sabato 7 novembre 2015

Ermes: omicidio di Stato

Certi atteggiamenti, ancor più quando assunti consapevolmente da un gruppo politico, diventano più significativi di mille parole di circostanza e di mille roboanti discorsi davanti alle telecamere.
 
Ebbene: due giorni fa i consiglieri comunali del Partito Democratico e di Sinistra Ecologia e Libertà di Milano hanno platealmente scelto di abbandonare l’aula del consiglio comunale, protestando dichiaratamente a causa della mozione della minoranza di centrodestra che ha chiesto un minuto di silenzio per Ermes Mattielli.
Probabilmente la maggior parte di voi ne avrà sentito parlare: Ermes è colui che, stanco dell’ennesima scorribanda dei ladri sul proprio giardino, in cui custodiva ferri e rottami che rivendeva per vivere, ha sacrosantemente deciso, un giorno, di sparare, colpito dall’esasperazione e dalla paura. I due criminali rom sono stati condannati a 4 mesi di carcere, che tra l’altro non hanno scontato, mentre Ermes è stato sottoposto ad un processo ben più criminale e inquisitorio che non coloro che si erano avventurati nel suo giardino per rubargli quel poco che gli permetteva di campare e di tirare avanti. Un processo talmente surreale che, in seguito alla sentenza di primo grado che costringe Ermes a risarcire quegli stessi ladri con 150.000 euro – si, avete letto bene! – il cuore del povero rigattiere non ha retto più, portandolo alla morte.
Ecco di cosa parliamo. Di un povero Cristo, come potrebbe essere chiunque di noi, che spara per difendere la propria vita e i propri averi, e viene condannato a risarcire due miserabili criminali di etnia sinti da uno Stato doppiamente colpevole: la prima volta per non aver saputo difendere Ermes, e la seconda volta per averlo condannato dopo che questi aveva assolto alla funzione che lo stesso Stato non era riuscito ad adempiere. Uno Stato incredibilmente di manica larga con criminali e delinquenti di ogni risma, che oramai hanno, sia a livello politico che più propriamente giudiziario, tutta una serie di tutele e di garanzie che il danneggiato, o colui che dovrebbe realmente esserlo, nemmeno si sogna.
Perché diciamo a livello politico? Perché ci basta sentire parlare o scrivere – anche e specialmente sui social network come Facebook – quelli di sinistra per venire a conoscenza di questo revisionismo strisciante, di questo perenne e costante tentativo di descrivere chi si difende in casa sua da una banda di balordi come un teppista e un assassino, magari di destra e Fascista, se ha un’arma.
L’abbiamo visto con Stagno, il benzinaio che ha evitato una rapina e ha salvato la propria vita e quelle di un gioielliere e una commessa: doveva sparare alle gambe, non si spara così ad altezza d’uomo, avrebbe dovuto intimidirli e fatti scappare. L’abbiamo visto con Sicignano, il pensionato che ha ucciso un malvivente che si era introdotto nella sua casa, dove dormiva la moglie e la figlia con la nipotina: avrebbe dovuto spaventarli e farli fuggire (Sicignano ha cercato di urlargli qualcosa, e i rom – anche in questo caso si trattava di due zingari, guardacaso! – gli si sono avventati addosso), perché ha sparato un secondo colpo di pistola, non bastava il primo?, perché aveva un’arma in casa?, perché non ha chiamato la Polizia?
Un revisionismo perenne, una morbosità a cercare il pelo nell’uovo, a cercare nella vita di chi pratica l’autodifesa della propria vita ogni traccia di un presunto passato nell’estrema destra, o cose simili, una analisi dei fatti secondo per secondo alla costante ricerca di ogni minima sbavatura nella versione raccontata agli inquirenti, come nemmeno in un telefilm poliziesco, un costante stracciarsi le vesti e cercare il “titolone scioccante” se qualche personalità pubblica si schiera in difesa di chi si è, almeno fino a prova contraria, difeso. E poi quei disgustosi “Perché ha sparato una seconda volta?”, “Bastava mirare una volta alle gambe” e altre stronzate simili: come se, quando dei criminali entrano in casa tua, puoi improvvisarti il Chuck Norris o lo Steven Seagal della situazione, costantemente freddo, glaciale, con un ottimo autocontrollo e una decisa freddezza, e non fossi invece un povero Cristo che in quel momento ha paura, molta paura.
Ce ne sono tanti, di miserabili, in questa storia. I due rom che Ermes ha “seccato”, tanto per cominciare, ma, clamorosamente, sono al gradino più basso. Fanno ancora più schifo i magistrati che volevano costringere Ermes Mattielli a pagare 150.000 euro e che adesso daranno la sua casa alla famiglia dei due zingari, e tutte le merde di sinistra che li difendono a spada tratta, sempre e comunque.
Non dobbiamo stupircene, di queste luride merde umane. Sono le stesse che al G8 di Genova hanno avuto la faccia tosta di applaudire il teppistello Giuliani, sono le stesse che, ancora prima, applaudivano, sempre dai banchi del Comune di Milano, la morte di Sergio Ramelli, il diciannovenne massacrato a colpi di chiave inglese dai appartenenti ai collettivi di sinistra che in seguito hanno coperto con ogni mezzo gli autori dell’omicidio facendogli anche fare importanti carriere (è il caso di Antonio Belpiede, diventato primario all’ospedale di Canosa di Puglia). Sono gli stessi che, dopo che un bambino di otto anni e un ragazzo di ventidue morirono nell’incendio appiccato nella loro casa da dei criminali di sinistra, insultavano i morti con “10, 100, 1000 Mattei”. Sono gli stessi di sempre: le stesse merde umane che picchiavano i mutilati di guerra dopo il primo conflitto mondiale, o che nel ‘36 stupravano le suore spagnole in nome dell’antifascismo.
Luridi e bavosi rottami della società, ben più schifosi di quelli stessi rottami che Ermes custodiva nella sua casa e che due subanimali volevano portargli via, attentando alla sua vita.
E allora bruciatela, quella maledetta casa. Bruciatela, e che a quei bastardi parassiti non vada nemmeno un centesimo. Che rimangano solo le simboliche ceneri di quella Giustizia e quel senso di Giustizia che ormai avete distrutto.

