giovedì 30 ottobre 2008

Ecco la verità sugli scontri di Piazza Navona

Come da copione, il regime color rosso sangue parla di "aggressione fascista" per commentare gli scontri di Piazza Navona tra diversi manifestanti del Blocco Studentesco e i soliti "poveri" manifestanti pacifisti. Qualcuno si chiederà: ma quale regime rosso sangue, se ora governa il centro-destra e i comunisti addirittura non hanno mai governato l'Italia dal secondo dopoguerra ad oggi? Viste le grandi conquiste che i comunisti hanno avuto in tutto il mondo (carestie e stermini per più di cento milioni di morti), verrebbe da rispondere: per fortuna! Comunque sia, viene da pensare che i comunisti siano ancora al potere nelle redazioni dei giornali e delle TV se hanno il potere di far passare come "aggressione fascista" quello che invece è ampiamente documentato qui sotto. Vale a dire: un cinquantenne che cerca di infiammare la piazza con i triti slogan antifascisti, ottenendo come unico risultato il coro "Scemo! Scemo!", il Blocco Studentesco che cerca di placare gli animi al grido di "Nè rossi nè neri ma liberi pensieri", ed infine alcuni manifestanti che cercano aiuto verso la zona del Blocco Studentesco a causa della presenza di "eroici" manifestanti antifascisti, i quali cominceranno gli attacchi di lì a poco.




giovedì 23 ottobre 2008

Acqua, fango e lacrime


Più di duecento sfollati; 600 famiglie isolate; più di 20 milioni di euro di danni; quattro morti: Speranza Sollai, Mariano Spiga, Licia Zucca, Antonello Porcu.
Poche righe bastano a dare l’idea della tragedia che ieri si è abbattuta su Cagliari e dintorni, raffigurata dall’acqua che tutto travolge e niente può fermare.
Cagliari stessa, fin dalle prime ore della mattina, si sveglia sotto l’acqua che corre per le vie, travolge persone, sballotta le automobili quà e là, inonda di fango le case, i negozi. Saltano i tombini, le fognature si ostruiscono, la circolazione di buona parte del traffico cittadino è completamente paralizzata. Via dell’Agricoltura, Via Villanova, Via Garibaldi e Via Manno (tradizionale meta dello “shopping” cittadino), Viale Marconi, Viale Diaz… Sono solo alcune vie tra le più colpite, dove l’acqua si alza minacciosa senza conoscere alcun ostacolo, alcuna barriera. Sembra di essere catapultati di colpo dentro le immagini di New Orleans che gli italiani guardavano alla televisione solo qualche mese fa: le macchine che galleggiano tra le vie, senza alcun controllo; i cittadini che cercano di farsi strada con l’acqua fino alla vita; le suppellettili delle case e dei negozi trascinati via e ciondolanti nel torrente, quasi come se l’acqua non si accontentasse di angariare i cagliaritani, ma addirittura di sbeffeggiarli; i passanti che, in un immenso sforzo collettivo e aiutati dai sempre encomiabili Vigili del Fuoco, dalla Polizia e dai Carabinieri, cercano di far ripartire le auto ingolfate dall’acqua, di mettere in sano e salvo i passanti bloccati dentro le cantine, di combattere quest’acqua che una via per passare la trova sempre.
Ma come se non bastasse, a pochi chilometri da Cagliari si consuma la vera tragedia: il maltempo esige le sue vittime e adesso, prima di lasciar riprendere un po’ di fiato alla popolazione stremata, ne prende quattro: Speranza Sollai, affogata nella sua cantina dalla furia dell’acqua; Mariano Spiga, Licia Zucca e Antonello Porcu, travolti dal fiume mentre viaggiavano in auto, chi per raggiungere il posto di lavoro, chi mentre si reca al suo terreno per cominciare una giornata di lavoro.
Le autorità cercano di fare quel che possono: si prestano subito le prime cure; si cerca di recuperare coloro che rimangono isolati nei terreni e nelle campagne, circondati e minacciati dall’acqua; si allestiscono i primi posti letto; si cerca cibo e medicine per le persone più anziane e per i bambini. E’ una umanità provata e stremata quella che si presenta in queste ore drammatiche. Intere famiglie hanno perso la casa, altre l’hanno avuta parzialmente rovinata, altre si ritrovano con i frigoriferi, le lavatrici, i divani o le credenze del salotto completamente immarcescite dall’acqua e dal fango.
Le città di Capoterra e di Sestu escono notevolmente ridimensionate nella loro stessa geografia
: molte case non esistono più, le strade sono spaccate, alcuni ponti sono crollati, gli stessi luoghi della collettività sono danneggiati: le scuole, le palestre pubbliche, gli uffici pubblici, le chiese. In questa tragedia che si abbatte di colpo Polizia e Carabinieri sono costrette a dedicare una parte dei propri attivi a prevenire lo sciacallaggio. Già i primi furfanti cercano di entrare nelle case di chi ha dovuto abbandonarle in fretta e furia, facendosi largo tra le macerie e cercando qualcosa da poter razziare: un mobile salvato dall’acqua, un materasso, la credenzina di un bagno, un bidet…. E’ la squallida e vergognosa conclusione di una giornata che ha scritto col sangue e con le lacrime la Storia della Sardegna e dell’Italia.
E mentre alcuni piangono i propri morti, altri la perdita della propria casa, altri ancora le proprie automobili, i propri elettrodomestici, i giardini delle loro case disintegrati dal fango, cominciano già a farsi sentire le prime avvisaglie di una polemica che si vuole infinita. Il sistema di soccorso ha funzionato al meglio? C’è stata buona coordinazione tra le forze di soccorso e le forze dell’ordine? Le istituzioni hanno reagito bene oppure erano impreparate? Queste considerazioni, nei giorni del dolore e della rabbia, non hanno ragione di essere fatte: non renderebbero onore ai tantissimi volontari, vigili del fuoco, poliziotti, carabinieri e semplici cittadini che hanno lavorato ore e ore, indefessamente e senza sosta, per alleviare, seppur un minimo, le sofferenze dei cittadini colpiti da questa calamità, per mettere in sicurezza le case, per soccorrere i cittadini isolati in mezzo ai loro terreni, per fornire coperte, cibo e medicinali ai più sfortunati. Viene da piangere davanti a questi uomini incondizionatamente dediti al soccorso dell’”altro”, davanti ai cittadini che danno le loro coperte agli sfollati, davanti ai bambini che si siedono accanto a chi piange il proprio dolore, cercando di condividerlo, o di alleviarlo.
Il bilancio, si è già avuto modo di sottolinearlo, è drammatico. Non solo in termini economici, ma in termini di vite umane e di affetti, di gran lunga più importanti. Ma è una situazione, spiace dirlo e scriverlo, che non sarebbe mai successa se Capoterra e Sestu, ma Capoterra in particolare, non fossero state invase, negli anni passati, dalla cementificazione selvaggia. Le strade, le scuole pubbliche, le palestre, per anni e anni sono state costruite sopra i torrenti, troppo vicine al fiume. Troppo poco spazio si è lasciato per i letti dei fiumi, soffocati dal cemento. Adesso, che in un solo giorno cadono 370 millimetri di pioggia in questa terra (in tutto l’anno di media ne cadono 550), quegli stessi letti dei fiumi, i torrenti, gli argini e i convogli dell’acqua si risvegliano dal loro torpore per riprendersi quello che l’uomo ha loro rubato. E che, nella sua furia, ha distrutto le case e le vite di chi quelle abitazioni le ha comperate, inconsapevole della situazione, e non di quelli amministratori e imprenditori criminali che le case le hanno costruite. Dopo il fango e le lacrime, una politica responsabile e sana dovrebbe chiarire anche questo.

mercoledì 22 ottobre 2008

Tragedia in Sardegna

200 sfollati. 15 milioni di euro di danni. 600 famiglie con gravi danni. E soprattutto tre morti e un disperso: Speranza Sollai, Mariano Spiga, Licia Zucca travolti e uccisi dall'acqua che non si ferma davanti a niente; Antonello Porcu è dato per disperso. Rabbia. Ma soprattutto dolore.

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martedì 21 ottobre 2008

Omicidio di Haider: anche per la Volkswagen è sabotaggio

Come avevo scritto subito dopo la morte di Haider, e più precisamente qui ttp://chessaandrea.blogspot.com/2008/10/jorg-haider-assassinato-non-sarebbe-la.html, la morte di colui che è riuscito a portare un partito fascista a prendere il 30% alle elezioni, oltre ad essere una vera e propria manna dal cielo per alcuni gruppi di potere, presentava diversi lati oscuri che i mass media hanno cercato di occultare.
Haider correva a 140 km/h, il doppio della velocità consentita, ed era ubriaco. Se non ci sono dubbi sulla prima affermazione, sospetta risulta essere invece la seconda. Qualunque bevitore italiano che abbia fatto almeno una volta il famigerato alcol test sa benissimo che non vi è corrispondenza tra il valore che viene segnalato dall’etilometro e la reale condizione del bevitore; in altre parole, il fatto che l’etilometro segnali 1,5 g/l nel sangue – il triplo rispetto al limite stabilito dalla legislazione italiana – spesso e volentieri non significa essere ubriachi, anche se per legge si è impossibilitati a guidare. Denunciare pertanto che Haider era ubriaco solo perché superava i limiti di alcol nel sangue della legislazione austriaca, è una scorrettezza dei media che purtroppo non mi stupisce.
Avevo scritto, inoltre, che il modo in cui si era accartocciata la Phaeton, quella splendida auto della Volkswagen all’avanguardia nel mondo anche per le protezioni e la sicurezza dei passeggeri, e il modo in cui era morto Jorg Haider, non coincideva con il tipo di protezione che deve fornire quella vettura.
Per avere ulteriore conferma di quello che scrivo stavolta ho dovuto attendere pochi giorni. Peter Thul, portavoce della Volkswagen, afferma senza mezzi termini che "E' un fatto acclarato che la macchina andasse troppo veloce, ma una tale velocità in quel tipo di curve non è un problema per la fisica dell'auto: la Phaeton e la Audi A8 sono le più sicure al mondo. Chiunque abbia potuto avere le chiavi dell’auto avrebbe potuto sabotare l’elettronica che controlla il motore”.

