giovedì 25 marzo 2021

Un pensiero del camerata Nicola, per i tempi che verranno

"È la desolante, liberticida realtà, ma è così. 

Restiamo uniti e sopportiamo insieme questo giogo, Camerati miei: sembrerà un po' più lieve.

Il nostro animo, la nostra fede, sempre quelli rimarranno."

Camerata Nicola Deliperi

La damnatio memoriae ed il politicamente corretto faranno danni enormi


“Non sputare in alto, ché in faccia ti ritorna”, diceva mio nonno.

Il politicamente corretto fa un’altra illustre vittima. Siamo negli Stati Uniti, e stavolta l’obbiettivo dei benpensanti è Alexi McCammond. Carriera rapida e veloce, a 27 anni questo genietto afroamericano  del giornalismo si è trovata a condurre Teen Vogue (dicono le stesse cazzate di Vogue, ma per un pubblico di imbecilli adolescenti). Nemmeno il tempo di sedersi sulla scrivania del Direttore e stringere le mani di congratulazioni per la nuova nomina che qualcuno, però, ha voluto giocarle un brutto scherzo, andando a ripescare alcuni interventi affidati alla sua bacheca di Facebook, in cui la McCammond ironizza su negri, asiatici ed omosessuali, addirittura dieci anni fa, quando la McCammond, cioè, aveva 17 anni. Beninteso, per quest’ironia considerata greve e sconveniente la ragazza aveva già chiesto scusa due anni fa (se invece fai ironia sui ciccioni o sui pelati nessuno si indigna: quella è satira – ma questo è un altro discorso), ma evidentemente non è bastato. In attesa di reintrodurre le punizioni corporali ed il cilicio per l’autoflagellazione, alla redazione di Teen Vogue sono arrivate una marea di lettere di protesta da parte di una pletora di minchioni in fase ormonale, e gli investitori hanno minacciato di chiudere il portafogli: toccata nel vivo – cioè il vil denaro – la redazione di Teen Vogue ha dato il benservito alla giornalista.

L’ideologia politicamente corretta è una sorta di Grande Fratello orwelliano che tutto vede, tutto sente, e nulla perdona: nessuno è al sicuro, nemmeno una giornalista donna, giovane, di colore, premiata con encomi dall’Associazione dei Giornalisti Neri americana (si, esiste un’associazione simile, ma dubitiamo che esista un’associazione simile per i giornalisti di carnagione chiara) – che quindi avrebbe tutte le carte in regola per essere la rappresentante perfetta dell’informazione mainestream – chiamata invece a scusarsi per degli interventi ironici di quando era adolescente, fatta fuori senza tanti complimenti per accontentare una generazione di adolescenti rincoglioniti da genitori altrettanto rincoglioniti.  

È la “cancel culture”, bellezza, e non ci possiamo fare niente. O no?

mercoledì 24 marzo 2021

Davvero vi stupite se la Boldrini prende a cazzi in faccia la donna delle pulizie?


Da Dagospia (https://www.dagospia.com/rubrica-29/cronache/gratta-gratta-sotto-belle-parole-laura-boldrini-si-nasconde-264656.htm) apprendiamo che Laura Boldrini, la paladinA degli oppressi, degli ultimi, e specialmente degli immigrati (ancor meglio se clandestini), trattava a cazzi in faccia i propri collaboratori, e in particolar modo le proprie collaboratrici.

