domenica 30 novembre 2008

Le Palestiniadi, un'occasione per distendere l'anima


Chi ha avuto, anche per poco tempo, un contatto di qualche tipo con i bambini, sa che hanno una capacità fondamentale: quella di riuscire, spesso, a dimenticare gli orrori della vita nei quali sono stati, loro malgrado, protagonisti. Negli occhi di un bambino c’è tutta questa purezza verso il mondo, una fiducia innata verso quello che sarà domani, verso le persone che lo circondano. Nei pochi brandelli di servizi televisivi che i farabutti media occidentali dedicano alla questione palestinese, nelle riprese dei bambini palestinesi o libanesi, un osservatore attento prova, a tratti, questa sensazione. Quella cioè che l’indole del bambino, proprio in virtù del fatto che è un bambino, sia fatta apposta per guardare avanti, verso il futuro. Anche se si vive in una striscia di terra sovrappopolata, con un esercito potentissimo che annichilisce e stermina, lentamente ma inesorabilmente, il proprio popolo indifeso; anche se i pochi centri di soccorso per bambini sono intasati da ragazzi con gravi turbe psicologiche a causa di quei mostri dell’aria che, con gran fragore, invadono lo spazio aereo per sganciare quotidianamente il loro carico di dolore e disperazione; anche se per la stragrande maggioranza di questi bambini non ci sarà alcun futuro, perché in quanto palestinesi, umiliati e vessati dalla brutale forza sionista, non possono accedere a lavori qualificati e socialmente qualificanti, comprare una casa, girare in automobile, vedere i propri parenti e amici a causa di un muro che li ghettizza e li isola dal mondo; anche se spesso i generatori degli ospedali non funzionano perché Israele non fa arrivare la benzina; anche se bisogna fare file interminabili di giorni, sottoposti ai soprusi di soldati con la stella di David che si rifiutano categoricamente di far passare una donna incinta, un contadino che deve mietere il suo campo, un paziente che deve affrontare un’operazione urgente; anche se è difficile persino andare a scuola, a causa di quei coloni, spalleggiati dall’esercito israeliano, che tirano i sassi sui bambini e sui genitori palestinesi. Sembra che quello sguardo fiducioso e puro, che ogni bambino su questa terra dovrebbe avere per diritto di nascita, sia giornalmente “sommerso” e vinto da questa quotidianità di orrore, di disperazione, di sporcizia.
Eppure, se l’Europa non fosse governata da un manipolo di burocrati massoni, e se gli Stati nazionali non si inginocchiassero quotidianamente davanti alla famosissima lobby, basterebbe poco per alleviare le sofferenze palestinesi. Le Palestiniadi, in questo senso, sono una dimostrazione lampante. Oggi, 29 novembre, in Libano si svolge questa manifestazione sportiva, comprendente discipline come il ping-pong, la pallacanestro, la corsa ad ostacoli, che permetterà ai bambini palestinesi di gareggiare tra loro, di conoscersi, di sorridere di nuovo. E’ l’eterno mito dello sport, competizione fiera da una parte e unione fraterna dall’altra tra i popoli, le culture, le tradizioni, che già i Greci avevano santificato con feste, altari, templi, celebrazioni.
Spiace vedere che la classe politica italiana, sempre più realista del re, snobbi questo avvenimento che invece è un’occasione importante non solo perché i libanesi e i palestinesi possano festeggiare, unirsi, stare insieme, ma anche per denunciare le continue angherie da parte di uno dei pochi veri Stati-canaglia della Terra: Israele.
Certamente, sappiamo che non possiamo aspettarci questo genere di cose dai nostri politici. Richiederebbe un coraggio, prima di tutto intellettuale, che loro non hanno e non hanno mai voluto avere; non a sinistra, dove il capo di Stato recita il solito rancido copione del filosionismo, della lotta all’antisemitismo etc.; non a destra, dove chi arriva al potere ha come primissima occupazione quello di far sventolare nell’istituzione dal lui rappresentata la bandiera di Israele, tanto per dimostrare subito che non intende contraddire il padrone.
Rimangono in pochi, noi per primi, a denunciare queste inumanità quotidiane. Oggi, come sempre da diciassette anni, senza sventolare le bandiere dei padroni, senza inginocchiarci a piangere per olocausti mai avvenuti, ma sempre e soltanto alzando il vessillo della Nostra tradizione e del Fascismo. Ma ricominceremo da domani. Oggi anche noi vogliamo sorridere e distendere la nostra anima, mentre guardiamo i bambini delle Palestiniadi giocare.

sabato 29 novembre 2008

Mussolini e la cultura

Tratto dal blog del Segretario Nazionale Carlo Gariglio: www.lavvocatodeldiavolo.biz

Agosto è solitamente il mese dedicato al riposo ed al divertimento, almeno per quanto riguarda la maggior parte degli italiani. Dovendo il sottoscritto rinunciare al riposo per motivi di lavoro e di gestione politica, ho deciso quantomeno di dedicarmi ad una ricerca divertente, con la quale credo di riuscire a contribuire a ridicolizzare ulteriormente i tanti compagnucci orfani del comunismo ed i tanti caproni ignoranti che si beano nel definirsi antifascisti…
L’idea che mi ha portato a realizzare l’articolo che segue me l’ha data, qualche anno fa, un anonimo utente di forum e newsgroup di internet, che firmava i suoi interventi “donquixote”; costui, con perizia di particolari ed estrema precisione, umiliava i tanti cretini comunisti presenti sugli stessi newsgroup, rispondendo a tono quando costoro trinciavano i soliti giudizi antifascisti sulla persona di Benito Mussolini, definito spesso un ignorante in possesso di un misero diploma di Maestro Elementare… Ironia su ironia, gran parte di questi giudizi viene esposta da decerebrati di sinistra, completamente privi di cultura storica e politica, ed abilissimi soltanto nello scimmiottare senza costrutto giudizi di antifascisti idioti quanto loro.
Solitamente il compagnuccio - tipo è un povero ignorante convinto che il Fascismo sia stato un movimento al soldo di borghesi e proprietari terrieri, nato per difendere i loro interessi e danneggiare il popolo lavoratore; ovviamente basterebbe una rapida occhiata alla legislazione sociale del Fascismo per smentire questa (ed altre) cretinata, ma per i cervelletti di quanti ancora oggi si proclamano fieramente comunisti senza accorgersi di seguire una dottrina politica che in ogni luogo ed in ogni tempo ha collezionato solo fallimenti, regimi dittatoriali e milioni di morti, l’informarsi su dati e fatti reali sarebbe uno sforzo troppo grande… Così come informarsi sulla caratura culturale del nostro amato Duce, il quale ha lasciato così tanti segni nella cultura italiana da non potere essere dimenticato.
Ecco dunque, a seguire, una breve raccolta di interventi di quel “donquixote”, raccordati ed arricchiti dal sottoscritto, che dimostrano con dovizia di particolari quale sia stato il ruolo di Mussolini nella cultura della sua epoca, nonché quanto siano coglioni i compagnucci della parrocchia antifascista e quanto valgano i loro luoghi comuni.
Carlo Gariglio

