tasche (pubbliche) degli altri. Dei genitori decidono di mandare i loro figli ad una scuola privata e Cattolica? Bene. Che se la paghino dal primo all’ultimo euro. E la scuola privata e cattolica, se vuole fornire il suo servizio, si appoggi alle finanze dello Stato Vaticano, di cui è diretta emanazione. Si è mai visto lo Stato italiano che, per sostenere la Scuola italiana, prenda soldi dal Vaticano? Perché dovrebbe accadere, e accade da decenni, il contrario?
Cominciamo, anche noi Fascisti, a dire queste cose con forza e senza paura.

sabato 6 dicembre 2008

I comunisti sbugiardano Ulderico Pesce

Continuo con gli aggiornamenti sul "povero" martire Ulderico Pesce.
Lo scorso 3 dicembre, all'auditorium comunale di Via Fabio Filzi, in Milano, l'attore Ulderico Pesce, insieme a Moni Ovadia, Renato Sarti, Andrea Satta e Tetes de Bois, ha parlato della diatriba che lo vede protagonista contro il nostro Movimento. Poichè i solerti democratici - da buoni democratici, appunto - non ci hanno invitato, e per varie ragioni non è stato possibile mandare dei nostri rappresentanti alla comferenza, non possiamo sapere con esattezza di che cosa abbia parlato Pesce, Ovadia ed i suoi compagni. Suppongo che, molto probabilmente, il Pesce abbia approffitato anche di questa occasione per farsi passare come il povero martire che lotta per i diritti civili contro il pericoloso MFL e lo Stato che lo sostiene.
I lettori e i militanti del MFL - al quale, come al solito, non è pervenuto alcun messaggio di solidarietà da parte della cosiddetta area neofascista (riflettano i camerati quando parlano di unità dell'area) - sanno molto bene come sono andate le cose.
Copio e incollo però un messaggio che compare in un gruppo virtuale di un meetup di Beppe Grillo. L'autore del messaggio in questione si dichiara sostenitore di Ulderico. Pertanto, suppongo non possa essere considerato di simpatie fasciste. Questo è quello che riporta l'autore del messaggio, che si firma Benedetto:

Signori, per dovere di cronaca e, per amore di Verità, debbo segnalarvi che, quel 15 aprile 2005 ero lì nei pressi del palco su cui si sarebbe tenuto il comizio pro-referendum di Bolognetti e dello stesso Ulderico.
Ebbene, le cose sono andate in maniera diversa, ero nei pressi con il mio piccolo figliolo di 5 anni e ho potuto notare che, lo stesso Pesce si è avvicinato presso un banchetto su cui erano esposti dei volantini del movimento Fascismo e Libertà.
Il simpaticissimo attore lucano ha chiesto spiegazioni sulla co-presenza del banchetto e dell'imminente comizio ed ha chiesto se la cosa fosse autorizzata. Gli è stata fatta vedere l'autorizzazione.
Continuando a passeggiare con il mio piccolo, ho potuto notare che Ulderico ha parlato con alcuni ragazzi del vicino centro sociale. Di lì a poco, ha tenuto regolarmente il suo comizio senza che, in tutta sincerità, quei pochi ragazzi del movimento fascistoide arrecassero fastidi ad egli ed al buon Bolognetti.
La cosa strana, è che Ulderico, fuori dai gangheri (evidentemnte da buon compagno quando vede NERO son dolori!) ha redarguito i ragazzi del sottomenzionato Fascismo e Libertà!!!!! e invitato la folla di Matera a mandare all'aria il loro banchetto.
Sinceramente, vista la piega, visto che ero in compagnia del bambino, mi son sentito in dovere di avvisare le forze dell'ordine le quali, hanno subito inviato un commisario. Ad egli ho reso una circostanziata testimonianza, in tranquilla e operosa obbiettività.
Mi si lasci chiudere questa mia, da compagno socialista a compagni, ma Ulderico, quel giorno, sinceramente ha esagerato. E, per fortuna di tutti, è andata bene senza conseguenze per la sua biliosa idiosincrasia!
Benedetto


Anche i suoi compagni, pertanto, sbugiardano il Pesce attribuendo a lui solo il tentativo di aver fatto degenerare una situazione che, data la correttezza sia degli altri manifestanti, sia dei camerati del MFL, è rimasta sui binari di una pacifica convivenza. Evidentemente, ci fa piacere notarlo, esistono ancora comunisti o antifascisti che riescono a mostrare ancora un poco di obbiettività.
Se la prossima volta invitano anche noi probabilmente ci piacerebbe farlo notare al Pesce.

venerdì 5 dicembre 2008

Gli unici due veri Stati-canaglia

Il 3 dicembre scorso, ad Oslo, Norvegia, alla presenza del Capo del Governo Norvegese Jens Stoltenberg, si è svolta una conferenza che aveva uno scopo importantissimo: la messa al bando delle famigerate e maledette “cluster bombs”, le bombe a grappolo. Tali bombe sono a dir poco letali, e spesso e volentieri hanno come obiettivi predestinati i civili. Le cluster bombs, infatti, sono delle speciali bombe che vengono costruite per poter essere lanciate per via aerea o per poter essere sparate con i lanciarazzi; al contatto con il suolo, o con l’obbiettivo, si frammentano e si dividono in “mini-bombe” (oppure anche mine anti-uomo) capaci di coprire vastissime aree di territorio e di restare attive anche per decenni. Con le cluster bombs si possono colpire obbiettivi fisici (strade, linee elettriche, depositi di armi o munizioni, palazzi) oppure persone; possono disperdere sostanze biologiche o batteriologiche nell’aria o nel suolo oppure infettare il terreno con centinaia di mine anti-uomo. In sostanza, spesso e volentieri sono le popolazioni civili, che si trovano a vivere ancora dopo anni nei luoghi dove le cluster bombs sono state sganciate, a fare le spese di questi micidiali ordigni, perdendo la vita o, nel “migliore” dei casi, restando vittime di gravi menomazioni fisiche e psicologiche.
Per chiunque ami la vita e la pace del genere umano l’occasione era ghiotta. Più di cento Stati, di tutti i continenti e di tutte le culture, si sono riuniti attorno ad un tavolo per una questione umanitaria e giusta. Anche qui, però, alcuni Stati nazionali, che hanno cercato di sabotare il progetto fin dall’inizio, si sono categoricamente rifiutati di sottoscrivere questa convenzione. Volete provare ad indovinare chi sono questi Stati? Russia, Cina, India, Pakistan, Stati Uniti (che secondo la “Cluster Munition Coalition” possiedono più di 600 milioni di bombe a grappolo) ed Israele. Questi ultimi due, in particolare, mostrano ancora una volta la loro ipocrisia agli occhi del mondo libero.
Gli unici due Stati-canaglia del mondo che, dietro ridicole e meschine scuse umanitarie e “democratiche”, muovono guerra a qualunque Stato o popolazione che non si genufletta servizievole al loro progetto di dominio mondialista. Siano palestinesi, iracheni o libanesi. Sempre in prima fila a fare la voce grossa contro Stati come l’Iran, la cui unica aspirazione è l’indipendenza energetica mediante il nucleare, garantitagli dalle convenzioni firmate con l’AIEA, con la scusa della pace e della democrazia si rifiutano di firmare una convenzione che cerca di mettere al bando, per sempre, dei maledetti ordigni che sono la causa della morte e del dolore di centinaia di migliaia di persone. Giudichi il lettore se questo non è un comportamento da “vero” Stato-canaglia. Tra tutti gli altri che gli uomini liberi del mondo, e che vogliono continuare ad esserlo, sono costretti a sopportare, si intende.
P.S. Non posso inserire le immagini per una questione di diritto d'autore, ma se avete uno stomaco forte potete farvi un giretto voi stessi in rete, e vedere gli effetti di questi ordigni.

