lunedì 29 settembre 2008

Unità dell'area: ma quale unità? Ma quale area?


Pubblicato sul mensile "Costruire, agosto 2001, e sul mensile "Il Popolo d'Italia", settembre 2001.


Di Carlo Gariglio
Si fa un gran parlare da tempo, all’interno della cosiddetta “area” politica che si ispira in qualche modo al pensiero Fascista, di unità, di unificazione delle varie realtà esistenti in un unico movimento, nonché di “assemblee costituenti” che si susseguono ininterrottamente, convocate ora da uno, ora dall’altro dei tanti attori, coprotagonisti, comparse ed illustri sconosciuti in azione nell’area.Naturalmente, ciascuno di lorsignori ha il suo personalissimo concetto di unità, e persino di area, ma questo non impedisce di utilizzare toni messianici che, tanto per cambiare, prevedono la tanto sospirata unità realizzarsi esclusivamente sotto le direttive assolute di uno dei vari leaders; tale situazione ha raggiunto livelli così grotteschi da meritare un’ampia riflessione, imparziale ed impietosa come sempre.

Cominciamo subito con il dire che il concetto stesso di “area” non è altro che una grossolana semplificazione con risvolti un po’ truffaldini… Infatti, parlando di “area” ci si aspetterebbe un qualcosa di uniforme ed omogeneo, con all’interno qualche lieve dissidio derivante da diverse valutazioni sulla strategia politica. Ma non è così. Nella stessa area si pretende di collocare, ormai da anni, tutto ed il contrario di tutto: cattolici tradizionalisti come quelli di Forza Nuova, fanatici sostenitori dell’Islam come quelli di Avanguardia, teorici della necessità della divisione di politica e religione come noi esponenti del MFL… Ed ancora, fascisti di destra e fascisti di sinistra, sostenitori degli accordi con il Polo delle Libertà e sostenitori dell’opposto, con i mezzo quelli del MFL a predicare la costituzione di un Terzo Polo dichiaratamente fascista ed alternativo ai due esistenti. Addirittura, in certi micro ambienti come quelli del Fronte Nazionale, cercano di farsi strada realtà antifasciste che guardano al mondo cosiddetto “antagonista”…!E’ chiaro a chiunque sia dotato di un minimo di cervello che una simile realtà non potrà mai essere unificata, data la varietà delle opzioni e l’inconciliabilità di alcune posizioni; purtroppo, certa gente che si agita “nell’area” non è dotata di quel minimo di sale in zucca di cui sopra, e continua ad affannarsi, chi in buona fede chi no, in pontificazioni inutili ed in logorroiche conferenze “unificatrici”…Se poi, dopo avere dato un’occhiata generica all’area, scendiamo nel particolare e proviamo a dare uno sguardo ai singoli “leaders” che tanto si affannano in questi inutili giochetti, la consapevolezza dell’inutilità del tutto ci assale senza più ombra di dubbio. Abbiamo conosciuto e sperimentato sulla nostra pelle di esponenti MFL il “modus operandi e vivendi” di certi “leaders”…Adriano Tilgher sentenzia che l’unità dell’area si potrà realizzare esclusivamente sotto il simbolo ed il nome del Fronte Nazionale, diffidando nel contempo dall’intrattenere rapporti con i rautiani; Pino Rauti vanta la presunta “grossezza” del suo partito (sic!), derivandone una sorta di diritto divino a guidare l’area, naturalmente utilizzando nome e simbolo della Fiamma Tricolore; Roberto Fiore e soci, più modestamente, dispensano a chiunque non sia di Forza Nuova insulti e contumelie, spaziando dagli appellativi di spie della CIA a quelli di vecchi rincoglioniti reducisti (quest’ultimo riservato in esclusiva al MFL)… Accanto ai sopra citati “primi attori”, un esercito di comparse continua, con arroganza e lungimiranza analoghe, a