martedì 31 luglio 2018

Daisy Osakue e la viltà di una sinistra terminale




Daisy Osakue, l’atleta nigeriana con cittadinanza italiana alla quale dei balordi hanno lanciato un uovo in testa, è stata ufficialmente ingaggiata dalla sinistra radical chic nell’ennesimo episodio di cronaca strumentalizzato dai sinistri. 

I fatti sono noti: mentre rincasava nella sua abitazione di Moncalieri, la ragazza sarebbe stata presa di mira da un gruppo di balordi che, a bordo di un’auto che si è subito dopo dileguata tra le vie del centro, le avrebbero tirato addosso alcune uova.

Nemmeno il tempo di dare la notizia, che i sinistri, da indegni sciacalli quali sono, starnazzano in coro di clima di odio e di intolleranza verso gli immigrati. Il che, già di per se, è una clamorosa balla smentita dai dati, che dimostrano come gli stranieri delinquono otto volte più degli italiani, specialmente per quanto riguarda i reati contro la persona (rapine, aggressioni, violenze sessuali, molestie). Già questo basterebbe a metterli a tacere. Ma, quando questi dati ISTAT furono resi pubblici, all’epoca furono perfino in grado di negare pure l’evidenza dei fatti, piagnucolando con “Vedete? Gli italiani delinquono più degli stranieri”, con un misto tra malafede, arroganza e ignoranza da far prudere le mani. Ne parlammo qui: https://chessaandrea.blogspot.com/2017/09/gli-stranieri-stuprano-otto-volte-piu.html.

Eppure l’evidenza non ferma i sinistri: se le loro idee non coincidono con la realtà, tanto peggio per la realtà!

Così La Repubblica ingaggia la discobola africana per la sua personale battaglia pro-immigrati, nonostante siano stati gli stessi inquirenti, fin da subito, a smentire la pista razzista: si tratterebbe di una banda di balordi e di teppisti, tali con bianchi, gialli e neri.

Matteo Renzi prova ad affossare ulteriormente le percentuali di gradimento del PD presso gli elettori con un intervento su Twitter in cui l’atleta sarebbe stata addirittura “picchiata selvaggiamente”. 


Ora, la lingua italiana dovrà pur significare ancora qualcosa. Tirare un uovo in faccia è un conto, picchiarlo selvaggiamente un altro. Neppur l’uovo in faccia fa molto piacere – anzi, se arriva da una certa distanza fa certamente male, e infatti la povera ragazza è stata ricoverata in ospedale per tutti gli accertamenti del caso, riportando anche qualche giorno di prognosi – ma è sempre meglio di un pestaggio selvaggio, che è tutta un’altra cosa. Matteo Renzi potrà prendere la cronaca degli ultimi mesi, se proprio vuole strafare degli ultimi anni, e vedere le aggressioni di cui si sono macchiati i suoi amici dei centri sociali, tra i quali pestaggi ai militanti di Fascismo e Libertà, assalti ai banchetti di CasaPound con annessi pestaggi di disabili, agguati in 6 contro 1 come quello ai danni di un militante di Forza Nuova palermitano. Eppure, in quei casi, nessun cinguettio, nessuna indignata presa di posizione, nessun articolo di Repubblica.

Indignati a comando, a corrente alternata, a seconda che le aggressioni le subiscano i loro amici o i loro avversari politici. A dimostrazione di una viltà e di una tendenza al piagnucolio che a sinistra permangono da ottanta anni a questa parte.

mercoledì 25 luglio 2018

Patrioti o cattolici? Tertium non datur.


Matteo Salvini come Satana. Dopo averlo paragonato ad Adolf Hitler (gli piacerebbe!), ad un crudele dittatore, a Stalin, dopo essere stato definito dal guru della sinistra Roberto Saviano come “Ministro della Malavita”, ecco che il settimanale Famiglia Cristiana entra a gamba tesa sul dibattito dell’immigrazione clandestina con una copertina scandalosa, in cui si vede un prete che respinge la foto di Matteo Salvini, con ben in primo piano la scritta “Vade retro Salvini”.