giovedì 4 dicembre 2008

Adesso si può dire: De Magistris aveva visto giusto


Adesso, dopo tutto il fango che gli è stato gettato addosso, dopo le accuse di “mania di protagonismo” e di eccessiva esposizione mediatica, sappiamo che De Magistris era andato a toccare dei nervi scoperti: mafia, massoneria, politici collusi e talpe del CSM compiacenti.
La Procura della Repubblica di Salerno, che indaga sul caso De Magistris e sulla sottrazione a quest'ultimo delle inchieste "Why not?" e "Poseidone", arriva in questi giorni ad un punto di svolta, con nomi importanti ed eccellenti. Tra tutti c’è innanzitutto il famosissimo Nicola Mancino (Vice Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura), quello che con la sua legge liberticida ha fatto finire in galera tantissimi ragazzi colpevoli solo di non accettare supinamente il sistema; Antonio Saladino, alto dirigente della Compagnia delle Opere al sud; Clemente Mastella (come poteva mancare?), lo stesso che si dimise indignato asserendo che “tra il potere e la famiglia scelgo la famiglia” (ma quale famiglia?), dimenticando che innanzitutto il Ministro della Giustizia si occupa per l’appunto della Giustizia e non esercita alcun potere, ma si cura che vengano tutelati i diritti di tutti (e non solo dei suoi amici da mettere alla Sanità o nei posti chiave della politica); Lorenzo Cesa (uno dei massimi dirigenti dell’UDC ed ex Governatore della Calabria); Giuseppe Chiaravalloti (Guardia di Finanza); Mario Delli Priscoli, Procuratore Aggiunto di Cassazione; Simone Luerti, vicino alla Compagnia delle Opere: dichiarò che le cattive frequentazioni con Saladino rimproverategli da Travaglio in un articolo di quest'ultimo su L’Espresso non avevano fondamento perché Lucerti e Saladino non si incontravano da anni, salvo poi essere smentito dai fatti e da De Magistris in particolare; ancora: il Procuratore Vincenzo Iannelli e il Presidente di Sezione del Tribunale Bruno Arcuri, che avrebbero sottratto illegalmente l’inchiesta a De Magistris. Tutti indagati e perquisiti: segno che, nonostante le immense forze che i poteri occulti hanno messo in campo per insabbiare il tutto, la magagna è talmente grave e grande che non può essere occultata tanto facilmente.
Ci si aspetterebbero, a questo punto, giorni di passione in Parlamento e in TV per commentare e discutere su quello che è, a tutti gli effetti, uno degli scandali più gravi degli ultimi anni. Dirette televisive, nuove interviste a De Magistris, speciali in TV per fare il punto sulla situazione, e così via… Invece no. La televisione e i giornali italiani sono impegnati in ben altre faccende. Che cosa merita la massima attenzione dei media italiani a tal punto da tralasciare la vicenda De Magistris? L’accusa per concorso esterno in terrorismo a due mussulmani che scherzavano in auto su come incendiare il Duomo con i petardi cinesi (coi petardi cinesi!); il pallone d’oro a Cristiano Ronaldo; la relazione di Belen Rodriguez con non mi ricordo chi; lo “scandaloso” affronto del Governo a Sky, che poi si scopre non essere un affronto ma solo una norma anti-trust imposta dall’Unione Europea e sulla quale già Prodi a suo tempo si era impegnato (norma, tra l’altro, sacrosanta: non si capisce perché gli utenti Sky debbano pagare solo il 10% di IVA).
Vedete, cari italiani, in che bel Paese libero e democratico viviamo? Che ne pensate della relazione tra Belen Rodriguez e il super palestrato-tatuato-tamarro del momento? E della tassa su Sky? E del Pallone d’Oro a Cristiano Ronaldo? Era più giusto darlo ad Ibrahimovic oppure a Ronaldinho? Partecipate al nostro sondaggio premendo il tasto verde del vostro telecomando. E l’italiano medio, ignorante e coglione già di per sè, è contento come una pasqua. Ma sempre un po' invidioso e frustrato, comunque, che quella gnocca della Rodriguez non se la sia fatta lui.