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Mussolini è stato certamente un grande scrittore, ed ha fornito direttamente e indirettamente, immensi contributi alla cultura. Fino a poco tempo fa, vigendo accanto al tradizionale motto: “Non si può parlare male di Garibaldi”, il motto antifascista: “Non si può parlare bene di Mussolini”, erano in pochi ad avere il coraggio di dirlo, ad esempio Francesco Grisi e Augusto Simonini, che aveva scritto il saggio: “Il linguaggio di Mussolini”. Ora le cose stanno cambiando,e persino critici letterari illustri come Carlo Fruttero (”Fu un grande prosatore sia quando era socialista che all’epoca del fascismo”) o Giovanni Mariotti possono affermarlo senza suscitare scandalo.
Sottolineo che il presente articolo non ha alcuna pretesa di esaustività riguardo al tema trattato: in effetti, parlando dei contributi diretti e indiretti di Mussolini alla cultura, troppo ci sarebbe da dire. Mi limiterò ad alcuni cenni.
Come è noto, Mussolini iniziò la sua attività politica nel campo socialista: nel 1908, trovandosi in Liguria, fondò, a soli 25 anni,un settimanale socialista, “La lima”. L’anno seguente, trasferitosi nel Trentino irredento, diresse “L’avvenire del lavoratore” e collaborò al “Popolo” diretto da Cesare Battisti. In quel periodo Giuseppe Prezzolini, il direttore della “Voce”, la più prestigiosa rivista filosofico - letteraria del primo anteguerra, alla quale collaborarono i più illustri intellettuali dell’epoca (Croce, Gentile, Papini, Slataper, Boine, Serra ecc.) scoprì il talento di Mussolini e insistette perché pubblicasse articoli sulla stessa. Prezzolini aveva infatti intuito, attraverso il semplice dialogo epistolare, sia il genio politico, sia quello letterario di Mussolini.
In una lettera scritta il primo ottobre 1909, Mussolini già delineava e prefigurava quell’opera politica e spirituale che egli stesso avrebbe portato a compimento pochi anni dopo: “Ottima l’ultima iniziativa della “Voce”: far conoscere l’Italia agli Italiani. Accanto all’unità politica che va lentamente, sì, ma progressivamente consolidandosi, bisogna formare l’unita’ spirituale degli italiani. Opera difficile data la nostra storia e il nostro temperamento,ma non impossibile. Creare l’anima “italiana” è una missione superba. E’ necessario conoscersi, dal nord al sud, per temperare, armonizzare le nostre differenze, e amarci.”
In seguito, tornato in Romagna Mussolini fondò il settimanale “La lotta di classe” e cominciò a collaborare all”Avanti!” divenendo presto il leader dell’ala rivoluzionaria del Partito Socialista Italiano. Nel 1913 fondò la rivista “Utopia” e divenne direttore dell’”Avanti!” (grazie alla sua direzione ed ai suoi articoli, l’”Avanti!” passò dalle 30.000 alle 80.000 copie giornaliere nel giro di poche settimane) e l’anno seguente fu uno dei principali organizzatori del celebre moto rivoluzionario, sorto ad Ancona, noto come “La settimana rossa”.
Mussolini fu, tra l’altro, il primo a valorizzare politicamente in Italia le teorie filosofiche di Georges Sorel, di William James, di Henri Bergson, di Vilfredo Pareto, ed a fornire una acuta interpretazione del pensiero di Nietzsche.
Passato all’interventismo, fondò il quotidiano “Il popolo d’Italia”, cui affiancò in seguito la rivista teorica “Gerarchia”, la cui direzione fu affidata a una donna, Margherita Sarfatti.
In seguito Mussolini scrisse diversi libri (”Diario di guerra”, “Vita di Arnaldo”, “Parlo con Bruno”), drammi teatrali (in collaborazione con Gioacchino Forzano, “Campo di maggio”, incentrato sulla figura di Napoleone, ebbe un clamoroso successo internazionale), saggi (tra i quali spicca il “Preludio a Machiavelli”), innumerevoli discorsi (alcuni dei quali ormai celeberrimi, raccolti in vari volumi; il grande Francesco Carnelutti rilevava: “Mussolini è un uomo d’azione e un oratore nello stesso tempo e, per suo merito,l’eloquenza è assurta a dignità senza precedenti”), la fondamentale “Dottrina del fascismo” (in collaborazione con Giovanni Gentile), le parti essenziali della “Carta del lavoro” (che divenne la carta costituzionale del regime fascista) e espose le sue idee nel libro - intervista “Colloqui con Mussolini”.
Per sottolineare la profonda e costante attenzione che Mussolini riservava alla cultura basterebbe ricordare un episodio verificatosi in un periodo della seconda guerra mondiale, dal punto di vista bellico, difficile e decisivo: nel 1942, in Germania, l’Ufficio Rosenberg, diretto da Alfred Baeumler, pose il veto all’inserimento di un saggio di Heidegger (che molti considerano il più grande filosofo del XX secolo e che proponeva nei suoi scritti teorie fasciste implicitamente antinaziste) nell’annale “Geistige Uberlieferung”. Tale veto fu rimosso solo in seguito alla ferma (e assai significativa) presa di posizione di Mussolini che, pur essendo impegnatissimo a gestire la difficile situazione politica e bellica, trovò il tempo di intervenire ufficialmente in tale senso presso le autorità tedesche, tramite l’ambasciatore Alfieri.
Nel periodo della Repubblica Sociale Italiana il governo deliberò il trapasso in proprietà a favore degli inquilini di tutti gli appartamenti degli Istituti per le case popolari, come attuazione del principio inserito da Mussolini nell’articolo 15 del Manifesto di Verona (la carta costituzionale della RSI):
“Quello della casa non è soltanto un diritto di proprietà, è un diritto alla proprietà”.
L’enunciazione di questo principio colpì profondamente Ezra Pound, il più grande poeta di lingua inglese del ventesimo secolo (insieme a Eliot) che aveva aderito entusiasticamente alla Repubblica Sociale Italiana, da lui simbolicamente definita “la città di Dioce, le cui terrazze hanno il colore delle stelle” (nel dopoguerra pagò per questa coraggiosa scelta più dell’oncia di carne di Shylock, diventando per l’America un capro espiatorio o, come scrisse Pasolini, “l’Agnello sacrificale”); egli, nei suoi “Canti pisani”, riconobbe nell’articolo 15 lo stile inconfondibile di Mussolini, lo statista-artista:
“Alla” non “della” nel Programma di Verona la vecchia mano dello stilista conserva ancora la sua abilità e l’acqua che rifluiva da quella parte del lago è silenziosa come non mai a Sirmione sotto le arcate Foresteria, Salò, Gardone a sognare la repubblica…”
Quando, subito dopo il barbaro e vile assassinio di Giovanni Gentile, avvenuto il 15 aprile 1944, alcuni collaboratori di Mussolini gli suggerirono di inviare dei sicari a Napoli, al fine di uccidere, per rappresaglia, Benedetto Croce, egli condannò immediatamente tale progetto. Eppure Croce, appena sopraggiunti gli angloamericani, non aveva risparmiato gli insulti nei suoi confronti. Quel medesimo Croce che aveva dato il proprio appoggio al fascismo persino dopo il delitto Matteotti. Quel medesimo Croce che, in occasione delle sanzioni contro l’Italia per l’intervento in Etiopia, aveva deciso di donare alla Patria, oltre che la sua fede matrimoniale, anche la sua medaglietta di senatore. Quel medesimo Croce che, da oppositore al regime fascista, aveva comunque potuto svolgere tranquillamente sotto di esso la sua attività intellettuale e culturale. Quando, durante il periodo della RSI, fu chiesto a Mussolini di commentare gli insulti che gli rivolgeva Croce, egli rispose: “Anche uomini come Benedetto Croce appartengono alla schiera di coloro che credono di dovermi combattere; ma Croce si sbaglia se crede che io lo ripaghi con eguale sentimento. Io infatti conosco molto bene l’importanza che Croce ha per l’Italia nel campo spirituale e apprezzo moltissimo la sua intelligenza e la sua energia”.
Credo che queste parole bastino a rimarcare l’abisso culturale e umano che separa Mussolini da Croce..…
E’ noto che, nel periodo della Repubblica Sociale Italiana, Mussolini occupava il poco tempo libero leggendo i “Dialoghi” di Platone e ritraducendo dall’italiano al tedesco il “Messia” di Klopstock (che gli stessi tedeschi considerano un vero e proprio “mattone”….). Un aspetto importante della notevole cultura di Mussolini è costituito in effetti dalla sua versatile e, purtroppo, assai poco “italiana” predisposizione all’apprendimento delle lingue straniere: egli parlava infatti correntemente il francese, l’inglese, il tedesco e il russo (lo aveva appreso in gioventù, nel corso di una relazione sentimentale intrattenuta con la rivoluzionaria russa Angelica Balabanoff, coniugando così l’utile col dilettevole…).
Questa conoscenza delle lingue gli fu più volte utile in ambito politico. Georges Bonnet, giornalista presente al convegno di Monaco (che fu voluto da Mussolini per salvare la pace europea, già vacillante, nel 1938), descrive Mussolini sempre pronto e sicuro nell’esprimersi in tre lingue senza l’aiuto dell’interprete (Chamberlain parlava soltanto inglese, Daladier solo francese e Hitler solo tedesco) e rapido nell’interporsi tra i tre per riassumere, contestare, precisare. Bonnet nota l’ascendente di Mussolini su Hitler, “presso il quale sembra svolgere un compito di moderatore, proponendo formule conciliative nei momenti in cui il Cancelliere, cedendo a uno dei suoi improvvisi momenti di collera, rimetteva tutto in discussione”. La stessa impressione riferisce Francois-Poncet, che mostra Mussolini comodamente affondato in una poltrona, mentre Hitler, in piedi al suo fianco, non interviene mai senza prima averlo consultato con un’occhiata.
Ormai da tempo Mussolini è stato riconosciuto come un grandissimo giornalista (Indro Montanelli, ad esempio, lo aveva recentemente definito “un maestro di giornalismo”). In realtà è stato certamente uno dei più grandi scrittori italiani del nostro secolo. Lo aveva già autorevolmente rilevato l’illustre critico letterario, di origine ebraica, Giacomo Debenedetti (che nel dopoguerra scoprì improvvisamente di essere comunista!) in un saggio pubblicato nel 1937.
Egli inserisce Mussolini nella storia letteraria italiana e assicura ai suoi scritti la gloria eterna che spetta ai grandi capolavori. Debenedetti afferma che la sua prosa “esige i corpi grandi”, come si conviene a uno scrittore “sintetico, lapidario, diatonico”, e che il suo stile stabilisce “un’identità nuova e originale tra se medesimo e la realtà operando, se così si può dire, una “risustanziazione”.
Riguardo alla capacità di Mussolini di coniare nuovi vocaboli, egli non può fare a meno di definirlo “un poeta-scienziato”. Quindi passa a analizzare le immagini e i movimenti linguistici di Mussolini “scrittore autentico”, che ha “gusto per i grandi modelli della geometria e della meccanica”, sicché nel suo “organismo sintattico” le parole “si agganciano, si addentellano l’una all’altra come ruote di un ingranaggio. La frase non ha quasi bisogno di punteggiatura, tanto esatte, istintivamente calcolate sono le relazioni che, dentro di essa, collegano i singoli termini”. Commentando i brani di un discorso di Mussolini Debenedetti afferma: “La formula pare deflagri sull’intersezione dell’intelligenza, che ha compreso, con la passione attiva, che comincia a lievitare il dato. L’intelligenza mette la lucidità, la passione mette il movimento. Con l’inesauribile creazione di siffatte formule, aggiornando di continuo e stringendo la propria cultura in sintesi icastiche e fulminee, Mussolini ha dato e va dando una nuova cultura al popolo italiano”.
Questa obiettiva analisi è stata autorevolmente confermata, ad esempio, dall’illustre critico letterario Giovanni Mariotti che, commentando recentemente la notizia dell’inserimento degli scritti di De Gaulle nella collezione della “Pleiade” (una serie di volumi che raccoglie le opere dei più grandi scrittori francesi) ha affermato che l’unico politico della storia d’Italia che meriterebbe l’inserimento delle sue opere in una ipotetica “Pleiade” italiana è proprio Mussolini.…
Particolarmente significativo è poi l’indirizzo che Mussolini volle dare alla politica artistico - culturale del fascismo. In quegli stessi anni nella Germania nazista si bruciavano i libri e si distruggevano le opere d’arte delle avanguardie, in quanto “degenerate”, e nella Russia sovietica, dopo un inizio promettente, l’arte veniva rigidamente ridotta entro i canoni del “realismo socialista” (praticamente identico al “realismo nazista”!), mentre gli artisti indipendenti e creativi andavano incontro a un destino tragico, come il povero Majakovskj, che fu costretto a suicidarsi. Il regime fascista adottò invece un totale pluralismo in campo artistico, nel quale era possibile spaziare liberamente dall’architettura tradizionale e monumentale, allo stile novecento, al razionalismo, al futurismo, fino all’astrattismo.
Il gruppo degli astrattisti, in particolare, divulgò e attuò una concezione artistica del fascismo inteso come “grecità” contrapponendosi alla “romanità” imperante e ripropose quindi una teoria dell’arte fondata “sull’armonia che fece grande la Grecia di Pericle e la Firenze medicea” (Carlo Belli).
In particolare, nel campo architettonico, Mussolini decise di intervenire personalmente per vincere l’opposizione degli ambienti tradizionalisti, legati a un’arte accademica e superata che godevano però di una grande influenza politica ed economica, e che avevano suscitato violente polemiche in relazione ai progetti architettonici di stile “razionalista”.
Egli, ricevendo a Palazzo Venezia i due Gruppi razionalisti Piccinato e Michelucci, li elogiò senza riserve, dichiarando: “Darò ordine a tutti gli enti e a tutti i ministeri perché si facciano costruzioni del nostro tempo. Non voglio vedere Case Balilla e Case del Fascio con architetture del tempo di Depretis”.
Fu grazie al suo appoggio che Terragni poté realizzare le Case del Fascio di Como e di Lissone, che a Michelucci (che in seguito progetterà l’avveniristica “Chiesa dall’Autostrada” nei pressi del casello di Firenze) fu affidata la realizzazione della stazione di Firenze e a Piccinato quella di Sabaudia; che a Luigi Moretti fu assegnata la Casa delle Armi al Foro Mussolini e a Ridolfi, De Renzi e Samona gli edifici postali principali di Roma; che Piacentini chiamò Pagano, Aschieri Michelucci e altri, a collaborare alla costruzione della città universitaria di Roma, che fu tanto cospicua la presenza dei razionalisti alle Triennali milanesi e alle mostre celebrative del regime, a cominciare da quella stessa della Rivoluzione fascista.
Fu personalmente Mussolini, tagliando le piaggerie monumentalistiche interpretate e sostenute da influenti ambienti intellettuali, a bocciare il demenziale progetto brasiniano di demolizione e ricostruzione del centro di Roma in forme accademico - classicheggianti; fu lui in pieno parlamento a stroncare il palazzo dell’INAIL, sempre di Brasini, a via IV novembre, definendolo “un infortunio al palazzo degli infortuni”; ad impedire alle mire speculative dei “Beni Stabili” di costruire l’immancabile palazzo sulle rovine appena dissepolte dei templi repubblicani di Largo Argentina e, nientedimeno, all’Accademia di San Luca di riedificare la sua sede sui resti,da poco riportati alla luce, del Foro di Cesare a Via dell’Impero; a neutralizzare gli intenti della Confindustria di erigere la sua nuova sede immediatamente ai piedi della cordonata michelangiolesca del Campidoglio.
Il migliore interprete italiano dello stile razionalista fu Giuseppe Terragni (al quale è stato recentemente dedicata una retrospettiva antologica a Milano, nel palazzo della Triennale, altro capolavoro architettonico costruito durante il Ventennio) che, dal punto di vista politico, fu fascista non per opportunismo, ma per profonda convinzione (destinato al fronte russo, nonostante la fama e il prestigio che gli erano riconosciuti, chiese di combattere in prima linea senza alcun tipo di privilegio; tornato in Italia gravemente ammalato, morì nel 1943, lasciando gli schizzi per la costruzione di una avveniristica cattedrale).
A Como è possibile ammirare alcune delle sue opere più importanti: tra le altre l’edificio “Novocomum” di via Sinigaglia 1; l’asilo infantile “Sant’Elia” di via Alciato 15; il Monumento ai Caduti (rielaborazione di un progetto di Antonio Sant’Elia, architetto futurista morto giovanissimo nella prima guerra mondiale, autore di studi e progetti avanguardistici e stupefacenti) in viale Peucher, sul lungolago, nei pressi del tempio voltiano; e soprattutto, la celeberrima Casa del Fascio, in piazza del Popolo 4, unanimemente riconosciuta come un capolavoro architettonico. L’edificio, che è stato in parte “epurato” nella parte decorativa originale (immagini stilizzate e astrattizzate di Mussolini è, come ricorda il critico David Watkin:
“impostato su una pianta perfettamente quadrata, in asse con l’abside del Duomo, situato sul lato opposto di piazza dell’Impero (…) Una fila di 16 porte in vetro, funzionanti elettricamente per permetterne l’apertura simultanea, consentiva alla milizia di riversarsi scenograficamente nell’arena politica della piazza, offrendo una perfetta espressione di convergenza della mentalità futurista con quella fascista”.
Persino un critico parziale come il comunista Cesare De Seta dopo avere acrimoniosamente osservato che Terragni “compone ossessivamente in facciata, col disegno delle finestre, il tema astrattamente semplificato del fascio”, riconosce che l’opera è “raffinata, colta, sapientemente proporzionata e modulata nel suo secco volume così da risultare elemento insostituibile e dialettico rispetto alla piazza del Duomo”.
Il dato più interessante è comunque il fatto che, ad ispirare a Terragni la realizzazione del suo capolavoro, fu una frase di Mussolini: “Il fascismo è una casa di vetro”. Terragni riuscì genialmente a tradurre in opera d’arte l’affermazione di Mussolini come spiega il critico Marco De Michelis:
“L’edificio è infatti formato da un semicubo in cui le quattro facciate, tutte diverse, sono costruite nel rapporto fra la maglia della struttura e l’articolazione delle bucature, esaltando così la trasparenza delle superfici e accentuando il rapporto tra esterno e interno”.
Mussolini stesso fu spesso motivo di ispirazione per grandi artisti. Come non ricordare, ad esempio, la celebre “Ballata dell’Arci-Mussolini” di Malaparte (”Spunta il sole/canta il gallo/Mussolini monta a cavallo”)?
Come è noto, Luigi Pirandello aderì esplicitamente e pubblicamente al fascismo nel momento in cui questo subiva la sua crisi più grave: quella seguita all’assassinio di Matteotti (in relazione al quale Mussolini non aveva alcuna responsabilità, nemmeno indiretta). Mentre numerosi fascisti (alcuni sinceri, altri divenuti tali per opportunismo abbandonavano la nave coinvolta nella bufera e ormai prossima ad affondare, Pirandello gettò sul piatto della bilancia tutto il peso del suo nome e del suo prestigio, inviando a Mussolini questo telegramma: “Eccellenza sento che questo è il momento più proprio di dichiarare una fede nutrita e servita in silenzio. Se l’Eccellenza Vostra mi stima degno di entrare nel Partito Nazionale Fascista, pregierò come massimo onore tenervi il posto del più umile e obbediente gregario. Luigi Pirandello”.
Nel corso di un’intervista-fiume (che divenne poi un famoso libro) concessa eccezionalmente al giornalista ebreo Emil Ludwig, Mussolini fece, riguardo all’arte di Pirandello un’osservazione acuta e originale: “Pirandello fa, in fondo, senza volerlo, un teatro fascista: il mondo è quale vogliamo farlo, è la nostra creazione”.
In realtà l’intuizione di Mussolini era suffragata dall’interpretazione autentica dello stesso Pirandello, che dichiarava:
“Per me Mussolini è un uomo eccezionale.
Forse pochi come me sono in grado di ben comprendere la forza e la sostanza della sua azione politica. La sua azione è fatta di attivismo, che crea continuamente la sua realtà e non subisce quella che creano o tentano di creare gli altri. Mussolini sa benissimo che la realtà non c’è data, ma che siamo noi a crearla, con una continua attività del nostro spirito. E con tenacia straordinaria quest’uomo grande,che il destino ha dato fortunatamente all’Italia, svolge la sua opera poderosa per la grandezza della Nazione”.
Mussolini fu spesso oggetto di rappresentazione pittorica e scultorea, non solo da parte di artisti “tradizionali”, ma anche da parte di artisti d’avanguardia come i futuristi. Ecco come lo descrive il fondatore del movimento, Filippo Tommaso Marinetti: “Mascelle quadrate stritolatrici; labbra prominenti sprezzanti, che sputano con spavalderia e aggressività su tutto ciò che è lento pedante analitico piagnucoloso. Gli occhi corrono ultradinamici. Lampeggia a destra e a sinistra la cornea bianchissima di lupo”.
Gabriele D’Annunzio invece era particolarmente ispirato dai celebri discorsi mussoliniani: “La parola di Dante ti s’attaglia… Ti ho ammirato e ti ammiro in ogni tuo atto e in ogni tua parola… Tu non sai ancora che io mi sono messo a tradurre la tua orazione stupenda alle genti d’Irpinia nel latino dei Commentari, non senza qualche acerbità sallustiana.”
Lo stesso D’Annunzio (con un procedimento simile a quello utilizzato per “La sera fiesolana”) dedicò a Mussolini una poesia ispirata al “Cantico delle creature” di San Francesco D’Assisi:
“Sii laudato, Tu che riesci a infondere nella nostra gente per troppo tempo inerte la volontà di questo compimento. Sii laudato, Tu che tanti secoli senza gloria guerriera compisci con la composta bellezza di questo assalto e di questo acquisto! Per te oggi la Nazione trae un respiro dal profondo. E tutto è vivo, tutto respira… Sii laudato, o capo improvviso dell’Italia acefala, Tu che restituisci Roma alla predestinata Italia… O Benito Mussolini, oggi abbraccio in te il tuo coraggio impavido e la tua fede intemerata”.
Tra i tanti, immensi, meriti culturali di Mussolini, bisogna certamente ricordare il fatto che egli “lanciò” personalmente e in seguito aiutò e appoggiò, due grandi geni artistici: Giuseppe Ungaretti e Mario Sironi.
A scrivere la prefazione del “Porto sepolto”, la prima significativa raccolta di poesie di Ungaretti, fu infatti proprio Mussolini, che aveva ispirato al poeta la poesia “Popolo”:
“Insorse in mezzo ai forsennati richiamando ciascuno a dura voce e mutò in giorni audaci un fatto triste nella casa provata portò la calma rinfrancò i piangenti”.
Riferendosi ad essa Ungaretti scrisse, anni dopo: “Sono lieto e fiero, dopo tanti anni, nel vedere che in un punto il mio animo non muta, né potrà mutare: suggerita nel 1914 dall’Uomo che si affacciava allora per la prima volta al mio cuore, nell’edizione del 1919 e in questa d’oggi intitolata a Lui, pure essendo cosa futile davanti alla grandezza delle sue parole, è per me l’immagine della fedeltà,e, per questo, fra tutte le mie poesie la più cara.”
Collaboratore del “Popolo d’Italia” e “sansepolcrista”, Ungaretti elaborò nel 1924 “il primo programma fascista organico per la diffusione del nostro spirito e della nostra cultura”, e sottoscrisse, l’anno seguente, il Manifesto degli intellettuali fascisti di Giovanni Gentile, al quale si contrappose il Manifesto degli intellettuali antifascisti promosso da Croce. Proseguì quindi ininterrottamente la sua milizia, propagandando il fascismo in Italia e all’estero, e scrivendo il suo capolavoro, la poesia “Epigrafe per un caduto della Rivoluzione fascista”:
Ho sognato, ho creduto, ho tanto amato. Che non sono piu’ di quaggiù. Ma la bella mano che pronta Mi sorregge il passo già inerme, Mentre disanimandosi Mi pesa il braccio che ebbe volontà Per mille, E’ la mano materna della Patria. Forte, in ansia,ispirata, Premendosi al mio petto, il mio giovane cuore a sé immortala.
Apre in seguito vistose polemiche per difendere la sua fede politica: nel corso di una di esse se la piglia con Guido Piovene, e risolve ogni dubbio concludendo la diatriba con esclamazioni sacrali: “Il Duce mio! Il mio Duce!”.
A Marco Ramperti, che aveva tacciato i suoi versi di incomprensibile ermetismo, replica: “La mia poesia la capivano i contadini, miei fratelli in trincea; la capisce il mio Duce, che volle onorarla di una prefazione (…) Potrei dirgli che una vita durissima come la mia,fieramente italiana e fascista,sempre davanti a stranieri e connazionali, meriterebbe almeno di non vedersi accrescere le difficoltà da parte di giornali italiani e fascisti”.
E’ tale il suo fideismo che, indirizzando una lettera a una rivista francese, la firma: “Joseph Ungaretti, fasciste”. Riguardo all’impresa etiopica, sollecita “l’urgenza per gli italiani di riconquistare la propria potenza autoctona e universale, per la quale il popolo d’Italia è corso al fuoco nel ‘15 e nel ‘19, sicché oggi il Fascismo è uno dei grandi fattori della nuova civiltà basata sul lavoro e sul popolo”.
Sull’”Italia letteraria”, quando Mussolini pubblicò, per la morte del fratello, quella “Vita di Arnaldo” che Ungaretti definì “il segreto della sua grandezza”, scrisse, tra l’altro: “C’è un uomo ch’io venero tra i vivi, la cui presenza non si stacca mai dalla mia mente, nelle mie giornate, e nel silenzio delle mie lunghe veglie. Lo vedo lontano, solo, che riedifica la grandezza di un popolo. Sento la forza tremenda che gli ci vuole, e sento questa forza che passa in ciascuno di noi, e ci trasforma. Ma quale ricchezza di sentimenti ha dunque quest’Uomo, per essere così forte? C’è una parola di Arnaldo che egli ha sottolineato: “Abbracciare i fratelli che soffrono, e coloro che sperano.” Non è questa anche la sua parola? Quella che l’ha illuminato sin dagli anni più lontani della sua azione politica, e sino dall’infanzia,sempre! Non sentiamo noi che solo per il costante pensiero di alta pietà che regola ogni suo atto, tanta devozione, e tanta fede, e tanta ubbidienza è sempre stata attratta dalla sua persona? Così lontano! E così vicino al nostro cuore. Un uomo già da vivo circonfuso dalla luce del mito; ma che arriva a sé dai più semplici affetti.(…) E’ questo il segreto di Benito Mussolini, è questo il segreto di ogni grandezza: egli si è sempre chinato sulla sofferenza, essa è sempre stata fuoco alimentatore della sua volontà e della sua fede. Tutti gli italiani amano e venerano il loro Duce come un fratello maggiore”.
Riguardo a Sironi, bisogna rilevare anzitutto che la sua grandezza è stata riconosciuta solo in tempi recenti per ragioni esclusivamente e bassamente politiche: essendo egli sopravvissuto alla caduta del fascismo, senza peraltro mai rinnegare nulla del proprio passato, è stato particolarmente colpito, fino a poco tempo fa, dalla subdola e vergognosa censura, una sorta di tacita “damnatio memoriae”, decretata dalla incultura antifascista.
Per cercare di fare comprendere la sua grandezza mi limiterò a descrivere brevemente le vicende relative a uno dei suoi numerosi capolavori: il mosaico murale “L’Italia corporativa”, attualmente visitabile a Milano nel “Palazzo dei giornali”(ex sede del “Popolo d’Italia”) di Piazza Cavour.
Tale opera fu presentata all’Esposizione universale di Parigi del 1937 e gareggiava, nel concorso artistico, con la celeberrima “Guernica”di Pablo Picasso. La situazione ambientale non poteva essere peggiore per l’artista italiano: si era nel pieno della guerra civile spagnola che vedeva la Francia schierata con i repubblicani (anarchici + comunisti) e l’Italia schierata con i nazionalisti di Franco; in Francia era al potere il Fronte Popolare(sinistre unite) violentemente antifascista; si era da poco conclusa l’impresa etiopica avversata dalla Francia; l’Italia non nascondeva le proprie rivendicazioni sulla Corsica e sulla Tunisia. Ebbene, LA GIURIA ASSEGNO’ IL GRAND PRIX ALL’OPERA DI SIRONI, nonostante tutti i tentativi di condizionamento da parte del governo e degli “intellettuali”, nonostante il suo soggetto apertamente e orgogliosamente ideologico, perché l’eccezionale contenuto artistico dell’opera non consentiva altra decisione.
Tale capolavoro corse il rischio di essere distrutto, al termine della guerra, dall’ignoranza e dalla barbarie antifascista: la persona incaricata della distruzione dell’opera, saggiamente, fece costruire delle impalcature, ma non eseguì l’ordine che gli era stato impartito. Solo per questo ci è ancora possibile ammirare quest’opera incredibile, il cui soggetto multiforme fonde mirabilmente temi politici, giuridici, economici e sociali con temi epici, mitici, religiosi e culturali, e nella quale il genio artistico fonde stili antichi (bizantino, romanico, rinascimentale - masaccesco) e contemporanei (soprattutto il cubismo e lo stile novecento).
Le ragioni della fedeltà di Sironi a Mussolini credo possano essere comprese anche riportando il ricordo del loro primo incontro (avvenuto a Milano, poco dopo la fine della prima guerra mondiale: Sironi sarebbe diventato il disegnatore del “Popolo d’Italia”) che rivela nel futuro Duce una bontà innata e una spiccata sensibilità ecologista ante-litteram. Ricorda Sironi:
“Chiesi senza avere risposta il permesso di entrare, poi mi decisi e lentamente avanzai. Un uomo curvo sulla scrivania con cappello e cappotto dal bavero rialzato (sembrava non mi avesse notato) scriveva assorto, ma evidentemente aveva avvertito la mia presenza. La stanza era gelida; la finestra del balcone aperta lasciava penetrare nebbia e freddo. Un improvviso frusciare d’ali mi fece alzare la testa; due o tre passeri con rapido volo entrando nella stanza dal balcone si posarono su di un grande armadio situato proprio alle spalle di Mussolini. Egli allora mi disse: “Non si meravigli del freddo, lascio la finestra aperta per dare la possibilità agli uccellini di venire a nutrirsi; d’inverno non hanno molte risorse in questa città’..”
In conclusione, vorrei ricordare che innumerevoli personaggi storici, molti dei quali protagonisti dell’universo culturale, hanno espresso, nei confronti di Mussolini giudizi, come dire, non del tutto negativi: Pio XI lo ha definito “l’uomo della Provvidenza” (giudizio condiviso da Angelo Roncalli, il futuro Giovanni XXIII, il “papa buono”) Pio XII “il più grande uomo da me conosciuto, e senz’altro tra i più profondamente buoni” Gandhi “un superuomo”, Thomas Mann “un semidio”, Sigmund Freud “un eroe della Civiltà” (Kultur), Churchill “il più grande legislatore vivente”, Thomas Alva Edison “il più grande genio dell’età moderna”, Massimo Gorky “un uomo di intelligenza superiore”, Lloyd George “il Genio del dopoguerra” e “un uomo che desta ammirazione anche tra i suoi nemici, e che ogni giorno detta leggi circa il modo di governare i popoli in momenti difficilissimi”, Eden ha affermato che “le leggi del Duce e dei Suoi fedeli sono una pietra miliare nella evoluzione mondiale”, Baldwin che “non vi sono in Europa uomini di eccezione come Mussolini”, Hoare che “Mussolini è il massimo statista dell’Europa moderna”, Stalin che “con la morte di Mussolini scompare un grande uomo politico cui si deve rimproverare di non aver messo al muro i suoi avversari”, Stravinskij che “Mussolini è un uomo formidabile. Non credo che qualcuno abbia per Mussolini una venerazione maggiore della mia. Per me Egli è l’unico Uomo che conti nel mondo intero”, George Bernard Shaw che “Mussolini non è soltanto un uomo, ma una situazione storica”, Ezra Pound che “Jefferson fu un genio, e Mussolini un altro genio”, H.G. Wells che “Mussolini ha lasciato il suo segno nella storia”, Kipling “Vogliategli bene sempre, con un affetto ideale costante pensate che per l’Italia Egli è tutto”, Amundsen che “Soltanto Napoleone può paragonarsi a lui”, Alexis Carrel che “Cesare, Napoleone, Mussolini: tutti i grandi conduttori di popoli crescono oltre la statura umana”, l’Arcivescovo di Milano Ildefonso Schuster (di recente beatificato dalla Chiesa) “Mussolini è il simbolo della Nazione, dello Stato, della Cristianità; Egli porta la Croce di Cristo, spezza le catene degli schiavi, spiana le strade ai missionari del Vangelo” e che “A Benito Mussolini Gesù Cristo figlio di Dio Salvatore ha accordato un premio che ravvicina la sua figura storica agli spiriti magni di Augusto e Costantino”, Piero Mascagni “Più che a qualsiasi cosa, credo con assoluta convinzione a quella fede che il Duce ha espresso agli italiani con parola ferma e sicura”, Guglielmo Marconi “Rivendico l’onore di essere stato in radiotelegrafia il primo fascista, il primo a riconoscere l’utilità di riunire in fascio i raggi elettrici come Mussolini ha riconosciuto per primo in campo politico la necessità di riunire in fascio le energie sane del Paese per la maggiore grandezza d’Italia”, D’Annunzio “Io ho avuto da te, tra tanti altri benefizii portentosi, quel di vedere un uomo vivo creare il suo Mito sempiterno”, Pirandello “Mussolini recita, da protagonista, nel teatro dei secoli”, eccetera, eccetera eccetera..
E poi c’è ancora qualcuno che si stupisce perché in un sondaggio popolare promosso pochi anni dal “Corriere della Sera” per designare “l’italiano del millennio”, Mussolini si è piazzato tra i primi 5 classificati, accanto a Leonardo, Dante, Michelangelo e Cristoforo Colombo…