A conferma di questa convinzione, la Volkswgen ha mandato i suoi periti sul luogo dell’incidente per esaminare la scena e ha richiesto di poter avere la Phaeton di Haider in modo da poter effettuare le dovute ricerche. Qualcuno darà notizia di tutto questo, tra i mass media italiani ed europei che hanno chiuso la morte di Haider come un banale incidente stradale? Dirà che questa morte è sospetta non solo ai biechi fascisti ignoranti, rozzi, beceri, bombaroli, terroristi, negazionisti ed antisemiti come il sottoscritto (tutti termini nei quali non mi riconosco, sia ben chiaro, ma che solitamente vengono affibbiati a chi professa determinate idee), ma addirittura a quegli stessi che la Phaeton l’hanno costruita, tanto da mandare i loro tecnici sul posto e richiedere l’automobile incidentata? E che tale ipotesi di sabotaggio viene addirittura ripresa dal The Sun di cui riportiamo il collegamento all’articolo presente in internet?
Andrea Chessa

domenica 19 ottobre 2008

Riscoprendo la Storia sapremo un giorno trovare motivi di orgoglio

Dal Blog del Segretario Nazionale MFL Carlo gariglio

LETTERA A MARZIA
Scritta e pubblicata da Alberto Giovannini nel 1959
Marzia carissima, domenica l’altra, al termine della puntata televisiva sui “Cinquant’anni di vita italiana”, in cui si descrivevano in termini raccapriccianti le vicende della Repubblica Sociale Italiana, tu hai chiesto, un po’ incredula e un po’ preoccupata: “-Ma papà era con quelli?…”. Sì Marzia, il tuo papà era con “quelli”, con i cattivi e perché, nella tua mente bambina, non rimangano dubbi ti dice, ora, di essere orgoglioso di esserci stato, e ti assicura che, se dovesse tornare indietro nella vita, e trovarsi, con l’esperienza d’oggi, nelle identiche situazioni di allora, ci tornerebbe.I tuoi tredici anni scarsi ti permettono di afferrare e assorbire il succo velenoso di certe storie, ma ti impediscono di poter capire la storia. Tuttavia voglio dirti, non tanto per oggi, ma per il tempo abbastanza prossimo in cui alla storia, per forza di studi, dovrai avvicinarti, che ciò che la Televisione ha trasmesso (forse col recondito desiderio di far disprezzare centinaia di padri e di madri dai figli ignari) delle tragiche vicende Italiane tra il 1943 e il 1945, altro non è che il concentrato della vigliaccheria conformistica che impera nella nostra Patria.Tu non sai, cara Marzia, che molti tra quanti vorrebbero condannare tuo padre, in quanto colpevole di un delitto che gli Italiani difficilmente perdonano, quello della coerenza, vi sono coloro che gli furono Maestri e, quindi, coi loro scritti lo spinsero sulla strada che doveva condurlo nella Repubblica Sociale Italiana: e vi sono a migliaia, a centinaia di migliaia, a milioni i suoi compagni di un tempo, quelli cioè che dopo aver militato con lui, nel fascismo e “sotto” Mussolini, si squagliarono, stridendo alla maniera dei topi, non appena la barca incominciò a fare acqua. In sostanza le storie che la Televisione ha, dapprima ipocritamente e poi maramaldescamente, raccontate alla tua fantasia di bambina sensibile, avevano due scopi ben precisi: il primo di giustificare la dittatura del “ventennio”, il secondo di scaricarne tutte le responsabilità, morali prima ancora che politiche, sui vinti della Repubblica Sociale Italiana. Perché vedi, Marzia, se in Italia non ci fosse stata la Repubblica, e la storia si fosse fermata al 25 luglio 1943, i “responsabili” sarebbero parecchi. Nessuno o quasi si salverebbe. Oggi tu sai che Presidente dei Consiglio è l’Onorevole Segni, e se ascolterai la radio saprai ch’egli è un patriota e un antifascista, un sincero democratico. Appunto perché, per sua fortuna, c’è stato l’8 settembre 1943, che ha permesso a Segni di far dimenticare il giuramento di fedeltà al regime fascista e, probabilmente, il distintivo fascista portato all’occhiello, come professore Universitario. Ti dico Segni, perché è il nome del giorno, ma quando ascolterai altri nomi, e leggerai di altre benemerenze, di Fanfani o di Ingrao, di Taviani o di Lajolo, di Pella o di Achille Corona, di Tambroni o di Martino, di tutti o quasi gli uomini politici Italiani dispersi nei molti partiti, ricorda che la situazione è sempre la stessa. Per questo le storie che ti hanno raccontate “visivamente” alla Televisione, nella prima parte erano rivolte a giustificare il fascismo, e in certo qual modo, a farlo perdonare agli italiani e agli stranieri. Le proteste dei comunisti e degli antifascisti professionali, durante le prime puntate del racconto, erano in parte giustificate, ma fiacche, forse anche perché i protestanti avevano ottenuto assicurazioni sul galoppo finale del programma. E d’altro canto, ad esempio, l’onorevole Arrigo Boldrini, presidente dell’Associazione Nazionale Partigiani, come avrebbe potuto protestare contro il filofascismo della TV fino al 25 luglio, se fino a quell’epoca egli era Centurione della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale? Vedi, Marzia, quel che avvenne in Italia dopo l’8 Settembre ha rappresentato la più dolorosa tragedia della tua Patria, ma è servito anche a dare un falso passaporto di democrazia alla maggior parte dei vigliacconi che oggi comandano. Quante cose, potrei raccontarti, figlia mia, di quei tempi tragici. Basterebbe ti facessi storia, e potrei fartela, di molti che oggi vanno per la maggiore con l’aureola degli eroi, per farti ridere o per farti comprendere perché, in definitiva, tuo padre, ch’è un uomo e non un topo, è stato con “quelli” e non con “questi”. Ti hanno fatto vedere tante cose tristi, tanti morti, tante distruzioni, ti hanno rattristata e forse, ti hanno fatto inorridire. Ma non è tutto. Sappi, bambina, che molti di quei lutti sono venuti “dopo”, sono cioè scaturiti da una reazione; ma sappi, soprattutto, che la guerra civile scaturì dall’imbecillità e dalla pavidità di una classe dirigente che dopo aver servito (servito è il termine esatto) il fascismo, e dopo essere stata complice dell’entrata in guerra, ha subito la pressione dell’antifascismo “resuscitato” dopo il 25 luglio per realizzare, nel più disastroso dei modi, il più criminoso rovesciamento di fronte che la storia ricordi. Hai visto sui teleschermi, la strage di trecentotrenta italiani alle Fosse Ardeatine? Ebbene, ricorda, bambina, che essa fu dovuta a rappresaglia perchè in Roma, dichiarata “città aperta”, ventisei soldati tedeschi disarmati furono uccisi dallo scoppio d’una bomba posta a tradimento dai comunisti. E che gli autori dell’attentato, invitati a costituirsi per evitare la rappresaglia sui detenuti, si dettero alla macchia per poter essere in grado, poi, di entrare al Parlamento italiano come deputati del PCI e come eroi della “resistenza”.E’ una favola truce e turpe, quella che ti hanno presentata, figlia mia; ma incompleta. Lascia, perciò, che te la racconti anch’io, che te la completi. C’era una volta un amico del tuo papà, aveva ventotto anni, era onesto, sincero, povero e disinteressato. Intendeva andare verso “il popolo” perché al popolo voleva bene: si chiamava Eugenio Facchini, e ai primi di ottobre del 1943, quando Bologna era ancora tranquilla, fu nominato Segretario federale della città. Tre mesi dopo fu massacrato a colpi di rivoltella (nella schiena) mentre stava andando a colazione alla mensa dello studente. Fu il primo morto della guerra civile a Bologna, e dalla sua ingiusta morte, che non dava gloria o vantaggio a nessuno, vennero le prime sanguinose reazioni. C’era una volta un vecchio professore universitario che mai si era occupato di politica, che dal fascismo non aveva ottenuto né onori, né cariche, né guadagni, era un antico nazionalista che aveva sentito la necessità di “aderire” alla RSI e, quindi, di reagire alla resa incondizionata di Cassibile e al rovesciamento di fronte che avevano disonorato la sua Patria. Era un uomo onesto, buono, che non aveva mai fatto del male a nessuno e fatto del bene a tutti, era uno studioso di fama mondiale. Si chiamava Pericle Ducati, e fu massacrato a revolverate mentre, con un libro sotto il braccio, tornava a casa. C’era una volta, la favola è lunga, Marzia!, il più grande filosofo contemporaneo, come un giomo saprai; lo spirito forse più alto che abbia avuto l’Italia in questo secolo, e fu ucciso, mentre rientrava in famiglia, per la somma di tremila lire. Si chiamava, pensa, Giovanni Gentile. C’era una volta un Poeta, cieco di guerra, cieco a ventisei anni, che quando tutto crollava aveva ritenuto suo dovere servire i Mutilati, cioè coloro i quali avevano offerto, come lui, i doni più preziosi dell’esistenza alla Patria. Fu ucciso come un cane, a revolverate, in mezzo alla strada, senza una ragione e senza pietà. Si chiamava Carlo Borsani. Tra i tanti nomi che hai ascoltato alla Televisione, questi non li conosci; tra i tanti funerali che hai veduto questi sono mancati; tra i molti orrori questi non sono stati menzionati. Tu hai veduto tante bandiere tricolori che sventolavano, gioiose alla fine della guerra civile, ma non ti hanno fatto vedere, per tua fortuna, il carnaio approntato in una piazza di Milano, dove Colui che tutti avevano servito e riverito, e che non aveva voluto fuggire perchè, se lo avesse voluto, come i maramaldi della Televisione affermano, avrebbe sempre avuto un aereo sul quale imbarcarsi, era appeso per i piedi, a ludibrio di una plebe imbestialita e a eterna vergogna dell’Italia moderna. Non ti hanno fatto vedere, né ti hanno detto, Marzia, che mentre quelle bandiere sventolavano e quelle “formazioni” venivano passate in rassegna dai “vittoriosi”, migliaia e migliaia di uomini, donne, giovanotti, fanciulli venivano massacrati; che in una caserma di Vercelli settanta giovani disarmati venivano schiacciati vivi e ridotti poltiglia, per ordine e sotto gli occhi di un eroe della resistenza, il ragioniere Carlo Moranino, divenuto più tardi deputato al Parlamento Italiano per questa meritoria impresa. Questo, figlia mia, è il completamento della favola che gli amanuensi della Televisione italiana hanno approntato, per falsare la storia, per meritare gli elogi delle classi dirigenti e per far sì che i figli, intimamente, disprezzassero i padri. Ho dovuto raccontartelo fino in fondo, e dirti che cosa fosse lo “spirito della resistenza” perché quella tua frase: “Ma papà era con quelli?” mi ha dolorosamente colpito. Vedi bambina, io, in tanti anni e in tante vicende, non ho mai odiato nessuno; ma quando ho appreso di quella tua domanda ho sentito, per la prima volta, Dio mi perdoni, lo stimolo dell’odio. D’ora in avanti, Marzia, ti farò io la storia: e ti dirò chi veramente era Mussolini, cosa fu il fascismo e cosa fummo noi, vinti, protagonisti dell’ultima e disperata avventura. Non credevo, dopo tanti anni, quando tutto doveva essere superato e dimenticato, di dover tornare a questo. Ma tu devi sapere, voglio che tu sappia; voglio che quando sarai grande possa insegnare ai tuoi figli le cose che ti dirà tuo padre, perché “questi” l’hanno voluto, me l’hanno imposto. Voglio dunque che tu possa essere orgogliosa di me, anche e principalmente se ero con “quelli”. Sì, ero con “quelli”: ero con Mussolini, con Giovanni Gentile, con Pericle Ducati, con Goffredo Coppola, con Francesco Ercole, con Giotto Dainelli, con Marinetti. E un giorno saprai, bambina, chi erano costoro, e vedrai che erano qualcosa di più e qualcosa di meglio dei Pani, dei Cadorna, dei Moranino; potrai renderti conto che anche tuo padre era un Italiano e per di più un Italiano coerente, che ha saputo subire fino in fondo la tragedia (che è storia) della sua Patria, anche se questa colpa gli vieta oggi di poter “rettificare” le storie della Rai-Tv, compilate e realizzate dal suoi antichi camerati, trasformatisi in maramaldi.
Tuo padre

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Queste sono le parole con cui Piero Operti, antifascista e partigiano, difese i suoi giovani studenti universitari reduci dell’esercito repubblicano, nell’immediato dopoguerra.