domenica 30 novembre 2008

Le Palestiniadi, un'occasione per distendere l'anima


Chi ha avuto, anche per poco tempo, un contatto di qualche tipo con i bambini, sa che hanno una capacità fondamentale: quella di riuscire, spesso, a dimenticare gli orrori della vita nei quali sono stati, loro malgrado, protagonisti. Negli occhi di un bambino c’è tutta questa purezza verso il mondo, una fiducia innata verso quello che sarà domani, verso le persone che lo circondano. Nei pochi brandelli di servizi televisivi che i farabutti media occidentali dedicano alla questione palestinese, nelle riprese dei bambini palestinesi o libanesi, un osservatore attento prova, a tratti, questa sensazione. Quella cioè che l’indole del bambino, proprio in virtù del fatto che è un bambino, sia fatta apposta per guardare avanti, verso il futuro. Anche se si vive in una striscia di terra sovrappopolata, con un esercito potentissimo che annichilisce e stermina, lentamente ma inesorabilmente, il proprio popolo indifeso; anche se i pochi centri di soccorso per bambini sono intasati da ragazzi con gravi turbe psicologiche a causa di quei mostri dell’aria che, con gran fragore, invadono lo spazio aereo per sganciare quotidianamente il loro carico di dolore e disperazione; anche se per la stragrande maggioranza di questi bambini non ci sarà alcun futuro, perché in quanto palestinesi, umiliati e vessati dalla brutale forza sionista, non possono accedere a lavori qualificati e socialmente qualificanti, comprare una casa, girare in automobile, vedere i propri parenti e amici a causa di un muro che li ghettizza e li isola dal mondo; anche se spesso i generatori degli ospedali non funzionano perché Israele non fa arrivare la benzina; anche se bisogna fare file interminabili di giorni, sottoposti ai soprusi di soldati con la stella di David che si rifiutano categoricamente di far passare una donna incinta, un contadino che deve mietere il suo campo, un paziente che deve affrontare un’operazione urgente; anche se è difficile persino andare a scuola, a causa di quei coloni, spalleggiati dall’esercito israeliano, che tirano i sassi sui bambini e sui genitori palestinesi. Sembra che quello sguardo fiducioso e puro, che ogni bambino su questa terra dovrebbe avere per diritto di nascita, sia giornalmente “sommerso” e vinto da questa quotidianità di orrore, di disperazione, di sporcizia.
Eppure, se l’Europa non fosse governata da un manipolo di burocrati massoni, e se gli Stati nazionali non si inginocchiassero quotidianamente davanti alla famosissima lobby, basterebbe poco per alleviare le sofferenze palestinesi. Le Palestiniadi, in questo senso, sono una dimostrazione lampante. Oggi, 29 novembre, in Libano si svolge questa manifestazione sportiva, comprendente discipline come il ping-pong, la pallacanestro, la corsa ad ostacoli, che permetterà ai bambini palestinesi di gareggiare tra loro, di conoscersi, di sorridere di nuovo. E’ l’eterno mito dello sport, competizione fiera da una parte e unione fraterna dall’altra tra i popoli, le culture, le tradizioni, che già i Greci avevano santificato con feste, altari, templi, celebrazioni.
Spiace vedere che la classe politica italiana, sempre più realista del re, snobbi questo avvenimento che invece è un’occasione importante non solo perché i libanesi e i palestinesi possano festeggiare, unirsi, stare insieme, ma anche per denunciare le continue angherie da parte di uno dei pochi veri Stati-canaglia della Terra: Israele.
Certamente, sappiamo che non possiamo aspettarci questo genere di cose dai nostri politici. Richiederebbe un coraggio, prima di tutto intellettuale, che loro non hanno e non hanno mai voluto avere; non a sinistra, dove il capo di Stato recita il solito rancido copione del filosionismo, della lotta all’antisemitismo etc.; non a destra, dove chi arriva al potere ha come primissima occupazione quello di far sventolare nell’istituzione dal lui rappresentata la bandiera di Israele, tanto per dimostrare subito che non intende contraddire il padrone.
Rimangono in pochi, noi per primi, a denunciare queste inumanità quotidiane. Oggi, come sempre da diciassette anni, senza sventolare le bandiere dei padroni, senza inginocchiarci a piangere per olocausti mai avvenuti, ma sempre e soltanto alzando il vessillo della Nostra tradizione e del Fascismo. Ma ricominceremo da domani. Oggi anche noi vogliamo sorridere e distendere la nostra anima, mentre guardiamo i bambini delle Palestiniadi giocare.

sabato 29 novembre 2008

Mussolini e la cultura

Tratto dal blog del Segretario Nazionale Carlo Gariglio: www.lavvocatodeldiavolo.biz

Agosto è solitamente il mese dedicato al riposo ed al divertimento, almeno per quanto riguarda la maggior parte degli italiani. Dovendo il sottoscritto rinunciare al riposo per motivi di lavoro e di gestione politica, ho deciso quantomeno di dedicarmi ad una ricerca divertente, con la quale credo di riuscire a contribuire a ridicolizzare ulteriormente i tanti compagnucci orfani del comunismo ed i tanti caproni ignoranti che si beano nel definirsi antifascisti…
L’idea che mi ha portato a realizzare l’articolo che segue me l’ha data, qualche anno fa, un anonimo utente di forum e newsgroup di internet, che firmava i suoi interventi “donquixote”; costui, con perizia di particolari ed estrema precisione, umiliava i tanti cretini comunisti presenti sugli stessi newsgroup, rispondendo a tono quando costoro trinciavano i soliti giudizi antifascisti sulla persona di Benito Mussolini, definito spesso un ignorante in possesso di un misero diploma di Maestro Elementare… Ironia su ironia, gran parte di questi giudizi viene esposta da decerebrati di sinistra, completamente privi di cultura storica e politica, ed abilissimi soltanto nello scimmiottare senza costrutto giudizi di antifascisti idioti quanto loro.
Solitamente il compagnuccio - tipo è un povero ignorante convinto che il Fascismo sia stato un movimento al soldo di borghesi e proprietari terrieri, nato per difendere i loro interessi e danneggiare il popolo lavoratore; ovviamente basterebbe una rapida occhiata alla legislazione sociale del Fascismo per smentire questa (ed altre) cretinata, ma per i cervelletti di quanti ancora oggi si proclamano fieramente comunisti senza accorgersi di seguire una dottrina politica che in ogni luogo ed in ogni tempo ha collezionato solo fallimenti, regimi dittatoriali e milioni di morti, l’informarsi su dati e fatti reali sarebbe uno sforzo troppo grande… Così come informarsi sulla caratura culturale del nostro amato Duce, il quale ha lasciato così tanti segni nella cultura italiana da non potere essere dimenticato.
Ecco dunque, a seguire, una breve raccolta di interventi di quel “donquixote”, raccordati ed arricchiti dal sottoscritto, che dimostrano con dovizia di particolari quale sia stato il ruolo di Mussolini nella cultura della sua epoca, nonché quanto siano coglioni i compagnucci della parrocchia antifascista e quanto valgano i loro luoghi comuni.
Carlo Gariglio

