venerdì 11 ottobre 2013

Che la terra ti sia lieve, Capitano.



Sembra quasi destino che coloro che per tutta la vita sono vissuti da eroi debbano morire così, tra il disprezzo generale della vile plebaglia antifascista e dei comunisti rifondaroli e bombaroli. Vedere i commenti sui vari siti internet e sui forum di politica per la morte del Capitano dimostra, ancora una volta, la bassezza e lo schifo che caratterizza gli antifascisti, dal punto di vista umano ancor prima che da quello politico.

Perché, in fondo in fondo, Erich Priebke rappresenta tutto quello che loro sanno bene non potranno essere mai. Non ha mai rinnegato le proprie idee; non ha mai chiesto scusa; non ha mai chinato la testa; non ha mai piagnucolato o chiesto la grazia. Nemmeno quando un Ministro della Giustizia, sotto la pressione odiosa e bavosa dei giudei inviperiti che cercano di linciare i giudici che gli hanno concesso la prescrizione per la strage delle Fosse Ardeatine dentro l’aula del Tribunale di Roma, interviene per far annullare il processo e per farlo condannare, in spregio delle più elementari norme di diritto. 

Un sorriso per tutti, un saluto agli amici, la testa sempre alta e lo sguardo, nonostante l’età, sempre acceso e brillante. Forse quello che dava e da fastidio alla canaglia criminale che oggi gongola è proprio questo. Mai una parola di odio, mai un accenno di pentimento, bensì la sopportazione stoica della giustizia democratica, ben più canagliesca e rancorosa di quella di qualunque altro regime. Quasi come se con quello sguardo il Capitano avesse voluto dire: “Colpitemi, insultatemi, dileggiatemi: comunque vada non riuscirete mai a piegarmi”.

In questo stava tutta la libertà di Priebke: lui, che dopo la guerra ha passato bene o male tutta la sua vita dentro un carcere, è stato molto più libero di tutti gli umanoidi oggi esultanti che magari non hanno mai fatto un giorno di galera, ma che sono servi e incatenati alla loro rabbia e al loro odio disumano.

A noi, che sappiamo omaggiare i camerati così come i nostri nemici in egual misura, rimane l’esempio umano che ci dimostra che anche ai giorni nostri, in un periodo di decadenza morale e spirituale dell’Europa, si deve e si può ancora tenere alta la fiamma della dignità e dell’Onore, senza mai cedere a compromessi.

Voi, amorfa e inutile plebaglia, continuate a danzare pure attorno al cadavere del leone. Il leone, anche morto, resta pur sempre un leone. E voi, anche da vivi, resterete sempre una inutile e amorfa plebaglia.

Che la terra ti sia lieve, Capitano. Chissà che non ci si possa rincontrare, un giorno.