Si, O SIGNORI, io son quel desso. Son colui che distinguete col nome di “Repubblichino”. Appartenni alle Forze Armate della RSI. Voi vedete in me la sentina di tutte le colpe, il ricettacolo di tutti gli errori, la pattumiera di tutte le iniquità. Infatti tenni fede alla parola data alla Patria quando la vostra saggezza aveva, quella parola, per chiffon de papier; credetti quando tutto comandava lo scetticismo; quando l’imboscamento veniva aureolato di gloria volli continuare a combattere. Son colui che distinguete col nome di “Repubblichino”. Fui soldato dell’onore - sostantivo maschile derivato dal latino “honor, honoris” della terza declinazione regolare - e mentre voi radiavate dal dizionario questo vocabolo come contrastante con l’eclettismo della itala gente dalle molte vite e dalle molte casacche, ricordai che i Romani divinizzarono l’ONORE e il VALORE e li venerarono in un medesimo tempio; e mentre la Fortuna giungeva a voi sulle ali dei «Liberators» io ricordai che i Romani, dopo la rotta di Canne, edificarono un tempio alla Fortuna Virile, e che conferendo maschiezza alla fortuna essi ne fecero non un dono del caso bensì una conquista del valore. Perciò il 5 giugno 1944, quando voi alzavate inni di giubilo per la «liberazione» di Roma, io piansi le più cocenti lagrime della mia vita e invidiai i camerati del «Barbarigo» caduti sulla via dell’Urbe opponendosi con le bombe a mano, come il Maggiore Rizzati, all’avanzata degli «Sherman» E, mentre a Trieste voi gridavate: «Meglio gli slavi che i fascisti» e Radio Bari annunziava l’avanzata dei partigiani jugoslavi lungo la costa istriana, chiamandola «litorale sloveno», io sostenni nella selva di Tarnova, contro le bande dì Tito e gli ausiliari di Togliatti, un aspro combattimento nel quale quasi tutti i miei compagni del «Fulmine» persero la vita. Fui soldato dell’Italia ritornata espressione geografica e sperai di chiudere per sempre gli occhi per non vedere la sua plebe d’ogni rango sciamare intorno ai vincitori, offrendogli i suoi fiori e le sue donne e azzuffandosi per raccattar le sigarette gettate dall’alto dei carri. Quando, infranta la linea gotica, nelle vostre città voi apprestavate archi di trionfo e vi gettavate ai linciaggi, io sparai sul Senio sino alla mia ultima cartuccia e coi camerati superstiti del «Lupo» ricevetti dal nemico l’onore delle armi, come Kosciusko a Macovje, qualcuno in quel luogo e in quell’ora pronunziò le parole: «finis Italiae». Sono, o signori, il temerario ribelle alle suggestioni della liberazione e della capitolazione. Rimasi al fianco del tedesco perché la guerra non è un giro di valzer e con lui l’avevo incominciata, perché sapevo ch’egli ci era nel presente e ci sarebbe stato nel futuro meno nemico degli alleati, e perché prevedevo che costoro, essendo buoni sportivi, ci avrebbero in qualunque caso meglio giudicati e trattati se non piantavamo in asso il compagno di squadra nell’ora più dura della partita. Per questo compagno avevo la stima che non può negarsi al valore e che schiettamente egli ricambiava a tutti i buoni soldati. Come in Grecia, in Russia, in Africa rimasi al suo fianco in Italia e accanto a lui sanguinante camminai nel mio sudore e nel mio sangue avendo di fronte lo schieramento del nemico, sulla R.A.F., alle spalle le fucilate dei partigiani; e spesso dovevo chiedere a lui le munizioni, essendo le mie inservibili perché sabotate nelle fabbriche. Venuto il mio turno, rifiutai la licenza, sapendo che al paese mi attendeva l’agguato, e volevo morire contrastando all’invasore la mia terra e non assassinato da un italiano. MI STRINSI AL CUORE L’ULTIMO LEMBO DELLA BANDIERA, quando voi ne davate i brandelli ai negri perché li adoperassero come pezze da piedi. Nulla mi sembrò più orribile del proclamarsi vincitori in una patria disfatta e bruciai la mia anima nel rogo dell’Italia delle cui ceneri avete fatto il Vostro Piedistallo. Ebbi l’inaudita protervia di vedere fra i ciechi, di udire fra i sordi, di camminare fra i paralitici, di piangere sulla fine della mia Patria mentre voi tripudiavate sul principio della vostra trionfale carriera. Risparmiato dalla guerra e dalla guerriglia, scampato alla ecatombe liberatoria, sopravvissuto a Coltano e alla galera, vengo dinanzi a Voi, o signori, a confessare il cumulo dei miei delitti. So bene che nessun castigo da Voi inflittomi potrà adeguarsi ad essi; valga nondimeno ai vostri occhi la mia prontezza a pagare il fio di tanti misfatti.«Molto deve esserle perdonato perché molto ha amato», disse della Maddalena il Redentore, e giustamente disse, poiché la donna piangeva sul suo passato; così giustizia vuole che avendo molto amato nulla a me sia perdonato, poiché il mio cuore, duro come una pietra, è insensibile al pentimento. E’ questa in verità, o Signori, la mia ultima colpa, più grave da sola che tutto il carico delle colpe passate: «NON SONO PENTITO».Ma avendo militato nell’opposta trincea io non posso pronunciare questo discorso e perciò lo passo a qualche antico avversario il quale mi sia oggi fratello nell’amore per l’Italia, affinché se ne serva quando inciampa in quella domanda che io ho incontrata».
DECIMA COMANDANTE
Ottobre 1997

giovedì 16 ottobre 2008

La Petrella è depressa: portatela qui

Era il 19 giugno 1981, le 13.30 circa. Il Commissario di Polizia di Primavalle, Vinci, è all’interno della sua auto di servizio quando viene freddato da una scarica di proiettili da un commando di tre uomini e una donna. I capi principali del commando sono due: Luigi Novelli e Marina Petrella, definiti “i coniugi del terrore”. Precedentemente coinvolti nell’omicidio Moro, i brigatisti rossi hanno voluto fare un’altra vittima dello Stato “borghese”. E ancora, il “curriculum” degli assassini della falce e martello è corposo: il sequestro D' Urso, l' uccisione del generale dei carabinieri Enrico Galvaligi, e il tentato sequestro del vicecapo della Digos, Nicola Simone. Tutti reati che nel 1993 porteranno la condanna all’ergastolo per Petrella e Novelli, ma la Petrella è già uccel di bosco. Approfittando della cosiddetta “dottrina Mitterrand”, vale a dire quella scandalosa intromissione della Francia negli affari interni italiani grazie alla quale gli assassini comunisti trovano accoglimento oltralpe, la Petrella non sconterà mai l’ergastolo comminatole dalla Magistratura italiana, approfittando della generosità francese.
Quattro giorni fa il Presidente Francese, Nicolas Sarkozy, ha confermato che la Francia non concederà l’estradizione di Marina Petrella.
Il sottoscritto aveva sperato che, grazie all’accordo tra l’allora Ministro della Giustizia italiano Roberto Castelli ed il suo omologo francese Dominique Perben, il quale prevedeva in sostanza la fine dell’impunità per gli stragisti rossi, fossero finiti i tempi degli esodi dorati degli assassini comunisti. Tale accordo era stato ratificato dal penultimo Ministro della Giustizia italiano, Clemente Mastella, e recava con se i nomi di 11 assassini da riconsegnare alle italiane galere: Enrico Villimburgo, Roberta Cappelli, Giovanni Alimonti, Maurizio Di Marzo, Enzo Calvitti, Vincenzo Spanò, Massimo Carfora, Walter Grecchi, Giovanni Vegliacasa, Giorgio Pietrostefani e, last but not least, Marina Petrella.
Ma Sarkozy ha detto no, adducendo come giustificazione “motivi umanitari” legati alla salute psico-fisica particolarmente cagionevole della terrorista. Ma quali saranno questi motivi umanitari? Quale sarà la bruttissima malattia che ha colpito la Petrella? Forse una malattia ai polmoni? Difficoltà respiratorie? Problemi al cuore? Cancro? Niente di tutto ciò. La Petrella non sarà estradata in Italia a causa di… “depressione”!
Insomma torna in auge la dottrina Mitterrand, nel più totale disprezzo dei parenti delle vittime degli stragisti rossi che attendono da anni giustizia.
Il lettore malizioso potrà pensare che questa squallida farsa si possa tranquillamente concludere qui. Purtroppo non è così. Oggi la “signora” Petrella dichiara di voler chiedere perdono ai familiari delle sue vittime, e di non averlo fatto prima solo per evitare di avere delle agevolazioni riguardo la sua sorte e per paura di non essere creduta, portando quindi il dolore per anni e anni dentro di se, nel più assoluto silenzio. E’ un vero peccato che nessuno, tranne il sottoscritto, ricordi più le frasi che la terrorista non pentita scriveva sull’ Humanitè (mai titolo fu più ironico e beffardo) nel 2004, quando commentava il caso Cesare Battisti: «La Francia rinnega sé stessa, e l' Italia agisce per pura vendetta. Ma io ho abbandonato ogni attività politica, il prolungamento di ciò che sono stata è oggi il mio lavoro nel sociale, nell' educazione popolare. Tutti noi ci siamo costruiti in Francia una nuova vita, senza negare quello che siamo stati. Cacciarci dalla Francia non risolverà niente, anzi, non farà che allungare la lista delle vittime. Se domani venissi estradata in Italia, ad essere rovinati con me ci sarebbero mio marito e mia figlia, cittadini francesi». Come si può notare da quanto riportato, e disponibile per chiunque su internet nell’archivio storico del Corriere della Sera, la Petrella qui non solo ha il coraggio di affermare categoricamente di non aver mai negato e ripudiato il suo passato di brigatista assassina, ma addirittura pone un esplicito paragone tra i suoi familiari e le vere vittime del terrorismo italiano, nel caso in cui venisse estradata! E solo quattro anni dopo, dopo queste parole così arroganti messe nero su bianco, vorrebbe farsi passare per una povera signora pentita del suo passato e depressa. Viene proprio da notare come non ci sia limite alla protervia dei comunisti, tanto più se gli stessi si sentono legittimati dal loro passato rosso sangue!
Vien fatto di notare che il “pentimento” e la “depressione” di questi arroganti assassini sono tipi del tutto particolari. Chi si pente di una sua azione, solitamente, si pone mentalmente nel modo migliore per poter affrontare la conseguenza di quella azione con serietà e senso di responsabilità. E’ troppo comodo pentirsi dal proprio esilio dorato francese, lavorando come assistente sociale (sic!) e scrivendo sui quotidiani filo-terroristi. Ancora: la depressione è una malattia particolare, che impedisce a chi ne è affetto di vivere serenamente la propria vita sociale, e spesso di non viverla affatto. Apprendiamo dalla figlia dell’assassina che la madre, a suo dire, non mangia da almeno sei mesi. La Petrella che lavorava e che scriveva sui giornali fino a qualche mese fa, o che salutava bella “in carne” le telecamere televisive che la riprendevano, può essere definita in tanti modi, ma non certo “depressa”.
Da chi scrive un consiglio ai familiari della Petrella: fatela tornare subito in Italia. Qui, infatti, abbiamo avuto modo, purtroppo, di vedere quale è la fine degli assassini rossi o dei loro mandanti morali: assurti al ruolo di grandi intellettuali, oggetto di intense campagne mediatiche affinché venga concessa loro una grazia mai richiesta, conduttori di famose radio statali. Oppure, nei casi più felici, ovvero brigatisti sovversivi che non hanno compiuto materialmente alcun delitto, ci si può avvalere di una trasmissione mediocre su qualche rete privata in cui “l’ex” cazzeggia felicemente con i suoi amici, con ascolti che per qualunque altra trasmissione “non fedele” ai poteri forti sarebbero considerati da barzelletta.
Motivi umanitari, depressione, pentimento… tutti termini troppo nobili per poter essere utilizzati impunemente dagli assassini mai pentiti e dai loro lacché, e che suonano come una terribile beffa non solo alle “vere” vittime del terrorismo, ma anche a tutti gli uomini liberi. Per i quali, sarebbe il caso di ricordarlo al canagliumine rosso sangue, non è prevista alcuna “clausola umanitaria”.

Andrea Chessa

mercoledì 15 ottobre 2008

Intervista ed Erich Priebke

di Antonella Ricciardi

1) Quale ritiene sia il messaggio più importante che ha trasmesso attraverso la sua autobiografia?