La collaboratrice moldava che dopo 10 mesi non ha ancora preso 3000 euro di liquidazione, l’assistente parlamentare costretta a portarle i pantaloni (non le gonne, ché la nostra Laurona nazionale le gonne non le usa, simbolo di machismo oppressore!) dal sarto e ad andare a comperarle i trucchi, il più stretto collaboratore che addirittura la lascia in quattro e quattrotto, disgustato di come venivano trattati i dipendenti…

Sembrerebbe una bomba, quella lanciata da Dagospia, ma la bomba è tale solo per chi, con i sinistri, non ci ha mai avuto a che fare; per tutti gli altri, compreso il sottoscritto, si tratta dell’ennesima conferma. Chi ha combattuto politicamente i sinistri od ha avuto la sfortuna di averci avuto a che fare dal punto di vista umano sa benissimo che la cifra fondamentale dei progressisti, dei sinistri, dei comunisti, degli antifascisti e degli antirazzisti è solo una: l’ipocrisia, la doppia morale, finanche il paraculismo. Le classi subalterne, i clandestini, le ONG, gli operai, sono tutti belli e buoni nel momento in cui il campo rom non viene costruito nel loro quartiere, oppure il clandestino nigeriano non spaccia nell’androne del loro condominio, oppure la coppia di bengalesi che ammorba tutto il condominio con la cottura di spezie ed alimenti vari non è nel loro, di condominio.

Ma voi ci avete mai avuto a che fare con uno di sinistra? Quelli di sinistra sono per l’accoglienza indiscriminata, ma se poi devono affittare l’appartamento chiedono “solo gente con referenze e con busta paga a tempo indeterminato”; quelli di sinistra sono per il dialogo e l’apertura verso l’altro, certamente, ma se non siete di sinistra come loro o non siete favorevoli all’invasione della Vostra nazione di genti straniere che la mettono a ferro e fuoco siete probabilmente Fascisti, xenofobi ed ignoranti; quelli di sinistra sono per l’apertura dei centri di accoglienza, ché i “poveri” migranti vanno accolti, poverini!, ma non a Capalbio, maledizione, ché a Capalbio loro ci fanno le vacanze; quelli di sinistra sono quelli del “Ma si! Ha speronato una motovedetta della Guardia di Finanza, doveva mettere in salvo i migranti! Cosa vuoi che sia??”, ma poi vorrebbero il carcere per tutti quelli che non usano la mascherina anche quando vanno al cesso e non si fanno il bagno nell’Amuchina ogni volta che entrano in un negozio, perché le regole si rispettano e non vorrete mica essere degli irresponsabili.

Questa gente qui è la gente di sinistra. E state pur certi di una cosa: più si riempiono la bocca di belle quanto astratte parole – accoglienza, immigrazione, gender fluid, parità di genere, quote rosa, tolleranza, comprensione, ius soli – più sono e saranno dei pezzi di merda. Dal punto di vista umano, intendo. Possiamo discutere se siano di sinistra perché sono dei pezzi di merda o sono dei pezzi di merda perché sono di sinistra, ma il dato di fatto rimane: sono dei pezzi di merda. Punto. Se non siete costretti a frequentarli per forza, sul posto di lavoro oppure al pranzo in famiglia, potete fare solo due cose: invitarli alle cene ed ai pranzi per percularli ed umiliarli in pubblico (vi assicuro che la cosa è abbastanza divertente), oppure scappare ad anni luce da loro, a lasciarli sguazzare nella loro stessa merda che degustano come fosse cioccolato. E cercate di non diventare loro dipendenti, se ci riuscite.

Picchiare gli omosessuali non è reato: lo dice l'Ansa

Incredibile ma vero… grazie ai professionisti dell’informazione dell’Ansa.it veniamo a sapere che, in Italia, picchiare gli omosessuali che si baciano in strada è perfettamente legittimo. Non si rischia alcuna sanzione. È come bere un bicchier d’acqua. Ho quasi paura a scrivere questo mio intervento, perché suppongo che, una volta resa pubblica la notizia, folle di scalmanati si riverseranno nelle strade di tutta Italia nella proverbiale “caccia al frocio”, e se mai qualcuno di loro verrà arrestato e portato davanti al Giudice il dialogo sarà più o meno questo:

“Ma lei conosceva la persona che ha riempito di schiaffoni?”.

