domenica 27 settembre 2015

Ormai lo sappiamo: sono malati di mente


Parlo generalmente male di coloro che sono di sinistra. Li descrivo come ipocriti, abbietti, moralmente disgustosi, e infine li indico come affetti da quella forma di antirazzismo che supera l’antirazzismo in se e per se per sfociare nella malattia mentale e nel patologico.

Spesso la cronaca mi viene in soccorso e mi conferma che si, ho ragione io: l’antirazzismo è una forma perversa di malattie mentali, che a nostro avviso dovrebbe essere inscritta prepotentemente nel capitolo delle malattie mentali e dei disturbi della personalità.

Prendiamo il caso di cui hanno scritto La Stampa e Il Secolo XIX nei giorni scorsi: il caso di un’attivista dei “No borders” (che tradotto dall’inglese significa “nessun confine” oppure, più letteralmente, “no ai confini”, e già questo ci dà l’idea del tipo di criminali che possono essere), un gruppo di mentecatti che da qualche mese staziona al confine italo-francese con lo scopo, a loro dire, di portare aiuto ai profughi. Non avevo mai sentito questo gruppo, ma grazie ad internet posso farmi, abbastanza precisamente, un’idea: un gruppo di criminali e di sovversivi, ampiamente protetti e coccolati dalle forze di polizia e dalle istituzioni (di sinistra per definizione), che aiutano i clandestini (riappropriamoci della lingua italiana: non chiamiamoli migranti, per piacere!) in una zona abitata, con musica ad alto volume fino a tarda notte, schiamazzi, urla, e quel bel campionario di pulizia e di igiene che solitamente si riscontra nei cessi sociali.

Secondo quanto riportato dai quotidiani citati, un mese fa una attivista di questo centro sociale sarebbe stata letteralmente picchiata e stuprata da un clandestino ai quali questa massa di idioti dava una mano; l’alto volume della musica – così dicono – avrebbe impedito agli altri subanimali presenti di accorgersi della tragedia e intervenire immediatamente per fermare le violen… pardon, attenzioni, che questo “migrante” offriva generosamente alla donzella che altrettanto generosamente lo aiutava.

Oggi veniamo a sapere, dopo addirittura un mese, che i cessi sociali avrebbero fatto di tutto per occultare la violenza, al fine di non spargere ombre truci sui “poveri migranti”. Come dire? Se la realtà è contro di noi, allora peggio per la realtà!

La prima cosa che mi viene da pensare è che ho dovuto aspettare un mese per venire a sapere di un avvenimento del genere. Il che significa che diverse, tante persone, hanno fatto quadrato cercando di non far trapelare assolutamente la notizia.

Ho dovuto leggerla su internet, mentre penso che se si fosse trattato di una violenza di un pericoloso skinhead contro un clandestino, o se la violenza fosse stata consumata da un italiano, avremmo avuto decine e decine di speciali alla televisione e sui giornali sul pericoloso ritorno delle destre e sulla cattiva e razzista e xenofoba violenza fascista. La libertà di informazione si applica sui nemici e si interpreta con gli amici. O con i padroni, a seconda della convenienza del pennivendolo di turno.

I mass media stanno cercando di fare quadrato per nascondere quella che è, a chiunque non abbia ancora portato il proprio cervello dallo sfasciacarrozze, una evidenza: una vera e propria invasione, attuata senza armi, che sta cambiando definitivamente il volto dell’Europa, finendo per alterare i suoi equilibri politici, spirituali (ammesso e non concesso che questo ammasso di larve chiamato Europa li abbia ancora, dei postulati politici e spirituali) e finanche economici. Ogni giorno siamo costretti a sorbirci storie strappalacrime sulla bambina salvata dal gommone in procinto di affondare, o sul “povero” clandestino che fugge dalla guerra del suo Paese (quindi dopo aver abbandonato moglie e figli al loro destino, verrebbe da pensare; in altre parole: un vigliacco), o sul dramma dei migranti. Raccontare, anche solo per una volta, la violenza subita da una attivista di un cesso sociale ad opera di quello che viene ormai cristianizzato come il “povero migrante” significherebbe, anche un minimo, contraddire quella enorme montagna di balle e di falsificazioni sulle quali si basa tutta la propaganda di massa da qualche anno a questa parte. Contraddire, cioè, l’idea del migrante come portatore di valori, buono, intimamente ben disposto verso il prossimo. Del resto non fu proprio la Boldrini, in un convegno di qualche anno fa, ad affermare testualmente che “Lo stile di vita degli immigrati ben presto diventerà lo stile di vita di ognuno di noi?” Si, fu proprio lei.  

