martedì 28 aprile 2009

Il mito della colpevolezza tedesca

tratto da: www.lavvocatodeldiavolo.biz (blog del Segretario Nazionale MFL Carlo Gariglio)

Pubblicato nel: MARZO 2008
Da: Tomislav Sunic


NOTA 1) questo articolo è un adattamento del discorso del Dr. Sunic del 22 Giugno 2002 alla 14° Conferenza dell’Istituto di Revisionismo Storico (IHR – Insistute of Historical Review) a Irvine in California.

NOTA 2) Tomislav Sunic detiene un dottorato in scienze politiche dell’Università della California di Santa Barbara. E’ scrittore, traduttore ed ex docente di scienze politiche negli USA. Sunic vive attualmente con la sua famiglia in Croazia. Una sua intervista “riesaminare le ipotesi“ è stata pubblicata nel numero di Marzo-Aprile 2002 del Journal of Historical Review (periodico di revisionismo storico). Il suo libro più recente è: Homo Americanus: bambino dell’era post-moderna (2007), disponibile prezzo la Amazon Books.

Per visionare altri suoi articoli consigliamo visitare il suo sito: doctorsunic.netfirms.com


Le perdite militari e civili tedesche durante e soprattutto dopo la Seconda Guerra Mondiale sono ancora avvolte da un velo di silenzio, quantomeno nei mass-media, anche se sull’argomento esiste un’ampia letteratura.
Questo silenzio, dovuto in gran parte alla negligenza accademica, ha radici profonde e merita un’indagine più accurata.
Perché, ad esempio, le perdite civili tedesche e in particolare quelle gigantesche, avvenute dopo la guerra dei cittadini di etnia tedesca, vengono affrontate così sommariamente nei manuali storici scolastici?
I mass-media – televisioni, giornali, film e riviste – raramente, o per niente affatto, si occupano della sorte dei milioni di civili tedeschi nell’Europa Centrale e Orientale durante e dopo la Seconda Guerra Mondiale.
Il trattamento inflitto ai cittadini di origine tedesca, meglio conosciuti come “Volksdeutsche” in Yugoslavia dopo il 1945 può essere considerato come un caso classico di “pulizia etnica su grande scala”.
Un attento esame di questi massacri di massa presenta dei problemi storici e legali, soprattutto quando si esamina la moderna legge internazionale e più precisamente quella che “fonda” il Tribunale dei Crimini di Guerra dell’Aja che si occupa dei crimini bellici avvenuti nei Balcani nel 1991-1995.
Pertanto la triste sorte dei cittadini di etnia tedesca di Yugoslavia durante e dopo la Seconda Guerra Mondiale non dovrebbe essere occultata. Anzi, una buona comprensione del destino di questi tedeschi deve incoraggiare allo scetticismo per quanto riguarda l’applicazione dell’odierna legge internazionale.
Perché le sofferenze di certe nazioni e di certi gruppi etnici vengono ignorate, mentre quelle di altre nazioni ricevono l’attenzione dei media e dei politici occidentali?
All’inizio del secondo conflitto, nel 1939, oltre un milione e mezzo di cittadini tedeschi viveva nell’Europa Sud-Orientale, cioè in Yugoslavia, Ungheria e Romania. Per via della loro ubicazione lungo le rive del Danubio, questa gente era conosciuta col nome popolare di “Svevi del Danubio” (Donauschwaben).
La maggior parte di loro discendeva dai coloni che vennero in questa fertile regione nel 17° e 18° secolo, in seguito alla liberazione dell’Ungheria dal giogo turco.
Per secoli il Sacro Romano Impero prima e l’Impero Asburgico dopo, lottarono contro la dominazione turca nei Balcani e resistettero alla “islamizzazione” dell’Europa.
In questa lotta i tedeschi del Danubio erano visti come la roccaforte della civiltà occidentale ed erano altamente stimati dall’impero austriaco per via della loro produttività agricola e per le loro prodezze militari.
Il Sacro Romano Impero e quello asburgico erano entità multiculturali e multietniche nel vero senso della parola, nelle quali vissero gruppi etnici diversi per secoli in una relativa armonia.
Dopo la fine della 1°. Guerra Mondiale, nel 1918, che provocò lo sfaldamento dell’Impero Austro-Ungarico degli Asburgo e dopo il Trattato di Versailles del 1919, lo statuto giuridico dei Donauschwaben (svevi o tedeschi del Danubio) divenne incerto.
Quando il regime nazionalsocialista prese il potere in Germania nel 1933, i cittadini di etnia tedesca ammontavano a più di 12 milioni che vivevano nell’Europa Centrale e Orientale al di fuori delle frontiere del Reich tedesco.
Molte di queste persone furono incluse nel Reich in seguito all’annessione dell’Austria e della regione dei Sudati nel 1938, della Cecoslovacchia nel 1939 e di parti della Polonia alla fine del 1939.
La “questione tedesca”, cioè la lotta per l’autodeterminazione dei cittadini di origini tedesche al di fuori delle frontiere del Reich tedesco, fu un fattore importante nello scoppio della Seconda Guerra Mondiale.
Anche dopo il 1939 più di 3 milioni di oriundi tedeschi restarono al di fuori delle frontiere allargate del Reich, più precisamente in Romania, Yugoslavia, Ungheria e Unione Sovietica.
Il primo stato yugoslavo, 1919-1941, aveva una popolazione di circa 14 milioni di persone di diverse culture e religioni.
Alla vigilia del 2° conflitto mondiale la Yugoslavia includeva circa 6 milioni di serbi, circa 3 milioni di croati, oltre un milione di sloveni, circa 2 milioni di bosniaci musulmani, 1 milione di oriundi albanesi del Kosovo, circa mezzo milione di oriundi tedeschi ed un altro mezzo milione di oriundi ungheresi.
Dopo il crollo della Yugoslavia, nell’Aprile 1941, seguito da una rapida avanzata militare tedesca, circa 200.000 cittadini di origine tedesca divennero automaticamente cittadini dello Stato Indipendente di Croazia nuovamente ristabilito, un paese le cui autorità militari e civili rimasero alleate del Terzo Reich fino all’ultima settimana di guerra in Europa.
I restanti oriundi tedeschi, circa 300.000 nella regione della Voivodina, passarono sotto la giurisdizione ungherese che incorporò questa regione durante la guerra (dopo il 1945 questa regione fu riannessa alla parte serba della Yugoslavia).
Il destino degli oriundi tedeschi si fece sinistro durante gli ultimi mesi della Seconda Guerra Mondiale, soprattutto dopo la fondazione della seconda Yugoslavia, uno stato comunista multietnico diretto dal Maresciallo Josip Broz Tito.
Verso la fine dell’Ottobre 1944 le forze partigiane di Tito, aiutate dall’avanzata sovietica e generosamente assistite dalle forniture aeree degli Alleati occidentali, presero il controllo di Belgrado, la capitale serba che divenne, in seguito, la capitale della nuova Yugoslavia.
Uno dei primi atti giuridici del nuovo regime comunista fu il decreto del 21 Novembre 1944 circa “la decisione riguardante il trasferimento dei beni del nemico nella proprietà dello Stato”.
Esso dichiarava “nemici del popolo” i cittadini di origine tedesca e li privò dei diritti civili.
Il decreto ordinava anche la confisca da parte del governo di tutti i beni, senza compensazione, dei tedeschi di Yugoslavia. Una legge supplementare, promulgata a Belgrado il 6 Febbraio 1945, tolse la cittadinanza yugoslava ai tedeschi che vivevano nel paese.

Alla fine del 1944, mentre le forze comuniste avevano già preso il controllo dell’est dei Balcani, cioè la Bulgaria, la Serbia e la Macedonia, la Stato della Croazia, alleato dei tedeschi, resisteva ancora bene. Tuttavia all’inizio del mese di Aprile del 1945, le truppe tedesche, assieme ai militari e civili croati, cominciarono la ritirata verso l’Austria meridionale, e più precisamente verso la Carinzia. Durante gli ultimi due mesi di guerra, la maggioranza dei civili di origine tedesca in Yugoslavia si unirono a questo grande esodo. La paura dei rifugiati davanti alla tortura e alla morte era più che fondata, visto l’orribile trattamento inflitto dalle forze sovietiche ai civili tedeschi nella Prussia orientale e in altre parti dell’Europa dell’est. Alla fine della guerra, nel Maggio del 1945, le autorità tedesche avevano evacuato circa 220.000 cittadini tedeschi di Yugoslavia verso la germania e l’Austria. Molti però restarono nella loro patria ancestrale devastata dalla guerra.

Dopo la fine dei combattimenti in Europa, l’8 Maggio 1945, più di 200.000 cittadini di etnia tedesca che erano rimasti nelle retrovie yugoslave, divennero a tutti gli effetti i prigionieri del nuovo regime comunista.
Ben 63.635 civili yugoslavi di origine tedesca (donne, uomini e bambini) perirono sotto il regime comunista fra il 1945 ed il 1950, cioè circa l’8% della popolazione civile tedesca. La maggior parte morirono di spossatezza nei lavori forzati e nella “pulizia etnica”, oppure di malattia e di malnutrizione.
Il “miracolo economico “ così tanto vantato dalla Yugoslavia titina e più tardi dai “sessantottini” occidentali, fu il risultato diretto del lavoro di migliaia di lavoratori forzati tedeschi che, alla fine degli anni 40, contribuirono a ricostruire il paese.

I beni dei tedeschi di Yugoslavia, confiscati dopo la Seconda Guerra Mondiale, erano rappresentati da 97.490 piccole attività commerciali, fabbriche, magazzini, fattorie e altre attività. I beni immobiliari e terre coltivate confiscati ammontavano a 637.939 ettari e divennero proprietà dello stato yugoslavo. Secondo un calcolo del 1982, il valore dei beni confiscati ai tedeschi di yugoslavia raggiungeva i 15 miliardi di marchi, cioè circa 7 miliardi di dollari americani. Tenendo conto dell’inflazione, ciò corrisponderebbe oggi a 18 miliardi di dollari americani.
Dal 1948 al 1985 più di 87.000 tedeschi che risiedevano ancora in Yugoslavia, si sono trasferiti in germania dove sono diventati automaticamente cittadini tedeschi.

Tutto ciò costituì la “soluzione finale della questione tedesca“ nella Yugoslavia titina.

Di un milione e mezzo di cittadini di etnia tedesca che vivevano nel bacino del Danubio nel periodo 1939-1941, circa 93.000 servirono durante la Seconda Guerra Mondiale nelle forze armate dell’Ungheria, della Croazia e della Romania, paesi dell’Asse alleati della Germania, oppure nelle forze armate regolari tedesche. I cittadini di etnia tedesca dell’Ungheria, della Croazia e della Romania che servirono nelle formazioni militari di questi paesi, restarono rispettivamente cittadini di questi paesi.
Inoltre numerosi di questi tedeschi della regione danubiana servirono nella divisione Waffen-SS “Prinz Eugen“, che raggruppava circa 10.000 uomini (questa formazione fu battezzata in onore del Principe Eugenio di Savoia che aveva ottenuto grandi vittorie contro le forze turche alla fine del XVII secolo e all’inizio del XVIII secolo nei Balcani). Arruolarsi nella divisione “Prinz Eugen“ conferiva automaticamente la cittadinanza tedesca al momento del reclutamento.