lunedì 24 novembre 2008

Il libero mercato, o il gigante d'argilla



L’annuncio che la Federal Reserve (la Banca Centrale degli Stati Uniti d’America) ha deciso di salvare Citigroup, uno dei più grandi e importanti operatori finanziari del mondo, ha permesso ai mercati europei di aprire la sessione di oggi positivamente, con euro in rialzo per 1,26 dollari. Citigroup, la banca più potente del mondo con più di 200 milioni di clienti su tutto il pianeta, e che solo fino a qualche settimana fa era data anch’essa per inaffondabile (come Fannie, Freddie, AIG e la Lehman Brothers, poi salvate sul filo di lana dal governo americano), ha visto dimezzare il suo valore nel giro di qualche ora, costringendo gli Stati Uniti a cercare di salvare artificialmente il mercato azionario e la fiducia degli investitori con ben 20 miliardi di dollari (circa 16 miliardi di euro). Con i 25 miliardi che Citigroup ha già preso, sempre dalle casse pubbliche degli Stati Uniti, il salvataggio della banca è costato all’America 45 miliardi di dollari circa in tutto. Non male per un network finanziario che solo fino a poche settimane fa appariva solidissimo, con un Tomas Maheras, capoccione del gruppo, che a settembre etichettava come fisiologiche e perfettamente nella norma le perdite del suo gruppo finanziario.
E, ironia della sorte, è proprio quella America che per più di mezzo secolo ci ha imposto il suo sistema economico e ci ha dato lezioni di economia ad agire in senso più propriamente statalista. Perché nessuno lo dice, ma la FED che corre a salvare in massa le sue banche arraffone ed usuraie è proprio questo: semplicemente un gigantesco intervento statale volto a salvare l’economia americana dal collasso totale. La UE, questa sorta di gigantesca colonia sopra la quale sventola la bandiera americana, ovviamente tace: non ha neanche il coraggio di prendersi sugli americani una rivincita simbolica, ammonendoli a non esagerare con gli interventi statali sull’economia statunitense. Con noi, in compenso, fa la voce grossa sull’Alitalia per quei 300 milioni di euro che, al confronto con le cifre astronomiche della crisi economica sembrano spiccioli.
Ci sarebbe da ridere sul crollo immediato, avvenuto nel giro di qualche mese, di questo capitalismo che ci avevano descritto perfetto in se e per se:
un sistema economico che non aveva bisogno di alcun intervento statale, di alcun controllo, e che anzi predicava l’abbattimento di tutte le barriere economiche, territoriali e nazionali, indicate come un ostacolo al libero mercato. Quello stesso libero mercato che ha portato milioni di americani “a mangiare il kitekat nelle roulottes”, a perdere il posto di lavoro e la propria casa. Ci sarebbe da ridere, pensando al disprezzo con il quale veniva guardato chi proponeva un minimo di regolamentazione statale o addirittura chi, come noi, ancora parla di “terza via”. Come ha già avuto modo di specificare il Corriere della Sera in una delle sue rubriche economiche di qualche giorno fa, le imprese del nord cominciano ad avere il fiatone sul collo, hanno difficoltà nell’accesso al credito, si profilano licenziamenti cospicui. Ci sarebbe da ridere se questo enorme gigante, che come un ubriaco tentenna cercando disperatamente di mantenere l’equilibrio, non ci stesse cadendo addosso proprio in questo momento.

