venerdì 23 ottobre 2020

Mancò la Fortuna, non il Valore

EL ALAMEIN, 23 OTTOBRE 1942: LA FOLGORE ENTRA NELLA LEGGENDA.

“Dobbiamo davvero inchinarci davanti ai resti di quelli che furono i leoni della Folgore…” Con queste parole, pronunciate alla Camera dei Comuni di Londra, Winston Churchill rese onore all’eroico sacrificio dei soldati italiani a El Alamein, in quelle drammatiche giornate di fine nell’ottobre del 1942 che infiammarono le sabbie del deserto con il riverbero di una lotta disperata e leggendaria.

“La Divisione Folgore ha resistito al di là di ogni possibile speranza”, lanciò nell’etere Radio Cairo l’8 novembre 1942 per bocca del corrispondente Heartbrington. “Gli ultimi superstiti della Folgore sono stati raccolti esanimi nel deserto. La Folgore è caduta con le armi in pugno”, rieccheggiò la BBC da Londra.

L’onore delle armi del nemico, la testimonianza più autentica, l’unica che, in fondo, valga davvero qualcosa.

Ma che cosa avvenne, precisamente, 60 anni fa nel corso della “madre di tutte le battaglie“?

L’attacco decisivo degli inglesi e dei loro alleati contro le linee italo-tedesche in Africa settentrionale si scatenò, nei giorni dal 23 al 29 ottobre 1942, lungo il settore difeso dalla divisione paracadutisti Folgore a El Alamein.

L’Ottava Armata inglese aveva schierato nel settore, la 7a Divisione corazzata, i Desert Rats, “i Topi del deserto”, un’unità di veterani di molte battaglie africane, e tre divisioni di fanteria. Un totale di circa 50.000 uomini, con 400 pezzi di artiglieria, 350 carri e 250 blindati. Le scorte di munizioni, viveri ed equipaggiamenti erano praticamente illimitate.

Gli italiani mettevano in campo circa 3.500 paracadutisti, più altri 1.000 uomini (31° Battaglione guastatori d’Africa e un battaglione di fanteria della Divisione Pavia), un’ottantina di pezzi d’artiglieria, 5 carri, nessun veicolo proprio, penuria assoluta di munizioni ed equipaggiamenti, viveri in quantità e qualità talmente misere da causare serie malattie debilitanti a più del 30% della forza effettiva.

In sintesi i rapporti di forza erano di 1 a 13 per gli uomini, 1 a 5 per le artiglierie, 1 a 70 per i carri. Tuttavia, i paracadutisti della Folgore, l’ultimo baluardo superato il quale il nemico sarebbe dilagato alle spalle dell’Armata italo-tedesca, si erano apprestati alla difesa, lungo un fronte di 15 chilometri, decisi a vendere cara la pelle.

Ai ripetuti attacchi degli inglesi, i paracadutisti risposero con incredibile determinazione ed energia, respingendo ogni tentativo di sfondamento e infliggendo al nemico gravi perdite, al prezzo di grandi sacrifici: circa 1.100 tra morti, feriti e dispersi. L’inaspettata resistenza, protrattasi per una settimana, costrinse i comandi inglesi a sospendere ogni ulteriore iniziativa su quel fronte e a concentrare altrove lo sforzo offensivo. Quando, il 2 novembre, in seguito al generale ordine di ripiegamento, la Folgore dovette abbandonare le posizioni, la sua linea di resistenza era ancora intatta ma i resti della Divisione si sarebbero poi dissolti, nel giro di pochi giorni, nel corso della tragica ritirata nel deserto.

Nel corso dei decenni, con il venir meno di pregiudiziali ideologiche e di interpretazioni storiche riduttive, la battaglia di El Alamein, per lungo tempo ufficialmente “dimenticata“, ha guadagnato lo spazio che le compete nell’attenzione degli storici e nel rispetto delle autorità nazionali.

La battaglia di El Alamein rimane uno degli esempi più significativi di coraggio e abnegazione nella storia delle nostre truppe. A oltre sessant’anni di distanza, El Alamein e il valore del soldato italiano testimoniato dagli stessi avversari di allora, diventa simbolo della ritrovata unità del popolo italiano attorno a valori forti, riconosciuti e condivisi, un’occasione per ricostruire una memoria nazionale da confrontare con quella di tutti i popoli protagonisti di quelle pagine di storia.

Noi siamo orgogliosi di esserne gli eredi. Respiriamo il loro coraggio.

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