giovedì 5 novembre 2015

Ditelo in faccia ai sardi, se avete coraggio



È la nuova moda dei cretini, specialmente quelli di sinistra, e oramai, purtroppo, la sperimentiamo ogni giorno sulla nostra pelle: quella di privilegiare orde di stranieri e di parassiti che con la fuga dalle guerre hanno ben poco a che fare, a scapito degli italiani.

In Sardegna, la moda dell’ultima stronzata – perché, perdonatemi, in altro modo non si può assolutamente definire – l’ha lanciata alla fine del mese scorso il Presidente del Consiglio Regionale sardo, Gianfranco Ganau: “La Sardegna è una Regione scarsamente popolata e che tra 30 anni perderà ulteriormente quasi mezzo milione di abitanti. I migranti potrebbero costituire una valida risorsa per combattere lo spopolamento e per creare una società multietnica e multi religiosa”.

Ma si sa, le disgrazie non vengono mai da sole, specialmente se un intero esercito di malati di mente governa il Consiglio regionale e scrive anche sui giornali, come quell’altro stronzetto di sinistra radical chic, tal Beppe Severgnini, che dal suo attico di New York dispensa scoregge che gli escono dai denti e che ci vengono spacciate per pillole di altissima saggezza ed erudizione: il Severgnini pensa che, visto che la Sardegna ha una alta percentuale di terreni incolti, sia il caso di assegnargli agli immigrati, che così potranno lavorarla.

Assistiamo quotidianamente al razzismo all’incontrario che i nostri stessi governanti attuano contro gli italiani per favorire un esercito di clandestini, di irregolari e di parassiti, a scapito della nostra economia, del nostro Stato sociale, della nostra stessa unità culturale (ammesso che tra questa pletora di imbecilli ci sia ancora qualche cosa da difendere, di culturale). Ora, in particolare, dobbiamo pure sorbirci luridi massoni e stronzetti radical chic che dalle loro ville e dai loro attici a New York scambiano la Sardegna per una enorme terra di conquista dove stipare orde di immigrati, completamente disinteressati ai bisogni ed alla sorte del popolo sardo. 

In un Paese normale avremmo una classe politica seria e più attenta ai bisogni dei propri cittadini che non a raccattare l’applauso di qualche miserabile con la tessera del PD. 

Andate a dire che volete ripopolare la Sardegna con gli immigrati a tutte quelle persone, giovani specialmente, che ogni anno sono costrette ad emigrare via dalla propria terra, per cercare di sfuggire alla piaga della disoccupazione e della povertà che affligge la Sardegna. Andatelo a dire a tutti i poveri, i disoccupati, coloro che cercano disperatamente un lavoro e sono quotidianamente tartassati ed umiliati da uno Stato che spreme come dei limoni i propri cittadini per tutelare masse di criminali e di parassiti che hanno eletto l’Italia a propria terra di conquista. Andatelo a dire a tutti coloro che vorrebbero lavorarla, la terra sarda, ma che non possono perché non hanno i soldi per accedere ad un finanziamento bancario. Andatelo a dire agli abitanti del Sulcis, la regione più povera di tutta Italia. Andatelo a dire ai manifestanti che ieri, nel Sulcis, sono stati massacrati dalla Polizia in difesa della più grande esercitazione militare degli ultimi anni, la “Trident Juncture”, una di quelle esercitazioni che ogni estate fanno scappare i turisti terrorizzati dalle splendide spiagge sarde di Porto Pino e dintorni, perché sembra di stare dentro un bombardamento. 

Scendete dal vostro attico a New York o dal vostro ufficio in Regione, e andateglielo a dire in faccia. Miserabili bastardi…