“Si, signor Giudice, era un omosessuale, si baciava per la strada con un altro uomo”

“Ah, ma allora di che cosa stiamo parlando? Perché stiamo qui a perdere tempo? Se si tratta di una aggressione a sfondo omofobo, mancando la legge Zan, non mi resta altro da fare che stringerle le mano e scusarla per il disturbo che questo Tribunale le ha causato, costringendola a perdere una mattinata in Tribunale. Si riguardi e tante buone cose!”

Mi raccomando: fidatevi dei professionisti dell’informazione.

lunedì 22 marzo 2021

Aggressione omofoba a Roma: ma cosa c'entra la legge Zan?

Basta leggere questo articolo di Open, https://www.open.online/2021/03/21/coppia-gay-aggredita-a-roma-intervista/, per capire, in maniera immediata e plastica, tutta la malafede non solo di questa caricatura di giornale, ma, più generalmente, della stampa italiana.

In questo articolo viene ripresa, con toni lacrimosi e stucchevoli, la testimonianza di tal Jean Pierre Moreno, rifugiato straniero (vale a dire clandestino) che racconta di essere stato picchiato per strada da uno sconosciuto, che è riuscito in seguito a far perdere le proprie tracce, mentre si baciava col suo compagno.

L’articolo non è firmato, quindi non sappiamo se chi lo ha scritto sia un pennivendolo oppure una pennivendola, ma la malafede è evidentissima quando viene scritto: “Un’aggressione in piena regola – come mostra un video pubblicato nelle ultime ore – di chiara matrice omofoba”. Non sapevamo che i video potessero avere una chiara matrice omofoba, lo confessiamo. Nel suddetto filmato, infatti, si vede quella che è indubbiamente un’aggressione, ma i motivi possono essere i più disparati. Come sempre, la tecnica di questi cialtroni che si fregiano immeritatamente del titolo di giornalisti è sempre la solita: si prende un emerito sconosciuto – in questo caso clandestino, così l’effetto emotivo nei confronti dello sprovveduto lettore è doppio – si butta in pasto alla plebaglia la sua storiella strappalacrime, storiella che ovviamente non prevede alcun contraddittorio, alcuna testimonianza, ma si basa unicamente su ciò che viene detto dalla (presunta) vittima dell’aggressione, e si utilizza la sua commovente e accorata testimonianza per raggiungere l’obbiettivo politico. In questo caso, nemmeno a dirlo, l’introduzione della legge Zan, il disegno di legge che prevede delle aggravanti nel caso di una aggressione condotta per motivi omofobi.

Ora, è quasi imbarazzante affermare l’ovvio: tutte le aggressioni sono da condannare, a prescindere dal motivo per le quali vengono compiute, ed il nostro ordinamento prevede già delle pene in questi casi. Che poi queste pene possano e debbano essere più severe (in Italia è pressoché impossibile andare in carcere, a meno che non si neghi l’olocausto o si faccia un saluto romani in qualche commemorazione) è un altro discorso.

A ciò si deve aggiungere il fatto che, molto spesso, si è scoperto che questo genere di notizie erano assolutamente prive di fondamento, quando non letteralmente inventate. Celebre il caso dell’influencer (sempre più questo termine assume oramai il significato di “cialtrone”) Iconize, che si inventò un’aggressione omofoba salvo poi essere sbugiardato da un video in cui lo stesso si colpiva con dei surgelati in faccia per avere i lividi; oppure il trans che, a Terni, denunciò una aggressione a sfondo omofobo, salvo poi scoprire che fu picchiato da un altro trans; parlando di attori, ad esempio, fece scalpore Jussie Smollett, da anni interprete del personaggio Jamal Lyon nella serie televisiva “Empire”, che ingaggiò addirittura due omoni per farsi picchiare (qui, effettivamente, abbiamo superato la soglia del disturbo psichiatrico) e poter quindi piagnucolare sul pericoloso e violento clima che si respirava nelle strade degli Stati Uniti in seguito all’elezione di Donald Trump a Presidente degli USA.