lanciare strali ed invettive, sentenziando, guarda caso, che l’unità dell’area si farà sì, ma sotto le loro direttive e con i nomi ed i simboli che solo loro potranno scegliere. Esilaranti i casi di ex rautiani di ferro (o ex tilgheriani…) che, dopo anni di subordinazione e vassallaggio nei confronti dei “leaders”, si scoprono improvvisamente loro strenui avversari, fondando effimere “comunità militanti”, “rinascite” ed altro, allo scopo, tanto per cambiare, di… unificare l’area! La parte più divertente (o drammatica, a seconda dei punti di vista) di tutto ciò è la costante arroganza comportamentale dei sedicenti leaders: tutto quanto esiste all’infuori di loro e della loro piccola corte dei miracoli non ha senso, non ha valore e rappresenta anzi un “tradimento”… Chi fa politica da un decennio, magari sostenendo le stesse cose che loro hanno scoperto da pochi giorni, a causa di una litigata con il Tilgher o il Rauti di turno, non conta comunque nulla e dovrà, se mai, aggregarsi alle loro iniziative, pena… la scomunica! Capirà, dunque, il lettore il motivo per cui quelli del MFL si chiamano fuori da questo ridicolo e patetico teatrino della politica “d’area”… Crediamo sia totalmente inutile sperperare tempo ed energie nel tentativo di seguire gli sproloqui di questi “ducetti” senza avvenire e con un passato da dimenticare. Basterà in questa sede ricordare che tutti questi fautori dell’unificazione fino a pochi anni or sono militavano nello stesso partito! E che, nel giro di 4/5 anni, sono riusciti a creare una frammentazione a dir poco vergognosa… ma sempre nel nome dell’unità dell’area! L’area, come già accennato, non esiste.Oggi, nell’ano 2001, è necessaria una scelta, semplice ma irreversibile: quella fra chi ancora si sente fascista e nel nome del fascismo ha intenzione di continuare a fare politica, e fra chi invece fascista non è più (o non è mai stato…). I fascisti, quelli veri, quelli che non considerano il fascio un simbolo controproducente, che non vogliono nascondere la propria fede dietro termini ridicoli e privi di significato quali “nazionalpopolari” o “area antagonista”, che non vogliono ridursi a sostenere uno dei due Poli antifascisti nel disperato tentativo di non sparire, quelli che non intendono vendere la propria dignità per un assessorato o un posto in Parlamento, quelli che vogliono costruire con pazienza e lealtà un Terzo Polo chiaramente ed inequivocabilmente Fascista, non hanno che da sedersi ad un tavolo con gli esponenti del MFL, per concordare con loro tempi e metodi per questa creazione futura. Della sorte degli altri, francamente, ce ne freghiamo!Che continuino ad inseguire questo o quel “leader”, che continuino a mendicare considerazione da Polo e/o Ulivo, che continuino ad autoproclamarsi unici e veri fascisti (in casa però, perché all’esterno è controproducente…!). Siamo in democrazia (o almeno, così dicono…), e ciascuno è libero di scegliere la sua strada politica. Ma che almeno abbiano la dignità e l’onestà di lasciare stare l’eredità fascista. Chi non ha il coraggio di qualificarsi come Fascista in pubblico e chi non considera più il simbolo del Fascio Repubblicano come un simbolo attuale e conveniente non ha diritto alcuno di definirsi fascista, o peggio, di tentare di rappresentare un inesistente area fascista sotto mentite spoglie. Coraggio, allora: questa è la nuova sfida. Costruire insieme l’area fascista, e sbugiardare chi tenta soltanto di sopravvivere con la propria corte dei miracoli, sfruttando i fascisti più ingenui. La sfida è lanciata. Vedremo chi avrà gli attributi per raccoglierla.
Carlo Gariglio