È solo l’ultima sortita da parte del mondo cattolico verso i problemi di uno Stato estero, l’Italia, che deve dare risposte prima di tutto ai cittadini italiani, e non certamente al comunista con la papalina e ai suoi accoliti che ogni santa domenica, dal pulpito di piazza San Pietro, ci fa la morale su quanto sia bello e doveroso accogliere i migranti, ovviamente ben protetto dalle mura vaticane e dal reato di immigrazione clandestina che nello Stato della Chiesa può costare anche fino a 3 anni di carcere. 

L’ultima sortita, dicevamo, ma l’ennesima. Da quando è stato eletto Papa, Bergoglio ha sempre sostenuto pervicacemente il mantra immigrazionista: accogliamoli tutti, siate misericordiosi, non aprire le frontiere non è da buoni cristiani, e via dicendo.

So che molti, tra i miei contatti, sono in un modo o nell’altro legati alla fede cristiano/cattolica. Ora, però, per voi è arrivato il momento di scegliere. È arrivato il momento di scegliere se essere patrioti oppure cattolici perché è evidente che le due cose sono platealmente in contraddizione fra loro. Oggi più che mai. 

Avete essenzialmente due scelte. La prima è quella di piegarvi al dogma immigrazionista che la Chiesa cavalca con la sua Caritas e con le sue associazioni di volontariato, facendo affari d’oro con i parassiti africani che entrano ogni anno. La seconda è quella magari di pregare il vostro Dio per i fatti vostri, ma fregandovene delle palesi ingerenze di uno Stato estero – in questo caso il Vaticano – sulle politiche nazionali del vostro Stato che, in queste ultime settimane, è perlomeno riuscito a fare ciò che i governi di sinistra non hanno fatto in quasi tutto il decennio precedente, vale a dire fermare in qualche modo l’invasione, dire un solenne “no!” all’immigrazione forzata di stranieri all’interno del nostro Paese, farsi rispettare in Europa.

Ripeto: dovete scegliere. Bergoglio e la sua Caritas, gli affari d’oro con i clandestini e la loro pelosa retorica dell’accoglienza che nemmeno applicano in casa loro, la vogliono imporre solamente a voi, oppure uno Stato sovrano, che decide autonomamente chi può e chi non può entrare all’interno del proprio territorio, ed espelle chi non ha alcun diritto di rimanere.

Patrioti o cattolici. Tertium non datur.

martedì 24 luglio 2018

Il piagnucolio penoso di Roberto Saviano


Roberto Saviano non ci sta. Abituato alla grancassa mediatica che da sempre i suoi appelli e quelli dei radical chic della sinistra hanno riscosso sulle rincoglionite masse, non ci sta proprio a stare solo, a venire ignorato da tutti, o quasi tutti.


Insomma, anche il nuovo paladino della sinistra si rende conto di una cosa banale quanto ovvia: le piazze, la sinistra, non le ha più. Prima era sufficiente un Nanni Moretti qualunque, una Sabrina Ferilli, una Alba Parietti, anche una Sabina Guzzanti, per mobilitare migliaia di persone, fare girotondi, lanciare appelli strappalacrime, magari mettere a ferro e fuoco qualche città con la bassa manovalanza dei teppisti di sinistra, ma sempre nel sacro nome della democrazia e dei diritti umani. Ora, invece, il nulla. O quasi. Il gioco di Roberto Saviano, quella di spararla sempre più grossa e sempre più cafona, di buttarla sul becero e sullo squallido (tutte cose che a sinistra vanno sempre alla grande, come dimostra la prima di copertina de Il Manifesto di qualche giorno fa dedicata a Sergio Marchionne), non paga più. Il dare al Ministro dell’Interno del Ministro della Malavita, del buffone, chiedergli quanto si eccita a vedere i bambini morire in mare (qui ha toccato proprio il fondo) gli è valso una bella querela, che, magistrati amici a parte, potrebbe creargli qualche fastidioso grattacapo. 