Lo scopo è sempre lo stesso: rendere gli omosessuali una categoria privilegiata di cittadini. Scusate se non ci stiamo.

sabato 20 marzo 2021

Zona bianca, zona rossa: quello che conta veramente è la nostra libertà

La Sardegna che si indigna per essere stata inserita dal Governo in zona arancione è come un carcerato che si indigna perché viene riportato in cella; allo stesso identico modo in cui esultare quando l’isola venne messa in zona bianca equivaleva alla vittima che ringraziava il carceriere per l’ora d’aria. In entrambi i casi è lampante che gran parte della popolazione non abbia capito il gioco al quale si sta giocando. Gli italiani sono davanti alla TV, con la mascherina ben appiccicata in faccia ed il gel per le mani sempre a portata di mano, ad adorare il Governo Draghi e gli stregoni dei quali si è circondato, allo stesso modo in cui, poco fa, adoravano Conte e Casalino.

I risultati sono subito evidenti: gli italiani, completamente rincoglioniti da un anno di terrorismo mediatico/sanitario, sono incarogniti contro gli “italiani irresponsabili” (italiani che, spesso e volentieri, hanno letto qualcosa di più dei vaneggiamenti di Ilaria Capua al TG4 e che vogliono vivere la vita): è colpa di quelli che sono usciti a fare lo spritz, di quelli che hanno fatto gli assembramenti, di quelli che non hanno rispettato le regole. La gara della guerra tra poveri, del tutti contro tutti, imperversa su Facebook come sul posto di lavoro (per coloro che ancora possono vantarsi di averlo, un lavoro), mentre i padroni del vapore si sfregano le mani e se la ridono.

Io stesso posso notare come, già in casa mia, nella mia famiglia di origine, le parole d’ordine siano riaprire in sicurezza/usare i DPI/ed allora tutti quei morti?/fatti un giro nelle terapie intensive e poi mi dirai. Parliamo di persone con una scolarizzazione nella media, abituate a leggere, a conversare. Eppure, paradossalmente, avere una scolarizzazione media, essere un cittadino ben informato, seguire gli speciali dei TG è, ora come ora, un impaccio: si è vittime di una narrazione ossessiva, angosciante, da vero e proprio stato di guerra che, come ogni situazione marziale, richiede la mobilitazione di tutta la popolazione contro il “nemico invisibile”, ventiquattro ore su ventiquattro, col conteggio sempre aggiornato dei tamponi eseguiti, dei positivi trovati, dei posti saturi in terapia intensiva. Provare a dialogare con queste persone, fossero anche i propri familiari, padri, madri, zie, cugini, vicini di casa, è impossibile. È inutile chiedere ironicamente loro che fine abbia fatto l’influenza, fargli leggere come sono stati conteggiati i morti di Covid (gli stessi medici, a distanza di un anno, ammettono candidamente che i conteggi sono, molto probabilmente, almeno il triplo di quelli effettivi), portargli le statistiche delle morti ed evidenziare che la stragrande maggior parte di loro sono anziani sopra i settant’anni con patologie pregresse: niente li smuoverà dalle bare di Bergamo, dalla mascherina, dal portarsi le mani alla bocca nel leggere il bollettino quotidiano dei positivi (ché di morti non si può parlare).

Un altro elemento psicologico induce molti a chinare la testa, a non fare domande che pur hanno e che, forse vorrebbero fare: il fatto che i mass media siano, nella stragrande maggioranza, totalmente allineati alla narrazione ufficiale. Dissentire, anche un minimo, dal pensiero unico significa essere un no vax, un negazionista (termine del quale che quelli come me conoscono fin troppo bene i risvolti psicologici), un ignorante. Eppure un tempo anche essere di sinistra significava, a suo modo, farsi delle domande scomode, essere, in un modo o nell’altro, la voce fuori dal coro, l’elemento stonato dell’orchestra politico-mediatica.