martedì 23 settembre 2008

L'accordo Italia-Libia: l'ennesima umiliazione


A volte basta non avere la memoria corta, tenersi informati quel tanto che basta, e portarsi dietro i dubbi che si hanno; può capitare, infatti, che leggendo anche un giornale regionale come Il Sardegna di oggi, il lettore attento possa capire il perché di una domanda che si era posto in precedenza e alla quale non aveva saputo dare risposta.
Questa situazione è il nostro caso allorché l’Italia, continuando la politica dei novanta gradi che ha cominciato dal 1945 in poi, quando le leve di comando dell’Italia sono state trasferite da Roma alla Casa Bianca, alle sinagoghe e alle logge massoniche, ha annunciato che avrebbe versato, da qui fino ai prossimi venticinque anni, venticinque miliardi di euro di riparazioni alla Libia come risarcimento per il periodo coloniale; periodo che, tra l’altro, abbiamo dimostrato essere stato come una vera e propria manna dal cielo per il paese africano (si veda qui: http://chessaandrea.blogspot.com/2008/08/poverini-questi-libici.html). I più sospettosi, tra i quali il sottoscritto, hanno subito pensato (e sperato) che l’Italia non potesse essere così sodomita da inginocchiarsi anche davanti ad un beduino africano, e che pertanto dovesse esserci qualcosa di più losco sotto. Le polemiche di oggi tra l’Italia e la Libia ci danno la definitiva conferma che avevamo visto giusto.
Infatti, subito dopo il mio articolo, ed ancora più compiutamente in questi ultimissimi giorni, si viene a sapere di più sul disgraziato accordo Italia-Libia; fondamentalmente, le misure per arginare l’immigrazione clandestina sono due: controllo delle frontiere meridionali libiche e utilizzo di sei motovedette (a spese dell’Italia, naturalmente!) per il pattugliamento del nostro mare; in più veniamo a sapere che l’Italia deve fornire al beduino Gheddafi altre trenta motovedette (in tutto quindi trentasei mezzi, sempre a spese dell’Italia). Ce ne sarebbe già abbastanza per indignarsi nei confronti di questo governo presumibilmente di destra. Non solo la Libia ci prende a pesci in faccia quando avrebbe dovuto solamente ringraziarci, pretendendo e ottenendo una cifra spropositata per un rimborso di danni inventati dal nulla (da quando in qua costruire ponti, case, infrastrutture, strade e servizi pubblici viene considerato un danno?!), ma addirittura beffa clamorosamente il governo italiano, rappresentato in questo caso dal povero Maroni (uno di quei pochi che, all’interno di questa disgraziata compagine di incappucciati, risulta essere il più apprezzabile); infatti, così dichiara la Libia nell’articolo de Il Sardegna di oggi: "Per quanto riguarda la dichiarazione del ministro Maroni di voler arrivare a bordo di una motovedetta italiana che sarà prestata alla parte libica (per il contrasto all'immigrazione clandestina), lo informiamo che la Libia rifiuta il suo arrivo in questo modo spettacolare. Se sarà nostra intenzione riceverlo saremo noi ad indicare la data e il modo in cui potrà arrivare nel Paese". Inoltre la Libia, dopo aver fatto capire agli italiani chi comanda veramente, precisa ulteriormente: "La Libia non ha mai chiesto aiuti in passato ad alcun Paese, compresa l'Italia, ma coopera insieme alle altre nazioni interessate nel contrasto dell'immigrazione clandestina - recita una nota piuttosto seccata - Perciò non ha senso che la nave con a bordo le trenta piccole imbarcazioni indicata dal ministro Maroni sia stata bloccata ".
Avete capito? Ecco la ragione dei venticinque miliardi di euro! In sostanza, poiché l’Italia è completamente incapace di farsi sentire e di farsi valere in ambito internazionale, ha cercato meschinamente di comprare la Libia con una cifra spropositata affinché quest’ultima cessi di scaricare sulle nostre coste tutti i suoi disgraziati fuggiaschi. Cosa che regolarmente non è avvenuta, sia perché continuano gli sbarchi di clandestini sulle coste italiane, sia perché la Libia ci prende a pesci in faccia, nei fatti e nelle parole. Insomma, non c’è limite all’umiliazione che questo governo manda giù con uno stomaco di ferro. Meditino tutti gli italiani, ma soprattutto coloro che hanno votato questa compagine senza onore e senza lealtà, sul ruolo da barzelletta che l’Italia ha sullo scenario mondiale ed europeo.

domenica 21 settembre 2008

Sono diventati statalisti. Senza dirlo.