Dei 26.000 tedeschi danubiani che persero la vita servendo nelle diverse formazioni militari, la metà perì dopo la fine della guerra nei campi yugoslavi. Le perdite della divisione “Prinz Eugen“ furono particolarmente alte, essendosi il grosso della divisione arreso dopo l’8 Maggio 1945.
Circa 1.700 di questi prigionieri furono uccisi nel paese di Brezice nei pressi della frontiera croato-slovena e la restante metà morì nei lavori forzati delle miniere di zinco in Yugoslavia nei pressi della città di Bor, in Serbia.

A parte la “pulizia etnica“ dei civili e soldati tedeschi del Danubio, circa 70.000 tedeschi che avevano servito nelle forze regolari della Wehrmacht, perirono durante la prigionia in Yugoslavia. La maggior parte di essi morì durante le rappresaglie o come lavoratori forzati nelle miniere, costruendo strade, nei cantieri navali ecc.
Erano principalmente dei soldati del “Gruppo d’Armata E“ che si erano arresi alle autorità militari britanniche nel sud dell’Austria al momento dell’armistizio dell’8 Maggio 1945.
Le autorità britanniche consegnarono circa 150.000 di questi prigionieri ai partigiani yugoslavi comunisti col pretesto di un ulteriore rimpatrio in Germania.

La maggior parte di questi soldati regolari della Wehrmacht perirono nella Yugoslavia post-bellica in tre fasi.
Durante la prima fase più di 7.000 soldati tedeschi catturati morirono nelle cosiddette “marce di espiazione“ organizzate dai comunisti, facendo 1.300 kilometri dalla frontiera sud dell’Austria fino alla frontiera nord della Grecia.
Durante la seconda fase, alla fine dell’estate 1945, numerosi soldati tedeschi in prigionia furono sommariamente giustiziati o gettati vivi nelle grandi voragini carsiche [le foibe, nda] lungo la costa della Dalmazia, in Croazia.
Nella terza fase, dal 1945 al 1955, altri 50.000 perirono, come lavoratori forzati, di malnutrizione, stanchezza.
Il numero totale delle perdite tedesche durante la prigionia in Yugoslavia dopo la fine della guerra, includendo i civili e i soldati “tedeschi del Danubio“, nonché i tedeschi del Reich, può essere stimato sui 120.000, assassinati, morti per fame, uccisi sul lavoro o scomparsi.

Qual è l’importanza di queste cifre?
Che lezione si può imparare da queste perdite tedesche del dopoguerra?
E’ importante sottolineare che la triste sorte dei civili tedeschi dei Balcani altro non è che una piccola parte della topografia della morte comunista.
In totale, fra i 7 e i 10 milioni di tedeschi, personale militare o civile, morirono durante e dopo la Seconda Guerra Mondiale in Europa ed in Unione Sovietica. La metà di essi perì negli ultimi mesi della guerra o dopo la resa incondizionata della Germania l’8 Maggio 1945. Le perdite tedesche, sia civili che militari, furono sensibilmente più elevate durante la “pace “ che durante la “guerra“.

Durante i mesi che precedettero e seguirono la fine della Seconda Guerra Mondiale, i cittadini di etnia tedesca furono uccisi, torturati ed espropriati in tutta l’Europa orientale e centrale, in particolare nella Slesia, nella Prussica orientale, in Pomerania e nei Sudati. In tutto dai 12 ai 15 milioni di tedeschi fuggirono o furono cacciati dalle loro abitazioni durante quello che probabilmente rimane la più grande “pulizia etnica“ della storia.
Di questo numero, più di due milioni di civili furono uccisi o persero la vita.

I genocidi comunisti nella Yugoslavia del dopoguerra vengono raramente affrontati dai media dei nuovi paesi nati dalle rovine della Yugoslavia comunista nel 1991, anche se oggi, in questi nuovi paesi, c’è una maggiore libertà di espressione e di ricerca storica che nei paesi dell’Europa occidentale.
Le elites post-comuniste di Croazia, Serbia e Bosnia, ampiamente composte da ex comunisti, sembrano condividere un interesse comune a rimuovere il loro passato criminale per quanto concerne il trattamento dei civili tedeschi.

Lo sfaldamento della Yugoslavia nel 1990-1991, gli avvenimenti che lo provocarono, nonché la guerra e le atrocità che ne seguirono, non possono essere compresi se non nel quadro delle grandi mattanze effettuate dai comunisti yugoslavi dal 1945 al 1950.
Come abbiamo già notato, la “ pulizia etnica “ non è niente di nuovo. Anche se si considera l’ex dirigente serbo Slobodan Milosevic e gli imputati croati attualmente sotto giudizio presso il Tribunale Internazionale dei Crimini di Guerra dell’Aja in qualità di criminali, i loro crimini di guerra, siano essi reali o presunti, restano minuscoli in confronto a quelli del fondatore della Yugoslavia comunista, Josip Broz Tito.
Tito effettuò la “ pulizia etnica “ e i massacri di massa su scala molto più ampia, contro i croati, i tedeschi e i serbi, spesso con l’avallo dei governi britannico e americano. Il suo regno in Yugoslavia (1945-1980) che coincise con la “guerra fredda“ fu in genere sostenuto dalle potenze occidentali che consideravano il suo regime come un fatture di stabilità in questa parte dell’Europa.

D’altra parte, la tragedia dei tedeschi dei Balcani impartisce una lezione sulla sorte degli stati multietnici e multiculturali. Due volte, durante il XX secolo, la Yugoslavia multiculturale, si trasformò in un carnaio inutile, scatenando una spirale di odio fra i gruppi etnici che la componevano.
Si può concludere, di conseguenza, che per delle nazioni e delle culture diverse, senza parlare di razze diverse, è meglio vivere a parte, separati da muri, piuttosto che vivere in una falsa convivialità che nasconde delle animosità e lascia dei risentimenti che durano nel tempo.

Poche persone potevano prevedere i selvaggi massacri interetnici che imperversarono nei Balcani dopo lo sfaldamento della Yugoslavia nel 1991 e questo fra popoli di origine antropologica relativamente simili. Non si può che porsi domande inquietanti circa il futuro degli Stati Uniti e della Francia dove tensioni fra popolazioni autoctone e masse allogene del Terzo Mondo lasciano presagire un disastro con conseguenze molto più sanguinose.

La Yugoslavia multiculturale fu, innanzitutto, la creazione dei dirigenti politici francesi, britannici e americani che firmarono il Trattato di Versailles nel 1919 e dei dirigenti politici britannici, sovietici e americani che si incontrarono a Yalta e a Potsdam nel 1945. Le figure politiche che crearono la Yugoslavia, così come fu concepita, non comprendevano affatto bene la percezione che le diverse popolazioni locali avevano di se stesse e di quelle vicine.

Nonostante le morti, le sofferenze e gli espropri subiti dai tedeschi dei Balcani durante e dopo la Seconda Guerra Mondiale siano conosciute dalle autorità tedesche e dagli storici indipendenti, esse continuano ad essere ignorate dai grandi media degli Stati Uniti e dell’Europa.
Perché?
Si può dedurre che, se queste perdite tedesche fossero più ampiamente discusse e meglio conosciute, esse stimolerebbero probabilmente una visione alternativa della Seconda Guerra Mondiale e, infatti, di tutta la storia del XX secolo.
Una migliore conoscenza delle perdite civili durante e dopo la Seconda Guerra Mondiale potrebbe incoraggiare una discussione sulla dinamica delle società multiculturali di oggi.
Ora, un procedimento simile, a sua volta rischierebbe di colpire fortemente le idee e i miti dominanti che plasmano l’Europa dal 1945.
Un dibattito aperto sulle cause e le conseguenze della Seconda Guerra Mondiale offuscherebbe anche la reputazione di numerosi specialisti e opinionisti negli USA ed in Europa.
E’ probabile che una migliore conoscenza dei crimini commessi dagli Alleati durante e dopo il conflitto bellico, in nome della “ democrazia “ potrebbe cambiare i miti fondatori di numerosi Stati contemporanei.

TOMISLAV SUNIC (Scrittore)
tomislav.sunic@zg.htnet.hr

Traduzione a cura di: Gian Franco SPOTTI

domenica 26 aprile 2009

Vertice G8: da La Maddalena a L'Aquila

Il CdM si è riunito all’Aquila, in via d’eccezionale, al fine di decidere le somme da stanziare per la ricostruzione post sisma. 1,5 miliardi di euro per combattere l’emergenza immediata del terremoto, e altri 6,5 miliardi di euro per la ricostruzione vera e propria (in tutto 8 miliardi di euro circa). E’ prevista la ricostruzione dell’ospedale, di una nuova Casa dello Studente; per coloro che hanno perso la casa un contributo di 150 mila euro; 80 mila euro per i condomini danneggiati; e poi contributi per imprese, associazioni, enti religiosi.

Ma per la Sardegna le decisioni prese dal Consiglio dei Ministri hanno una importanza fondamentale: prendendo in netto contropiede tutte le parti politiche (per prima la giunta di centro destra di Ugo Cappellacci, che dopo una iniziale incertezza ha dovuto acconsentire gioco forza alla decisione del Governo, riuscendo forse ad ottenere la contropartita del vertice sull’ambiente che si terrà tra qualche mese, sempre a La Maddalena) il Governo Berlusconi fa sapere che il G8 non si terrà più a La Maddalena, ma si sposterà a L’Aquila.

La presa di posizione, trasversale allo scenario politico sardo, è stata unanime. E’ una decisione unilaterale che rischia di danneggiare seriamente l’economia sarda, e in particolare di bloccare i lavori che erano già cominciati per allestire La Maddalena per il vertice. Maurizio De Pascale, Presidente Regionale dei costruttori di Confindustria, ne dà la conferma definitiva: alcuni lavori sono già stati bloccati subito dopo l’annuncio del Governo: lo stop riguarda la costruzione di una sala alloggi destinata ad ospitare le forze dell’ordine che avrebbero dovuto garantire la sicurezza al G8. Non risulta in corso nessuna sospensione per l’Arsenale.

Ma come ha giustificato il Governo questa presa di posizione netta? Innanzitutto è un segnale forte che viene mandato ai terremotati ed agli sfollati abruzzesi, garanzia di un Governo che vuole essere presente e farsi sentire; Berlusconi ha poi parlato di maggiore sicurezza a L’Aquila che non a La Maddalena: essendo previsto, in vista del G8, un nutrito gruppo appartenente ai no-globals e ai centri sociali, non solo L’Aquila si presta meglio ad essere sorvegliata dalle forze dell’ordine, ma addirittura il Presidente del Consiglio si è detto dubbioso circa la faccia tosta dei no-globals di presentarsi a L’Aquila, per inscenare manifestazioni violente come quella messa in atto a Genova, in disprezzo totale dei sentimenti della cittadinanza. Conoscendo il grado di violenza, di ogni mancanza di rispetto e di buon gusto che anima questo gruppo di teppisti, nutro molti più dubbi di Silvio Berlusconi. La terza motivazione è, diciamo così, di ordine etico: a La Maddalena sarebbe stata presente ad accogliere i grandi della Terra una nave di lusso, che secondo Berlusconi stonava con la crisi globale in corso.