Quando sbarelli in continuazione e non ne azzecchi più una, puoi fare essenzialmente due cose: fermarti, fare un bel respiro e chiederti dove hai sbagliato, oppure tirare dritto a testa bassa senza porti alcun “perché”. Saviano, come era logico, ha scelto la seconda soluzione. E siccome è abbastanza abituato ai piagnistei, lancia l’ennesimo pippone piagnucoloso dalle colonne di Repubblica, il cannone da 90 dei radical chic capalbiari e salottari, sempre generoso nel concedergli tutto lo spazio che serve: 

Dove siete? Perché vi nascondete? Amici cari, scrittori, giornalisti, cantanti, blogger, intellettuali, filosofi, drammaturghi, attori, sceneggiatori, produttori, ballerini, medici, cuochi, stilisti, youtuber, oggi non possiamo permetterci più di essere solo questo. Oggi le persone pubbliche, tutte le persone pubbliche, chiunque abbia la possibilità di parlare a una comunità deve sentire il dovere di prendere posizione. Non abbiamo scelta. Oggi tacere significa dire: quello che sta accadendo mi sta bene. […] E il silenzio, oggi, è un lusso che non possiamo permetterci”.

Saviano, con i suoi volgari insulti a Salvini, l’ha fatta fuori dal vaso e i suoi compagni, tolto qualche vecchio catafalco alla Oliviero Toscani o alla Laura Boldrini, l’hanno prontamente abbandonato.

Il motivo è molto semplice: nell’era di internet smascherare le balle della sinistra è diventato abbastanza semplice.

Ci hanno raccontato per anni la storiella dei poveri migranti che scappano dalla guerra, e sappiamo benissimo che la stragrande maggioranza dei parassiti che sbarcano sulle nostre coste non scappano da nessun conflitto; ci hanno raccontato che le ong erano organizzazioni caritatevoli che si occupavano di salvare vite umane, e basta qualche esperti di Photoshop per smascherare i ridicoli fotomontaggi, o un cellulare di ultima generazione per filmare quelli della OpenArms mentre squarciano i gommoni per simulare mai avvenuti salvataggi in mare; prendono una povera disperata per renderla la nuova eroina dei clandestini e non si rendono conto che Josepha non è molto credibile con la messa in piega perfetta, le unghie laccate e la pelle o le labbra senza alcun segno di disidratazione.


Saviano ricorda i bei vecchi tempi, quando con giudici compiacenti e magistrati conniventi si decidevano i destini politici di questa Nazione:

“Con Berlusconi, in fondo, era tutto più chiaro: c’era lui e c’eravamo noi. Criticarlo portava conseguenze, reazioni forti, artiglieria di fango, ma c’era una comunità attiva, che si stringeva attorno a chi lo faceva. Prendere posizione contro Berlusconi non significava perdere share, copie, consenso. Oggi non è più così e in questo governo si stenta a scorgere i germi di qualcosa di estremamente pericoloso”.

Ah, eccolo il problema. Prima dare del mafioso, del pedofilo, del malato e del criminale a Silvio Berlusconi era lo sport nazionale preferito da questa sinistra: non si rischiava nulla, se non le comparsate in prima serata e l’omaggio a reti unificate dei massmedia della sinistra (vale a dire la stragrande maggioranza). Si avevano share, copie e consenso. Adesso, invece, si può reagire: basta andare sulla pagina Facebook di un qualunque Saviano o di una qualunque Laura Boldrini e rispondere per le rime. Possiamo non solo schifarci, ma mandarli a quel Paese e sommergerli sotto una montagna di m***a, quella hanno sempre gettato addosso a chiunque non avesse le loro stesse idee, contando sulla loro potenza di fuoco massmediatica.

A questo non ci sono abituati. Dopo la tranvata del referendum costituzionale, dopo la tranvata delle elezioni perse malamente, gli è rimasto l’insulto facile, la calunnia, la delegittimazione umana, prima ancora che ideologica e politica, dell’avversario, trasmutato a nemico. 