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Mussolini è stato certamente un grande scrittore, ed ha fornito direttamente e indirettamente, immensi contributi alla cultura. Fino a poco tempo fa, vigendo accanto al tradizionale motto: “Non si può parlare male di Garibaldi”, il motto antifascista: “Non si può parlare bene di Mussolini”, erano in pochi ad avere il coraggio di dirlo, ad esempio Francesco Grisi e Augusto Simonini, che aveva scritto il saggio: “Il linguaggio di Mussolini”. Ora le cose stanno cambiando,e persino critici letterari illustri come Carlo Fruttero (”Fu un grande prosatore sia quando era socialista che all’epoca del fascismo”) o Giovanni Mariotti possono affermarlo senza suscitare scandalo.
Sottolineo che il presente articolo non ha alcuna pretesa di esaustività riguardo al tema trattato: in effetti, parlando dei contributi diretti e indiretti di Mussolini alla cultura, troppo ci sarebbe da dire. Mi limiterò ad alcuni cenni.
Come è noto, Mussolini iniziò la sua attività politica nel campo socialista: nel 1908, trovandosi in Liguria, fondò, a soli 25 anni,un settimanale socialista, “La lima”. L’anno seguente, trasferitosi nel Trentino irredento, diresse “L’avvenire del lavoratore” e collaborò al “Popolo” diretto da Cesare Battisti. In quel periodo Giuseppe Prezzolini, il direttore della “Voce”, la più prestigiosa rivista filosofico - letteraria del primo anteguerra, alla quale collaborarono i più illustri intellettuali dell’epoca (Croce, Gentile, Papini, Slataper, Boine, Serra ecc.) scoprì il talento di Mussolini e insistette perché pubblicasse articoli sulla stessa. Prezzolini aveva infatti intuito, attraverso il semplice dialogo epistolare, sia il genio politico, sia quello letterario di Mussolini.
In una lettera scritta il primo ottobre 1909, Mussolini già delineava e prefigurava quell’opera politica e spirituale che egli stesso avrebbe portato a compimento pochi anni dopo: “Ottima l’ultima iniziativa della “Voce”: far conoscere l’Italia agli Italiani. Accanto all’unità politica che va lentamente, sì, ma progressivamente consolidandosi, bisogna formare l’unita’ spirituale degli italiani. Opera difficile data la nostra storia e il nostro temperamento,ma non impossibile. Creare l’anima “italiana” è una missione superba. E’ necessario conoscersi, dal nord al sud, per temperare, armonizzare le nostre differenze, e amarci.”
In seguito, tornato in Romagna Mussolini fondò il settimanale “La lotta di classe” e cominciò a collaborare all”Avanti!” divenendo presto il leader dell’ala rivoluzionaria del Partito Socialista Italiano. Nel 1913 fondò la rivista “Utopia” e divenne direttore dell’”Avanti!” (grazie alla sua direzione ed ai suoi articoli, l’”Avanti!” passò dalle 30.000 alle 80.000 copie giornaliere nel giro di poche settimane) e l’anno seguente fu uno dei principali organizzatori del celebre moto rivoluzionario, sorto ad Ancona, noto come “La settimana rossa”.
Mussolini fu, tra l’altro, il primo a valorizzare politicamente in Italia le teorie filosofiche di Georges Sorel, di William James, di Henri Bergson, di Vilfredo Pareto, ed a fornire una acuta interpretazione del pensiero di Nietzsche.
Passato all’interventismo, fondò il quotidiano “Il popolo d’Italia”, cui affiancò in seguito la rivista teorica “Gerarchia”, la cui direzione fu affidata a una donna, Margherita Sarfatti.
In seguito Mussolini scrisse diversi libri (”Diario di guerra”, “Vita di Arnaldo”, “Parlo con Bruno”), drammi teatrali (in collaborazione con Gioacchino Forzano, “Campo di maggio”, incentrato sulla figura di Napoleone, ebbe un clamoroso successo internazionale), saggi (tra i quali spicca il “Preludio a Machiavelli”), innumerevoli discorsi (alcuni dei quali ormai celeberrimi, raccolti in vari volumi; il grande Francesco Carnelutti rilevava: “Mussolini è un uomo d’azione e un oratore nello stesso tempo e, per suo merito,l’eloquenza è assurta a dignità senza precedenti”), la fondamentale “Dottrina del fascismo” (in collaborazione con Giovanni Gentile), le parti essenziali della “Carta del lavoro” (che divenne la carta costituzionale del regime fascista) e espose le sue idee nel libro - intervista “Colloqui con Mussolini”.
Per sottolineare la profonda e costante attenzione che Mussolini riservava alla cultura basterebbe ricordare un episodio verificatosi in un periodo della seconda guerra mondiale, dal punto di vista bellico, difficile e decisivo: nel 1942, in Germania, l’Ufficio Rosenberg, diretto da Alfred Baeumler, pose il veto all’inserimento di un saggio di Heidegger (che molti considerano il più grande filosofo del XX secolo e che proponeva nei suoi scritti teorie fasciste implicitamente antinaziste) nell’annale “Geistige Uberlieferung”. Tale veto fu rimosso solo in seguito alla ferma (e assai significativa) presa di posizione di Mussolini che, pur essendo impegnatissimo a gestire la difficile situazione politica e bellica, trovò il tempo di intervenire ufficialmente in tale senso presso le autorità tedesche, tramite l’ambasciatore Alfieri.
Nel periodo della Repubblica Sociale Italiana il governo deliberò il trapasso in proprietà a favore degli inquilini di tutti gli appartamenti degli Istituti per le case popolari, come attuazione del principio inserito da Mussolini nell’articolo 15 del Manifesto di Verona (la carta costituzionale della RSI):
“Quello della casa non è soltanto un diritto di proprietà, è un diritto alla proprietà”.
L’enunciazione di questo principio colpì profondamente Ezra Pound, il più grande poeta di lingua inglese del ventesimo secolo (insieme a Eliot) che aveva aderito entusiasticamente alla Repubblica Sociale Italiana, da lui simbolicamente definita “la città di Dioce, le cui terrazze hanno il colore delle stelle” (nel dopoguerra pagò per questa coraggiosa scelta più dell’oncia di carne di Shylock, diventando per l’America un capro espiatorio o, come scrisse Pasolini, “l’Agnello sacrificale”); egli, nei suoi “Canti pisani”, riconobbe nell’articolo 15 lo stile inconfondibile di Mussolini, lo statista-artista:
“Alla” non “della” nel Programma di Verona la vecchia mano dello stilista conserva ancora la sua abilità e l’acqua che rifluiva da quella parte del lago è silenziosa come non mai a Sirmione sotto le arcate Foresteria, Salò, Gardone a sognare la repubblica…”