Resta da capire una cosa: che ne sarà di quelle opere, giudicate cruciali per la Sardegna e per le sue infrastrutture, la cui messa in opera era prevista proprio grazie al vertiche che si sarebbe dovuto tenere a La Maddalena? Prima fra tutte la Sassari-Olbia, una strada importantissima per la viabilità del nord Sardegna. Attualmente, sembra ci sia la volontà per proseguire nella costruzione di questa strada a quattro corsie, che dovrebbe andare a sostituire il vecchio tratto. Una contropartita, inoltre, dovrebbe essere l’incontro relativo alla politica ambientale europea, che dovrebbe svolgersi in autunno.

Come porsi di fronte a questa situazione? Le motivazioni del Governo non appaiono poi così campate per aria. È vero che sicuramente l’economia dell’isola sarda ne risentirà – a parere di chi scrive non catastroficamente – ma allo stesso tempo è giusto, nel momento in cui una parte della popolazione italiana si trova in estrema difficoltà, che tutti facciano la propria parte. Se questo può servire ad aiutare l’Abruzzo, che tutti noi ci auguriamo si risollevi dopo questa tremenda calamità, ben venga. A patto, però, che non ci si dimentichi della Sardegna e del suo urgente bisogno di lavoro e di infrastrutture, come troppe volte noi sardi abbiamo visto fare.

sabato 25 aprile 2009

25 Aprile, moriva la Patria

In questo giorno noi non ci uniremo alle tristi e squallide celebrazioni resistenziali; non celebreremo un gruppo di rubagalline, scesi dai monti a guerra finita per mietere i frutti della vittoria delle truppe americane; quelle stesse truppe americane che ci hanno così "liberato" - a suon di massacri, stupri, bombardamenti, la distruzione di centinaia di infrastrutture che ha fatto regredire l'Italia da Nazione rispettata ed ammirata ad un antico borgo medievale saccheggiato - a tal punto da mantenere, a distanza di decenni dalla vittoria, centinaia di basi occupazione sul suolo patrio; non insulteremo i Fascisti, gli unici che hanno difeso l'onore dell'Italia in Istria, in Dalmazia, gli unici che hanno combattuto una incredibile coalizione di potenze plutocratiche che si sono unite insieme per mettere al sicuro le loro ambizioni di dominio planetario dalla socializzazione; non sparleremo del Fascismo e dei suoi capi, gli unici che in 20 anni hanno trasformato l'Italia in quella potenza che non era mai stata in secoli, e che non è ancora tornata ad essere dopo settanta anni.

No. Noi non ci uniremo col peggio dell'Italia per celebrare quella che fu, a tutti gli effetti, una sconfitta militare e politica che pesa ancora oggi sui destini dell'Italia. Crediamo che probabilmente l'Italia sia l'unico Paese in cui gli alleati di guerra diventano "invasori", e i massacratori capitalisti diventano "liberatori"; crediamo anche che l'Italia sia, molto probabilmente, l'unico Stato sulla faccia della Terra in cui si gioisca per una sconfitta militare marcata dal disonore, con un Re che detronizza Benito Mussolini per cercare rifugio, con tutto il suo codazzo di arrivisti, massoni e puttane, dagli anglo-americani, lasciando lo Stato Maggiore Italiano a farsi massacrare, privo di ordini e di direttive.

Noi preferiamo chinare la testa, nel silenzio, e piangere per la disintegrazione morale, spirituale, economica e politica della Patria, che con la caduta del Fascismo ha cessato definitivamente di esistere. E scusateci tanto, se ricordiamo quei venti anni con rispetto e commozione. Si, siamo nostalgici. Abbiamo ancora il coraggio di sognare in grande, come i nostri padri ci insegnarono a fare, e quello che per i voltagabbana di ieri e di oggi è un insulto, per noi è una medaglia al valore.

giovedì 23 aprile 2009

Pure Malta ci prende per il sedere...


Due episodi recentissimi di cronaca, diciamo così, “internazionale”, danno la vera idea di quale reputazione abbia l’Italia all’estero. E non parliamo di nazioni europee e/o occidentali come Francia, Spagna, Germania o addirittura Stati Uniti, ma di Malta e Filippine.

La storia di Malta la conosciamo. Per l’ennesima volta il governo maltese ha “girato” verso le coste siciliane un cargo, la Pinar, che aveva salvato un consistente gruppo di clandestini. Ennesima volta perché non è certamente la prima occasione nella quale Malta si rifiuta di prestare soccorso alle imbarcazioni cariche di disperazioni che cercano di lasciare i loro martoriati paesi. Probabilmente devono aver pensato questo: che anche se c’è un governo che viene detto “di destra”, da noi gli immigrati si accolgono a braccia aperte e quindi, perché no?, qualche altro centinaio in più non avrebbe certamente fatto la differenza.

Giustamente l’Italia ha chiesto un confronto con Malta in sede UE, mediante dossier preparato da Maroni. Frattini tace: se non si tratta di lodare e difendere Israele da qualsiasi accusa lui non si muove.

Il secondo episodio viene alla luce in queste ore. Nelle Filippine ci sono diversi gruppi separatisti, che combattono contro il governo costituito delle Filippine. Uno di questi gruppi ha rapito Eugenio Vagni, operatore della Croce Rossa. Ora, chiunque abbia un minimo di esperienza in queste situazioni, sa bene che la prima cosa da non fare assolutamente è un blitz. Questa soluzione viene riservata per le occasioni più estreme. Non è raro che il rapimento di un ostaggio si concluda con un suo rilascio, a fronte di qualche altra concessione: spesso, per alcuni gruppi privi di reale rappresentatività politica all’interno del territorio in cui si trovano ad operare, un sequestro è una delle pochissime soluzioni che si hanno non solo per avere su di se un’attenzione mediatica che altrimenti non avrebbero, ma anche per ottenere dei risultati che sono difficli da conseguire in altri modi.

Il Ministro degli Esteri italiano ha consigliato alle Filippine di non intervenire: proviamo a trattare, vediamo che cosa vogliono e se vogliamo e possiamo concederlo in maniera indolore, e poi eventualmente trattiamo. Ma il blitz sia l’ultima istanza, in quanto spesso e volentieri è la vita dell’ostaggio ad essere messa in pericolo. Si si, dicono i filippini, niente blitz. Ma poi il blitz lo fanno davvero. Ora non si sa nulla delle condizioni dell’ostaggio, neanche se sia vivo o morto. La Farnesina è preoccupata, la Croce Rossa internazionale è preoccupata, tutti siamo preoccupati.

Speriamo solo che a quel geniaccio di Berlusconi non venga in mente di provare a comprarsi anche Malta e le Filippine come ha fatto con la Libia (la quale, sia detto per inciso, per tutta risposta ha aumentato lo sversamento di materiale umano sulle nostre coste che già effettuava precedentemente). Sai com’è….

martedì 21 aprile 2009

Thule-Toscana.com e Ahmadinejad: un punto in comune

Che cosa c’entra il sito Thule-Toscana.com, che è stato chiuso dall’autorità giudiziaria allo scopo di fermare la diffusione delle idee revisioniste, e la Conferenza contro il razzismo che si è tenuta ieri a Ginevra? C’entra, c’entra…

Partiamo dal sito. Sono tanti, in special modo sulla rete internet, coloro che esultano per questa operazione di censura ideologica. Qualche lettore mi fornisce anche qualche collegamento internet, dove si esulta pubblicamente delle vicissitudini che accadono al gestore del sito. Esultare e gioire che il gestore di un sito a noi scomodo – peraltro non un grosso editore oppure un personaggio importante, ma una persona comune, che metteva insieme, sul suo sito, del materiale storico – venga incriminato per istigazione all’odio razziale, il suo sito oscurato, la sua credibilità portata sotto lo zero, la sua casa svaligiata perfino dei suoi libri (ma non erano i nazisti a bruciare i libri e a sequestrarli?) è un’azione indegna, che dovrebbe ricoprire di infamia chi la compie. Gioire delle sfortune altrui non si fa: prima che essere “peccato”, o “intellettualmente scorretto”, è proprio di cattivo gusto. Lo insegnava la mamma. Tali personaggi, se non fossero la testa d’ariete dell’intero sistema, dovrebbero essere posti all’attenzione dell’opinione pubblica come individui spregevoli e senza ritegno. Ancor più se pensiamo che c’è un procedimento in corso dal quale, almeno in teoria, si può anche uscire innocenti. Invece c’è chi si diverte a descrivere il gestore di Thule-Toscana.com come uno che ha la bandiera con lo swastika sopra la testa del letto. Mi risulta che non sia vietato, dall’ordinamento italiano, tenere una bandiera che si richiama ad una qualsiasi ideologia su un muro di casa. Però questo è un particolare che fa molto criminale, violento, antisemita, e via dicendo….

Ahmadinejad dimostra, ancora una volta, di essere uno dei pochi punti di riferimento (forse l’unico) degli uomini liberi di questa terra. Si è presentato alla conferenza e, ancor prima di aprire bocca, è stato subissato da una valanga di critiche e di insulti. Il suo peccato? Ma partecipare alla manifestazione, ovviamente. Insomma: si fa una conferenza per deprecare il razzismo in tutte le sue forme, e poi si vorrebbe anche vietare ad Ahmadinejad di parteciparvi. Perché? Perché ha messo in dubbio l’autenticità dell’olocausto e perché ha espresso la profezia dell’Ayatollah iraniano, che ha affermato che se Israele continuerà con questa politica di aggressione e di destabilizzazione dell’area mediorientale rischia di restare isolato e di mettere in forte pericolo la sua stessa esistenza. Il che dimostra già da ora due cose: 1) che l’olocausto è una vera e propria religione in nome della quale si condanna non solo chi nega pubblicamente i suoi dogmi, ma anche chi non afferma pubblicamente la propria fede; 2) che anche la Conferenza di Ginevra non voleva essere una seria discussione sul razzismo, ma solo un po’ di fumo negli occhi, un’occasione per i potenti della Terra per incontrarsi, scambiarsi qualche frasetta e pronunciare qualche dichiarazione di circostanza.