Al di là del significato dei singoli eventi della vita, un uomo che si avvia alla fine del suo percorso deve tirare le somme.
Forse la cosa più difficile è proprio accettare con serenità il proprio destino. Io credo, dopo tanti travagli, di aver capito il significato del mio: lottare fino alla fine per tenere alto il mio onore di uomo, l’orgoglio di appartenere al mio popolo, il popolo tedesco che con i suoi pregi e i suoi difetti non posso e non voglio cessare di amare.

2) Ha cambiato idea su qualcosa dal 1994, anno nel quale cominciarono i suoi problemi giudiziari, ad oggi?

Nel caso Priebke si è assistito ad un numero spaventoso di violazioni ai concetti basilari del diritto e della legalità. Barbarie che però non si è imposta come fatto incruento. Il cedimento delle istituzioni è avvenuto attraverso le continue pressioni del potere politico su quello giurisdizionale (come il mio sequestro e il successivo riarresto in Tribunale, ordinato dall’allora ministro della Giustizia Giovanni Maria Flick), in aperto spregio del fondamentale principio della divisione dei poteri, che è l’essenza stesa della indipendenza della magistratura
A quel tempo sinceramente credevo nei valori della giustizia, quelli di cui tanto si parla nei così detti paesi civili che si proclamano Stati di Diritto.
A mie spese ho dovuto imparare che dietro la maschera della legalità democratica spesso si celano gli interessi e gli intrighi di lobby potenti, che calpestano il diritto e manipolano l’informazione pur di raggiungere i loro torbidi scopi.

3) Il secondo processo di primo grado del suo lungo iter processuale si concluse con una condanna a 15 anni, ridotti nei fatti a pochi mesi, per il condono di 10 anni e per i 4 anni e più di carcerazione preventiva già vissuti (compresi quelli sofferti come prigioniero di guerra). Con un accordo tra accusa e difesa si era deciso di fermare lì l'iter giudiziario. Ma, si afferma nella sua autobiografia, l'accordo venne fatto saltare dall'alto, ed in appello lei fu condannato all'ergastolo, poi confermato dalla Cassazione. Pensa di avere capito a chi si debba questa manovra? E ritiene ciò parte di un più ampio processo politico?

Su tutte le sentenze che mi riguardano posso dirle che non si è mai processato l’uomo Priebke, innocente o colpevole che fosse, ma l’ideologia che si voleva a tutti i costi che egli incarnasse. Si è giudicato non secondo i canoni del diritto ma all’unico scopo di inscenare un processo mediatico che avrebbe imposto all’attenzione dell’opinione pubblica il solito pacchetto emozionale, confezionato per suggestionare le masse con la figura di un mostro a uso e consumo dei giochi di potere dei potenti.
Il caso Priebke doveva essere l’ennesima occasione per riaffermare e giustificare i principi su cui si fondano le suggestioni politiche e sociali del mondo attuale. Un mondo programmato nella conferenza di Yalta, autolegittimato con i processi farsa di Tokio, Norimberga e gli altri, inscenati via via contro chi non voleva allinearsi alle logiche del nuovo corso. Doveva essere l’ultima occasione per usare il soldato tedesco come simbolo del male, contrapposto a tutto ciò che in termini sempre più categorici viene imposto ai popoli della terra come il bene: il nuovo ordine mondiale, quello globalizzato da un ristretto gruppo di plutocrati cosmopoliti e dai politicanti al loro servizio.

4) Lei afferma di essere dispiaciuto per le perdite umane, ma di non potersi scusare, dato che pensa che le sarebbe stato impossibile sottrarsi all'ordine di partecipazione alla rappresaglia, se non a rischio della vita. Come valuta, però, il tipo di rappresaglia attuata alle Fosse Ardeatine? Ritiene che quella rappresaglia sia stata inevitabile o inopportuna?

Io non avevo mai ucciso prima di quel giorno e non l’ho grazie a Dio, mai più dovuto fare. L’essere la guerra fatta di massacri e di morte, non può alleviare il dramma di chi ha una coscienza e deve sopprimere una vita.
Probabilmente le generazioni attuali, quelle che non hanno fatto la guerra non possono capire. Noi abbiamo dovuto sparare alle Ardeatine; non lo abbiamo fatto per un sentimento di odio. L’abbiamo dovuto fare in seguito ad un ordine irrifiutabile venuto direttamente da Hitler. Ciò che posso dire è che la rappresaglia era ed è ancora oggi una pratica legale in guerra. Non ubbidire sarebbe stato impossibile, come è dimostrato dalle vicende terribili di Hiroshima, di Dresda e di tutti i molteplici massacri e rappresaglie avvenuti nella seconda guerra mondiale, dove al contrario di quanto successe alle Ardeatine, si uccisero molto spesso indiscriminatamente anche donne e bambini.
6) Nel suo libro lei dà un'immagine del colonnello Kappler diversa da quella che di solito è stata presentata sui mass-media. Lei racconta, infatti, di un Kappler che nutriva sì un'avversione nei confronti degli ebrei, ma di tipo politico e non prettamente razziale, ricorda che Kappler aveva inoltre trovato in prigionia un amico zingaro.... Pensa davvero che la figura di Kappler sia stata sfigurata per motivi politico-propagandistici?

Kappler era considerato un ufficiale molto in gamba che, grazie anche all’ottima conoscenza della lingua aveva dimostrato di essersi inserito più che bene nella vita romana.
Nato nel 1907, aveva 6 anni più di me ed era di Stoccarda, figlio di una famiglia medio borghese. Si era iscritto nel 1931, due anni prima della vittoria elettorale di Hitler, alla NSDAP (Partito Nazionalsocialista dei Lavoratori) e l’anno dopo aveva lasciato l’università per entrare nelle Allgemeine ss. Aveva frequentato la scuola di polizia al Charlottenburg nel 1937. Notato da Heydrich per l’acume dimostrato nel corso delle indagini sull’attentato contro Hitler, avvenuto a Monaco nel 1939, venne fatto specializzare sulle problematiche del comunismo internazionale ottenendo, sempre nel 1939, su proposta del generale Harster e nomina di Heydrich e dopo un breve servizio ad Innsbruck, l’incarico a Roma come ufficiale di collegamento con la polizia italiana. Era un uomo di cultura che amava collezionare vasi etruschi e ascoltare la musica classica. Sicuramente ambizioso, l’organizzazione del lavoro sotto di lui, secondo lo stile dell’epoca, doveva funzionare come una macchina perfetta; essere suo dipendente implicava obbedire e fare dei sacrifici, ma al di là delle sue funzioni di capo non invadeva la sfera personale dei sottoposti. Dotato di una elasticità mentale non comune per un poliziotto, evitava di agire sulla base di semplici supposizioni; sapeva però anche essere molto duro con i nemici.
Tribunali alleati processarono a fine conflitto i suoi superiori: nel 1946 i generali Eberhard von Mackensen e Kurt Mälzer a Roma e nel 1947, a Venezia, il Feldmarschall Albert Kesselring. Essi avevano trasmesso a lui, come comandante della Polizia di Sicurezza di Roma, gli ordini di Hitler relativi alla rappresaglia delle Ardeatine. Gli alti ufficiali furono tutti e tre condannati alla fucilazione, poi commutata in ergastolo ed alla fine, nel 1952, ottennero la grazia in virtù della quale vissero da uomini liberi per il resto dei loro giorni (eccezione fatta per Mälzer che nel frattempo era morto per un tumore).
Kappler alla fine fu l’unico a venire condannato nel corso del processo celebrato nel 1948 davanti al Tribunale Militare di Roma. Sebbene assolto per la rappresaglia in sé, a Kappler fu imputata la morte di 10 ostaggi che, a giudizio del tribunale, erano stati giustiziati esclusivamente sulla base di una sua scelta personale. La decisione era stata presa da Kappler in conseguenza del decesso del trentatreesimo militare dell’esercito tedesco, avvenuto in ospedale nelle ore successive all’attentato partigiano di via Rasella.
Dopo più di trent’anni di carcere, quando Kappler malato terminale di cancro era ormai poco più che un fantasma, un branco di iene continuava ad accanirsi contro di lui. Escluso prima da qualunque forma di clemenza, fosse indulto o amnistia, ora in punto di morte gli si rifiutava anche la sospensione della pena. Alla fine, in barba a tutto il blaterare sull’umanitarismo delle società civili, si erano compiaciuti di negargli anche il conforto di una morte nella propria casa. Ipocrisia e carrierismo erano i miti delle autorità democristiane e dei loro apparati nella nuova Italia, miti sempre sostenuti da uno stuolo di giornalisti compiacenti, e un codazzo di enti di comodo ed eroi dell’ultima ora. Dopo la sua fuga verso casa gli ci vollero ancora sei mesi di agonia perché il buon Dio mettesse finalmente termine al suo lungo martirio. Domizlaff, un mio ex superiore, coimputato di Kappler, che venne assolto come tutti gli altri dal Tribunale Militare di Roma per la rappresaglia delle Ardeatine, a proposito dei nostri ex nemici partigiani prigionieri nel carcere di via Tasso, coloro che Kappler aveva salvato rimettendoli tutti indistintamente in libertà al momento di lasciare Roma prima dell’arrivo degli alleati, fece questo commento: “Kappler era il tipico svevo che nascondeva il suo cuore dietro una maschera, ma che svelava la sua vera personalità con le azioni”. Domizlaff aveva passato dopo la guerra più di cinque anni di reclusione con Kappler e sapeva bene anche quanto il nostro ex comandante si fosse impegnato per mantenersi sano di mente e di spirito, in carcere. Mi spiegò, tra l’altro cosa che per me era sempre rimasta poco comprensibile, perché Kappler fino all’ultimo si fosse rifiutato di scrivere le sue memorie: non aveva voluto correre i rischi insiti nell’autodifesa. Disdegnava l’autogiustificazione, attività molto praticata dopo la guerra.

7) Dopo la condanna all'ergastolo, cosa ha pensato per riuscire ad andare avanti?

Se le manette, la deportazione di un vecchio, il carcere, la lontananza dalla mia sposa malata, sono oggi la croce della mia vita, l’incredibile lato positivo di questa esperienzia è stato trovare tanti amici sinceri; è stato scoprire un tesoro. Fratelli che da tutte le parti del mondo si sono prodigati nell’aiutarmi. Come ho già detto, il mio impegno di novantenne che anche dietro le sbarre non si è mai arreso, è quello di un uomo che anche se terribilmente stanco, cerca di stare in piedi per lasciare in eredità ad altri il significato vero della sua vita.

8) Dopo che Ciampi ha ritenuto non ci fossero le condizioni per la grazia, non essendoci l'accordo unanime dei familiari delle vittime delle Ardeatine, ritiene ancora di avere delle prospettive per riacquisire la libertà ? E se sì, chi pensa in particolare che avrà contribuito a tale esito per lei felice, col suo aiuto?

Credo che un uomo non debba mai abbandonare la speranza. Anche se mi pesa molto la mancanza della libertà e molto più ancora la mancanza di Alice, la mia coscienza di uomo tuttavia si sente libera. Per nessuno motivo vorrei essere al posto dei miei persecutori, senza vincoli nello spazio ma prigionieri nell’animo. Mi hanno tolto la libertà, mai, però, mi toglieranno la dignità.

9) Lei ha scritto nel suo libro che lo zio dell’ex Guardasigilli Giovanni Maria Flick era un SS: può darci qualche dettaglio in proposito?