Quando, subito dopo il barbaro e vile assassinio di Giovanni Gentile, avvenuto il 15 aprile 1944, alcuni collaboratori di Mussolini gli suggerirono di inviare dei sicari a Napoli, al fine di uccidere, per rappresaglia, Benedetto Croce, egli condannò immediatamente tale progetto. Eppure Croce, appena sopraggiunti gli angloamericani, non aveva risparmiato gli insulti nei suoi confronti. Quel medesimo Croce che aveva dato il proprio appoggio al fascismo persino dopo il delitto Matteotti. Quel medesimo Croce che, in occasione delle sanzioni contro l’Italia per l’intervento in Etiopia, aveva deciso di donare alla Patria, oltre che la sua fede matrimoniale, anche la sua medaglietta di senatore. Quel medesimo Croce che, da oppositore al regime fascista, aveva comunque potuto svolgere tranquillamente sotto di esso la sua attività intellettuale e culturale. Quando, durante il periodo della RSI, fu chiesto a Mussolini di commentare gli insulti che gli rivolgeva Croce, egli rispose: “Anche uomini come Benedetto Croce appartengono alla schiera di coloro che credono di dovermi combattere; ma Croce si sbaglia se crede che io lo ripaghi con eguale sentimento. Io infatti conosco molto bene l’importanza che Croce ha per l’Italia nel campo spirituale e apprezzo moltissimo la sua intelligenza e la sua energia”.
Credo che queste parole bastino a rimarcare l’abisso culturale e umano che separa Mussolini da Croce..…
E’ noto che, nel periodo della Repubblica Sociale Italiana, Mussolini occupava il poco tempo libero leggendo i “Dialoghi” di Platone e ritraducendo dall’italiano al tedesco il “Messia” di Klopstock (che gli stessi tedeschi considerano un vero e proprio “mattone”….). Un aspetto importante della notevole cultura di Mussolini è costituito in effetti dalla sua versatile e, purtroppo, assai poco “italiana” predisposizione all’apprendimento delle lingue straniere: egli parlava infatti correntemente il francese, l’inglese, il tedesco e il russo (lo aveva appreso in gioventù, nel corso di una relazione sentimentale intrattenuta con la rivoluzionaria russa Angelica Balabanoff, coniugando così l’utile col dilettevole…).
Questa conoscenza delle lingue gli fu più volte utile in ambito politico. Georges Bonnet, giornalista presente al convegno di Monaco (che fu voluto da Mussolini per salvare la pace europea, già vacillante, nel 1938), descrive Mussolini sempre pronto e sicuro nell’esprimersi in tre lingue senza l’aiuto dell’interprete (Chamberlain parlava soltanto inglese, Daladier solo francese e Hitler solo tedesco) e rapido nell’interporsi tra i tre per riassumere, contestare, precisare. Bonnet nota l’ascendente di Mussolini su Hitler, “presso il quale sembra svolgere un compito di moderatore, proponendo formule conciliative nei momenti in cui il Cancelliere, cedendo a uno dei suoi improvvisi momenti di collera, rimetteva tutto in discussione”. La stessa impressione riferisce Francois-Poncet, che mostra Mussolini comodamente affondato in una poltrona, mentre Hitler, in piedi al suo fianco, non interviene mai senza prima averlo consultato con un’occhiata.
Ormai da tempo Mussolini è stato riconosciuto come un grandissimo giornalista (Indro Montanelli, ad esempio, lo aveva recentemente definito “un maestro di giornalismo”). In realtà è stato certamente uno dei più grandi scrittori italiani del nostro secolo. Lo aveva già autorevolmente rilevato l’illustre critico letterario, di origine ebraica, Giacomo Debenedetti (che nel dopoguerra scoprì improvvisamente di essere comunista!) in un saggio pubblicato nel 1937.
Egli inserisce Mussolini nella storia letteraria italiana e assicura ai suoi scritti la gloria eterna che spetta ai grandi capolavori. Debenedetti afferma che la sua prosa “esige i corpi grandi”, come si conviene a uno scrittore “sintetico, lapidario, diatonico”, e che il suo stile stabilisce “un’identità nuova e originale tra se medesimo e la realtà operando, se così si può dire, una “risustanziazione”.
Riguardo alla capacità di Mussolini di coniare nuovi vocaboli, egli non può fare a meno di definirlo “un poeta-scienziato”. Quindi passa a analizzare le immagini e i movimenti linguistici di Mussolini “scrittore autentico”, che ha “gusto per i grandi modelli della geometria e della meccanica”, sicché nel suo “organismo sintattico” le parole “si agganciano, si addentellano l’una all’altra come ruote di un ingranaggio. La frase non ha quasi bisogno di punteggiatura, tanto esatte, istintivamente calcolate sono le relazioni che, dentro di essa, collegano i singoli termini”. Commentando i brani di un discorso di Mussolini Debenedetti afferma: “La formula pare deflagri sull’intersezione dell’intelligenza, che ha compreso, con la passione attiva, che comincia a lievitare il dato. L’intelligenza mette la lucidità, la passione mette il movimento. Con l’inesauribile creazione di siffatte formule, aggiornando di continuo e stringendo la propria cultura in sintesi icastiche e fulminee, Mussolini ha dato e va dando una nuova cultura al popolo italiano”.
Questa obiettiva analisi è stata autorevolmente confermata, ad esempio, dall’illustre critico letterario Giovanni Mariotti che, commentando recentemente la notizia dell’inserimento degli scritti di De Gaulle nella collezione della “Pleiade” (una serie di volumi che raccoglie le opere dei più grandi scrittori francesi) ha affermato che l’unico politico della storia d’Italia che meriterebbe l’inserimento delle sue opere in una ipotetica “Pleiade” italiana è proprio Mussolini.…
Particolarmente significativo è poi l’indirizzo che Mussolini volle dare alla politica artistico - culturale del fascismo. In quegli stessi anni nella Germania nazista si bruciavano i libri e si distruggevano le opere d’arte delle avanguardie, in quanto “degenerate”, e nella Russia sovietica, dopo un inizio promettente, l’arte veniva rigidamente ridotta entro i canoni del “realismo socialista” (praticamente identico al “realismo nazista”!), mentre gli artisti indipendenti e creativi andavano incontro a un destino tragico, come il povero Majakovskj, che fu costretto a suicidarsi. Il regime fascista adottò invece un totale pluralismo in campo artistico, nel quale era possibile spaziare liberamente dall’architettura tradizionale e monumentale, allo stile novecento, al razionalismo, al futurismo, fino all’astrattismo.
Il gruppo degli astrattisti, in particolare, divulgò e attuò una concezione artistica del fascismo inteso come “grecità” contrapponendosi alla “romanità” imperante e ripropose quindi una teoria dell’arte fondata “sull’armonia che fece grande la Grecia di Pericle e la Firenze medicea” (Carlo Belli).
In particolare, nel campo architettonico, Mussolini decise di intervenire personalmente per vincere l’opposizione degli ambienti tradizionalisti, legati a un’arte accademica e superata che godevano però di una grande influenza politica ed economica, e che avevano suscitato violente polemiche in relazione ai progetti architettonici di stile “razionalista”.