Altri tempi: oggi come oggi essere di sinistra significa, né più né meno, essere completamente allineati alla narrazione ufficiale. Non esserlo significa essere esclusi dalla partecipazione alla dialettica politica. Di più: essere bollati come non persone. Ecco il significato del termine “negazionista”, usato per decenni contro coloro che hanno avuto il buon gusto di leggere qualche libro di Storia in più che non fosse il solito Sabbatucci-Vidotto e che hanno compreso come l’olocausto ebraico sia una gigantesca menzogna che non ha alcuna veridicità né dal punto di vista scientifico né dal punto di vista storico.

La sinistra, i mass media, il Governo – questo blocco unico, questo gigante apparentemente fortissimo ed invincibile che ha distrutto interi settori economici un tempo vanto della Nostra Nazione (sport, gastronomia, ristorazione, intrattenimento), che da più di dieci anni impedisce libere elezioni e che si è perfino potuto concedere il lusso di relegare da un anno a questa parte gli italiani in casa - non ha più bisogno di negare la realtà, di nasconderla, di occultarla. Fa di peggio: la plasma a proprio piacimento. In questo modo un anno di propaganda pandemica h24, volta ad instillare un vero e proprio stato di terrore nella popolazione, altro non è che “lotta contro il Covid”; le vittime del vaccino Astrazeneca che schiattano come mosche, viceversa, è inutile allarmismo. Certamente non vedremo mai le bare degli autocarri militari docilmente allineate, pronte per farsi fare la foto propagandistica da gettare in pasto alla popolazione, come accaduto a Bergamo l’anno scorso. Ebbene: oggi sappiamo che quelle bare di Bergamo dovettero essere smaltite dall’esercito per il semplice fatto che le agenzie funebri furono chiuse d’ufficio (ricordate i funerali non più di tot persone, non avvicinarsi alla bara, distanziamenti contingentati tra i banchi della Chiesa?).

Rigettare la narrazione pandemica, riprendersi i propri spazi, ritornare ad essere persone libere: questo farebbe crollare il gigante apparentemente invincibile.

Non è questione di essere negazionisti, no vax, pericolosi untori od irresponsabili: si tratta di essere, sic et simpliciter, delle persone di buonsenso. Ed il buonsenso ci dice che abbiamo distrutto l’economia italiana per un virus che ha causato morti nello 0,0006% della popolazione, in gran parte anziani già pesantemente debilitati. Il resto è propaganda, brodaglia da tirare giù nello sciacquone, ma che questa popolazione di decerebrati si beve fino all’ultima goccia, come se fosse un Don Perignon.

martedì 9 marzo 2021

Povero il mio Tricolore, povera la mia Italia


La Nazione è distrutta, preda di orde barbariche che la depredano, la sviliscono, la umiliano. A cominciare dal suo simbolo più importante: la bandiera nazionale.

Il Tricolore che gettò il seme del contrattacco armi in pugno a Ual Ual, che gli italiani strinsero con amore mentre annaspavano tra le nevi delle glaciali terre del mostro sovietico, che i sedicenni franchi tiratori di Firenze baciavano e benedivano prima di cadere fucilati dai plotoni dei traditori partigiani, viene umiliato e dileggiato da un cialtrone bastardo pomposamente definito cantante, e che altro non è se non un lurido degenerato, il tutto dal palco del festival della canzone italiana, che di italiano non ha più nulla, e di canzone nemmeno, mentre folle di incarogniti ipocondriaci applaudiscono avvolti nelle loro mascherine e nel loro gel per le mani dal loro divanetto di casa.