Quando nel 1944 facevo servizio nella città di Brescia ho conosciuto il comandante del reparto della SS italiane che faceva servizio in quella zona, il maggiore Alois Thaler, un uomo che aveva dimostrato grande valore sul campo. Il suo gruppo di circa 200 SS italiane fronteggiava i partigiani nelle montagne.
Con Thaler ebbi l’occasione di fare una visita presso il suo comando che si trovava ad una decina di chilometri da Brescia. Fra l’altro, mi presentò un sottotenente: Massimo Flick, un ragazzo molto simpatico. Impiegato ad Anzio per contrastare lo sbarco alleato era stato decorato con la croce di ferro di II classe. Era un fervente nazionalsocialista e al nord aveva combattuto contro i partigiani ed in seguito ai postumi di una ferita faceva l’ufficiale di giustizia – Gerichtsoffizier – questo in quanto all’università aveva fatto studi giuridici. Era addetto agli interrogatori dei prigionieri, ad istruire i processi per il Tribunale delle SS di Verona dove faceva anche il consulente dei giudici tedeschi. Mi aveva parlato dei suoi problemi di coscienza per alcune condanne a morte decise dal tribunale. Suo nipote, l’ex ministro Flick, ha sempre finto di ignorare questi fatti nei quali lo zio era stato coinvolto. Ha taciuto fino al 1992 quando lo zio è morto. Contro di me invece si è accanito!

10) Qual è la cosa che dopo la condanna a vita la fa più soffrire?

Le invenzioni di alcuni falsi testimoni sulle mie responsabilità in atti malvagi, torture e cose del genere sono un male veramente gratuito e quindi per me più doloroso. E’ propria questa cosa che più di ogni altra, ancora oggi mi fa soffrire. La ingiustizia della condanna all’ergastolo, rientra tutto sommato nella logica della vendetta, meccanismo questo che anche se aberrante è comprensibile alla mia mente. Le menzogne diffamanti però manipolano l’immagine della persona snaturandola agli occhi dei suoi simili, dei suoi amici e parenti, sono un’onta insopportabile, un male veramente raffinato contro il quale non mi stancherò mai di lottare.
Proprio per questo da tempo ho intentato una serie di cause civile contro i miei diffamatori e a tutt’oggi ho già ottenuto contro giornalisti mistificatori e falsi testimoni ben 8 condanne per diffamazione, altre presto verranno.

11) Cosa pensa del divieto di sfilare e di utilizzare il palco per la manifestazione in suo favore il 6 marzo? Per quell’appuntamento ridottosi notevolmente a causa dei divieti sarebbe dovuta venire anche sua moglie Alice: è poi ugualmente venuta? E l’ha più incontrata dal 1995, anno nel quale è stato costretto a lasciare l’Argentina?

Mia moglie non l’ho mai più potuta vedere!
Nell’Italia democratica si vieta a me e ai miei sostenitori, persino il diritto di una legittima richiesta: il diritto a richiedere un provvedimento di clemenza. Certo possono negarmela la grazia, ma è un diritto inalienabile quello di poterla richiedere.
Contro simili abusi del potere costituito posso solo citare le parole del barbaro Brenno, che sono poi il titolo del mio libro: Vae Victis (Guai ai Vinti).

domenica 12 ottobre 2008

Jorg Haider assassinato? Non sarebbe il primo


Jorg Haider aveva 58 anni. Fisico sportivo, uomo di mondo. Tornava l’altra notte da un locale, e si è schiantato con la sua auto, rimanendo ferito mortalmente alla testa. Haider non beveva. La strada era dritta e sicura. Guidava, inoltre, una Phaeton, provvista di ESP, stabilizzatore della velocità, avvisatore di cambio di corsia, più di 8 airbags con particolari protezioni per la testa… Una delle macchine più belle e più sicure del mondo, tanto da configurarsi un auto particolarmente elitaria.
Non era un mistero che Haider, l’unico leader europeo a dire verità scomode e a non essersi inginocchiato davanti ai giudei con la kippà in testa, fosse particolarmente odiato dalla comunità ebraica. La quale, fin dagli anni dei suoi primi passi in politica, aveva condotto contro di lui una spietata campagna di disinformazione culminata con la vergognosissima decisione, nel 1999, presa all’unanimità da tutti i governi europei, di rivedere i loro rapporti con l’Austria se al governo ci fosse stato Haider (l’uomo del 30% di voti). L’Austria diventava di colpo uno Stato antisemita, da boicottare e da odiare, con la vergognosa complicità di tutte le cosiddette “democrazie” europee.
Diversi anni dopo, più precisamente nel 2005, si viene a sapere che il Mossad è da anni a conoscenza di tutti gli spostamenti di Haider, grazie a informazioni di prima mano. La qual cosa, conoscendo l’abitudine del Mossad alle soluzioni spicciole e all’assassinio mirato dei suoi nemici, in spregio di qualsiasi sovranità nazionale, non era esattamente l’ideale per la sicurezza personale del capo della destra austriaca.
Nel frattempo la comunità ebraica internazionale aveva dichiarato guerra ad Haider. L’aperto sostegno dato dal FPO al rabbino Friedman – colpevole di esporre tesi revisioniste sull’Olocausto, di essere esponente del Neturei Karta, e di aver partecipato al convegno dell’Iran sul revisionismo olocaustico – minacciato quotidianamente dalla comunità ebraica austriaca (che è riuscita a ridurlo in povertà economica, a screditarlo completamente agli occhi dell’opinione pubblica e addirittura a cacciare i suoi figli da scuola) era stata vista come una vera e propria provocazione, come il definitivo attraversamento del Rubicone.
Nonostante tutto questo, la popolarità di Haider andava tanto più crescendo tra la gente quanto più lo si criminalizzava e lo si odiava all’interno dei circoli del potere ufficiale.
La campagna di criminalizzazione di Haider, che a dire il vero negli ultimi tempi era andata un poco scemando, aveva fatto si che venisse visto come un nemico da abbattere per non turbare la serena democrazia austro-talmudica, in un crescendo di toni sempre più rancorosi e assai poco “politici”.
Haider era un politico raro, “di razza”. L’unico politico capace di urlare contro l’islamizzazione dell’Europa e di concedere aperto sostegno ai perseguitati della lobby sionista. L’unico politico – considerato “di destra” – a non essersi inginocchiato davanti al potere massonico-sionista con la kippà in testa. L’unico politico ad aver avversato l’Europa dei banchieri per un Europa dei popoli, sovrana e unita, che ritrovasse nuovo slancio e vigore per riprendere la propria sovranità. L’unico politico che, contrariamente ai tristemente ben noti abiuratori di professione italiani, non ha mai rinnegato vergognosamente il proprio passato e le proprie convinzioni. E’ stato l’unico uomo politico, assieme ad Ahmadinejad, da tanto tempo a questa parte, che ha fatto paura ai massoni europeisti, tanto da spingere questi ultimi a sguinzagliare i loro fedelissimi “europei” a boicottaggi anti-austriaci in caso di presenza di Haider (sostenuta dal 30% di voti, è bene ricordarlo) al governo. Assassinato forse dalla longa manus del Mossad. Non sarebbe la prima volta.


Chessa Andrea

sabato 11 ottobre 2008

mercoledì 8 ottobre 2008

Discorso del Presidente Ahmadinejad, ONU, 23 settembre 2008


Pubblico, qui di seguito, il discorso, tradotto dall'inglese all'italiano, del Presidente della Repubblica Islamica dell'Iran, Ahmadinejad. Leggendolo si capisce da se perchè ben pochi lo hanno ripreso. Purtroppo, è un discorso che i nostri politici non avranno mai il coraggio di fare.


Sabato - 04 Ottobre 2008 - 13:12
Discorso integrale del Presidente della Repubblica Islamica dell’Iran M. Ahmdinejad in occasione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite

23 settembre 2008

Signor Presidente, Eccellenze

Ringrazio Iddio Altissimo per avermi concesso un’altra opportunità di essere presente in questa Assemblea mondiale. Negli ultimi tre anni vi ho parlato delle grandi speranze nel futuro luminoso della comunità umana, e di alcune soluzioni per raggiungere una pace stabile ed espandere amore e compassione. Ho anche parlato della complicità e delle pressioni esercitate da alcune potenze che cercano di calpestare i diritti di altre nazioni, dell’oppressione imposta sulla maggior parte della comunità globale, in particolare sui popoli dell’Iraq, della Palestina, dell’Afganistan, del Libano, dell’Africa, dell’America Latina e dell’Asia; dei cambiamenti che stiamo affrontando, come degli sforzi per distruggere le culture, umiliare i nobili valori, trascurare gli impegni, espandere l’ombra delle minacce, così come della corsa agli armamenti e della incapacità e slealtà dei sistemi che governano gli affari del mondo nel cambiare lo status quo. Con l’avvento di cari nuovi sviluppi, la debolezza dei meccanismi esistenti è divenuta ancora più evidente. A ogni modo, allo stesso tempo, una tendenza incoraggiante, che si è originata nei pensieri e nelle credenze dei popoli, è sbocciata ed è divenuta più forte. Postasi contro la disperazione causata da questi nuovi sviluppi, questa tendenza ha acceso nei cuori degli uomini il lume della speranza di un futuro brillante, desiderabile e bello.

Signore e signori, Cari colleghi

Oggi vorrei parlarvi delle principali ragioni che stanno dietro alle condizioni attuali del mondo, e le relative soluzioni. Certo, voi siete già consapevoli di quello di cui sto parlando, ma penso sia necessario ricordarcelo nuovamente. Sembra che le radici dei problemi risiedano nella visione che si ha del mondo e dell’uomo, così come nei temi importanti della libertà, dell’obbedienza a Dio e della giustizia. Il mondo, il genere umano, la libertà, l’obbedienza a Dio e la giustizia hanno rivestito la massima importanza per gli uomini nel corso della storia.

l. Il Mondo.

L'Altissimo ha creato il mondo con un obiettivo. Questo mondo costituisce la base per l’evoluzione e lo sviluppo di una creatura chiamata essere umano, e le leggi che governano il mondo e tutte le altre creature sono al servizio della ricerca umana della perfezione. Il mondo dovrebbe provvedere alle opportunità necessarie per il raggiungimento dello scopo che sottende alla creazione dell’essere umano. Nessun fenomeno, nessuna creatura o cosa è stata infatti creata inutilmente. Essi tutti insieme formano il terreno per la crescita del genere umano in un sistema complesso e significativo, e sono, ognuno di essi, dei “segni” di Iddio l’Altissimo. Tutti sono Sue creature ed Egli è il solo creatore e governatore del mondo. Tutta l’esistenza, inclusa la potenza, la conoscenza e la salute, derivano da Lui.

2. Il genere umano.

Iddio ha creato il mondo per gli uomini e gli uomini per Lui stesso; Egli ha creato gli uomini dal fango e nella terra, ma Egli non vuole che l’uomo rimanga nella terra e con gli istinti animali. Egli accese la luce della guida nelle loro anime e chiese loro di sollevarsi dalla terra verso i cieli e verso di Lui, con l’aiuto della saggezza, dei profeti e degli uomini perfetti. Il mondo alla fine scomparirà, ma Iddio ha creato l’uomo per l’eternità e lo ha reso una manifestazione di Se stesso. La creatività, la misericordia, la gentilezza, la conoscenza, la saggezza, lo zelo, l’occultamento dei peccati, lo splendore, la giustizia, la bontà, la generosità, la grandezza, l’amore, la gloria, la dignità, il perdono, l’intuizione, la reggenza e tutte le altre bontà e bellezze sono attributi di Dio. Iddio non ha creato gli esseri umani per l’aggressione, per lo spargimento di sangue, per il rancore, per l’egoismo e la distruzione; Egli ha fatto degli uomini i Suoi vicereggenti sulla terra e ha chiesto loro, da una parte, di renderla prospera utilizzando le potenzialità fornite da Dio, di preparare il terreno per lo sviluppo degli attributi divini in tutti gli esseri umani e di fornire a tutti una vita piena di bellezza, amenità, libertà, giustizia e bontà; e dall’altra parte, nel perseguimento di questa via, di prepararsi per una vita prosperosa ed eterna presso la misericordia divina.