domenica 23 novembre 2008

Sardegna, il dopo alluvione: sempre svegli gli sciacalli


Pur di approfittare di quei 7 milioni di euro circa che la Regione Sardegna ha stanziato come fondo di risarcimento per le vittime dell’alluvione, abbattutosi sulla Sardegna il 22 ottobre scorso, in particolar modo a Capoterra, c’è chi ha usato tutta la sua fantasia. I militari della Guardia di Finanza, pertanto, hanno dovuto fare gli straordinari per smascherare e fermare gli sciacalli; non soltanto coloro che, nelle ore immediatamente successive all’alluvione, si intrufolavano di soppiatto nelle case cercando di arraffare un mobile, qualche gioiello dimenticato, un grazioso lavandino. Ma anche e soprattutto coloro che, pur di ottenere i rimborsi, non hanno esitato a falsificare i documenti che la Regione aveva messo a disposizione per la richiesta dei rimborsi. Addirittura si apprende che c’è chi, bagnando con un po’ di terriccio qualche mobile, è riuscito ad intascare subito decine di migliaia di euro.
Per quanto la sfiducia fosse tanta, bisogna ammettere che la Regione guidata da Renato Soru non si è fatta attendere: i lavori di ristrutturazione sono partiti subito, i rimborsi sono arrivati, le procedure di rimborso e per un veloce e sereno ritorno alla normalità sono state messe in campo con efficienza, seppur con qualche tentennamento. Lo stesso non si può dire del governo nazionale, che ha bocciato un emendamento che, se approvato, avrebbe aumentato considerevolmente le risorse a disposizione degli alluvionati. E’ deprimente constatare come anche nell’ora della tragedia manchi quella tanto famigerata solidarietà di cui tanti si riempiono invano la bocca, nella politica di rango così come tra la cittadinanza. E gli sciacalli del dopo alluvione non sono poche mele marce. Su 600 richieste di rimborso sono una sessantina: all’incirca uno su dieci. Antonio e Francesco Corda, Franca Aramu, Salvatore Gerina e Michele Randaccio, i primi cinque che a breve saranno giudicati per i loro tentativi di “buggerare” la Regione e di avere i soldi dei rimborsi, non saranno gli unici nomi che saranno ricordati in questa farsa. Sciacalli.

venerdì 21 novembre 2008

Hitler sarà stato anche monorchico, però aveva le palle


Ascoltare le balle del Grande Fratello, con il suo codazzo di reggicoda, ballisti di professione e utili idioti, è sempre particolarmente utile per convincersi sempre più che, nonostante il Fascismo e il Nazionalsocialismo siano ormai stati sconfitti tanto tempo fa dal punto di vista militare, viceversa non lo sono dal punto di vista politico.
Non passa giorno senza che i pennivendoli di professione, approfittando della scarsa memoria degli italiani, non cerchino di coprire di ridicolo e di infangare Mussolini, Hitler e simili. Vediamo, nel concreto, le palesi menzogne che gli sgherri del Big Brothers cercano di rifilarci.
In questi giorni i giornali riprendono l’antica menzogna secondo la quale Hitler avrebbe avuto, in seguito ad un incidente occorsogli nella prima guerra mondiale, un solo testicolo. A parte il fatto che non si capisce perché un uomo con un solo testicolo dovrebbe essere discriminato rispetto a chi di testicoli ne ha due (ma non erano contro le discriminazioni questi democratici?), leggiamo quello che si scrive in giro. Il testimone unico, la cui veridicità non può ovviamente essere accertata, è Blassius Hanczuch, amico di quel padre Jambor che salvò la vita al futuro Fuhrer e che ebbe modo di leggere il diario personale all’interno del quale frate Pawlar (amico e confessore di padre Jambor) scrisse tale avvenimento. Insomma: quel tipo che ha sentito che quello ha sentito che quell'altro ha sentito che a quell'altro è stato detto che quello ha letto..... Secondo padre Jambor Hitler, subito dopo l’incidente, il futuro Fuhrer gridava come un ossesso (e te credo!) e chiese al suo soccorritore: “Padre, ma potrò avere ancora dei figli?” Curiosa una frase del genere, dato che la stragrande maggioranza delle biografie sul politico tedesco non ci ragguagliano sul fatto che Hitler avesse avuto dei figli anteriormente alla prima guerra mondiale. Revisionisti, questi giornalisti, ma solo quando fa comodo a loro.
Secondo altri documenti fu appurato che Hitler sarebbe stato monorchico (dotato di un solo testicolo) da un’autopsia russa. Diavolo d’una Russia! Non si era mai sentita di una autopsia russa su Hitler! E si che se ne sono scritti di libri e di saggi sul modo in cui morì il Fuhrer (tant’è che chi studia la Storia sa bene che ancora oggi sono discusse diverse ipotesi)…
Tutto qui. Vedete? Basta poco per demolire questi giornalisti revisionisti di balle. Leggendo i loro stessi capolavori, tra l’altro.
Chiudo con una piccola parentesi. Come da tradizione, torna in auge la solita grossa balla sull’omosessualità (presunta e mai dimostrata) di Hitler. Anche se fosse acclamata tale ipotesi, non vedo che cosa ci sarebbe di male, in particolar modo oggi che l'omosessualità viene addirittura ostentata e considerata come normale e della quale non vergognarsi affatto.
C’è poco da fare: a distanza di quasi un secolo, il sistema ha talmente paura di quegli uomini che hanno suscitato l’ammirazione di gran parte del mondo all’epoca libero, da sentirsi in dovere di (cercare di) coprirli di ridicolo e di menzogne ancora oggi.
Hitler e Mussolini hanno spaventato il grande capitale, la finanza internazionale e la massoneria plutocratica a tal punto che per farli fuori hanno dovuto scatenare una guerra mondiale. Figuriamoci se di testicoli il Fuhrer ne avesse avuti due, anziché uno solo come ci dicono. Sarà stato anche monorchico, ma tutto si può dire di Hitler tranne che non abbia avuto le palle… Quelle che non hanno loro, anche se di testicoli ne hanno due.

lunedì 17 novembre 2008

Comunicato stampa (sulla vicenda dell'attore Ulderico Pesce)

Desideriamo divulgare il più possibile quanto sta accadendo al nostro movimento, soprattutto in un periodo storico come quello attuale, ove il banditismo di stampo comunista sta pericolosamente rialzando la testa, come testimoniano le aggressioni in strade, Scuole, Università e cortei studenteschi messe in atto da questa genia di depravati, sempre pronti, poi, a nascondere le loro “epiche” imprese dietro ad inesistenti squadrismi nazifascisti grazie alla complicità dei media e dei commentatori TV.

Di recente, sul sito personale di un sedicente “attore” comunista, tal Ulderico Pesce (www.uldericopesce.com) è comparsa una specie di “petizione” nella quale, con la scusa di raccogliere firme contro il nostro movimento, il mascalzone in questione pubblica centinaia di insulti virulenti e vere proprie incitazioni all’odio ed alla violenza nei nostri confronti.
Questo nonostante lo stesso Pesce sia già stato rinviato a giudizio per il tentativo di aggressione e le diffamazioni assortite lanciate contro il MFL ed i suoi esponenti nel giugno del 2005 a Matera; molto diversamente da quanto racconta il menzognero guitto comunista nella sua petizione, ove si rivolge alle autorità recitando la parte della vittima di inesistenti naziskin, in quella data il Pesce, invitato sul palco di un comizio radicale, incitò la folla materana ad aggredire tre militanti del MFL che, con tanto di autorizzazione di Digos ed autorità preposte, stavano pacificamente distribuendo volantini nella stessa Piazza. Il Pesce per ben due volte chiese alla folla (fortunatamente invano) di rovesciare il tavolino dei Fascisti e di cacciarli dalla Piazza, condendo il tutto con insulti virulenti sentiti da centinaia di testimoni (ivi compresi gli agenti Digos accorsi temendo il peggio) e ripetuti l’indomani sulla stampa locale. Ed il fatto che la folla non lo seguì nelle sue deliranti richieste, lo indusse ad abbandonare il palco per protesta!

Ovviamente per queste sue prodezze venne denunciato, ed altrettanto ovviamente è stato rinviato a giudizio, ma invece di fare tesoro dei suoi errori, reitera i reati dal suo sito, facendosi aiutare da altra feccia del suo stampo nella tentata aggressione ad un legittimo movimento politico, nato nel lontano 1991, più volte presente ad elezioni amministrative in varie Province d’Italia con tanto di suoi rappresentanti eletti in varie Istituzioni, e da allora mai accusato, né tanto meno condannato, per reati connessi con la violenza politica.

Addirittura pretenderebbe, il Pesce, assecondato dalla sua compagnia di saltimbanchi capaci solo di insultare e minacciare di morte, di farsi assolvere dai Magistrati che stanno indagando e di fare chiudere un legittimo movimento politico, semplicemente con la pressione esercitata dalla sua minacciosa ed al tempo stesso patetica petizione!

Forse questo rottame del comunismo nostrano crede di vivere ancora ai “bei” vecchi tempi del comunismo di Stalin, di Mao o di Pol Pot, allorquando con un cenno del “presidente” venivano chiusi circoli ed associazioni, nonché trucidati i vari membri. Ma purtroppo per lui ed i suoi accoliti il comunismo è morto e sepolto, e non rinascerà certo grazie alle sue rabbiose petizioni o agli insulti dei vigliacchi suoi pari che popolano il suo sito!
Riteniamo doveroso da parte della stampa libera, se ancora esiste, informare tutti i cittadini del “modus operandi” di questa immonda casta di delinquenti, asociali e barbari, che ancora oggi pretendono di limitare le libertà altrui, costituzionalmente garantite, inneggiando liberamente a ideologie e personaggi che hanno donato al mondo ed alla storia qualcosa come cento milioni di morti.