In altri tempi, e con altri uomini, una squadra di camicie nere sarebbe intervenuta in diretta nazionale, armi in pugno, per difendere l’Onore del Tricolore, che non deve mai toccare né terra né acqua, e che invece viene gettato con disprezzo durante l’esecuzione di una ridicola canzonetta del figlio di un magistrato che va in giro ad urlare “Cacca! Pupù! Piscia!” e che per questo viene osannato come il David Bowie del decennio, nel più assoluto silenzio della Magistratura che finge di non conoscere l’articolo 292 del Codice di Procedura Penale. Sì: vilipendere la bandiera è un reato, penalmente punito. Sprazzi di civiltà che, non ne dubitiamo, verranno ben presto cancellati nel nome del politicamente corretto.

Il problema, però, è più generale, e coinvolge una classe politica che – salvo pochissime eccezioni – è compattamente schierata per disintegrare l’Italia come Nazione, prima ancora che come Stato. Mentre Laura Boldrini e Michela Murgia vorrebbero mettere al rogo il dizionario Zanichelli per le espressioni ingiuriose che condiscono il termine “donna” – fingendo di non vedere che, poco dopo, lo stesso dizionario si preoccupa di precisare che si tratta di affermazioni misogine e sessiste, fortemente lesive dell’Onore della donna stessa – nessuno fiata più nel vedere una Italia chiusa in casa, con interi settori economici disintegrati, con bambini trattati come untori e costretti ad andare a scuola manco fossero degli scampati a Chernobyl. Il prestito dell’Unione Europea – che verrà saldato dalle generazioni future con fiumi di lacrime e sangue (noi trentenni/quarantenni, che comunque ci lamentiamo, stiamo molto meglio di quanto staranno i nostri figli e nipoti) – arriverà a breve, o almeno così si spera: perché mettersi a litigare proprio quando devono piovere 200 miliardi e rotti di euro?  

E mentre la classe politica è unita nell’affossarci, nell’umiliarci e nel deriderci, mai il popolino italiano (chiamarlo “popolo” è un termine troppo nobile per questa masnada di debosciati) è stato così diviso: da una parte la categoria del “se non lavori non mangi” composta da piccole partite IVA, imprenditori, liberi professionisti, cioè coloro che ancora danno un minimo di lustro e garantiscono un minimo di competitività a questa Nazione, e dall’altra i parassiti di Stato, che guardano con disprezzo i ragazzi “dello Spritz”,  potenziali untori di un pericolosissimo virus che ha una mortalità dello zero virgola qualcosa. Basta fare un giro su Facebook per imbattersi in frotte di idioti decerebrati. “Devono metterci tutti in pericolo perché loro non possono rinunciare allo spritz?”, oppure “Le discoteche possono chiudere perché non sono attività fondamentali, i giovani stiano a casa a leggersi un libro”: questo è il tenore di cinquantenni/sessantenni che magari sono già in pensione o che hanno il posto statale garantito, che magari nella loro vita ne hanno combinata una più di Bertoldo e che, come tutti i falliti, pensano di espiare i peccati commessi in gioventù col bigottismo ed un ridicolo rigore morale in tarda età, evidentemente ignorando che quelli spritz e quelle discoteche che tanto deridono compongono il settore della ristorazione e dell’intrattenimento, un tempo veri e propri fiori all’occhiello della Nostra Nazione. Del resto, quando si ha il culetto bello al caldo, è fin troppo facile pontificare di attività fondamentali e non.

Ultima notizia in ordine di tempo, ma non meno importante: il Governo Draghi si affiderà alla consulenza di una società americana, la McKinsey (già Goldman Sachs e Fondo Monetario Internazionale), per capire come intervenire sui conti pubblici e per gestire il prestito di 200 miliardi dell’Europa. Per noi è solo la conferma che ormai l’Italia ha cessato di esistere come Nazione sovrana (del resto è questa la fine che fai quando affidi il Governo ad un banchiere massone). Se per voi è una sorpresa, beh, abbiamo una notizia pe voi: siete dei coglioni.