3. La libertà e l’obbedienza a Dio.

Iddio Altissimo ha predisposto la devozione e l’obbedienza a Lui come il sentiero della perfezione e della vera libertà. La vera libertà e l’obbedienza a Dio sono in equilibrio e costituiscono infatti i due lati della stessa medaglia. L’obbedienza a Dio significa professare il monoteismo, obbedire ai Suoi ordini ed essere liberi da ogni cosa al di fuori di Lui. L’obbedienza a Dio significa accettare la verità assoluta, la luce assoluta e la bellezza assoluta. L’obbedienza a Dio significa abbandonare l’egocentrismo e gli istinti animali, la ricerca del potere e l’aggressività, e sottomettersi alla Verità, alla giustizia, all’amore e alla perfezione. E in questo modo gli esseri umani ottengono la loro vera libertà, possono perfezionarsi e manifestare gli attributi divini, avere affetto per gli altri e sollevarsi per la giustizia, non temere alcun potere o minaccia e difendere gli oppressi. In tali condizioni, la propria libertà non violerà quella degli altri. Il contenzioso e il conflitto sono caratteristiche della libertà materialistica e animale. L’essenza di tutte le religioni divine, l’obbedienza Dio e la vera libertà è il dissociarsi dagli oppressori e obbedire e adorare un Dio che:

- è onnisciente e conosce tutto ciò che è rivelato o reso segreto, ed Egli è benevolo e misericordioso

- tutte le creature sono umili di fronte a Lui e tutte le cose sono sottomesse alla Sua volontà

- è vivente, amministra l’universo e la vita di deriva da Lui

- ama le Sue creature e per loro non desidera altro che bontà, benedizioni e perfezioni, ed è contro l’arroganza, l’ingiustizia, l’egoismo e il dominio.

4. La giustizia.

La giustizia è il fondamento della creazione del genere umano e dell’intero universo. La giustizia equivale a mettere ogni fenomeno al suo giusto posto ed a fornire agli esseri umani le opportunità per mettere in atto tutte le loro capacità divine. Senza di essa, l’ordine dell’universo collasserebbe e l’opportunità di raggiungere la perfezione svanirebbe. Senza giustizia, sarebbe impossibile per la società umana gustare la vera pace, la bellezza, la gioia e la felicità. La giustizia è il pilastro fondamentale della vita sociale, e senza di essa quest’ultima non potrebbe continuare o svilupparsi. L’essere umano, al fine di realizzare una società prospera in questo mondo e avere una bella vita eterna, deve conoscere Dio, e per far questo deve conoscere se stesso, e sforzarsi per raggiungere la propria perfezione e quella della società. Però:

- fin quando il mondo sarà considerato come chiuso, limitato e privo di scopo

- fin quando la vita eterna sarà considerata immaginaria e illusoria, e l’aldilà e il Giorno del Giudizio, così come la ricompensa e la punizione, saranno considerati come finzioni e irreali

- fin quando i principi etici e l’impegno per essi saranno considerati retrogradi, e l’immoralità, la falsità, l’inganno e l’egoismo saranno considerati desiderabili, e la vita umana sarà limitata alla vita materiale in questo mondo

- fin quando si faranno tentativi di rimpiazzare l’obbedienza a Dio e il seguire i Suoi profeti e la vera libertà con la sottomissione verso le tendenze materialistiche, gli istinti animali e gli oppressori, e i conflitti giungeranno al loro apice

- fin quando l’aggressore, a causa dei suoi poteri finanziari, politici e propagandistici, non solo fuggirà dalla punizione, ma richiederà addirittura giustizia

- fin quando si lanceranno guerre e si schiavizzeranno le nazioni al fine di ottenere voti nelle elezioni


Non solo i problemi della comunità globale rimarranno irrisolti, ma peggioreranno costantemente.

Amici e colleghi,

Diamo uno sguardo alla situazione del mondo oggi.

L’Iraq è stato attaccato sotto il falso pretesto di nascondere armi di distruzione di massa e per rovesciare un dittatore. Il dittatore è caduto e le armi non sono state scoperte. Un governo democratico è stato stabilito attraverso i voti del popolo ma, dopo sei anni, gli occupanti sono ancora là. Essi insistono nell’imporre accordi coloniali al popolo dell’Iraq calpestando l’articolo 7 della Carta delle Nazioni Unite. Milioni di persone sono state uccise o costrette a fuggire, e gli occupanti, senza alcun senso di vergogna, stanno cercando ancora di consolidare le loro posizioni nella geografia politica della regione e di dominare le fonti petrolifere. Essi non hanno alcun rispetto per il popolo iracheno e ignorano ogni sua dignità, diritto e status. Le Nazioni Unite non sono capaci di risolvere i problemi e di porre fine all’aggressione, all’occupazione e all’imposizione.

In Palestina, dopo 60 anni di carneficine, l’invasione è ancora in corso per mano di alcuni sionisti criminali e occupanti. Essi hanno forgiato un regime raccogliendo persone da diverse parti del mondo e portandole nella terra di altra gente attraverso la rimozione, l’arresto e l’uccisione dei legittimi proprietari di quella terra. Con premeditazione essi invadono, assassinano e bloccano cibo e medicinali, mentre alcune potenze egemoniche e arroganti li supportano. Il Consiglio di Sicurezza non può far nulla e a volte, su pressione di due o tre potenze arroganti, addirittura trova il modo di sostenere questi assassini sionisti. E’ naturale che alcune risoluzioni ONU che danno parzialmente importanza ai diritti del popolo palestinese siano passate negli archivi inosservate!

In Afghanistan, la produzione di droghe si è moltiplicata da quando sono arrivate le forze della NATO. I conflitti interni continuano. Il terrorismo si espande. Persone innocenti sono bombardate giornalmente nelle strade, nei mercati, nelle scuole e durante i matrimoni. Il popolo dell’Afghanistan è vittima della volontà degli stati membri della NATO di dominare le regioni intorno all’India, alla Cina e all’Asia meridionale. Il Consiglio di Sicurezza non può fare nulla perché alcuni di questi membri della NATO sono anche i principali membri decisionisti nel Consiglio di Sicurezza.

In Africa sono stati fatti degli sforzi per ristabilire le relazioni dell’era coloniale. Innescando guerre civili in grandi paesi come il Sudan, è stata pianificata la disintegrazione di queste nazioni al fine di servire gli interessi di alcune potenze corrotte. Nel caso ci fosse una resistenza nazionale, i capi della resistenza sono messi sotto pressione attraverso meccanismi legali creati dalle stesse potenze. In America Latina i popoli trovano la loro sicurezza, i propri interessi nazionali e le proprie culture seriamente compromessi dall’ombra minacciosa dei governi dispotici esterni e dalle ambasciate di alcuni imperi. La vita, le proprietà e i diritti dei popoli della Georgia, dell’Ossezia e dell’Abkhazia sono le vittime delle tendenze e delle provocazioni della NATO e di alcune potenze occidentali, oltre che dalle occulte azioni dei sionisti. L’infinita corsa agli armamenti e la proliferazione e l’immagazzinamento di armi di distruzione di massa, nucleari e di altri tipo, la minaccia di usarle ed il posizionamento di sistemi di difesa missilistici, hanno reso la situazione molto instabile. Riguardo al programma nucleare pacifico dell’Iran, nonostante l’inalienabile diritto di tutte le nazioni, inclusa quella iraniana, di produrre combustibile nucleare per scopi pacifici, e nonostante la trasparenza di tutte le attività iraniane e la nostra piena collaborazione con gli ispettori della AIEA, e la ripetuta conferma da parte dell’Agenzia del fatto che le attività dell’Iran sono di natura pacifica, un pugno di potenze arroganti pongono degli ostacoli alle attività nucleari pacifiche della nazione iraniana, esercitando pressioni di natura politica ed economica contro l’Iran, e minacce e pressioni sulla stessa AIEA. Queste sono le stesse potenze che producono nuove generazioni di armi nucleari letali e posseggono scorte di armi nucleari che nessua organizzazione internazionale sta monitorando; e le tragedie di Hiroshima e Nagasaki furono perpetrate da una di esse. In verità essi non sono contro le armi, ma si oppongono al progresso della altre nazioni, e cercano di monopolizzare le tecnologie e di usare questi monopoli al fine di imporre i loro voleri sulle altre nazioni. Ma è molto naturale che il grande popolo iraniano, con la sua fede in Dio, con la determinazione e la risolutezza, e con il supporto dei suoi amici, resisterà all’arroganza, e ha difeso e continuerà a difendere i suoi diritti. La nazione iraniana è per il dialogo, ma non ha mai accettato e mai accetterà richieste illegali. E’ giunto il momento per l’AIEA di presentare un rapporto chiaro per la comunità internazionale sul suo monitoraggio del disarmo di queste potenze nucleari e delle loro attività nucleari, e che venga stabilita una commissione sul disarmo, formata da stati indipendenti, al fine di monitorare quello di queste potenze nucleari. Le teorie dello sviluppo che sono in linea con il sistema egemonico e non in accordo con le vere necessità del genere umano e delle società umane, si sono trasformate in strumenti insulsi e ripetitivi per l’assimilazione delle economie, espandendo la dominazione egemonica, distruggendo l’ambiente e la solidità sociale delle nazioni. E di ciò non si intravede la fine. La povertà, la fame e le privazioni stanno colpendo più di un miliardo della popolazione mondiale, e hanno spento le loro speranze per una vita dignitosa. La dignità, la personalità e i diritti del popolo americano e di quello europeo sono diretti da un piccolo ma mendace numero di persone chiamate sionisti. Sebbene essi siano una minuscola minoranza, stanno dominando una importante porzione dei centri finanziari e monetari, così come dei centri di potere di alcuni paesi europei e degli Stati Uniti, in modo ingannevole, complesso e furtivo. E’ profondamente disastroso testimoniare che alcuni candidati presidenziali o primi ministri di alcuni grandi paesi devono prima delle elezioni far visita a queste persone, prendere parte ai loro incontri, promettere la loro obbedienza e impegno per i loro interessi al fine di ottenere supporto finanziario o massmediatico. Questo significa che il grande popolo americano e quello di vari paesi europei deve sottostare alle richieste e ai desideri di un piccolo numero di persone avide e invasive. Queste nazioni, contro la loro volontà, stanno perdendo la loro dignità e le loro risorse per i crimini, le occupazioni e le minacce della rete sionista. Tutto ciò è dovuto alla visione che alcune potenze immorali hanno del mondo, del genere umano, della libertà, dell’obbedienza a Dio e della giustizia. I pensieri e le azioni di coloro che pensano di essere superiori agli altri e considerano gli altri come di seconda classe, schiavi e prigionieri; che intendono rimanere fuori dal circolo dell’obbedienza di Dio, essere schiavi assoluti delle loro passioni materialistiche ed egoistiche, che intendono espandere la loro natura aggressiva e sopraffattrice, costituiscono le radici dei problemi contemporanei che affliggono le società umane. Loro sono gli ostacoli all’attuazione della prosperità materiale e spirituale e della sicurezza, della pace e della fratellanza tra le nazioni. Io affermo chiaramente che il popolo iraniano e la stragrande maggioranza dei popoli e dei governi sono contro queste azioni e contro gli obiettivi perseguiti dalle potenze dominatrici mondiali. L’attuazione della giustizia necessita di popoli che abbiano raggiunto la moderazione e la giustizia entro loro stessi, limitato le loro attitudini dominatrici e messo in atto i loro attributi di auto-sacrificio e al servizio dell’umanità. La manifestazione completa e universale di tali caratteristiche può avvenire solo sotto il governo dell’essere umano perfetto e giusto che è obbediente a Dio e che è stato preannunciato da tutti i profeti.