Se la cosa non fosse ancora chiara, inoltre, è dimostrata, ancora una volta, la malattia mentale, l’ipocrisia, la cattiveria, la falsità dei centri sociali di sinistra, di qualunque nazione essi siano: al bando le litanie sul maschio stupratore, sui diritti della donna, sul femminismo radicale e radical-chic, sulla violenza di genere, su tutto quello, cioè, con cui si riempiono la bocca un giorno si e l’altro pure. Se ti violenta un immigrato devi tacere! Non vorrai mica gettare benzina sul fuoco alimentato dai fascisti, dai razzisti e dagli omofobi?

Spiace per questa ragazza, anche se non la conosco. Immagino, ma lo immagino solamente, come possa essere umiliante subire una violenza fisica e sessuale e non essere nemmeno in grado di denunciarla. Quando frequenti un gruppo di persone di merda, e ti circondi di persone di merda perché in effetti hai delle idee di merda, puoi ottenere solo una cosa: merda.

lunedì 7 settembre 2015

Caro Renzi, meglio bestia che sciacallo


Si, sono una bestia. Me l’hanno detto altre volte, come ingiuria e – qualche altra volta – anche come complimento. Vedere quello che, in astratta teoria, è anche il “mio” Presidente del Consiglio che dal palco del suo partito mi dà della bestia non può che rendermi orgoglioso. Orgoglioso di non essere come lui – come questo “massonino” di quarant’anni che continua a chiamare compagni i suoi amichetti di partito, nella speranza di recuperare un elettorato di sinistra che l’ha in buona parte abbandonato e che è causa, in parte, del suo vertiginoso calo di consensi. 
Meglio essere bestia che sciacallo come Renzi e come i suoi compagni di merende, di affari e di partito. Perché gli sciacalli, per imporre la visione del loro mondo perversamente malato, imbastardito spiritualmente e razzialmente, non esitano a fare propaganda sulla foto di un corpicino che giace, morto, sulla spiaggia. Molte bestie, tra le quali il sottoscritto, hanno invece preferito rimanere in silenzio, ben consapevoli dell’operazione mediatica che si andava preparando su tutti i mass media di ora in ora sulle spalle del povero Ayhan, quando la stragrande maggioranza di questo popolo di pecore imbecilli (gli stessi che “Je suis Charlie” ma se osi contraddirli in qualcosa “E’ apologia di Fascismo!”) non ha lesinato alla meglio un pensierino lacrimevole su Facebook, alla peggio un post per giustificare l’invasione. Noi bestie abbiamo preferito rimanere in silenzio, mentre la plebaglia urlava istericamente. 
Gli sciacalli sono gli stessi che non hanno mai versato una lacrima, dico una!, per tutti i bambini massacrati dall’entità sionista in tutti questi anni, nel silenzio di un mondo connivente quando non apertamente complice. Gli sciacalli sono quelli che sentenziano “Israele è la terra in cui tutti noi possiamo ritrovare le nostre radici”. Radici di sciacalli, per l’appunto. Gli sciacalli sono gli stessi che non hanno mai versato una lacrima per i bambini di Gaza, per i bambini iracheni, per i bambini afghani, per i bambini libanesi, per i bambini di Gorla massacrati dalle bombe dei liberatori. 
Tutti distratti, tutti assenti, tranne nell’occasione in cui sul corpo di un cadavere, anche se pesa solo tre chili, tre miserissimi chili, Cristo!, ci si può allegramente banchettare. Ecco che l’operazione mediatica può partire: noi si che siamo persone buone, perché tutti gli immigrati li vorremmo accogliere qui per garantire loro un futuro migliore, mica come voi altri, bestie!, che invece li vorreste lasciare lì a morire. 
Ebbene, mi sono seduto, mi sono guardato allo specchio e no, tra le lacrime per l’ennesimo cucciolo di uomo morto non mi sono sentito in colpa. Non ho creato io l’ISIS. Non ho finanziato io gli Stati canaglia che bombardano, stuprano, seviziano, massacrano. Non ho affamato io l’Africa: anzi, il Continente al quale appartengo in cinquanta anni ha speso qualcosa come mille miliardi di dollari per aiutare quei disgraziati. Non spingo io queste persone a venire qui, anzi, sarei per aiutarle nel loro Paese, anche con qualche sacrosanto bombardamento, si!, se serve ad abbattere i criminali di Boko Haram. 
Guardate le vostre di mani: sono sicuramente molto più sporche di sangue delle mie. Guardate le vostre, di coscienze, sempre che le abbiate: sono molto più nere delle mie. 
Se essere una bestia significa anche saper capire quando si deve restare in silenzio, se significa difendere la propria terra e la propria gente da quella che ormai è una vera e propria invasione controllata, se significa non far parte del vostro circo miserabile del politicamente corretto (quello in base al quale se vuoi gli immigrati sei un tollerante perbene, e se non li vuoi sei una bestia), se significa essere il bersaglio della vostra arroganza intellettuale, allora si: sono una bestia e ne vado fiero. Sono una bestia, di contro a voi, miserabili sciacalli. Ma, contrariamente a voi, non sono in gabbia, non ho il guinzaglio e non sono ammaestrato.