lunedì 13 gennaio 2020

Giampaolo Pansa è morto, ma qualcuno lo avrebbe ucciso anche prima


Giampaolo Pansa non ci è mai stato simpatico e, come al solito, non l’abbiamo mai nascosto. 

Contiguo al potere mediatico di una estrema sinistra che ha occultato i crimini della Resistenza per decenni, anche dalle nostre parti (politiche) è stato spesso incensato per il “Ciclo dei vinti”, i libri sulle atrocità dei partigiani (il più conosciuto è, per l’appunto, “Il sangue dei vinti”) che ebbero – e questo glielo si deve riconoscere – il merito di portare all’attenzione del grande pubblico i crimini dei partigiani, aprendo il vaso di Pandora sulle atrocità, le stragi e le violenze compiute da coloro che si sono auto-eletti come i difensori della libertà. Noi, però, non gli dobbiamo niente: gran parte di ciò che Pansa ha scritto – probabilmente in forma più romanzata e più “leggibile” per il lettore moderno, tradizionalmente poco avvezzo alla pedanteria dal tradizionale saggio storico – fu scritto a suo tempo da Giorgio Pisanò, giornalista ex MSI e fondatore di Fascismo e Libertà (fatto, questo, spesso e volentieri taciuto).


Perché Pansa non ci stava simpatico e Pisanò si? Perché Pisanò, contrariamente a Pansa, pagò le sue scelte politiche e professionali di persona, subendo l’ostracismo e l’odio (umano e politico, perché a sinistra non scindono le due cose) di quella parte politica di cui Giampaolo Pansa, viceversa, è stato uno dei cantori più celebrati per decenni. Fino a quello che, a sinistra, viene ancora percepito come un voltafaccia: l’inaugurazione del “Ciclo dei vinti” è costato al giornalista piemontese le peggiori accuse da parte di quella sinistra che sulla mistificazione della Storia ha costruito la sua fortuna, quali quella di trasformismo, di contiguità con i Fascisti, perfino di traditore e di calunniatore, perché l’aura della Resistenza, Pisanò e qualche altro scrittore solitario a parte, era immacolata, e  tale sarebbe dovuta rimanere.

Non ci è stato molto simpatico, e va bene. Però, quando una persona non ci sta simpatica e passa a miglior vita, abbiamo la decenza di tacere e di chinare la testa.

Un giro sulle pagine Facebook di sinistra che affrontano la morte di Giampaolo Pansa basta a farci venire la nausea: "E' morto un revisionista di m****", "Uno di meno", "Sarebbe dovuto crepare prima", e via di questo passo.

Perché ne parliamo? Perché loro sono quelli che non odiano, tutto pace, amore e fiorellini, quelli dell'#odiareticosta, delle commissioni parlamentari contro l'odio, dei patentini per votare, del dito puntato contro chi rivendica il sacrosanto diritto di pensarla diversamente dai mantra del politicamente corretto sinistrorso (immigrazionista, terzomondista, buonista a comando), dei “webeti”, degli “analfabeti funzionali”...

L'odio viscerale verso gli avversari politici e l'ipocrisia dell'applicare agli altri ciò che si disattende completamente per se stessi: ecco l'essenza della sinistra.