Però le figuracce sono dietro l’angolo: il povero migrante che cammina sulle acque con tanto di cerchietto rosso per indicarlo meglio, gli attivisti che squarciano il gommone che in teoria dovrebbero soccorrere, le comparse e gli attori che simulano un naufragio, le foto delle rotte delle ong prese da uno dei tanti siti come marinetraffic.com che dimostrano chiaramente la loro collusione con gli scafisti… sono piombati, di colpo, in un mondo per loro nuovo. Dove agli applausi delle prime serate e alle presentazioni dei libri si sostituiscono le figure miserabili e meschine, i “vaffa” degli utenti indignati, che non si contano più. Loro sono ancora rimasti a Palmiro Togliatti, che tornava dall'Unione Sovietica con negli occhi i massacri e la deportazione di milioni di esseri umani, ma appena sceso dall'aereo raccontava ai compagni italiani come era bello il Paradiso dell'URSS.


La figuraccia la rimedi un giorno si e l’altro pure, e gli insulti non riesci a bloccarli nemmeno con dieci moderatori che controllano il tuo profilo Facebook. Normale che, almeno un minimo, fai qualche passo indietro. Specialmente se ti vanti di essere erede dei partigiani, poi, combattere col nemico che ti guarda anziché darti le spalle non è proprio la tua specialità.

Le balle di OpenArms: sono minchioni loro o lo siamo noi?




Probabilmente quelli della OpenArms – una delle tante ong che col nuovo schiavismo di africani importati forzatamente dall’Africa sta facendo affari d’oro – e quelli del Corriere.it ci considerano una pletora di minchioni e di rincoglioniti (per carità, in alcuni casi hanno anche ragione). Perché non si spiega diversamente la difesa d’ufficio della ong e di Josepha – la donna soccorsa presumibilmente dalla stessa ong su un gommone alla deriva partito dalle coste africane – quando milioni di persone hanno potuto notare, dopo più di 48 ore di immersione nelle acque africane – come Josepha avesse pelle perfetta, senza alcuna delle caratteristiche pieghe che vengono provocate da una prolungata immersione in acqua, monili e braccialetti tutti rigorosamente al loro posto, unghie laccate alla perfezione. 

“Josepha fuggiva dalla guerra e da un marito che la picchiava perché non poteva avere figli”. Sarà… le donne africane che fuggono dalla guerra e che subiscono violenza, però, ce le immaginiamo diversamente da signore bene in carne – con tanto di panza bene in vista – capelli in piega, smalto e braccialetti di ordinanza. 

Che poi, a dirla tutta, di questa ong non è che ci sia da fidarsi. Non sono farina per fare ostie, diciamo. Sono gli stessi che hanno immesso in Europa, e specificamente in Italia, decine di migliaia di clandestini africani, spesso criminali; che hanno simulato un naufragio di africani con tanto di attori e troupe televisiva; gli stessi che vengono ripresi mentre squarciano un gommone di migranti, per poter vendere più facilmente la balla delle morti in mare; gli stessi che sono talmente cretini – oppure ritengono tali tutti noi, non si spiega diversamente – da prendere un’attrice africana per farla recitare nella parte della povera migrante che scappa dalla guerra, ma non hanno nemmeno l’accortezza, che so io, di scompigliarle un po’ i capelli, farle fare un po’ di dieta per farle perdere un po’ di pancia, o toglierle lo smalto dalle unghie.

“Lo smalto glielo abbiamo messo noi per tranquillizzarla dopo le ore di sofferenza”, dicono quelli della OpenArms. E beh, ovvio. Tu soccorri una clandestina in mezzo al mare e quale è la prima cosa che fai? Non somministrarle un ansiolitico, non farle bere un bicchiere d’acqua o darle qualcosa da mangiare. No: le fai lo smalto alle unghie. Logico, no? Come se mi soccorressero da un naufragio e mi dicessero “Caro signor Chessa, è rimasto 48 ore in ammollo, senza mangiare e senza bere, sotto il sole cocente, venga che le facciamo un bel taglio di capelli, così non ci pensa più”.

Per salvare questa clamorosa balla interviene l’Ansa – derubricata ormai da tempo da agenzia di informazione a voce ufficiale del politicamente corretto – e perfino il Corriere.it. Lo stesso, per dirne una, che ha spacciato come acclarati e certi gli attacchi chimici di Assad contro i siriani, attacchi chimici poi puntualmente smentiti dalle agenzie internazionali. Per dire da che pulpito si permettono di dire che è una bufala, insomma.

Sono minchioni loro o lo siamo noi?