Cari colleghi

Certamente con la grazia di Dio l’Altissimo una tendenza speranzosa sta fiorendo nel cuore e nelle anime delle società umane. La sete universale di giustizia, purezza, amore per gli altri, monoteismo e ricerca della perfezione sono chiaramente e sempre più in crescita. Sta nascendo una resistenza universale contro l’avidità, l’aggressione e l’egoismo delle potenze arroganti. Oggi i pensieri, le pratiche e le strategie delle potenze arroganti sono rifiutati dalle nazioni e dai governi, e tutti stanno cercando di stabilire delle nuove relazioni umane fondate sulla giustizia, con l’obiettivo di ottenere prosperità, perfezione, sicurezza e benessere stabile. Questo è il vero fenomeno auspicabile che tutte le tradizioni della creazione e le leggi governanti l’universo enfatizzano e supportano. Oggi il regime sionista è in definitiva discesa verso il collasso, e non vi è modo di uscire dal pozzo nero creato da esso stesso creato unitamente ai suoi sostenitori. La Repubblica islamica dell’Iran, nel rispettare pienamente la resistenza del popolo oppresso della Palestina ed esprimendo il suo totale supporto per essa, sottopone la sua umana soluzione basata su un libero referendum in questa terra per determinare e stabilire il tipo di stato nell’intero territorio palestinese al distinto Segretario Generale dell’ONU. L’impero americano nel mondo è ormai prossimo al capolinea, e i suoi futuri governanti devono limitare la loro interferenza ai propri confini. Oggi il pensiero egemonico sta diventando velocemente un disvalore.

E adesso qualche parola per i governi espansionisti che governano le relazioni globali:

- siate consapevoli che vivendo in obbedienza a Dio e mettendo in pratica i Suoi ordini, la compassione per le genti e gli sforzi per l’ottenimento della giustizia sono un vantaggio anche per voi. Vi invito a ritornare sulla Via di Dio, dei Profeti e sulla via delle genti del mondo, alla verità e alla giustizia.

- La sola strada per la salvezza è la Retta via divina. Altrimenti la mano della potenza di Dio emergerà dalle custodia delle nazioni oppresse e vi renderà la vita difficile, mettendo fine alla vostra egemonia;

- amate i popoli del mondo e rispettate i loro diritti. Rettificate il vostro comportamento passato. Ciò sarà di beneficio per voi e per l’intera comunità umana. Il popolo iraniano è pronto, insieme ad altre nazioni, ad aiutarvi a essere salvati dalla vostra attuale situazione e a stabilire pace e prosperità.

Amici miei

Fortunosamente, le opportunità sono accessibili. Con la grazia di Dio Altissimo, gli attuali pilastri del sistema oppressivo stanno cedendo. Grandi sviluppi in favore del genere umano così come i suoi veri e reali diritti sono sulla strada. Un futuro dorato e brillante sta attendendo il genere umano. Una comunità umana colma di giustizia, amicizia, fraternità e benessere è a portata di mano, come ho appena spiegato. Una comunità che seguirà la via della bellezza e dell’amore sotto il governo del giusto e perfetto essere umano, colui che è stato preannunciato da tutti i profeti divini e colui che è il vero amante dell’umanità. Una comunità che sarà privata di ogni timore, disperazione e privazione. Una tale comunità sarà presto nostra. La comunità promessa dai grandi divini profeti Noè, Abramo, Mosè, Gesù e Muhammad sta per divenire realtà. Espandiamo, mano nella mano, il pensiero della resistenza contro il male e la minoranza di coloro che desiderano il male. Sosteniamo la bontà e la maggioranza delle persone che sono buone e l’incarnazione del bene assoluto che è l’Imam del Tempo, il promesso che verrà accompagnato da Gesù, e progettiamo e sviluppiamo i meccanismi giusti e rispettosi della dignità umana per regolamentare le relazioni costruttive tra le nazioni e i governi.

O Altissimo, concedi la salvezza delle nazioni e metti fine alle sofferenze del genere umano e porta maggior giustizia, bellezza e amore. Amici, dobbiamo avere una giusta parte nella fondazione di quella illuminata promessa era divina.


Presidente Ahmadinejad - Repubblica Islamica dell'Iran

venerdì 3 ottobre 2008

Spike Lee dice una verità, i partigiani piagnucolano


“Le dichiarazioni di Spike Lee, come partigiani, ci indignano. Ha fatto un film che non rappresenta assolutamente quello che è accaduto a Sant’Anna di Stazzema”. Queste sono le dichiarazioni di Giovanni Cipollini, sezione ANPI di Terrasanta, che controbatte così alle affermazioni rilasciate dal regista americano Spike Lee alla presentazione del suo film, prossimamente nelle sale cinematografiche italiane, “Miracolo a Sant’Anna”. Spike Lee ha dichiarato, evidentemente poco consapevole del potere mediatico e “culturale” che la lobby partigiana e comunista esercita sull’opinione pubblica italiana: “Dopo le rappresaglie i partigiani si nascondevano e lasciavano i civili inermi e soli a vedersela con i tedeschi”. Rappresaglie che, aggiungiamo noi, per quanto assolutamente contrarie alla dignità umana e al rispetto che deve aversi per qualunque essere vivente, erano consentite dalle vigenti leggi di guerra. Aggiungiamo ancora che, rispetto alla proporzione utilizzata dagli americani (50 italiani da uccidere per ogni soldato italiano ucciso), la rappresaglia tedesca appare ben più mite, contentandosi solo di una proporzione di 10 a 1. Nonostante la dichiarazione del regista americano contenga una verità incontestabile, vale a dire il carattere militarmente scorretto e codardo della guerriglia partigiana, verità che è stata nascosta grazie a sessanta anni di disinformazione e idiota propaganda antifascista, i partigiani, o quello che di loro ne è rimasto (ammesso e non concesso che siano esistiti veramente), si indignano e promettono battaglia. Solo figurata, ovviamente…
E’ triste constatare come i presunti valori della “memoria condivisa” diventino valori un po’ meno condivisi quando qualcuno osa contestare, seppur in minima parte, le balle che i traditori partigiani, che hanno costruito la loro vittoria su una guerra combattuta da altri, hanno saputo abilmente rifilare agli italiani, complici una stampa asservita ed una politica che non ha mai voluto indignare eccessivamente gli invasori americani. Ci voleva un regista americano per ricordare quello che è incontestabilmente affermato in una sentenza militare, nonché dagli storici non allineati al potere del compasso e martello? Cioè che i partigiani, lungi dall’operare nel rispetto delle leggi di guerra, si nascondevano nelle montagne per poi sparare a tradimento i loro connazionali in divisa, lasciando poi sola la popolazione civile a vedersela con le “scontate” rappresaglie tedesche? Capiamo che ai partigiani la cosa non va proprio giù. Sono stati abituati, per decenni, ad avere artisti (come Dario Fo, combattente RSI), registi, scrittori (come Giorgio Bocca, il “valoroso” partigiano abile a sparare a tradimento che fino al 1940 lodava le leggi razziali del Fascismo) e attori pronti a fare da cassa di risonanza alle loro balle clamorose; sono stati abituati, per più di sessanta anni, a sparare impunemente le loro menzogne sulla cosiddetta “resistenza” senza che nessuno li chiamasse mai a pagare dazio per tutte le bugie che hanno proferito; sono stati abituati a vantare come una vittoria quella che in realtà è stata una vergognosissima pagina della nostra Storia nazionale, caratterizzata dal tradimento militare, dalla fellonia, dalla vergogna nel vedere la propria Patria svenduta al nemico per trenta denari; sono stati abituati a qualificarsi combattenti, in barba ad una sentenza del Tribunale Supremo Militare, precisamente quella del 26 aprile 1954, che qualifica inequivocabilmente i combattenti della RSI come “combattenti regolari”, mentre smentisce categoricamente la stessa cosa per i partigiani: in sintesi, militari regolari (quelli della RSI) contro rubagalline che uccidevano a tradimento; sono stati abituati ad essere santificati come eroi e salvatori della Patria, mentre seppero solo uccidere e sparare alle spalle di veri soldati alla conclusione di una guerra da altri combattuta, contro chi invece scelse di non rivolgere improvvisamente le armi contro colui con il quale aveva combattuto, fianco a fianco, fino al giorno prima.
Attenzione: stiamo attenti a non comportarci, noi Fascisti, allo stesso modo del canagliumine comunista, sempre pronto a dichiarazioni roboanti contro i cattolici, ma pronti ad elevarli sull’altare non appena un giornaletto osa andare contro il governo di centro destra italiano sulla questione immigrazione. Spike Lee, subito dopo, afferma: “Che il film possa aprire una discussione sul passato dell’Italia è una cosa positiva. Ci sono diverse interpretazioni su ciò che è successo, ma il fatto è che il 12 agosto 1944 la 16° divisione delle SS massacrò 550 persone tra cui donne e bambini”. Il film, come prevedibile, non si discosta poi molto dalla solita propaganda di guerra alleata: i nazisti belve assetate di sangue, incuranti di uomini, donne e bambini, e i soldati americani come salvatori della patria. Basta dire solo che il film ha avuto la benedizione del comunista che ieri lodava i carri armati sovietici che sterminavano i civli e oggi si è convertito al Nuovo Ordine Mondiale, Giorgio Napolitano. Sempre a proposito della strage di Sant'Anna di Stazzema, consigliamo a Spike Lee ed alla canea rosso/partigiana la lettura del libro di Giorgio Pisanò “Sangue chiama sangue”, all’interno del quale si dedica un ampio resoconto di ricostruzione storica a questo drammatico evento della Storia italiana, riproposto anche sul nostro sito web a questo indirizzo: http://www.fascismoeliberta.info/phpf/readarticle.php?article_id=7. I traditori partigiani ed il regista americano avranno delle belle sorprese.