Scrivevo: che cosa c’entra Ahmadinejad alla conferenza sul razzismo con Thule-Toscana.com? C’entra perché hanno in comune un elemento: la messa in discussione del potere costituito e delle verità storiche che si vogliono acquisite ed intoccabili. Allo stesso modo in cui Thule-Toscana ha dato spazio ad una voce che vive nella semi-clandestinità, il revisionismo, Ahmadinejad è stato il solo, a Durban 2, che ha avuto il coraggio di parlare chiaramente di Israele. Quello Stato, vale a dire, che già nella sua stessa caratterizzazione di “Stato ebraico” ha in se i germi della discriminazione razzista (il meticciato lo lasciano a noi goym); che attua da più di 60 anni una politica di annichilimento e di sopraffazione ai danni della popolazione palestinese autoctona; che ha mostrato di avere in spregio non solo la vita di un popolo nei confronti del quale, in base ai regolamenti interstatali, è responsabile in quanto esercito occupante, ma anche e soprattutto delle istituzioni internazionali, disattendendo più di 70 risoluzioni delle Nazioni Unite, arrestando impunemente gli ambasciatori dell’ONU come Richard Falk; sparando – nell’ultima esercitazione al poligono di tiro di Gaza – anche sulle ambulanze e sul personale sanitario internazionale che si affannava a portare aiuto alla popolazione palestinese, inerme vittima dei cannoneggiamenti israeliani; uno Stato che nega ai palestinesi il diritto al ritorno sulle loro terre dalle quali sono stati violentemente cacciati; uno Stato che finanzia e sostiene apertamente organizzazioni volte alla distruzione economica, ma specialmente politica e personale, di quelle persone - siano queste politici, militanti o semplici civili attivisti – che “osano” criticare Israele per i propri crimini tacciandole come antisemite.

Ora: come chiamare uno Stato del genere? Ahmadinejad lo ha detto, suscitando l’ira dei delegati che hanno abbandonato uno ad uno la conferenza. Non risulta che i delegati abbiano mai abbandonato alcuna conferenza o alcuna riunione mentre Israele si diverte con il tiro a segno sui bambini palestinesi; mentre costruisce abusivamente città nelle quali sistemare i nuovi coloni; mentre impedisce ai pescatori palestinesi – che in teoria dovrebbero poter pescare fino a 15 miglia dalla costa – di allontanarsi dalle loro coste anche solo di 2 miglia; mentre rade al suolo le case dei civili, e così via. Ora pensateci voi: come chiamereste uno Stato del genere? Come chiamereste dei personaggi che chiedono l’arresto di un uomo che si è semplicemente limitato a inserire sul proprio sito materiale storico che contraddiceva qui e lì la vulgata ufficiale olocaustica? Come chiamereste un’Europa che, con la scusa di combattere il razzismo, cerca di mettere a tacere tutte le voci scomode con violente campagne di stampa e di boicottaggio?

Ginevra come la Toscana: laddove qualche voce libera riesce a sovrastare, anche solo per un attimo, il coro del politicamente corretto, ecco che il sistema di repressione parte subito, efficiente e senza alcun intoppo.

lunedì 20 aprile 2009

Carlo Gariglio - Iene, avvoltoi, sciacalli e crocefissi

Pubblicato sul quindicinale "CiaoEuropa" - Anno XVIII - n°3
di Carlo gariglio
Giuro: non avrei voluto nuovamente parlare dei disgustosi comportamenti cattolici dopo il mio recente articolo “Aveva ragione Marx”… Ma il fatto è che l’arroganza e la protervia di questi “signori” hanno superato di gran lunga il limite tollerabile, specialmente nelle ultime settimane; il caso della povera Eluana Englaro, il caso delle dichiarazioni del Lefebrviano Williamson e le prese di posizione dei medici “cattolici” a proposito della Legge che prevede la segnalazione alle autorità dei clandestini che si sottopongono alle loro cure, mi hanno fatto abbandonare qualsiasi prudenza ed ogni residua volontà di non urtare la suscettibilità del mondo cattolico, ormai ridottosi a vero e proprio ricettacolo di “talebanismo” cristiano della peggiore specie. Per non parlare dell’invadenza con cui costoro si permettono di monopolizzare l’informazione dei cosiddetti “media”, dato che ai tre suddetti argomenti sono stati riservate, per giorni e giorni, decine di pagine sui quotidiani cosiddetti “indipendenti” (immaginatevi se fossero stati “cattolici” e non “indipendenti”!), nonché tutte le aperture dei vari TG nazionali pubblici e privati; nulla da dire se l’Osservatore Romano o altri giornali dichiaratamente legati alla Chiesa monopolizzano le loro pagine con le prese di posizione della pretaglia e dei loro devoti “fedeli”, ma vorrei capire il motivo per cui tanti giornali dichiaratamente “indipendenti” si appiattiscono sulle posizioni della Chiesa e dei tanti “cattolici all’amatriciana” che spuntano da ogni dove per insegnare al mondo la loro “moralità”… Evidentemente non viviamo nella Repubblica Italiana laica, ma nella Repubblica Vaticana d’Italia, con buona pace dei bersaglieri italiani che, nel lontano 1870, diedero ai papalini un’indimenticabile lezione che portò finalmente ad unificare la madre Patria ed a mettere in un angolo le pretese di dominio temporale del Papa e dei suoi scagnozzi.

Mai come in queste vicende si sono evidenziate e saldate fra loro le posizioni dei pedofili in tonaca che governano le gerarchie ecclesiastiche, con quelle degli infami politici dalla ferrea morale cattolica quando si parla della vita altrui e quelle dei tanti decerebrati acritici che corrono ad agitare nelle piazze crocifissi, immagini sacre e quant’altro… Tutti uniti, naturalmente in nome di “Dio”, per violentare la vita disgraziata degli Englaro e di tutti quelli nelle loro stesse condizioni, per condannare quanti hanno il torto di dire la verità a proposito del presunto “olocausto”, nonché per disobbedire alle Leggi di uno Stato sovrano che tenta di arginare in qualche modo il dilagare della delinquenza degli extracomunitari clandestini! Meriterebbero la galera per il reato di “attività sovversive”, ma invece sono sempre là pronti a fare la morale al prossimo…

Certamente l’esempio più disgustoso di cosa voglia dire essere cattolici ce lo ha dato il caso della povera Eluana, ovvero un cadavere tenuto in vita per 17 anni da apprendisti stregoni laureati in medicina mediante pratiche contro natura e contro ogni logica… Se la natura avesse fatto il suo corso, quella povera ragazza sarebbe stata lasciata morire 17 anni fa; ma qualcuno, certamente invasato dal morbo cattolico, ha creduto di fare le veci di “Dio”, tenendola a tutti i costi in “vita”… Una vita falsa ed artificiale, ma sufficiente per i nostri baldi cattolici; per loro, solo il Dio sadico in cui credono ha il diritto di dare e togliere la vita! Ovviamente questo vale solo per tutti noi comuni “morti di fame”, perché quando tocca a loro (ricordate il caso del Papa polacco?) si rifiuta l’accanimento terapeutico e si concede al fortunato Vicario di Cristo di uscire dall’ospedale per spegnersi serenamente nel proprio letto, circondato da lusso, sfarzo e servi sciocchi. Hanno cominciato i “mammasantissima” delle gerarchie vaticane, tuonando contro la sentenza che autorizzava ad interrompere cure ed alimentazione forzata per la Englaro; in un crescendo di protervia e toni eversivi, tanti Cardinali e Vescovi hanno osato incitare pubblicamente, con la complicità dei “media indipendenti”, a violare la Legge e la sentenza in questione, arrivando a sostenere che: “La legge di Dio è superiore a quella degli uomini”… Peccato che a sostenere questo non sia stato Dio, ma uno dei tanti cialtroni in tonaca che si arrogano il diritto di esprimersi a suo nome! Seguendo a ruota questi baldi sostenitori della pedofilia (per chi non lo sapesse: il programma televisivo “Le Iene” ha recentemente mostrato vari ecclesiastici dichiarare che i preti pedofili vanno “puniti”, al massimo, con una protesta al loro diretto superiore, sconsigliando apertamente di informare le autorità e/o i padri dei bambini insidiati… Evidentemente anche la Legge di Dio NON è uguale per tutti!), sono arrivate le dichiarazioni dei tanti maiali che grufolano nel Parlamento italiano… Quei maiali, per intenderci, che cercano di guadagnare voti, spazio, visibilità e prebende aggiungendo ai loro curriculum l’etichetta di cattolico “osservante e praticante”… Certo, molti hanno un personalissimo modo per osservare e praticare, tipo il politico cattolico (di sinistra) fotografato mentre contratta la prestazione con uno squallido travestito, o quello (di destra) beccato in una stanza d’albergo con due prostitute ed un notevole quantitativo di cocaina… Ma come insegnano i sacerdoti della loro religione, la morale è meglio farla agli altri piuttosto che metterla in pratica!

Li abbiamo visti tutti, dall’ex sovietico Napolitano all’ultimo dei parlamentari, darsi da fare per dire la loro pubblicamente e con grande enfasi; si sono accapigliati in Parlamento ed in varie trasmissioni televisive, hanno preteso di parlare chi in nome di Dio, chi a nome di un mondo laico che non li ha mai delegati a rappresentarlo… Tutti strenui difensori della vita! Ex comunisti ed ex democristiani che parlano di vita…! Eppure basterebbe un piccolo sguardo alla storia del comunismo ed a quella del cattolicesimo/cristianesimo per trovare milioni di morti lasciati per strada da queste due ideologie che oggi vorrebbero spacciarsi per esempi di pace, tolleranza, integrazione e chissà cos’altro…

Qualche simpatico cattolico annidato nella cosiddetta “area” avrà già fatto un balzo sulla sedia, poiché per certa gente ipocrita è molto facile ricordare con dovizia di particolari i tanti morti causati dai vari Lenin, Stalin, Mao, Tito, Pol Pot, ma sui morti causati direttamente ed indirettamente dal cristianesimo/cattolicesimo si preferisce tacere; non è bello per “lorsignori” ricordare le imprese dei cattolicissimi spagnoli e portoghesi, i quali hanno distrutto completamente le antiche civiltà che vivevano in centro e sud America, sterminando gli autoctoni, distruggendo i loro scritti e depredando i loro oggetti preziosi… Tanto, si diceva, quelli non erano battezzati, indi non avevano l’anima: si poteva non solo ucciderli ma anche torturarli in maniera barbara… E più a Nord, negli odierni USA, furono altri cristiani, magari non cattolici, a sterminare milioni di pellirosse con metodi e per motivi analoghi. Per non parlare delle tante stragi di “eretici”, delle Crociate, dell’Inquisizione (quando si bruciava vivo un essere umano avente il solo torto di presentare un neo o un’escrescenza carnosa ritenuta simbolo del “diavolo”) e delle tante porcherie messe in pratica del colonialismo in Asia ed Africa, ove non è mai mancata l’assistenza di qualche devoto missionario.

Del resto, per sbugiardare l’ipocrisia di questi falsi difensori della vita, che oggi piagnucolano quando in qualche lontano paese viene giustiziato un criminale pluriomicida, basta ricordare che lo Stato Pontificio retto dal Papa in persona ha sempre applicato, fino all’ultimo giorno della sua esistenza, la pena di morte… E l’ha applicata così bene e con così tanto zelo che il boia ufficiale pontificio, tale “Mastro Titta”, è ancora oggi ricordato come uno dei boia più efficienti e zelanti dell’Europa dell’epoca… Chiunque può verificarlo limitandosi a digitare “Mastro Titta” in uno dei tanti motori di ricerca presenti su internet.