Egli, ricevendo a Palazzo Venezia i due Gruppi razionalisti Piccinato e Michelucci, li elogiò senza riserve, dichiarando: “Darò ordine a tutti gli enti e a tutti i ministeri perché si facciano costruzioni del nostro tempo. Non voglio vedere Case Balilla e Case del Fascio con architetture del tempo di Depretis”.
Fu grazie al suo appoggio che Terragni poté realizzare le Case del Fascio di Como e di Lissone, che a Michelucci (che in seguito progetterà l’avveniristica “Chiesa dall’Autostrada” nei pressi del casello di Firenze) fu affidata la realizzazione della stazione di Firenze e a Piccinato quella di Sabaudia; che a Luigi Moretti fu assegnata la Casa delle Armi al Foro Mussolini e a Ridolfi, De Renzi e Samona gli edifici postali principali di Roma; che Piacentini chiamò Pagano, Aschieri Michelucci e altri, a collaborare alla costruzione della città universitaria di Roma, che fu tanto cospicua la presenza dei razionalisti alle Triennali milanesi e alle mostre celebrative del regime, a cominciare da quella stessa della Rivoluzione fascista.
Fu personalmente Mussolini, tagliando le piaggerie monumentalistiche interpretate e sostenute da influenti ambienti intellettuali, a bocciare il demenziale progetto brasiniano di demolizione e ricostruzione del centro di Roma in forme accademico - classicheggianti; fu lui in pieno parlamento a stroncare il palazzo dell’INAIL, sempre di Brasini, a via IV novembre, definendolo “un infortunio al palazzo degli infortuni”; ad impedire alle mire speculative dei “Beni Stabili” di costruire l’immancabile palazzo sulle rovine appena dissepolte dei templi repubblicani di Largo Argentina e, nientedimeno, all’Accademia di San Luca di riedificare la sua sede sui resti,da poco riportati alla luce, del Foro di Cesare a Via dell’Impero; a neutralizzare gli intenti della Confindustria di erigere la sua nuova sede immediatamente ai piedi della cordonata michelangiolesca del Campidoglio.
Il migliore interprete italiano dello stile razionalista fu Giuseppe Terragni (al quale è stato recentemente dedicata una retrospettiva antologica a Milano, nel palazzo della Triennale, altro capolavoro architettonico costruito durante il Ventennio) che, dal punto di vista politico, fu fascista non per opportunismo, ma per profonda convinzione (destinato al fronte russo, nonostante la fama e il prestigio che gli erano riconosciuti, chiese di combattere in prima linea senza alcun tipo di privilegio; tornato in Italia gravemente ammalato, morì nel 1943, lasciando gli schizzi per la costruzione di una avveniristica cattedrale).
A Como è possibile ammirare alcune delle sue opere più importanti: tra le altre l’edificio “Novocomum” di via Sinigaglia 1; l’asilo infantile “Sant’Elia” di via Alciato 15; il Monumento ai Caduti (rielaborazione di un progetto di Antonio Sant’Elia, architetto futurista morto giovanissimo nella prima guerra mondiale, autore di studi e progetti avanguardistici e stupefacenti) in viale Peucher, sul lungolago, nei pressi del tempio voltiano; e soprattutto, la celeberrima Casa del Fascio, in piazza del Popolo 4, unanimemente riconosciuta come un capolavoro architettonico. L’edificio, che è stato in parte “epurato” nella parte decorativa originale (immagini stilizzate e astrattizzate di Mussolini è, come ricorda il critico David Watkin:
“impostato su una pianta perfettamente quadrata, in asse con l’abside del Duomo, situato sul lato opposto di piazza dell’Impero (…) Una fila di 16 porte in vetro, funzionanti elettricamente per permetterne l’apertura simultanea, consentiva alla milizia di riversarsi scenograficamente nell’arena politica della piazza, offrendo una perfetta espressione di convergenza della mentalità futurista con quella fascista”.
Persino un critico parziale come il comunista Cesare De Seta dopo avere acrimoniosamente osservato che Terragni “compone ossessivamente in facciata, col disegno delle finestre, il tema astrattamente semplificato del fascio”, riconosce che l’opera è “raffinata, colta, sapientemente proporzionata e modulata nel suo secco volume così da risultare elemento insostituibile e dialettico rispetto alla piazza del Duomo”.
Il dato più interessante è comunque il fatto che, ad ispirare a Terragni la realizzazione del suo capolavoro, fu una frase di Mussolini: “Il fascismo è una casa di vetro”. Terragni riuscì genialmente a tradurre in opera d’arte l’affermazione di Mussolini come spiega il critico Marco De Michelis:
“L’edificio è infatti formato da un semicubo in cui le quattro facciate, tutte diverse, sono costruite nel rapporto fra la maglia della struttura e l’articolazione delle bucature, esaltando così la trasparenza delle superfici e accentuando il rapporto tra esterno e interno”.
Mussolini stesso fu spesso motivo di ispirazione per grandi artisti. Come non ricordare, ad esempio, la celebre “Ballata dell’Arci-Mussolini” di Malaparte (”Spunta il sole/canta il gallo/Mussolini monta a cavallo”)?
Come è noto, Luigi Pirandello aderì esplicitamente e pubblicamente al fascismo nel momento in cui questo subiva la sua crisi più grave: quella seguita all’assassinio di Matteotti (in relazione al quale Mussolini non aveva alcuna responsabilità, nemmeno indiretta). Mentre numerosi fascisti (alcuni sinceri, altri divenuti tali per opportunismo abbandonavano la nave coinvolta nella bufera e ormai prossima ad affondare, Pirandello gettò sul piatto della bilancia tutto il peso del suo nome e del suo prestigio, inviando a Mussolini questo telegramma: “Eccellenza sento che questo è il momento più proprio di dichiarare una fede nutrita e servita in silenzio. Se l’Eccellenza Vostra mi stima degno di entrare nel Partito Nazionale Fascista, pregierò come massimo onore tenervi il posto del più umile e obbediente gregario. Luigi Pirandello”.
Nel corso di un’intervista-fiume (che divenne poi un famoso libro) concessa eccezionalmente al giornalista ebreo Emil Ludwig, Mussolini fece, riguardo all’arte di Pirandello un’osservazione acuta e originale: “Pirandello fa, in fondo, senza volerlo, un teatro fascista: il mondo è quale vogliamo farlo, è la nostra creazione”.
In realtà l’intuizione di Mussolini era suffragata dall’interpretazione autentica dello stesso Pirandello, che dichiarava:
“Per me Mussolini è un uomo eccezionale.