Dott. Carlo Gariglio
Segr. Naz. MFL
www.lavvocatodeldiavolo.biz

domenica 16 novembre 2008

Intimidazione virtuale?

Un utente, che si firma ”Reazione”, mi manda questa lettera di posta elettronica. La pubblico con annessa risposta.

Caro Andrea,
nonostante io non sia Fascista leggo spesso e volentieri il tuo blog. E siccome penso che di fascisti che abbiano il coraggio di definirsi tali e che dicano le cose come stanno, andando al centro dei problemi, ce ne siano pochi, spesso e volentieri posto le tue notizie in OkNotizie. Oggi ho fatto lo stesso con la tua notizia “Eppur si muovono”, che incredibilmente riceveva un sacco di punteggio in pochissimo tempo, restando tra le prime notizie importanti della homepage. Di colpo questa notizia viene affossata da non si sa chi e se si prova a postare di nuovo qualche notizia dal tuo sito il programma mi dice che il sistema non è valido.
Censura comunista? Razzismo ideologico? Pezzi di m****?
Quel che so è che, se la legislazione non fosse così indietro rispetto ad internet, una bella denuncia non ci starebbe male. Io comunque ho avvisato gli amministratori e chi di dovere per segnalare questo abuso: ti farò sapere.

Un saluto

Reazione

Caro Reazione, ti ringrazio innanzitutto dei complimenti e per la propaganda gratuita che mi/ci hai fatto. Ora posso spiegarmi alcuni picchi di utenze che il contatore delle visite ha registrato.
Mi piacerebbe risponderti che internet non è importante, e che su queste cose ci si può tranquillamente passare sopra, ma purtroppo non è così. Per molti, non escluso io stesso, internet è la principale fonte di informazione (che ovviamente va affiancata ai canali tradizionali): censurare le notizie costituisce per noi un grave danno, visti i pochi spazi che abbiamo a disposizione.
Io, tra le altre cose, ero informato del funzionamento di OKNOTIZIE: è uno di quei siti che vengono definiti “social network” all’interno dei quali gli utenti pubblicano delle notizie; se queste notizie riscuotono successo allora restano nella pagina principale del sito, altrimenti scivolano lentamente tra le ultime posizioni, dove non le vede più nessuno. E’ senza subbio un funzionamento molto ingegnoso e, a prima vista, democratico. Un po’ troppo democratico, verrebbe da dire. Se controlli bene in alto a destra del sito, troverai un collegamento denominato “Aiuto”: se lo leggi attentamente, scopri che non solo gli amministratori hanno facoltà di bloccare le notizie (nonostante dicano il contrario, non ho mai sentito di un sito internet dove gli amministratori e/o i gestori non possano fare il bello e il cattivo tempo sul loro stesso sito), ma anche molti utenti. Sono utenti che hanno un punteggio elevato (ciò significa che le notizie e le cose che propongono piacciono ad una stragrande maggioranza di utenti) e che accedono pertanto a funzioni particolari: possono “affossare” le notizie che non gradiscono o bloccarne i siti; certamente, il tutto è sempre fatto per evitare notizie che elogino il Fascismo, il razzismo, la pedofilia o altre cose simili. Noi, per questi idioti, rientriamo pienamente in questa categoria che va quindi affossata: poco importa se siamo un movimento politico legittimo, che opera come tutti gli altri movimenti senza mai essere incorso in condanne di alcun genere. Il nostro simbolo, e la parola “Fascismo”, bastano come giustificazione ai sinceri democratici per metterci a tacere. Se ci pensi bene, abbiamo comunque fatto qualche passo in avanti. Fino a qualche anno fa ci facevano direttamente la pelle, ora ci censurano i siti.
Sicuramente c’è il materiale per una denuncia, visto anche il fatto che la notizia in se non mi pare niente di così scandaloso: lo leggi e lo senti da tante persone che stanno su altre barricate rispetto alle nostre. Ma il problema è fondamentalmente uno: come noi di Fascismo e Libertà abbiamo imparato a nostre spese, la giurisprudenza non è sufficientemente evoluta per questo tipo di abusi via internet. Quando un giudice deve condannare qualcuno per un reato commesso tramite internet, lo fa affidandosi alle leggi tradizionali. Internet, insomma, non ha ancora un suo spazio particolare, con delle leggi specifiche, che invece sarebbero necessarie. Conoscendo gli elefanti del Parlamento, non le avrà per molto tempo ancora. Comunque non scarto a prescindere l’ipotesi di una bella denuncia: l’abbiamo fatta con il Pesce, perché non farla ora?
Che dirti ancora? Ti ringrazio ancora per la propaganda fatta, e visto che ci precludono quella internet, l’unica cosa che posso consigliarti è di farti mandare dei volantini e farla di persona. Quella, fortunatamente, ci è garantita da leggi che riusciamo a far rispettare.

Teniamoci comunque in contatto, e se puoi mandami un po’ di materiale relativo a questa questione.

Un saluto

sabato 15 novembre 2008

Eppur si muovono!



“La Russia è stata provocata col progetto di collocare i missili in Polonia e Repubblica Ceca, e questo ha suscitato nella Russia reazioni di fermezza”. Segnatevi queste parole che Berlusconi ha pronunciato qualche giorno fa, perché solo sei mesi fa sarebbe stato semplicemente impensabile che il “nostro” si rivolgesse in questo modo “all’amico Bush”. Certamente, come oramai il nostro Presidente del Consiglio ci ha abituato da anni, la frase è stata prontamente smentita e il “premier” se l’è presa ancora una volta con i giornalisti rei, a suo dire, di travisare in continuazione le sue dichiarazioni. Ma questo atteggiamento, comunque lo si voglia vedere, è una dimostrazione di come la prospettiva comincia a cambiare. Anche lui, l’esempio vivente di “Cavalier servente” del carrozzone a stelle e strisce, sente che le cose non sono più le stesse. La situazione internazionale, per via dell’attuale crisi economica, è cambiata in un modo impensabile solo fino a un anno fa. Questo passaggio è epocale, è storico. Testimonia che adesso, ora che gli Stati Uniti trascinano l’intero mondo nell’abisso con la dottrina del “più libero mercato e meno Stato”, i servetti non sono più così disposti a farsi dettare le regole dalla Casa Bianca.
Il G20, in questo senso, ne è la dimostrazione più esemplare. E’ un ostacolo, non so dire quanto più o meno grande, al sogno di dominio massonico-mondialista che auspica la totale cancellazione delle sovranità nazionali, per lasciare il posto a entità sovranazionali. E invece venti Stati si siederanno, si guarderanno negli occhi, molto probabilmente prenderanno delle decisioni comuni; si parla già di una nuova Bretton Woods: l’ha detto Tremonti (colui che diversi mesi fa ad Annozero parlava di un gruppuscolo di “illuminati”), lo dice Medvedev, ne parla la stampa. Per la prima volta, mi accorgo che seguo gli eventi di queste ore non con la solita indifferenza, ma con un minimo interesse. E la dichiarazione di Berlusconi, di fatto una apertura verso la Russia, mi fa pensare che Russia e Italia non dico siederanno dalla stessa parte, ma quantomeno cercheranno qualche strada comune. C’è di che sperare che il dominio americano, che è di fatto enormemente aumentato da quando l’altra superpotenza, l’URSS, è collassata su se stessa, venga intaccato in qualche modo. E, con esso, il sistema di libero mercato. Quel sistema che per decenni ci ha cantato le lodi del capitalismo, dei capitali che automaticamente si allocavano da se, della competizione salariale, della privatizzazione in ogni campo dello Stato: quel sistema, insomma, del “più libero mercato e meno Stato” che chiunque si azzardava a criticare o a contestare era tacciato come Fascista, statalista (come se questi due termini fossero degli insulti), demagogo e così via... Meglio: l’intervento di Stato serve solo quando deve salvare le banche dall’insolvenza. In questo senso, i banchieri hanno rapinato gli Stati nazionali due volte: la prima quando hanno prestato a debitori che sapevano certamente insolventi, quando hanno trafficato in swaps, hedge funds, quando hanno giocato al casinò della finanza mondiale; la seconda quando hanno costretto gli Stati nazionali a finanziare le loro operazioni e i loro capitali con i soldi pubblici, cioè dei cittadini. Solo in America le banche hanno predato 700 miliardi di euro.
Sperare che tutto questo si concluda nel prossimo G20, o nei mesi futuri, è senza dubbio non realistico. La finanza internazionale e massonica ha sempre il suo potere predominante. Ma l’Europa non sta ferma a guardare, non aspetta più gli Stati Uniti. Gli Stati europei si muovono, concertano insieme, cominciano a ragionare su come uscire da questa crisi economica. E’ questo un motivo per avere un poco di fiducia, di ottimismo. Poco, ma sempre meglio della disperazione e dell’incertezza.

venerdì 14 novembre 2008

Internet Tax: ci riprovano

Un anno fa denunciai, come tanti altri, il tentativo di tappare la bocca ad internet con il disegno di legge Levi-Prodi. Esattamente come un anno fa fece Spataro, oggi è Daniele Minotti ad accorgersi che quel disegno di legge non è stato assolutamente dimenticato, e che la coalizione di destra lo ripropone sostanzialmente identico.
In sintesi: si applica al "blog" la definizione di prodotto editoriale con la conseguente iscrizione obbligatoria al R.O.C. (Operatori di Comunicazione). Non poteva essere diversamente, visto che i due abiuratori più famosi d'Italia, Alemanno e Fini, si mostrano sempre particolarmente sensibili nei confronti del piccolo popolo che ha tanto sofferto.
A vedere bene la legge, una differenza sostanziale c'è: all'articolo 8 della nuova legge si precisa che “sono esclusi dall’obbligo dell’iscrizione nel Registro degli operatori di comunicazione i soggetti che accedono alla rete internet o che operano sulla stessa in forme o con prodotti, quali i siti personali o a uso collettivo, che non costituiscono il frutto di un’organizzazione imprenditoriale del lavoro“. Precisazione notevole, ma che a livello giuridico presenta ancora qualche perplessità, essendo ambigua la definizione di "profotto editoriale". Sostanzialmente, vi riporto qui: http://chessaandrea.blogspot.com/2008/01/e-adesso-vogliono-tappare-la-bocca.html, dato che non la situazione non è cambiata di molto. Se questo disegno di legge passerà sarà un ulteriore passo verso il regime del Grande Fratello. Al sottoscritto non resterà altro da fare, allora, che registrare un altro sito con dominio estero (pertanto non soggetto alla legislazione italiana) di nazioni che, contrariamente alla nostra, non si dimostrano più realiste del Re.