Senza dimenticare che per l’ipocrisia cattolica c’è vita e vita; ovvero, quando la difesa della vita (che vita non è, come nel caso della Englaro) offre un ampio palcoscenico dal quale farsi pubblicità, “lorsignori” sono in prima linea con i loro strali e le loro cretinate dette “in nome di Dio”… Ma quando difendere la vita (vera) rischia di andare contro i loro interessi, sono pronti a defilarsi e ad ammorbidire le posizioni, come avvenuto di recente durante il vero e proprio genocidio operato dai giudei d’Israele a Gaza; più di 3000 morti, la maggior parte dei quali bambini, donne e vecchi, non hanno provocato alcuna levata di scudi da parte di questi maiali che fingono di difendere la vita… Anzi, molti dei più attivi nel caso Englaro, come gli escrementi di AN e PDL, si erano recati a rendere omaggio agli assassini, manifestandogli la loro solidarietà sventolando bandiere israeliane e straparlando di diritto all’autodifesa!

Diciamolo chiaramente, una volta per tutte: a questi cialtroni ipocriti non importava nulla della povera Eluana; né al clero, né ai maiali del Parlamento e tanto meno ai cerebrolesi che manifestavano il loro cattolicesimo insultando il povero Beppino Englaro davanti alla clinica di Udine che ha visto spegnersi il calvario di questa sfortunata ragazza e della sua famiglia. Nessuno di costoro mi risulta che abbia offerto un qualsiasi aiuto alla famiglia Englaro in 17 anni; nessun contributo per pagare le cure, nessuna visita alla ragazza, nessuna risposta alle invocazioni di aiuto del padre, inviate tramite lettera a Berlusconi e soci già durante il loro precedente Governo… Cattolici di ferro, indi ipocriti, amorali e fanatici… Nulla di più e nulla di meno!

Il mondo libero deve stare molto attento a questi fanatici che, per convinzione o per interesse, pretendono di parlare “in nome di Dio”; la vita appartiene solo a chi la deve vivere e ciascuno di noi ha il diritto di interromperla quando non è più in grado di sopportarla. E chi vuole a tutti i costi mantenere in vita dei cadaveri mediante macchinari strani, lo fa solo per puro e semplice egoismo… L’egoismo di chi non vuole separarsi da una persona cara, anche a costo di vederla trasformata in una bambola inanimata zeppa di tubi, fili ed apprendisti stregoni che le si accalcano intorno per studiarla. Certo, è un sentimento umano quello del dolore che si prova nel momento del distacco, ma ancora più umano è consentire ad un nostro caro di liberarsi da una bara di carne ed ossa permettendo al suo spirito di cambiare dimensione… Soprattutto se immaginiamo una cosa a cui nessuno pensa, cioè che lo spirito e la coscienza della persona intrappolata in un corpo ormai morto possono essere vivi e consapevoli di essere imprigionati in una bara che non consentirà loro mai più di tornare ad essere dei veri esseri umani. Provate ad immaginarvi in questa condizione e poi ditemi cosa ne pensate e cosa desiderereste per voi stessi…

Chi come me apprezza più il mondo animale di quello “umano” capirà quello che intendo; negli ultimi 20 anni ho avuto molti animali, soprattutto cani… E quando più volte nel corso degli anni mi sono ritrovato di fronte il mio vecchio amico animale paralizzatosi d’improvviso nonostante le cure, con al fianco un veterinario che mi diceva che non c’era più nulla da fare, non ho esitato un secondo a decidere di fare l’ultima buona azione per un amico: liberarlo dalle sue sofferenze nel modo più rapido ed indolore. Con una prima iniezione l’animale si addormenta in pochi secondi, con una successiva iniezione si ha il blocco delle funzioni vitali, sempre in pochi secondi. Indubbiamente triste, ma mai come vedere un amico abituato a correre ed a giocare, mentre guaisce e si lamenta perché impossibilitato a muoversi e costretto ad espellere i suoi bisogni fisiologici sul suo stesso corpo.

Ecco perché è necessario arrivare ad una Legge seria sul testamento biologico che preveda non solo la possibilità di rifiutare le terapie inutili o palliative, ma anche e soprattutto la possibilità di essere aiutati a morire in modo rapido ed indolore per porre fine alle proprie sofferenze. Alla faccia delle superstizioni cattoliche e del regime che vuole appropriarsi non solo della nostra vita, ma anche della nostra morte. Il sottoscritto non appartiene ad un ridicolo Papa ed ai suoi ancor più ridicoli ministri, né appartiene ad un comunista sovietico convertitosi al ruolo di “Capo dello Stato”… Così come non appartiene ai servi sciocchi del giudaismo internazionale come Berlusconi, Fini e Gasparri, né ad un presunto Dio sadico che gode nell’infliggere torture all’essere umano.

E se morendo incontrerò un Dio che mi giudicherà colpevole e meritevole di punizioni per le mie posizioni, Lui avrà il diritto di giudicare ed emettere sentenze. Ma almeno sarò sicuro di essere giudicato da Dio e non da uno dei tanti maiali (in tonaca e non) che si sono arrogati il diritto di parlare a nome suo!

venerdì 17 aprile 2009

Vauro censurato? Non vale tanto

Le polemiche sulla trasmissione di RaiDue, Annozero, condotta dal polemico e fazioso Michele Santoro, non accennano a diminuire.

Io, lo dico per chiarezza, non ho visto le ultime due puntate della trasmissione; non ho visto i servizi che – questa è l’accusa – descrivevano la Protezione Civile e i Vigili del Fuoco come dei ciarlatani, arrivati in ritardo a prestare i primi soccorsi. Ragion per cui, per lo meno su questo, non posso parlare.

La puntata della settimana scorsa, in modo particolare, ha infuocato gli animi. Prevalentemente, oltre ad alcuni servizi giornalistici che sono stati considerati particolarmente faziosi (conoscendo la grande moderazione ed obbiettività di Santoro non ci stupisce), una vignetta di Vauro che ironizzava, a parere del sottoscritto in maniera abbastanza pesante, sul piano casa e sul terremoto in Abruzzo. Su questa c’è qualcosa da dire.

La vignetta è quella che vi propongo. Come potete notare, mette in relazione il piano-casa di Silvio Berlusconi con il terremoto abruzzese. Questa vignetta, che come al solito Vauro ha presentato negli ultimi minuti di trasmissione, è costata al disegnatore satirico la sospensione.

Come al solito la sinistra corre compatta a difendere il mitico Vauro come un campione di democrazia. Sabina Guzzanti – che a quanto pare ha capito di essere completamente incapace a fare una comicità “pulita”, che non irrida continuamente il centro destra e non si intrometta di politica – approfitta dell’occasione per apparire nell’ultima puntata di Santoro (quella di ieri) per inscenare, con tanto di toga, un finto processo ai danni di Vauro. Travaglio – colui che riesce a parlare di tutto senza mai dire niente (per dirne una: ha scritto decine e decine di articoli su De Magistris senza mai dire su che cosa stesse indagando veramente il magistrato: i rapporti tra massoneria, mafia e politica) – fa un parallelo tra una frase di Mussolini del 1924 e Silvio Berlusconi (io fossi in Berlusconi lo prenderei come un complimento, ma tant’è…). Il PD risorge dal mutismo per un po’ di propaganda a buon mercato, e così via…

Io ritengo che la sospensione (o censura) di Vauro sia stata certamente eccessiva. E non perché mi stia simpatico il vignettista, sia ben chiaro. La censura, come ben si sa, si applica a quei personaggi che sono pericolosi per il potere, che mettono in discussione il potere, che fanno paura al potere. Io non ho paura di Vauro. Certo, con quei disegnini che vengono visti da milioni di telespettatori (e di lettori) ogni giorno è capace di una propaganda niente affatto da sottovalutare. Ma da qui ad affermare che Vauro sia pericoloso per il potere – condizione che, storicamente, ha sempre attivato la censura – ce ne corre.

Certo, quel Vauro lì, che fa la vignetta sui morti abruzzesi morti a causa del piano-casa che Berlusconi voleva varare (e che non ha ancora varato), è stato di pessimo gusto. Talmente disgustoso da meritarsi anche l’intervento di Massimo Cialiente, il sindaco dell’Aquila. Certo, è disgustoso fare ironia sui morti; ed è intellettualmente scorretto mettere in relazione un terremoto che ha provocato 300 morti (queste sono le cifre ufficiali, ma sul sito di qualche scampato al terremoto leggo che sono molti di più) con l’azione politica di un Governo che – su questo punto come su altri – non si è poi molto discostato dai suoi predecessori. E’ viscido approfittare di simili disgrazie, e del canale 2 della televisione di Stato, per fare propaganda politica per la fazione di sinistra, che Vauro sostiene ad oltranza.

Certo, certo… La satira è satira. Deve colpire il bersaglio, deve pungere, deve fare arrabbiare, non è detto che piaccia a tutti. Ma non è neanche detto che chi non vuole essere il bersaglio della satira lo debba essere per forza. O no? Anche se poi bisognerebbe vedere quanti di coloro che fanno queste affermazioni, per dimostrare di essere sinceri democratici, non si arrabbierebbero se fossero al posto di Berlusconi in alcune vignette molto pesanti che lo vedono protagonista…

Il PD parla di “censura fascista”. E no… questo no. Che un personaggio simile, ridicolo ed intellettualmente scorretto, incapace di far ridere genuinamente, che cerca costantemente lo scontro, la polemica, la provocazione di pessimo gusto… che un personaggio del genere venga addirittura censurato, e si gridi alla censura fascista, questo no. Primo perché anche nel Ventennio giravano le riviste che sfottevano il Duce, la sua cavalcata e il suo mascellone, e mai nessuno, tanto meno i Fascisti, si è mai sognato di toglierle dalla circolazione. Ma i Fascisti, se censuravano qualcosa, lo facevano perché questo qualcosa era dannoso e pericoloso per il bene e la sicurezza dell’Italia. Tanto per non andare molto lontano, siamo noi del MFL a venire censurati e diffamati quotidianamente perché siamo scomodi al potere e diciamo cose scomode.

Un vignettista così, che disegna sempre lo stesso omino che offende un giorno Berlusconi, un altro giorno Berlusconi, un altro giorno ancora Berlusconi, il quarto giorno sempre Berlusconi; che per far parlare di se irride anche i morti di un terremoto; che non sa far di meglio se non accostare un piano-casa di Berlusconi (sempre lui) che nessuno ha ancora letto con un terremoto che provoca 300 morti… un vignettista così non merita la censura. Non è così importante. Lasciatelo lì, tra gli ultimi secondi di trasmissione di Annozero, a mostrare le sue vignette ridicole, amare e che immancabilmente non fanno ridere neanche a pagarle… dateci almeno la soddisfazione, non appena lo vediamo, di cambiare canale.

mercoledì 15 aprile 2009

L'Inquisizione colpisce: censurato Thule-Toscana.com

Mi giunge notizia che, qualche giorno fa, è stato sequestrato il sito Thule-Toscana.com da parte della Procura della Repubblica di Arezzo.