Forse pochi come me sono in grado di ben comprendere la forza e la sostanza della sua azione politica. La sua azione è fatta di attivismo, che crea continuamente la sua realtà e non subisce quella che creano o tentano di creare gli altri. Mussolini sa benissimo che la realtà non c’è data, ma che siamo noi a crearla, con una continua attività del nostro spirito. E con tenacia straordinaria quest’uomo grande,che il destino ha dato fortunatamente all’Italia, svolge la sua opera poderosa per la grandezza della Nazione”.
Mussolini fu spesso oggetto di rappresentazione pittorica e scultorea, non solo da parte di artisti “tradizionali”, ma anche da parte di artisti d’avanguardia come i futuristi. Ecco come lo descrive il fondatore del movimento, Filippo Tommaso Marinetti: “Mascelle quadrate stritolatrici; labbra prominenti sprezzanti, che sputano con spavalderia e aggressività su tutto ciò che è lento pedante analitico piagnucoloso. Gli occhi corrono ultradinamici. Lampeggia a destra e a sinistra la cornea bianchissima di lupo”.
Gabriele D’Annunzio invece era particolarmente ispirato dai celebri discorsi mussoliniani: “La parola di Dante ti s’attaglia… Ti ho ammirato e ti ammiro in ogni tuo atto e in ogni tua parola… Tu non sai ancora che io mi sono messo a tradurre la tua orazione stupenda alle genti d’Irpinia nel latino dei Commentari, non senza qualche acerbità sallustiana.”
Lo stesso D’Annunzio (con un procedimento simile a quello utilizzato per “La sera fiesolana”) dedicò a Mussolini una poesia ispirata al “Cantico delle creature” di San Francesco D’Assisi:
“Sii laudato, Tu che riesci a infondere nella nostra gente per troppo tempo inerte la volontà di questo compimento. Sii laudato, Tu che tanti secoli senza gloria guerriera compisci con la composta bellezza di questo assalto e di questo acquisto! Per te oggi la Nazione trae un respiro dal profondo. E tutto è vivo, tutto respira… Sii laudato, o capo improvviso dell’Italia acefala, Tu che restituisci Roma alla predestinata Italia… O Benito Mussolini, oggi abbraccio in te il tuo coraggio impavido e la tua fede intemerata”.
Tra i tanti, immensi, meriti culturali di Mussolini, bisogna certamente ricordare il fatto che egli “lanciò” personalmente e in seguito aiutò e appoggiò, due grandi geni artistici: Giuseppe Ungaretti e Mario Sironi.
A scrivere la prefazione del “Porto sepolto”, la prima significativa raccolta di poesie di Ungaretti, fu infatti proprio Mussolini, che aveva ispirato al poeta la poesia “Popolo”:
“Insorse in mezzo ai forsennati richiamando ciascuno a dura voce e mutò in giorni audaci un fatto triste nella casa provata portò la calma rinfrancò i piangenti”.
Riferendosi ad essa Ungaretti scrisse, anni dopo: “Sono lieto e fiero, dopo tanti anni, nel vedere che in un punto il mio animo non muta, né potrà mutare: suggerita nel 1914 dall’Uomo che si affacciava allora per la prima volta al mio cuore, nell’edizione del 1919 e in questa d’oggi intitolata a Lui, pure essendo cosa futile davanti alla grandezza delle sue parole, è per me l’immagine della fedeltà,e, per questo, fra tutte le mie poesie la più cara.”
Collaboratore del “Popolo d’Italia” e “sansepolcrista”, Ungaretti elaborò nel 1924 “il primo programma fascista organico per la diffusione del nostro spirito e della nostra cultura”, e sottoscrisse, l’anno seguente, il Manifesto degli intellettuali fascisti di Giovanni Gentile, al quale si contrappose il Manifesto degli intellettuali antifascisti promosso da Croce. Proseguì quindi ininterrottamente la sua milizia, propagandando il fascismo in Italia e all’estero, e scrivendo il suo capolavoro, la poesia “Epigrafe per un caduto della Rivoluzione fascista”:
Ho sognato, ho creduto, ho tanto amato. Che non sono piu’ di quaggiù. Ma la bella mano che pronta Mi sorregge il passo già inerme, Mentre disanimandosi Mi pesa il braccio che ebbe volontà Per mille, E’ la mano materna della Patria. Forte, in ansia,ispirata, Premendosi al mio petto, il mio giovane cuore a sé immortala.
Apre in seguito vistose polemiche per difendere la sua fede politica: nel corso di una di esse se la piglia con Guido Piovene, e risolve ogni dubbio concludendo la diatriba con esclamazioni sacrali: “Il Duce mio! Il mio Duce!”.
A Marco Ramperti, che aveva tacciato i suoi versi di incomprensibile ermetismo, replica: “La mia poesia la capivano i contadini, miei fratelli in trincea; la capisce il mio Duce, che volle onorarla di una prefazione (…) Potrei dirgli che una vita durissima come la mia,fieramente italiana e fascista,sempre davanti a stranieri e connazionali, meriterebbe almeno di non vedersi accrescere le difficoltà da parte di giornali italiani e fascisti”.
E’ tale il suo fideismo che, indirizzando una lettera a una rivista francese, la firma: “Joseph Ungaretti, fasciste”. Riguardo all’impresa etiopica, sollecita “l’urgenza per gli italiani di riconquistare la propria potenza autoctona e universale, per la quale il popolo d’Italia è corso al fuoco nel ‘15 e nel ‘19, sicché oggi il Fascismo è uno dei grandi fattori della nuova civiltà basata sul lavoro e sul popolo”.
Sull’”Italia letteraria”, quando Mussolini pubblicò, per la morte del fratello, quella “Vita di Arnaldo” che Ungaretti definì “il segreto della sua grandezza”, scrisse, tra l’altro: “C’è un uomo ch’io venero tra i vivi, la cui presenza non si stacca mai dalla mia mente, nelle mie giornate, e nel silenzio delle mie lunghe veglie. Lo vedo lontano, solo, che riedifica la grandezza di un popolo. Sento la forza tremenda che gli ci vuole, e sento questa forza che passa in ciascuno di noi, e ci trasforma. Ma quale ricchezza di sentimenti ha dunque quest’Uomo, per essere così forte? C’è una parola di Arnaldo che egli ha sottolineato: “Abbracciare i fratelli che soffrono, e coloro che sperano.” Non è questa anche la sua parola? Quella che l’ha illuminato sin dagli anni più lontani della sua azione politica, e sino dall’infanzia,sempre! Non sentiamo noi che solo per il costante pensiero di alta pietà che regola ogni suo atto, tanta devozione, e tanta fede, e tanta ubbidienza è sempre stata attratta dalla sua persona? Così lontano! E così vicino al nostro cuore. Un uomo già da vivo circonfuso dalla luce del mito; ma che arriva a sé dai più semplici affetti.(…) E’ questo il segreto di Benito Mussolini, è questo il segreto di ogni grandezza: egli si è sempre chinato sulla sofferenza, essa è sempre stata fuoco alimentatore della sua volontà e della sua fede. Tutti gli italiani amano e venerano il loro Duce come un fratello maggiore”.
Riguardo a Sironi, bisogna rilevare anzitutto che la sua grandezza è stata riconosciuta solo in tempi recenti per ragioni esclusivamente e bassamente politiche: essendo egli sopravvissuto alla caduta del fascismo, senza peraltro mai rinnegare nulla del proprio passato, è stato particolarmente colpito, fino a poco tempo fa, dalla subdola e vergognosa censura, una sorta di tacita “damnatio memoriae”, decretata dalla incultura antifascista.