giovedì 2 ottobre 2008

Tipici esempi di disinformazione comunista


Solitamente non ci piace parlare dei fatti di cronaca cercando di farne una causa politica; ci riteniamo abbastanza onesti intellettualmente da denunciare le situazioni che non ci piacciono anche senza aspettare il servizio al TG nazionale; non cambiamo bandiera al mutar del vento; non saltiamo sul carro del vincitore; non rinneghiamo ciò che avevamo sostenuto solamente il giorno prima per accaparrarci la simpatia di chi è al potere; siamo garantisti: evitiamo di condannare una persona – chiunque essa sia – basandoci su un trafiletto di giornale, e aspettiamo i giudizi che veramente contano: quelli che escono dalle aule di Giustizia. Insomma: non siamo partigiani.
Se non fosse infatti per la squallida dimostrazione di faziosità e (è proprio il caso di dirlo!) partigianeria che stanno dimostrando i mass media nazionali, nonché tutta la sinistra in blocco, eviteremo addirittura di commentare alcuni episodi sui quali i bis-nipotini di Stalin arzigogolano le loro strampalate teorie sociali e politiche.
Le teorie dei rossi, purtroppo, possiamo dire di conoscerle a menadito. Una di queste, che dimostra la mancanza di onestà (umana, prima ancora che politica) dei bipedi post-sessantottini, è la seguente: quando a vincere le elezioni nazionali è la destra, allora tutta la popolazione italiana corre pericolosamente verso la deriva del Fascismo, del razzismo, dell’ignoranza (sono loro, infatti, che decidono cosa è cultura e cosa no); tutti gli italiani che hanno votato a destra sono allora dei perfetti imbecilli, che meritano il più assoluto disprezzo. Tutti gli elettori di centro destra, pertanto, si sono lasciati ingannare dal populismo e dalla demagogia berlusconiana, e sono stati pertanto incapaci di votare serenamente. Quando a vincere le elezioni invece è la sinistra, allora l’elettorato italiano dimostra lungimiranza, sensibilità ed onestà politica, senso della democrazia. Gli italiani che hanno permesso ai nipotini staliniani di formare la maggioranza di governo, allora, sono elettori colti e consapevoli, che non si sono lasciati traviare dalle sirene “fasciste” e “razziste” della destra, per fare la scelta più giusta e più consapevole: votare “lorsignori”.
Conseguentemente questi “sinistri” personaggi, per sopperire alla mancanza di onestà che impedisce loro di valutare ed analizzare serenamente le ragioni della propria sconfitta elettorale (mancanza di programmi, totale incapacità di percepire le paure e i bisogni dell’elettorato, anacronismo ideologico e via dicendo), non perdono occasione per indignarsi al minimo sbuffar di vento. In particolare, qualunque episodio di cronaca in cui sia coinvolto un extracomunitario serve a costoro per mostrarci come l’Italia stia diventando sempre più un paese estremista, razzista e intollerante; in altre parole, utilizzando in senso offensivo questo termine, “fascista”. Ogni episodio di cronaca, pertanto, anche se lungi dall’essere capito e spiegato esaurientemente, diventa adatto a mistificare la realtà: un extracomunitario finisce in ospedale? Ecco che in Italia si fa strada la violenza, l’intolleranza, l’estremismo “fascista”. In una manifestazione romana di migliaia e migliaia di persone spunta per caso una bandiera tricolore di Forza Nuova? Ecco che si parla di manifestazione “fascista”, da vietare per legge. A Cagliari la destra radicale, con la partecipazione anche del Movimento Fascismo e Libertà nella persona del sottoscritto, partecipa alla commemorazione del 10 febbraio per ricordare i martiri dei partigiani italiani e slavi? Ecco che si parla di pericolose derive estremistiche. Una prostituta nigeriana viene fotografata strafatta, incapace di reggersi in piedi e svenuta in una cella di polizia? Ecco che si parla di Polizia violenta, brutale e repressiva.
In questi giorni, in particolare, suscita molto scalpore la vicenda di Parma in cui un extracomunitario denuncia di essere stato pestato e insultato da degli agenti di Polizia. Evviva! Quale migliore occasione, per i sinistri, di mostrare al mondo intero che loro si che sono anime belle, mentre tutti gli altri sono solo biechi fascisti? E perciò, incuranti del fatto che ci sono due poliziotti in ospedale con prognosi rispettivamente di dieci e venti giorni, incuranti del fatto che sono state aperte due inchieste per chiarire le dinamiche dell’accaduto, incuranti del fatto che la Polizia ha presentato ufficialmente una versione opposta a quella del negro “presunto” pestato, ecco le anime candide della sinistra organizzare manifestazioni antirazziste, protestare alla tv, scrivere ai giornali, riempire i loro siti internet di sconcezze circa la brutalità della Polizia e circa la deriva estremista, razzista e xenofoba che prende piede in Italia.
Ai sinistri è bastato che un negro denunciasse tali abusi, fornendo come unica testimonianza un occhio nero (che ci si può fare in mille modi) e una busta da lettere in cui è scritto “Emmanuel negro” (che può scrivere chiunque), oltre alla sua versione che fa acqua da tutte le parti, per gridare allo scandalo. Del resto, se i contendenti sono un immigrato di colore da un lato e la polizia dall’altro, questi bipedi verniciati di rosso hanno già emesso la sentenza: la polizia ha sempre torto, e i negri sempre ragione. A che servono giudici, sentenze, indagini disciplinari e da parte del Comune con un caso così? Del resto, siamo pronti a scommetterci, se sarà accertata la verità e questa differirà da quella raccontata dall’extracomunitario, nessuno si chiederà se valeva veramente la pena di mobilitarsi in tal modo per una storia che poi si è rivelata completamente diversa da quello che sembrava.
E’ già successo altre volte, purtroppo.
Ricordate la storia dei rom? Giorni e giorni a ripeterci che si moltiplicavano gli attentati e la violenza contro i rom, che i rom erano in pericolo, che l’odio anti-rom aveva raggiunto livelli insostenibili, e così via. Sembrava, a sentire questo canagliumine di falce e martello, che interi eserciti di cittadini armati fino ai denti girassero per le nostre città pronti a sparare a vista contro la prima mendicante che gli capitasse sotto tiro. Ebbene: a tutt’oggi non ci è dato conoscere un solo rom che sia stato picchiato, insultato o abbia subito atti di violenza o intolleranza che vadano oltre qualche dimostrazione di insofferenza verbale.
Ancora: ricordate la storia dell’immigrato di Roma? Qualche mese fa ci dissero che un gruppo di skin heads, armati di spranghe e bastoni, urlando come indiavolati, sbandierando vessilli con svastiche, croci celtiche e simboli simili, aveva aggredito e picchiato a sangue un immigrato; da qui il solito teatrino di regime: interviste su interviste, aggiornamento dopo aggiornamento, con tanto di intervista alla titolare del negozio di fronte che dichiarava il proprio spavento e il proprio orrore per quella scena carica di violenza. E si, giurava la signora: c’erano anche le svastiche e le croci celtiche, le ho viste io, con questi occhi; quindi, inevitabilmente, erano fascisti. La sinistra si indigna: scrive sui giornali, fa le fiaccolate antirazziste, i degni esponenti politici di questo elettorato chiedono “una risposta forte da parte del Governo”. Passa qualche giorno e veniamo a sapere che l’autore di questo pestaggio era da solo e apparteneva ai centri sociali, con tanto di tatuaggio del Che Guevara. E al giornalista al quale rilasciava questa dichiarazione il “simpatico” teppista si mostrava addirittura indignato che si fosse parlato di lui come di uno skin head! Risultato: non una parola sui giornali, non uno straccio di scuse, né dai pennivendoli di regime né dagli infami parolai della sinistra, per aver profuso a piene mani menzogne contro un intero gruppo politico, quello della destra radicale e sociale, indicato come un covo di terroristi e assassini. Tra parentesi: coloro che fino a qualche anno fa sparavano sulla Polizia, o cantano che “uccidere un fascista non è reato”, o spaccano le teste dei propri avversari politici a colpi di chiave inglese, o danno fuoco alle case di esponenti politici a loro sgraditi, o che glorificano al ruolo di martiri ed eroi teppisti che vigliaccamente cercano di spaccare le teste dei poliziotti a colpi di estintore, questi “signori”, per chi non lo sapesse, militano tutti nella sinistra e nella teppaglia dei centri sociali.
Ancora: ricordate la storia del Gay Pride di quest’anno? Gli omosessuali italiani protestano per presunte aggressioni fasciste al loro corteo: sempre svastiche, coltelli, manganelli, faccioni del Duce e così via. C’è addirittura una interpellanza dell’On. Alessandra Mussolini. Veniamo a sapere che era una fandonia. Del resto come potevano dei fascisti, riconoscibilissimi a vista visti i simboli che si diceva portassero addosso, infilarsi nel Gay Pride, picchiare e fuggire via indisturbati? Solo chi è in cattiva fede può inventarsi queste teorie, e solo un imbecille può crederci. Anche allora, non una sola parola di condanna contro le varie organizzazioni omosessuali italiane che, in blocco, avevano inventato e dato credito a questa grossolana bugia.
Ancora: ricordate l’Università La Sapienza? Questa è la storia dei media: mentre dei “pacifici” militanti della sinistra appendono dei manifesti, cattivissimi e temibilissimi giovani dell’estrema destra aggrediscono i poveri malcapitati. L’indignazione è grande; la feccia dei centri sociali si mobilita, chiede interpellanze in Parlamento, inonda i siti internet, proteste nelle rubriche dei lettori sui vari giornali. Si viene a sapere, qualche giorno dopo, che i “pacifici” militanti della sinistra strappavano impunemente alcuni manifesti che un gruppo di ragazzi universitari aveva fatto affiggere poco prima; i proprietari dei manifesti pretendono la riaffissione degli stessi, effettuata manualmente dai giovani ribaldi comunisti; i quali, da buoni “pacifisti”, cercano subito lo scontro approfittando della superiorità numerica. Ma, in tipica tradizione partigiana, se ne vanno con le ossa rotte: protestano, si indignano e inventano la balla. Che trova subito notevoli ammiratori e propagatori sui TG e nei giornali. Anche qui, nessuno si scusa e nessuno chiede conto ai teppisti millantatori.
Ancora: l’aggressione dei ragazzi di Casa Pound. La ricordate? Il canovaccio è sempre quello: giovani e “pacifici” ragazzi di sinistra aggrediti dai giovani di Casa Pound. Solita commedia, solo che stavolta, forse a causa delle menzogne dette in precedenza, la balla trova meno idioti disposti a crederci e a farla propria. Si scopre, subito dopo, che sono stati i comunisti ad attaccare i ragazzi di Casa Pound – alle spalle, in tipica tradizione partigiana e gappista – che partecipavano ad un matrimonio di due loro militanti. Anche qui: dopo aver criminalizzato una intera area politica, nessuno chiede scusa.
Non ci fermiamo. Ricordate la prostituta nigeriana? Stavolta la balla fa il giro non solo dell’Italia, ma di tutto il mondo. Viene pubblicata la foto di una negra per terra, all’interno di una cella di polizia. Subito si accusano le forze dell’ordine, razziste e fasciste per definizione, di aver picchiato e seviziato la ragazza. Tempo due giorni e si scopre che quello che la Polizia aveva detto era vero: la prostituta era strafatta, tanto da non reggersi neanche in piedi, e quello era il miserevole stato in cui era dovuta stare il tempo necessario a chiamare il soccorso medico.
Dobbiamo continuare? Questi sono solo gli ultimi e più clamorosi casi in cui incredibili e grossolane balle vengono propagate, per dare fiato ai tromboni della sinistra, su tutti i mezzi di informazione, senza che nessuno pagasse mai dazio per le bugie e le diffamazioni operate dai suddetti tromboni e dai loro lacché.
Il copione è sempre quello: si spara la balla, la si propaga con l’aiuto dei compagni messi nei posti che contano, e si lascia che faccia il suo effetto. Poi, quando il fuocherello di paglia si spegne, torna tutto come prima.
La storia di Emmanuel, l’ultima in ordine di tempo, sa di deja vu. Sia detto per inciso: noi riteniamo che tutti debbano rispettare la legge, in primis la Polizia. E se si verrà a sapere che davvero dei poliziotti hanno mancato di rispetto a questo ragazzo, sia fatta giustizia. Ma sembra che, anche qui, la tattica sia sempre identica e precisa: disinformazione a piene mani, menzogna con marchio D.O.C., che ha un duplice scopo: da una parte nascondere la mancanza di idee e di soluzioni di una classe politica, quella comunista, che si è dimostrata incapace di accettare la sconfitta elettorale subita alle ultime elezioni; dall’altra, far si che metà popolo italiano, farabutto, ignorante e corrotto esattamente come l’altra metà, possa sentirsi moralmente e culturalmente superiore rispetto a tutti gli altri. Del resto, il bollino delle belle idee e dei buoni sentimenti è indiscutibilmente rosso.
Mi scusi il mio lettore questa digressione, che ritenevo necessaria. Ma chiediamoci: come chiameremo una classe politica e il suo elettorato che, per nascondere la propria incapacità e la propria cialtroneria, utilizza i mezzi di informazione per propagandare una idea falsa e fuorviante - quella del razzismo e del Fascismo che avanza – inventando balle incredibili e sfruttando fatti di cronaca?
Decida il lettore quale sia la definizione politica da dare a questa canea. Io consiglio un’altra definizione, un po’ meno politica: coglioni!