Andando a digitare l’indirizzo internet sembra di capire che il sito sia stato chiuso a causa della violazione della legge nr. 654 del 1975. Cosa dice questa legge? L’articolo 654 del Codice Penale punisce con la reclusione da 6 mesi a 4 anni chiunque diffonda idee fondate sulla discriminazione razziale, religiosa oppure etnica. E’, in sintesi, una ulteriore emanazione della legge Mancino (dl 122 del 26 aprile 1993).

Chiunque abbia avuto occasione di visitare il sito sa bene che lo stesso non aveva, e mai ha avuto, alcun contenuto che inneggiasse alla discriminazione razziale, etnica o religiosa. Viceversa, il sito si definiva esplicitamente filosionista – nel senso che auspicava una Patria per gli ebrei – (che tra l’altro hanno già, ed è lo Stato di Israele) ed affermava di provare ammirazione nei confronti di ebrei e zingari, in quanto popoli custodi della propria tradizione, “rari esempi di amore verso il proprio simile”, era scritto. Allo stesso modo il sito rigettava con forza di essere antisemita, intendendo esplicitamente di non provare odio né nei confronti della popolazione ebraica né nei confronti di quella araba.

Poteva bastare? Certo che no! E allora viene da chiedersi, visto che sul sito non era presente alcun testo che inneggiasse alla superiorità di una razza sull’altra, o che istigasse ad atti di violenza nei confronti di un qualunque gruppo sociale, etnico o politico, cosa fosse presente sul sito in questione per “meritare” i dardi punitivi della censura. Semplice! Thule-Toscana.com era un sito molto interessante, in quanto contenente tanti testi, articoli, saggi e pubblicazione revisioniste. Semplice Storia, pertanto, che il gestore del sito pescava un po’ qui e un po’ là nella vastissima rete internet.

Tale azione, da parte del Tribunale di Arezzo, si configura innanzitutto come una violazione dell’articolo 21 della Costituzione Italiana, la quale afferma che a chiunque deve essere permesso di esprimere, in piena libertà, le proprie opinioni. Sembra di capire, però, che i Tribunali di regime applichino il detto che molti attribuiscono al fu Giolitti: applicare la legge con i nemici, e interpretarla per gli amici. In questo caso non si capisce proprio quale legge applichi la Procura di Arezzo, dato che non risulta che in Italia esista una legge che punisca il revisionismo storico. Ci provò a suo tempo Mastella, con il decreto progetto di legge che venne chiamato appunto Mastella-Ruben (Alessandro Ruben è esponente dell’AntiDefamation League e attualmente del PDL), ma fortunatamente questa legge si arenò. Pertanto, l’unica legge attualmente invocabile per i solerti censori togati è la legge Mancino. La quale, sempre più, si configura come uno strumento, estensibile a piacimento, da utilizzare contro chiunque non si conformi alla dottrina mondialista e contro chiunque non creda alle balle storiche che i vincitori della seconda guerra mondiale continuano ad imporci da decenni a questa parte.

L’obbiettivo sembra essere dichiarato: impedire che le principali opere revisioniste possano venir lette da un pubblico sempre maggiore, come in effetti sta avvenendo. Impedire, cioè, che un sempre maggior numero di persone – grazie a quello strumento in cui tutti, almeno virtualmente, possono avere il proprio spazio, vale a dire la rete internet – vengano a conoscenza delle enormi contraddizioni e lacune presenti nella storiografia ufficiale che certifica l’olocausto degli ebrei come una realtà certa ed incontrovertibile.

Sa benissimo, il regime democratico, che se dovesse eventualmente cadere la Grande Menzogna Olocaustica tremerebbe tutto l’intero sistema. Ecco spiegato il tentativo di Mastella di fermare il revisionismo; ecco spiegati i tentativi, portati avanti prima dall’ultimo Governo Prodi e poi dall’attuale Governo del PDL, di censurare la rete internet inventando fasulli pericoli antisemiti i quali, di fatto, non esistono. Pertanto la legge Mancino e la legge 654 possono diventare strumenti atti a perseguire tutti i nazisti, una sorta di gruppo concettuale che perde la sua contestualizzazione semantica e storica per diventare un’idea astratta, demoniaca, satanica e violenta all’interno della quale far confluire tutte le persone scomode al potere. Del resto: chi mai in questo Paese, drogato e cloroformizzato da decenni di volgare e menzognera propaganda antifascista, invocherebbe l’articolo 21 della Costituzione Italiana per difendere i revisionisti (altro gruppo descritto come violento, sopraffattore, sadico, “terrorista” e via dicendo) oppure, peggio ancora, i Fascisti? Nel nome della democrazia e della libertà di parola si chiudono siti, si inquisiscono semplici ragazzi che hanno l’unico torto di non credere alle balle olocaustiche e di dirlo chiaramente, con ancora più odio e ancora più livore di quello che si dice, a parole, di voler combattere.

Il MFL per l'Abruzzo

Il Movimento Fascismo e Libertà è vicino al Popolo Abbruzzese
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martedì 14 aprile 2009

Segnali di ripresa

Pubblicato sul mensile Il Lavoro Fascista, febbraio 2009

Chi mi conosce e mi segue da tempo sa bene che non sono particolarmente indulgente, tanto più quando parlo dell’operato dei Camerati del movimento… Sono, al contrario, tendenzialmente ipercritico e portato a dire sempre la verità, anche quando mi porta a rendere pubbliche le inefficienze e le mancanze di miei iscritti e dirigenti. Proprio per questo motivo spero di essere credibile oggi, mentre parlo con soddisfazione degli incoraggianti segnali di salute e di ripresa che si notano nel MFL in questi primi mesi dell’anno 2009. Certo, non potevano mancare i 4 o 5 parassiti che hanno tolto il disturbo in silenzio, non rinnovando la tessera e non sentendo neppure il bisogno di fornire una motivazione e di salutare quelli che per anni hanno chiamato “camerati”… Ma queste poche mancanze sono state compensate dall’arrivo di nuovi e motivati Camerati, nonché dal consolidamento di alcune realtà di cui avevamo già ben parlato nei mesi scorsi. Una bellissima realtà in fase di costante sviluppo è quella di Frosinone; avevamo già parlato dell’opera meritoria del Camerata Davide Caluppi, il Capo Provincia locale… Ma a lui si sono affiancati, oltre ad alcuni tesserati militanti, altri validi dirigenti in zone limitrofe, come il Camerata Antonio Salera di Cassino, che ha creato la locale sezione del MFL, nonché il Camerata Raimondo Spiga, creatore della Sezione MFL di Civitavecchia. Quest’ultimo, benché residente ed operante in provincia di Roma, si è spesso incontrato con i ragazzi di Frosinone, offrendo e ricevendo collaborazione per organizzare banchetti propagandistici, volantinaggi e persino una commemorazione al cimitero militare tedesco di Cassino… Atto altamente meritorio in una Nazione che si è ormai abituata a chiamare “invasori” gli alleati di guerra ed a scodinzolare intorno ai veri invasori che seppellirono l’Italia ed il sogno di civiltà Fascista e nazionalsocialista sotto tonnellate di bombe.

In queste pagine mostriamo alcune foto inerenti le attività dei ragazzi di Frosinone. Ma le buone notizie non finiscono qui; anche dalla quasi dimenticata Sicilia, che da anni non ci forniva più soddisfazioni, soprattutto grazie all’opera distruttrice portata avanti dai cialtroni palermitani che alla morte di Giorgio Pisanò tentarono di impadronirsi del MFL, giungono forze fresche e capaci che si affiancano al sempre fedele (ma finora isolato) Francesco Capizzi di Palermo. Praticamente in contemporanea, infatti, sono arrivati i Camerati Salvatore Piconese da Messina e Luigi Maria Carmelo Urso da Paternò (CT), i quali si sono immediatamente resi operativi come Capi Provincia tesserando altri Camerati e facendo parlare molto del MFL la stampa locale. Numerosi articoli e commenti sui giornali messinesi e catanesi sono stati dedicati alla costituzione delle Federazioni Provinciali del MFL ed alle prime attività pubbliche poste in essere dai Camerati sopra citati. A breve è prevista una riunione di tutti i Camerati siciliani per concordare, unitamente a Capizzi, una strategia comune a tutta l’Isola che coinvolga nell’attività anche le province per ora scoperte. Meritano citazioni e lodi anche Camerati come Marco Macrì da Napoli il quale, benché non abbia ancora assunto il ruolo ufficiale di Capo Provincia, si è prodigato con altri Camerati per fare uscire un gran numero di nostri manifesti in città, nonché per organizzare una vera manifestazione di piazza con tanto di striscione a nome del MFL! Diamo anche il benvenuto al Camerata Flavio Arrigoni di Bergamo, che ha appena assunto il ruolo di Capo Provincia locale, ed attendiamo di concretizzare ufficialmente i contatti che sono in corso con Camerati di Ancona e San Benedetto del Tronto (AP) per creare una federazione marchigiana forte ed operativa fin dalla sua costituzione. A quanto detto sopra, aggiungiamo che sono arrivati nuovi Camerati simpatizzanti (ovvero quanti non desiderano entrare in attività politica direttamente, ma si limitano a supportare il movimento con un contributo finanziario e poco di più) anche in Regioni notoriamente poco prolifiche per quanto riguarda le adesioni al MFL, tipo l’Emilia Romagna, e che richieste di informazioni sul come poter collaborare alle nostre attività continuano a giungere da varie parti d’Italia… Certo, non siamo prossimi alla presa di potere in Italia (non voglio fare concorrenza a certi miei colleghi segretari nazionali, che millantano per ogni dove migliaia di fantomatici iscritti e centinaia di federazioni che nessuno vede), ma in ogni caso l’anno 2009 pare iniziato sotto i migliori auspici per quanto riguarda la tenuta e l’espansione del MFL. Si tratta, è bene ricordarlo, di gocce nel mare, ma tante piccole gocce d’acqua alla lunga possono erodere rocce millenarie! Terremo informati i Camerati da queste pagine circa gli sviluppi futuri.

Carlo Gariglio

lunedì 13 aprile 2009

Ingratitudine

Due vigili del fuoco sono in piedi di fronte ad un palazzo in fiamme.
Una donna disperata e piangente dice loro che i suoi figli sono lì dentro e li implora di salvarli.

I due vigili del fuoco, con grande coraggio, vanno e con tutti i mezzi a loro disposizione tentano di salvare i bambini, lottando con tutte le loro forze, ma perdono la loro vita senza riuscirci.

Ai funerali dei due uomini che avevano dato la vita nel tentativo di salvare quella dei suoi figli, la donna cammina fino a raggiungere i familiari di quegli uomini, profondamente afflitti dal dolore,sputa sui loro visi e maledice i vigili del fuoco.

Gli eroici pompieri sono Adolf Hitler e Benito Mussolini, l'incendio è l'invasione del comunismo in Europa.

I bambini morti sono le vittime del comunismo, la madre ingrata è l'Europa del dopoguerra.

Paolo Censi
MFL Abruzzo

mercoledì 8 aprile 2009

In Abruzzo la tragedia

Pur nel doveroso silenzio e rispetto che si deve alle tante vittime della tragedia che si è abbattuta sull’Abruzzo, sento il dovere di fare qualche riflessione.