Per cercare di fare comprendere la sua grandezza mi limiterò a descrivere brevemente le vicende relative a uno dei suoi numerosi capolavori: il mosaico murale “L’Italia corporativa”, attualmente visitabile a Milano nel “Palazzo dei giornali”(ex sede del “Popolo d’Italia”) di Piazza Cavour.
Tale opera fu presentata all’Esposizione universale di Parigi del 1937 e gareggiava, nel concorso artistico, con la celeberrima “Guernica”di Pablo Picasso. La situazione ambientale non poteva essere peggiore per l’artista italiano: si era nel pieno della guerra civile spagnola che vedeva la Francia schierata con i repubblicani (anarchici + comunisti) e l’Italia schierata con i nazionalisti di Franco; in Francia era al potere il Fronte Popolare(sinistre unite) violentemente antifascista; si era da poco conclusa l’impresa etiopica avversata dalla Francia; l’Italia non nascondeva le proprie rivendicazioni sulla Corsica e sulla Tunisia. Ebbene, LA GIURIA ASSEGNO’ IL GRAND PRIX ALL’OPERA DI SIRONI, nonostante tutti i tentativi di condizionamento da parte del governo e degli “intellettuali”, nonostante il suo soggetto apertamente e orgogliosamente ideologico, perché l’eccezionale contenuto artistico dell’opera non consentiva altra decisione.
Tale capolavoro corse il rischio di essere distrutto, al termine della guerra, dall’ignoranza e dalla barbarie antifascista: la persona incaricata della distruzione dell’opera, saggiamente, fece costruire delle impalcature, ma non eseguì l’ordine che gli era stato impartito. Solo per questo ci è ancora possibile ammirare quest’opera incredibile, il cui soggetto multiforme fonde mirabilmente temi politici, giuridici, economici e sociali con temi epici, mitici, religiosi e culturali, e nella quale il genio artistico fonde stili antichi (bizantino, romanico, rinascimentale - masaccesco) e contemporanei (soprattutto il cubismo e lo stile novecento).
Le ragioni della fedeltà di Sironi a Mussolini credo possano essere comprese anche riportando il ricordo del loro primo incontro (avvenuto a Milano, poco dopo la fine della prima guerra mondiale: Sironi sarebbe diventato il disegnatore del “Popolo d’Italia”) che rivela nel futuro Duce una bontà innata e una spiccata sensibilità ecologista ante-litteram. Ricorda Sironi:
“Chiesi senza avere risposta il permesso di entrare, poi mi decisi e lentamente avanzai. Un uomo curvo sulla scrivania con cappello e cappotto dal bavero rialzato (sembrava non mi avesse notato) scriveva assorto, ma evidentemente aveva avvertito la mia presenza. La stanza era gelida; la finestra del balcone aperta lasciava penetrare nebbia e freddo. Un improvviso frusciare d’ali mi fece alzare la testa; due o tre passeri con rapido volo entrando nella stanza dal balcone si posarono su di un grande armadio situato proprio alle spalle di Mussolini. Egli allora mi disse: “Non si meravigli del freddo, lascio la finestra aperta per dare la possibilità agli uccellini di venire a nutrirsi; d’inverno non hanno molte risorse in questa città’..”
In conclusione, vorrei ricordare che innumerevoli personaggi storici, molti dei quali protagonisti dell’universo culturale, hanno espresso, nei confronti di Mussolini giudizi, come dire, non del tutto negativi: Pio XI lo ha definito “l’uomo della Provvidenza” (giudizio condiviso da Angelo Roncalli, il futuro Giovanni XXIII, il “papa buono”) Pio XII “il più grande uomo da me conosciuto, e senz’altro tra i più profondamente buoni” Gandhi “un superuomo”, Thomas Mann “un semidio”, Sigmund Freud “un eroe della Civiltà” (Kultur), Churchill “il più grande legislatore vivente”, Thomas Alva Edison “il più grande genio dell’età moderna”, Massimo Gorky “un uomo di intelligenza superiore”, Lloyd George “il Genio del dopoguerra” e “un uomo che desta ammirazione anche tra i suoi nemici, e che ogni giorno detta leggi circa il modo di governare i popoli in momenti difficilissimi”, Eden ha affermato che “le leggi del Duce e dei Suoi fedeli sono una pietra miliare nella evoluzione mondiale”, Baldwin che “non vi sono in Europa uomini di eccezione come Mussolini”, Hoare che “Mussolini è il massimo statista dell’Europa moderna”, Stalin che “con la morte di Mussolini scompare un grande uomo politico cui si deve rimproverare di non aver messo al muro i suoi avversari”, Stravinskij che “Mussolini è un uomo formidabile. Non credo che qualcuno abbia per Mussolini una venerazione maggiore della mia. Per me Egli è l’unico Uomo che conti nel mondo intero”, George Bernard Shaw che “Mussolini non è soltanto un uomo, ma una situazione storica”, Ezra Pound che “Jefferson fu un genio, e Mussolini un altro genio”, H.G. Wells che “Mussolini ha lasciato il suo segno nella storia”, Kipling “Vogliategli bene sempre, con un affetto ideale costante pensate che per l’Italia Egli è tutto”, Amundsen che “Soltanto Napoleone può paragonarsi a lui”, Alexis Carrel che “Cesare, Napoleone, Mussolini: tutti i grandi conduttori di popoli crescono oltre la statura umana”, l’Arcivescovo di Milano Ildefonso Schuster (di recente beatificato dalla Chiesa) “Mussolini è il simbolo della Nazione, dello Stato, della Cristianità; Egli porta la Croce di Cristo, spezza le catene degli schiavi, spiana le strade ai missionari del Vangelo” e che “A Benito Mussolini Gesù Cristo figlio di Dio Salvatore ha accordato un premio che ravvicina la sua figura storica agli spiriti magni di Augusto e Costantino”, Piero Mascagni “Più che a qualsiasi cosa, credo con assoluta convinzione a quella fede che il Duce ha espresso agli italiani con parola ferma e sicura”, Guglielmo Marconi “Rivendico l’onore di essere stato in radiotelegrafia il primo fascista, il primo a riconoscere l’utilità di riunire in fascio i raggi elettrici come Mussolini ha riconosciuto per primo in campo politico la necessità di riunire in fascio le energie sane del Paese per la maggiore grandezza d’Italia”, D’Annunzio “Io ho avuto da te, tra tanti altri benefizii portentosi, quel di vedere un uomo vivo creare il suo Mito sempiterno”, Pirandello “Mussolini recita, da protagonista, nel teatro dei secoli”, eccetera, eccetera eccetera..
E poi c’è ancora qualcuno che si stupisce perché in un sondaggio popolare promosso pochi anni dal “Corriere della Sera” per designare “l’italiano del millennio”, Mussolini si è piazzato tra i primi 5 classificati, accanto a Leonardo, Dante, Michelangelo e Cristoforo Colombo…