Sembra quasi destino che
coloro che per tutta la vita sono vissuti da eroi debbano morire così, tra il
disprezzo generale della vile plebaglia antifascista e dei comunisti
rifondaroli e bombaroli. Vedere i commenti sui vari siti internet e sui forum
di politica per la morte del Capitano dimostra, ancora una volta, la bassezza e
lo schifo che caratterizza gli antifascisti, dal punto di vista umano ancor
prima che da quello politico.
Perché, in fondo in fondo,
Erich Priebke rappresenta tutto quello che loro sanno bene non potranno essere
mai. Non ha mai rinnegato le proprie idee; non ha mai chiesto scusa; non ha mai
chinato la testa; non ha mai piagnucolato o chiesto la grazia. Nemmeno quando
un Ministro della Giustizia, sotto la pressione odiosa e bavosa dei giudei
inviperiti che cercano di linciare i giudici che gli hanno concesso la
prescrizione per la strage delle Fosse Ardeatine dentro l’aula del Tribunale di
Roma, interviene per far annullare il processo e per farlo condannare, in
spregio delle più elementari norme di diritto.
Un sorriso per tutti, un
saluto agli amici, la testa sempre alta e lo sguardo, nonostante l’età, sempre
acceso e brillante. Forse quello che dava e da fastidio alla canaglia criminale
che oggi gongola è proprio questo. Mai una parola di odio, mai un accenno di
pentimento, bensì la sopportazione stoica della giustizia democratica, ben più
canagliesca e rancorosa di quella di qualunque altro regime. Quasi come se con
quello sguardo il Capitano avesse voluto dire: “Colpitemi, insultatemi,
dileggiatemi: comunque vada non riuscirete mai a piegarmi”.
In questo stava tutta la
libertà di Priebke: lui, che dopo la guerra ha passato bene o male tutta la sua
vita dentro un carcere, è stato molto più libero di tutti gli umanoidi oggi esultanti
che magari non hanno mai fatto un giorno di galera, ma che sono servi e
incatenati alla loro rabbia e al loro odio disumano.
A noi, che sappiamo omaggiare
i camerati così come i nostri nemici in egual misura, rimane l’esempio umano
che ci dimostra che anche ai giorni nostri, in un periodo di decadenza morale e
spirituale dell’Europa, si deve e si può ancora tenere alta la fiamma della
dignità e dell’Onore, senza mai cedere a compromessi.
Voi, amorfa e inutile
plebaglia, continuate a danzare pure attorno al cadavere del leone. Il leone,
anche morto, resta pur sempre un leone. E voi, anche da vivi, resterete sempre
una inutile e amorfa plebaglia.
Che la terra ti sia lieve,
Capitano. Chissà che non ci si possa rincontrare, un giorno.