giovedì 13 novembre 2008

Immigrazione e mondialismo


La storia della cinquantina circa di “rifugiati politici” che vede in questi giorni Cagliari tristemente protagonista è significativa della concezione, pelosamente e ipocritamente perbenista e multietnica, della multirazzialità che l’opinione pubblica e il potere mondialista hanno imposto definitivamente all’Europa.
Questo è il breve antefatto. A Cagliari, qualche giorno fa, sono arrivati degli extracomunitari che richiedevano lo status di rifugiati politici; in base alla Convenzione di Ginevra è stata riconosciuta pertanto questa caratteristica giuridica ai rifugiati, i quali hanno passato gli ultimi giorni nel CPA. Una volta usciti da questa struttura, ai rifugiati politici si è spalancata la porta della disperazione e dell’incertezza: che fare? Senza un euro, senza un lavoro, senza conoscere la lingua italiana, senza un tetto sotto cui avere la certezza di passare la notte… Facile che poi questa umanità sfortunata vada a rinfoltire le file della delinquenza.
Ora si chieda il lettore: è più razzista chi attira queste persone con false promesse di una vita migliore e con ipocrite scuse di umanità, di fratellanza umana, con la giustificazione schiavistica ( e falsa oltre ogni limite!) che queste persone “fanno i lavori che gli italiani non vogliono più fare”, costringendo poi irrimediabilmente queste persone a diventare dei criminali (quando, e capita spesso, non vengono in Italia con la esplicita intenzione di delinquere), oppure è più razzista chi – come noi – afferma che deve esserci una severa regolamentazione dei flussi migratori (pena l’infido e viscido calderone multirazziale, che sradica ogni cultura ed ogni senso di appartenenza nazionale degli autoctoni e distrugge l’intera economia nazionale e sociale dell’Italia) accompagnato da una politica estera seria e responsabile, in modo da aiutare queste persone nel proprio Paese di origine?
Ancora un’altra domanda. Il 4 novembre, in occasione di quella che oramai è una squallida celebrazione di circostanza e non una festa nazionale che unisce tutto il popolo italiano, è scoppiata una polemica: nel nord Italia alcune maestre si sono rifiutate di accompagnare i loro scolari alle celebrazioni della festa, sostenendo che tale atteggiamento è discriminatorio per i bambini e le famiglie straniere. Ma questo non è razzismo al contrario? Quale è lo scopo: unire tutti gli italiani, anche coloro che lo sono da poco in base ad un pezzettino di carta chiamato “cittadinanza”, oppure dobbiamo perennemente far sentire una parte della popolazione, che si vuole considerare per forza italiana, un corpo estraneo? Integrazione è anche ed essenzialmente questo: non una rinuncia ai propri valori, non una mistificazione costante della propria Storia nazionale per asservire lo straniero extracomunitario, ma una chiamata, rivolta anche all’extracomunitario, a “partecipare insieme”, a sentire come propria, culturalmente e spiritualmente, la Nazione all’interno della quale vengono a vivere.
In ogni caso, il primo episodio, così come il secondo, dimostrano chiaramente una cosa: che dietro la tanto sbandierata integrazione, multirazzialità e società multiculturale antifascista del mondialismo, non c’è alcun progetto, alcuna volontà di attuare una seppur minima coesione sociale, alcuna idea. E forse lo scopo da perseguire, da parte del potere massonico e mondialista, è proprio questo. Perché un popolo di bastardi è molto più facilmente governabile di un gruppo di patrioti.

mercoledì 12 novembre 2008

Un anno di bilanci



Un anno fa, all'incirca, veniva aperto questo spazio internet. E' un'occasione per fare il bilancio di un'esperienza che, comunque la si voglia vedere, per il sottoscritto rappresentava una novità. Inizialmente questo spazio era nato come un contenuto asettico, che doveva cioè contenere le pubblicazioni già apparse su "Il Lavoro Fascista" più qualche altra piccola cosa; ed in effetti ha funzionato così, perlomeno i primi tempi. Poi si è cominciato anche a pubblicare testi esterni a me e al Movimento: pratica che è durata un po' di tempo e poi è stata abbandonata. Meglio fare poca strada ma saperla di averla percorsa senza aiuti esterni.
Se è vero che l'appetito vien mangiando, per il sottoscritto questo detto può applicarsi al "blog", che ha contribuito a stimolarmi come non avevo precedentemente previsto. Piano piano, anche con l'aiuto di qualche esterno, il sito ha cominciato a prendere vita, tant'è che posso dire che le applicazioni che trovate alla vostra destra spesso e volentieri non si vedono tutte insieme in tanti altri siti. Manca soltanto, per essere più precisi, la nuova funzione della piattaforma che evolve la precedente struttura che rimanda ai siti esterni, permettendo di monitorare questi ultimi con precisione e puntualità direttamente dal sito stesso. Ma, per ora, non ho nè il tempo nè la voglia di rimettermi a fare tutto daccapo. Dicevo che non manca niente: un intrattenimento musicale che asseconda, bene o male, vari gusti musicali che riflettono i miei gusti personali (dal black metal all'ambient, dal gothic metal ai successi degli anni 80), permettendo la lettura del sito con un accompagnamento di sottofondo; la funzione dei commenti, anch'essa non implementata originariamente; l'abbonamento gratuito e immediato ai contenuti del sito, e così via. Sembrano cose scontate, ma per chi non è mai andato oltre allo scrivere una paginetta di Word e visitare qualche pagina internet, significa lavoro da fare in più, e che richiede tempo.
Sfogliando l'archivio degli articoli, poi, mi rendo conto che posso ritenermi soddisfatto non solo per la veste grafica e le funzioni del sito, ma anche per i contenuti, che sono la cosa più importante. Gli ultimi due mesi del 2007, bisogna ammetterlo, sono poveri di contenuti nostri e si rifanno ad altri spazi che con noi nulla hanno a che fare; ma ero, per così dire, ancora in fase di rodaggio. Da gennaio in poi ho cominciato ad andare giù pesante. Fonte all'occhiello, tanto per fare sul serio, è quel "66 domande e risposte sull'olocausto" che mi costrinse a cancellare molti commenti e a disabilitare la funzione che permetteva di lasciare un messaggio a qualunque lettore: troppi insulti e minacce. Ma l'articolo merita. Sono poi andato oltre e mi rendo di aver divulgato, seriamente, informazioni che molti altri non si sono permessi neanche di menzionare alla lontana. Non il triste passato di Luca Barbareschi in film ignobili, per esempio, è stato rivangato dalla destra; e neanche dalla sinistra. Tirando dritti: denunciai gli ordini che Olmert dava, inconsapevole delle telecamere accese, all'allora Presidente del Consiglio Romano Prodi che subito dopo riconoscerà Israele come "Stato ebraico" (basato quindi sull'appartenenza religiosa e quindi discriminatorio: solo i goym non possono discriminare). Si è proceduto poi con una disamina sempre attenta della situazione internazionale: dal complotto anti-iraniano ai complotti massonici italiani e internazionali, passando per qualche notizia abilmente sottaciuta dai media (la massoneria contro il calciatore Lucarelli). Sono stato, all'epoca, tra coloro che hanno denunciato il tentativo di tappare la bocca alla rete internet, in anticipo di un anno rispetto ai tanti che oggi, risvegliatisi da un lungo letargo, gridano contro il regime. Ho svelato anche qualche bufala: la lista antiebraica, nient'altro che un elenco di professori pubblicamente dichiaratisi filoisraeliani; le boiate sul razzismo antirom; la mozzarellata dei risarcimenti alla Libia (mai visto un Paese che risarcisce un altro Paese per aver portato la civiltà); sono stato tra i primi a seguire attentamente la "questione Haider" e a svelare cose che solo dopo alcuni giorni sono state riportate con gran clamore. Sono stato l'unico, con qualche altro movimento politico o sito internet (un mese dopo l'articolo ne avevo contati quattro in tutta Italia, me incluso), ad evidenziare le ambigue frasi di Rumsfeld ad una riunione in cui lo stesso affermava che sarebbe stato necessario un altro 11 settembre per agevolare la corsa alla conquista mondiale degli Stati Uniti: tutto ciò senza complottismi idioti. Ancora, ho scritto un articolo sugli swaps che mi ha regalato molte soddisfazioni personali (oltre ad alcune proposte di lavoro!) anche da oltralpe e da personaggi "illustri". Sono stato, a Cagliari, uno dei pochi che ha gridato contro la persecuzione mediatica e politica che si è abbattuta contro il professor Melis, reo di non piegarsi al pensiero unico del mondialismo. Non dimentichiamo la strage alla Umbria Olii, che meritò scarsa attenzione da parte dei giornali di regime e che ho dato immediatamente. E via continuando. Le visite giornaliere a questo sito - come qualcuno mi ha fatto maliziosamente notare - non sono certo quelle delle grandi testate. Non che ci faccia piacere, ma sono cose che non ci interessano particolarmente: il nostro è un lavoro di quantità, consapevoli che la maggior parte delle persone sono drogate da una informazione falsa e tendenziosa al riguardo della nostra Storia politica e nazionale.
E' un anno di soddisfazioni, per il Movimento e per questo sito.
Senza dimenticarci la cosa fondamentale di chi, come il sottoscritto, cerca di svolgere una informazione che è certamente definibile di parte ma che non è stupida: l'attività politica che va fatta sul campo, in piazza, con la gente, in mezzo ai volantini, ai banchetti e ai manifesti di propaganda. Anche qui stiamo preparando una piccola sorpresina che sveleremo a tempo debito, sempre che vada a buon fine.
Per ora, posso e possiamo ritenerci mediamente soddisfatti.