Come sappiamo, il terremoto abruzzese è stato di dimensioni immani. Al momento in cui scrivo Silvio Berlusconi ha (purtroppo) aggiornato il bilancio dei morti a 260; secondo la Confindustria abruzzese la metà delle imprese della regione sono in ginocchio; gli sfollati e le persone che hanno perso i propri cari sono tantissime; i problemi logistici che l’Italia si trova ad affrontare in queste ore sono gravi e difficili, ma fortunatamente, grazie alla Protezione Civile e ad una organizzazione che (una volta tanto) si rivela efficiente, sembra che le difficoltà per dare un riparo sulla testa e due pasti al giorno a questa popolazione stremata stiano venendo superate con successo.

Neanche il tempo di fare la conta dei danni e delle vittime che già in queste ore si va formando una certa corrente di pensiero: quella, cioè, secondo la quale il terremoto poteva essere evitato grazie allo scienziato Giuliani, che studiando le emissioni del radon (un gas che cresce molto in profondità sotto la superficie terrestre) aveva previsto il terremoto.

Tale ipotesi è da considerarsi sencol beneficio del dubbio. Innanzitutto chi parla in questi termini non sa (o finge di non sapere) che Giuliani aveva previsto il sisma a Sulmona, in una zona cioè abbastanza distante rispetto a quella in cui poi si è effettivamente verificato il terremoto. In secundis, inoltre, pensare di spostare centinaia di migliaia di persone, sgomberare interi quartieri ed evacuare intere città avrebbe previsto degli sforzi logistici immensi che nessuno, neanche lo Stato più avanzato del mondo, può pensare di affrontare in tempi rapidissimi. E con quale diritto poi? Crediamo veramente che la popolazione di Sulmona si sarebbe lasciata evacuare pacificamente? E con quale diritto il mondo politico, e la comunità scientifica internazionale, avrebbero spinto i residenti a lasciare le loro case? Per un anonimo scienziato che, a quanto si dice, ha scoperto un modo per prevedere i terremoti?

Ed eccoci al secondo punto della questione. Io non so se Giuliani abbia realmente scoperto un apparecchio che permette di prevedere i terremoti; quel che so, sicuramente, è che la comunità scientifica, per bocca di Enzo Boschi (Direttore Nazionale dell’Istituto di Geofisica e Vulcanologia) e Eugenio Coccia (Capo dell’istituto Nazionale di Fisica Nucleare), si è espressa in termini abbastanza arroganti ed irriguardosi nei confronti dello scienziato (il quale, a causa dell’allarme, ha rimediato niente di meno che una denuncia per procurato allarme). Coccia e Boschi si sono rivolti a Giuliani col termine di “elettrotecnico”, quasi come se si volesse sminuire il ruolo dello stesso: nessuno è ancora riuscito a prevedere i terremoti, per cui si è giunti alla conclusione che i terremoti non si possono prevedere, perciò nessuno deve anche solo pensare di poterci riuscire. Questo modo di pensare non contraddice solo la Scienza – secondo la quale un metodo di ricerca e di lavoro, oppure uno strumento, debba essere sottoposto a sperimentazione per poterne attestare la sua efficacia o, viceversa, la sua inutilità – ma ci ricorda anche un certo atteggiamento baronale e arrogante che non fa bene alla comunità scientifica italiana.

Francamente, scrivevo, non so se Giuliani abbia veramente scoperto un modo per prevedere i terremoti. Me lo auguro, anche se so che è molto difficile. Troppo complicata la nostra Terra, lì sotto, per poter prevedere come si muoveranno le faglie, quali spostamenti seguiranno, in che modo si frattureranno… Però una cosa è certa: prima di essere liquidata, la ricerca di Giuliani andrebbe studiata e sperimentata, e non liquidata come la mania di grandezza di un semplice “elettrotecnico” (mestiere che, tra le altre cose, oggigiorno è altamente specializzato).

Certamente, se Giuliani avesse scoperto una cosa del genere sarebbe l’invenzione del secolo. E, a vedere in che modo sono venuti giù gli edifici, ce n’è molto bisogno. Domanda: come hanno fatto la Casa dello Studente e l’Ospedale a venire giù così facilmente? L’Abruzzo (e la zona dell’Aquila) non era già considerato zona sismica? E, pertanto, gli edifici (perlomeno quelli più importanti come l’ospedale, la prefettura, la stazione di Polizia etc.) non dovrebbero essere costruiti secondo le norme antisismiche? Come ha fatto l’ospedale a venire giù tutto intero, come un pezzo di cartone? Ci sono voluti decenni per costruire quell’ospedale, tra tangenti e mazzette. Era troppo chiedere ai costruttori e ai politici di costruirlo in modo che non cadesse sulla testa dei degenti? Avranno delle conseguenze giudiziarie queste morti, almeno nei confronti di chi ha speculato sugli edifici e sulle costruzioni?

Ancora: una certa sinistra dimostra, purtroppo per loro (e fortunatamente per noi) ancora una volta, di essere politicamente morta. Gli sciacalli hanno approfittato del terremoto per dare contro al piano-casa del Governo Berlusconi. Se si fossero aumentati i metri di cubatura, dicono loro, immaginate quanti mattoni e quanti calcinacci in più sarebbero piovuti sulla testa degli abitanti… Balle. Si dimentica (o si fa finta di dimenticare) che il piano casa di Berlusconi prevede la messa a norma di tantissimi edifici che, ad oggi, a norma non lo sono affatto. Negli altri paesi europei le case già dopo quarant’anni sono considerate vecchissime, e pertanto si demoliscono e si rifanno, daccapo. In Italia, viceversa, sono tantissime le case che risalgono agli inizia del Novecento, in molti casi anche prima. Un piano-casa serio non permette solo di chiudere il terrazzino o di vetrare il cortiletto interno, ma prevede anche la messa a norma delle nuove e vecchie costruzioni. E questo era previsto. Di più: la necessità di riammodernare le case degli italiani era già stata sollevata, diversi anni fa, dalla sinistra. Poi non se ne era fatto più nulla. Ora, par di capire, se lo fa Berlusconi è sbagliato per definizione.

Ora, come sempre in Italia, si fa la conta dei morti e si dice: “Costruiamo gli edifici a norma”. Come se fosse normale che in passato le abitazioni e i palazzi non siano stati costruiti a norma. Come sempre, perché qualcosa si muova in questo Paese deve sempre scapparci il morto.

lunedì 6 aprile 2009

Solidarietà alle vittime del terremoto in Abruzzo

Il Movimento Fascismo e Libertà esprime solidarietà e pieno sostegno alle vittime dell'alluvione che in queste ore ha colpito la popolazione dell'Abruzzo, per una tragedia che unisce idealmente l'Italia tutta.

"Fascisti? No grazie." Parola di forzanovista

Questo articolo è apparso sul quotidiano "La Stampa" in data 04/04/2009.

Fascisti? No grazie. E’ un’etichetta nella quale non ci riconosciamo. Forza Nuova è un partito di ispirazione cristiana, un partito cattolico. E’ per questo che diamo tanto fastidio”. Mentre sale il livello di tensione in vista del convegno organizzato nella giornata di domenica a Milano, il partito dell’europarlamentare Roberto Fiore ce la mette tutta per smarcarsi dai fantasmi del passato. “Noi facciamo politica, non storia. Tutte queste accuse sul nostro presunto negazionismo sono solo una truffa della sinistra antagonista che, politicamente, è alla frutta”, spiega Stefano Saija, responsabile torinese e membro del direttivo nazionale di Forza Nuova. Ma come: alla riunione di Milano avete invitato anche Bruno Golmisch, vicesegretario del Fronte Nazionale francese di Jean Marie Le-Pen. E Le-Pen è uno che il 25 marzo ha ribadito davanti al Parlamento Europeo che “le camere a gas sono un dettaglio nella storia della Seconda guerra mondiale. “E allora? Sarà una sua idea. Non si può più avere un’opinione diversa? Siamo in democrazia solo quando fa comodo agli altri?” si scalda Saija. “Ribadiamo: noi non siamo fascisti. Ci rifacciamo alla dottrina sociale della Chiesa e cerchiamo di applicarla nella società”. Per sottolineare il concetto, questura e prefetto permettendo, domenica mattina i forzanovisti saranno davanti alla Basilica di Sant’Ambrogio, per la messa “grande” delle 11. “E’ un simbolo: vogliamo ribadire che solo tramite il recupero dell’etica, in politica e nel sociale, l’Italia potrà risollevarsi dalla crisi”.
Sui temi dell’immigrazione le vostre posizioni non sembrano molto vicine a quelle della Chiesa. “Noi siamo cattolici in tutto quello che è obbligatorio per essere cattolici. Il Papa dice che l’aborto è un omicidio e anche noi lo ripetiamo da anni. Sull’immigrazio,e come sul capitalismo e sul comunismo, la Chiesa non si è mai espressa in modo formale. Ratzinger non è certo filoimmigrazione. E comunque, dove non c’è un’enciclica a chiarire la posizione ufficiale del Vaticano, noi ci sentiamo liberi di dire la nostra”. Eppure la stessa CEI si è espressa in modo diverso. “Opinioni, accettabili come tutte le altre. Quando ci sarà un’enciclica sull’immigrazione ne prenderemo atto e decideremo cosa fare. Vuole sapere la verità? Nella Chiesa a favore dell’immigrazione c’è soprattutto la Caritas, ma la sua posizione è dettata da motivazioni monetarie”.


Il gruppo di aggiornamento MFL mi ha inviato questo articolo che ho riproposto qui sopra. Questi si configurano definitivamente come i mesi in cui la stirpe dei Badoglio, sempre in attività dal’43 in poi, prende sempre più piede nel nostro Paese. Anche il partito che nell’immaginario comune è considerato (erroneamente) Fascista o neofascista sente il dovere di rimarcare ulteriormente le direzioni di quel documento che uscì qualche anno fa a cura della Federazione siciliana del movimento – documento mai rinnegato dalla Federazione Nazionale – dove alla esplicita domanda “Siamo fascisti?” veniva candidamente risposto: “No.” Qui il concetto è ribadito con più forza: noi non siamo fascisti, ma cattolici.

Solitamente noi del MFL ci siamo sempre sentiti dire, quando provavamo a far capire che Forza Nuova è un partito di estrema destra, che col Fascismo ha pur qualcosa in comune ma che non può comunque ritenersi Fascista nel senso “storico” del termine, che insultavamo i “camerati” dell’area… che si, anche nei partiti dell’area ci sono vari problemi legati alla divergenza fra la propria immagine pubblica (le interviste dove ci si dichiara non Fascisti) e privata (quella dei saluti romani, delle svastiche tatuate sul braccio, dei “Boia chi molla” scanditi in coro), ma che in fin dei conti ci sono tanti camerati validi anche lì. Che si… si nega di essere Fascisti… ma non dubitatene! Lo si fa per la gente comune, che non capisce. E’ tutta una tattica per arrivare al potere! Poi una volta che si arriva al potere, che ci si siede nelle poltrone che contano, si fa quel cavolo che si vuole! Le proprie idee si mettono in pratica “nella stanza dei bottoni”! Del resto anche di quel Romagnoli che si rallegrava a Matrix per la vittoria degli Alleati nella seconda guerra mondiale, o che dichiarava i revisionisti “patetici”, o di quel Fiore che sottoscriveva i comunicati “antifascisti” di FN Sicilia, facevano tutto ciòsolo per gettare un po’ di fumo negli occhi. Ma loro sotto sotto erano sempre fascisti!