lunedì 10 novembre 2008

Guerra Russia-Georgia: ora sappiamo che i giornali italiani mentirono

Come potrete facilmente appurare, il sottoscritto non era intervenuto nella guerra russo-georgiana di fine agosto scorso, consapevole che l’informazione del giornalismo italiano, asservito alle solite note lobby americano-massoniche, ben difficilmente permetteva di farsi un’idea sulla situazione.
Sta per uscire, a breve, il rapporto OSCE (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa, una delle strutture diplomatico-politiche più importanti a livello europeo e mondiale), che fa chiarezza su quella guerra. Fedeli al padrone a stelle e strisce, i giornali italiani ebbero subito buon gioco a descrivere la Russia come un pericoloso nemico per la pace mondiale che aveva attaccato un altro Stato sovrano (curiosa questa obiezione da parte di chi ha scodinzolato di fronte a chi di Stati sovrani ne ha inceneriti ben due, Afghanistan ed Iraq, e ne minaccia altri, in primo luogo Iran e Siria, di egual sorte) allo scopo di destabilizzare l’area, di mostrare i muscoli agli Stati Uniti e al mondo intero, di risolvere con un colpo di mano la situazione in quell’area geopolitica instabile. Ora il rapporto OSCE, che non è stato minimamente citato dai giornali italiani nonostante anche giornali stranieri, fra i quali il New York Times, ne stiano dando succose e interessanti anticipazioni, ci svela che quella guerra fu cominciata dalla Georgia con un bombardamento indiscriminato, che fece molte vittime civili per le quali nessuno si sentì di esprimere la propria indignazione, contro la minoranza osseta. In quel caso la Russia, dopo interventi diplomatici falliti, intervenne militarmente all’unico scopo di fermare l’aggressione unilaterale georgiana (che è stata condotta con mezzi militari provenienti da Israele e con uomini addestrati da esperti dello Tsahal), istigata molto probabilmente dall’America per indebolire la Russia (assai ostile, com’è ovvio, ad avere dei missili di una superpotenza straniera piazzati sui propri confini quale è, in sintesi, il sistema militare che gli Stati Uniti canaglia vogliono installare in Polonia) e metterla di fronte al fatto compiuto.
Di questa guerra, che tutti sembrano avere già dimenticato, ricorderemo non solo la oramai tristemente risaputa meschinità dei nostri democratici giornali, perennemente asserviti agli interessi dell’invasore e dello straniero; ma anche un Saakashvili che apparve a ringraziare pubblicamente gli addestratori militari israeliani per la preparazione data alle sue truppe, con tanto di bandiera europea e della NATO alle spalle, pur non appartenendo la Georgia né all’una né all’altra.
Ma non sperate di averne notizia da chi dovrebbe informarvi e stimolarvi al dibattito. Piuttosto, sudditi, diteci: cosa ne pensate delle affermazioni di Carla Bruni? Avete visto che il pericolo razzismo c’è, l’ha denunciato pure il Papa? Che dite, è rinata l’Inter con l’1-0 rifilato all’Udinese? Questi sono gli unici dibattiti che un popolo eternamente schiavo e succube, e felice di esserlo, può permettersi di fare.

domenica 9 novembre 2008

A proposito di memoria...


Pubblicato sul mensile "Il Lavoro fascista", gennaio 2008


tratto dal sito personale del Dott. Carlo Gariglio - Segretario Nazionale MFL


A quanti spesso e volentieri blaterano a proposito di “memoria” e di necessità di “non dimenticare”, dedichiamo l’articolo che segue, rinvenuto sulla rete internet di recente. In esso si ricorda l’anniversario dell’assassinio di un ragazzo sconosciuto ai più (che diamine, mica si tratta di un giudeo vittima dell’olocausto!), tal Daniel Wretstrom, la cui fotografia troverete qui di seguito.
Ovviamente di tale anniversario non si parla a “Matrix” o a “Porta a porta”, e nessuno si presenta in TV con la falsa lacrima sempre pronta per commemorare la vittima. Il morto è uno di quelli che non hanno diritto di cittadinanza nel mondo dei media, al pari di Fascisti, palestinesi, iraniani, iracheni, afgani…Le tante canaglie che lanciano inni alla società multirazziale ed avversano i cosiddetti “razzisti” leggano con attenzione a quale futuro stanno condannando i loro figli ed i loro nipoti… Ed i tanti politici criminali che non perdono occasione per lanciare campagne d’odio e leggi speciali contro il Fascista, il revisionista, il Nazista, il razzista, si godano i risultati delle loro belle parole.Il cielo non voglia che quanto narrato avvenga anche in Italia… Ma se così dovesse accadere, mi auguro vivamente che la reazione della parte sana della Nazione non si limiti alla marcia di commemorazione ed al ricordo del martire…Vogliono trascinarci un una guerra, tanto vale prepararsi finché siamo in tempo!

Carlo Gariglio

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Sette anni fa Daniel Wretstrom fu ucciso brutalmente da immigrati antirazzisti perché rifiutava il cosiddetto modello multiculturale.
Ecco cosa accadde sette anni fa.
L’ articolo parla di un giovane ragazzo, di nome Daniel Wretstrom di anni 17 ucciso brutalmente da una banda di giovani immigrati antirazzisti.Il crimine è accaduto nella “tollerante” e “civile” Svezia. Salem, un sobborgo di Stoccolma, il 9 Dicembre del 2000. E’ proprio dopo la mezzanotte che una gang multiculturale di una quindicina dipersone circonda ad un ragazzo svedese, che aspetta l’autobus alla fermata di Säbytorsvägen. Il ragazzo, non troppo adolescente alto e magro, aspetta il bus per tornare a casa dopo aver partecipato ad una festa.
- “Fottuto razzista!” cominciano a gridare, mentre si avvicinano a lui. Una ragazza svedese dai capelli lunghi biondi gli grida anche con accento straniero. - “Fottuto razzista! Osi stare qui? Sei impaurito?”
Poche settimane prima dell’accaduto, i media avevano realizzato una campagna d’attacco contro i Patrioti svedesi. Oltre altre cose assicuravano che gli “estremisti dell’ultradestra” avevano assassinato un bambino straniero di sei anni in Germania. Poi si proverà che le accuse erano infondate e che tutto era stato inventato.
- “Colpitelo fino alla morte!” ordina una ragazza alla feccia aggressiva, che si è già data da fare con la preda. La gang sa che è più che permesso attaccare una persona sospettata di essere razzista. Di fatto, un paio di giorni prima avevano ottenuto la luce verde dalle alte cariche del governo.
Infatti, il primo ministro svedese Goran Persson aveva scritto in un articolo, su uno dei maggiori periodici in circolazione in Svezia: “Li schiacceremo!”, riferendosi ai nazionalisti. Questa notte, la banda multiculturale è pronta ad applicare alla lettera le parole dette dal primo ministro.
Quando inizia l’aggressione, Daniel si rende subito conto della sua posizione svantaggiata, l’incontrarsi solo di fronte ad un gruppo assetato di sangue armato con oggetti che useranno come armi. Cerca di trovare una via di fuga lanciandosi sul cofano di un auto che passava di lì. “Per favore aiutami!” implora al conducente dell’auto sperando che lo porti al sicuro. Uno della banda grida qualcosa al conduttore, e questo incomincia a far andare il ragazzo fuori della sua traiettoria accelerando e frenando di continuo con la macchina. Il ragazzo cerca di aggrapparsi alla macchina tentando di salvarsi, ma la banda lo afferra e lo lancia sull’asfalto. La macchina fugge e il pestaggio continua.
Ora incominciano a dargli calci e a colpirlo con delle spranghe sia sul corpo, sia sulla testa. Dopo un momento d’intensa violenza uno degli aggressori si arma di una sbarra di ferro di quasi un metro e mezzo di lunghezza e incomincia a colpire il ragazzo alla testa senza fermarsi sino a quando una ragazza che passava di lì incomincia a gridare istericamente, pregando la bestia che si fermi. Una ragazza della banda si fa avanti e dice”Questo razzista se lo merita!”, e il ragazzo della banda alza la spranga in alto per intimidire la ragazza accorsa in aiuto.
Arrivati a questo punto, uno della feccia che era corso a chiamare il fratello torna e incomincia a saltare sul collo e sulla testa del ragazzo ormai in condizioni critiche. Il fratello maggiore è venuto per dargli ciò che si merita ad uno di questi detestabili razzisti che “uccidono i bambini” e che sono una minaccia alla “democrazia”, e ora lui sente l’odio pulsare nel suo sangue.- “Fuori dal mio cammino, ho un coltello!” grida con grand’eccitazione, e si lancia contro il ragazzo ormai svenuto, impugnando forte il coltello. Gli altri membri della banda lasciano il passo a Khaled Odeh, che si siede sulla schiena di Daniel. Alza e conficca il coltello una e più volte. Dopo aver accoltellato quattro volte il ragazzo alla schiena, il coltello si spezza a metà. Khaled afferra la testa del ragazzo con la mano sinistra per girarla.
Sente un furioso odio per quel ragazzo mutilato, un ragazzo che minaccia la democrazia, un ragazzo che assassina i bambini, per questo deve essere schiacciato. Così decide cosa fare. ”Lo ucciderò”.Quelle parole navigano nella sua mente ossessivamente quando introduce il coltello nella gola di Daniel.
Soddisfatto del aver liberato la società da un razzista, lentamente si alza in piedi. Il sangue che gli copre la mano è ancora caldo. Guarda attorno a sé a la gente che lo osserva e gli grida che nessuno deve non aver visto niente. Poi fugge dal luogo del delitto con suo fratello. Il resto della feccia si disperde in varie direzioni e scompaiono. “Schiacciare il razzismo!”, qualcuno grida nell’ombra.
Però Khaled Odeh è stato visto. La ragazza svedese che ha visto il brutale assalto si avvicina al ragazzo con le lacrime agli occhi. Daniel cerca di alzare la testa ma non ci riesce. I suoi vestiti sono pieni di sangue che esce a fiumi dall’arteria del collo. Tenta di respirare ma dalla sua bocca esce solo un debole soffio quando cade di nuovo sul gelido asfalto. La vita di Daniel Wretström è finita, mentre la ragazza cerca disperatamente di salvarlo.
Quando Daniel era vivo, inondava tutto intorno a se di risa e d’allegria. I suoi amici e i familiari lo descrivono come una persona molto considerata, amabile e molto popolare. La fiamma dei suoi occhi si spense quando aveva appena diciassette anni e aveva tutta una vita davanti a sé.“Mio figlio Daniel era un ragazzo affascinante con lo scintillio negli occhi” ci racconta la madre. “Lui illuminava la vita con il suo humour e i suoi scherzi.
Le conseguenze legali sono state tracciate come un’autentica farsa, dove i giudici e i giuristi dichiararono la gioventù svedese come fuorilegge e senza diritti civili. L’assassino, Khaled Odeh, fu condannato per omicidio e fu inviato a sottoporsi ad un trattamento psichiatrico dato che il tribunale concluse che soffriva di un’instabilità di mente nel momento del crimine. Quando si formula così il verdetto non è inusuale che il colpevole si dichiari “riabilitato” e sia liberato nel giro di un anno. Solo sei membri della banda furono giudicati dal tribunale. Tre di loro vennero “condannati” a quaranta ore di servizio per la comunità ed a tenersi in contatto con i servizi sociali. I due restanti furono obbligati a pagare 1.800 corone svedesi (pari a 200 euro) in garanzia e gli si concesse la libertà.
Viene da chiedersi così poco vale la vita di un giovane svedese? Meno che un biglietto? D’altronde non era l’unico cui non piaceva guardare questa società e di come si distrugge e si brutalizza. Per mantenere viva la memoria di uno dei giovani cittadini svedesi il cui sangue è stato versato sull’altare sacrificale dell’establishment, vivo, si terrà la marcia annuale in ricordo, nella data dell’anniversario dell’assassinio. Nel 2001, 1400 manifestanti si ritrovarono uniti per protestare contro l’emergenza violenza ai danni degli svedesi. Il minimo che si possa fare è partecipare a questa manifestazione per ricordare Daniel, e mostrare la nostra avversione a questo cambio sociale negativo. Chiunque si oppone nel partecipare alla violenza multiculturale è il benvenuto!


Tratto dalla rete internet