Io spero vivamente che dopo gli i Fini, gli Alemanno, i La Russa, i Fiore si capisca una cosa: che questa presunta strategia, se così la vogliamo chiamare, di “infiltrazione” negli apparati del potere, non ha portato i Fascisti del dopoguerra da nessuna parte, se escludiamo i risultati che ottenne Almirante con il MSI. Coloro che sono arrivati in alto (i Fini, gli Alemanno) sono arrivati al prezzo di infinite sequenze di abiure, di rettifiche, di solenni giuramenti antifascisti, svalutando un Fascismo che fu fieramente proletario e sociale per annacquarlo con una pseudoideologia di destra forcaiola, bigotta, massonica e capitalista. E anche gli ex neofascisti, ancora oggi, fanno i conti (quantomeno a sinistra e nell’estrema sinistra) con il loro passato, e per molte persone sono considerati fascisti ancora oggi. Evidentemente le loro visite ad Auschwitz, gli sfregamenti di ginocchia allo Yed Vashem, le lodi sperticate alla resistenza partigiana, le dichiarazioni di “Fascismo male assoluto” e via dicendo, non sono bastate per cancellare la passata militanza politica, che viene vista come una colpa.

E allora: non è ridicolo questo cercare continuamente di dissociarsi, questo perenne rinnegare l’Idea per cercare di piacere ad un sistema di potere mafioso che è unito unicamente nella repressione del Fascismo, o anche solo di pseudoFascismo, in nome dell’antifascismo, della resistenza, della democrazia? Non è ridicolo cercare di piacere a tutti i costi ad un sistema che di noi dice peste e corna, che ci descrive unicamente come degli ubriaconi, dei teppisti, dei violenti, degli ignoranti senza alcun valore propositivo o di confronto? Oggi per venire additati come Fascisti basta molto meno che non il dichiararlo pubblicamente; è necessario dichiararsi contrari all’immigrazione selvaggia, o affermare che lo Stato sociale fu inventato dal Fascismo, perché l’infamante etichetta venga attaccata a vita. E allora: non è ridicolo, anzi controproducente, presentarsi sempre con il cappello in mano, elemosinando un po’ di attenzione e di potere politico dagli antifascisti, sapendo già in anticipo che l’unico risultato sarà un calcio nei denti?

Al sottoscritto due domande rimangono senza risposta.

La prima: come faranno i dirigenti di Forza Nuova a far digerire ai propri militanti quello che solo per gli allocchi è un nuovo corso? Cosa diranno coloro che hanno lo swastika tatuato sul braccio, o l’adesivo “White Power” sulla spallina del bomber, o il busto del Duce nella camera da letto?

La seconda: capiranno finalmente, coloro che in buona fede hanno militato in Forza Nuova pensando che fosse un partito che ha portato avanti gli ideali del Fascismo, che questo Movimento altro non è se non una organizzazione di estrema destra, storicamente distante da quello che fu il Fascismo storico? Avranno il coraggio di lasciare Fiore e i suoi compari al loro destino? Oppure digeriranno anche questa?

E ancora: si capirà, finalmente, che in Italia c’è un unico Movimento che da diciotto anni porta coerentemente avanti gli ideali del Fascismo, senza abiure, senza rinnegamenti, senza derive berlusconiane, finanziandosi in proprio, con la volontà e la passione dei propri militanti, e conquistandosi con le unghie e con i denti i pochissimi e risicati spazi (elettorali, di militanza, politici, di visibilità) a disposizione?

venerdì 3 aprile 2009

Se ne accorgono anche a sinistra


Leggo, seppur in notevole ritardo (è datato al 12 febbraio scorso) un articolo di Pierluigi Battista sul Corriere della Sera, dove l’editorialista intervista Marzio Barbagli. Chi è costui? Esponente importante del centro-sinistra, Professore ordinario alla Facoltà di Bologna, Barbagli è stato autore di una ricerca che ha studiato, relativamente alla situazione italiana, il rapporto tra l’immigrazione (clandestina e non) e il numero dei reati commessi in Italia. Significativamente, l’intervista è intitolata “Il blocco mentale”, e lo stesso Barbagli dice: “Non volevo vedere, c’era qualcosa in me che si rifiutava di esaminare in maniera oggettiva i dati sull’incidenza dell’immigrazione rispetto alla criminalità. Ero condizionato dalle mie posizioni di uomo di sinistra. E quando finalmente ho cominciato a prendere atto della realtà e a scrivere che l’ondata migratoria ha avuto una pesante ricaduta sull’aumento di certi reati, alcuni colleghi mi hanno tolto il saluto”. Touché. La dimostrazione a queste affermazioni sono tutta una serie di ricerche che lo stesso studioso ha svolto, per sintetizzarle poi all’interno del saggio “Immigrazione e sicurezza in Italia” (Edizioni Il Mulino).

Sul sito della Camera dei Deputati (il collegamento internet è alla fine di questo intervento) trovo anche un intervento, sempre di Barbagli, sull’argomento immigrazione/criminalità.

Le dichiarazioni di Barbagli sono interessantissime: non solo dimostrano con dei dati certi e verificabili ciò che la popolazione italiana prova sulla sua pelle ormai da anni – vale a dire la presenza dannosa di una immigrazione incontrollata e incontrollabile sul territorio italiano – ma, cosa ancor più importante, è una autorevole voce che viene da sinistra e che, pertanto, non può essere zittita con l’insulto che viene comunemente rivolto a chi prova a far luce su questi temi: “razzista”, “fascista” e via dicendo.

Le dichiarazioni di Barbagli, disponibili per chiunque, sono, come già scritto, particolarmente interessanti. Vale la pena di citarne qualcuna:

“I flussi migratori provocano sempre un aumento del numero dei reati nel paese di arrivo. Questa proposizione è vera ed è ovviamente vera senza bisogno di ricorrere a risultati di ricerca, nel senso che quando una popolazione si aggiunge ad un'altra, l'arrivo di una nuova popolazione, se questa è in centinaia di migliaia di persone, milioni di persone, provoca sempre anche un aumento della criminalità, così come provoca un aumento dell'abitazione, della domanda di scarpe o della domanda di pomodori.”

Niente da eccepire. Continuiamo a leggere:

“Oggi nel nostro Paese gli immigrati extracomunitari commettono alcuni reati: furti, rapine, omicidi, spaccio e traffico di sostanze stupefacenti, più frequentemente dei cittadini italiani, a parità di sesso e di età.”

“In tutti i paesi europei a partire dal 1975 circa la situazione è radicalmente cambiata, che la quota dei reati commessi dagli immigrati è fortemente aumentata e che attualmente quindi gli immigrati commettono in tutti i paesi europei più reati della popolazione autoctona.”

“Ora se noi ritorniamo appunto all'Italia, i dati più recenti, i dati che vengono dal Ministero dell'interno e dall'Istat che cosa dimostrano? Ci mostrano che fino al 1998 la quota di immigrati sul totale delle persone denunciate per i reati che vi ho prima elencato, cioè per furti, rapine, traffico e spaccio di stupefacenti, omicidi è costantemente aumentata, cioè è aumentata anche nel 1998.”

“Se noi guardiamo questi dati, che sono prodotti da un nuovo ufficio, da un dipartimento straordinario del ministero dell'interno, reparto appunto antidroga, noi vediamo che ininterrottamente, dal 1987 fino alla fine del 1998, sulle persone denunciate per spaccio e traffico di stupefacenti la quota degli immigrati è continuamente aumentata, un anno dopo l'altro. La cosa straordinaria di cui ancora ahimè pare che nessuno si sia accorto, è che negli ultimi nove mesi questa quota ha per la prima volta subito una significativa flessione. Non vi voglio dare numeri qui, ma vi posso garantire che questa costituisce una inversione di tendenza significativa. A che cosa è dovuto questo? Io credo sia ragionevole pensare che sia il primo importante effetto della legge 40. La legge 40 ha quindi aumentato la quota degli irregolari espulsi, aiutata dagli accordi di riammissione conclusi dal governo italiano, in particolare quelli importantissimi che ci sono stati con il Marocco e con la Tunisia, che hanno permesso di aumentare fortemente - sottolineo fortemente - la quota di immigrati irregolari senza permesso di soggiorno espulsi. Ora noi sappiamo bene da tutti i dati di cui disponiamo che questi immigrati irregolari, in particolare gli immigrati magrebini, marocchini e tunisini, erano quelli o sono quelli che controllano appunto lo spaccio ed il traffico di stupefacenti. Per dirvi solo un numero, pensate che secondo i dati del 1998 se noi prendiamo la provincia nella quale il tasso, cioè la quota di immigrati sui denunciati per questi reati è più alta che è la provincia di Torino, abbiamo che il 72 per cento dei denunciati per questi reati è appunto costituita da non italiani, diciamo così, da stranieri.”


Qui Barbagli ci dice una cosa importantissima: è vero che negli ultimi nove mesi la quota di immigrati denunciati per traffico di droga e stupefacenti è diminuita; ma è anche vero che negli ultimi nove mesi, anche grazie agli accordi che l’Italia ha stipulato con altre nazioni, la quota di immigrati espulsi dal territorio italiano è aumentata anch’essa sensibilmente. In sintesi: più immigrati espulsi, meno reati.

Insomma, anche la sinistra, tradizionalmente lontanissima dalla realtà percepita e vissuta dalla popolazione comune, trincerata dietro le roccaforti delle sue ideologie intrise di terzomondialismo, di buonismo e di paroloni (solidarietà, tolleranza, comprensione) a buon mercato, qualcuno comincia a rendersi conto di un’evidenza elementare: che l’incontrollato flusso migratorio, una sorta di vera e propria “invasione senz’armi” attuata dagli immigrati di tutte le parti del mondo, provoca forti e negative ripercussioni sulla qualità della vita sui cittadini italiani.

Niente di nuovo sotto il sole, verrebbe da dire. C’è chi, come noi, queste cose le dice da anni. Avete capito ora perché a Barbagli i colleghi gli hanno tolto il saluto?

Fonti:
http://www.ibs.it/code/9788815127266/barbagli-marzio/immigrazione-sicurezza-italia.html
http://www.radioradicale.it/scheda/272973/sicurezza-intervista-al-sociologo-marzio-barbagli-sulle-statistiche-in-merito-agli-stupri-in-italia
http://www.camera.it/_bicamerali/schengen/convegni/immig/interv1.htm
http://www.corriere.it/editoriali/09_febbraio_19/pierluigi_battista_il_blocco_mentale_de302d50-fe4a-11dd-9a41-00144f02aabc.shtml