Qualche lettore mi chiede di parlare della Lehman Brothers e della situazione economica generale. Li ringrazio innanzitutto per la fiducia. Certamente, per chi non si occupa di queste cose, perché magari ha preferito una facoltà umanistica a quella di Economia, e non lavora neanche nel settore, caratteristiche che si adattano al sottoscritto, è certamente difficile cercare di tirare un bilancio accurato e valido della situazione.
Parto comunque da una considerazione; poiché non mi ritengo un ipocrita, né in politica né nella vita, non posso nascondere una cosa: vedere le foto dei “truffatori legalizzati” della Lehman Brothers, che escono dai palazzi con la loro oggettistica raccolta dentro una scatola di cartone, di colpo disoccupati dopo anni e anni di arricchimento illecito sulle spalle dei normali cittadini, mi ha dato una certa soddisfazione. Sicuramente è vero, come ho sentito e letto da qualcuno, che adesso quei caporioni della finanza globale in giacca e cravatta andranno a fare danni da altre parti; cadono sempre in piedi, bene o male.
Il camerata Dimitri, inoltre, mi informa dalla Grecia che la Lehman Brothers (fondata da ebrei) ha fatto parte, nella prima metà del secolo scorso, di quella parte (maggioritaria) della finanza internazionale che finanziò lo sterminio (vero, stavolta) di trenta milioni di contadini russi da parte di Stalin e dei suoi nipotini (Dimitri, che ringrazio pubblicamente come ho già fatto in privato, mi fornisce anche questi due libri che testimoniano quello che diciamo: Soljénitsyne, Lénine à Zurich, Parigi: Éditions du Seuil, 1975; Eric Laurent, La corde pour les pendre..., Parigi: Arthème Fayard, 1985). Se è giustizia divina, direi che ha impiegato un po’ più di tempo del previsto.
La banca dei fratelli Lehman – la quarta degli Stati Uniti – fino a poche settimane fa era data per inaffondabile e al riparo da qualunque crisi finanziaria; magari qualche scossone qua e la, qualche mal di mare a causa della grande burrasca, ma in generale, secondo le cosiddette “agenzie di rating” (le stesse che, prima di declassarla, hanno atteso che la situazione superasse il punto di non ritorno), capace di fornire una buona navigazione. Invece anche la Lehman Brothers, l’inaffondabile, è colata a picco. A differenza dei recenti casi di salvataggio operati dalla Federal Riserve (Fannie, Freddie, Aig, colossi finanziari su tutto il mercato globale della finanza speculativa, arruffona e usuraia), questa banca è stata lasciata al suo destino, costretta a cadere sotto il pugno implacabile del mercato, dopo aver dilapidato miliardi di dollari che si volatilizzavano, ora dopo ora, nella vertiginosa caduta del suo titolo in Borsa. Barclays e Bank of America, resesi conto che il dissesto finanziario era tale da risultare economicamente assai svantaggioso, hanno interrotto di colpo le trattative per l’acquisto della Lehman Brothers, preferendo accollarsi la Merryll Lynch con un esborso di 50 miliardi di dollari. Il destino della banca, che ha perso più della metà del suo valore e del suo patrimonio, è irrimediabilmente segnato. Molto probabilmente verrà smembrata e i suoi pezzi venduti separatamente, con una perdita di posti di lavoro che è calcolata in circa cinquemila, e con i clienti che vedranno andare in fumo tutti i loro risparmi.
Non male per un’economia di mercato che ci avevano garantito essere solidissima, capace di regolamentarsi da se senza alcun intervento statale. Invece l’intervento statale c’è stato eccome: per ragioni di “sicurezza nazionale” (tenete a mente queste due parole) l’America ha comprato, e di fatto nazionalizzato, alcune tra le più importanti banche americane, tra cui Fannie e Freddie. In sostanza quello che, in misura enormemente più piccola per quanto riguarda i capitali investiti, faceva la mussoliniana IRI con le aziende in fallimento. Avete capito? “Sicurezza nazionale”; eppure hanno passato decenni a raccontarci che il capitalismo, il libero mercato, la libera concorrenza senza alcuna regolamentazione – che il mercato imponeva da se, come se i plutocrati finanziari fossero dei buoni samaritani e non dei leoni affamati – erano la cosa migliore di questo mondo e che chiunque proponeva un minimo di regolamentazione o di controllo statale era un pericoloso folle estremista, un dirigista, un oscurantista, un fascista (quest’ultimo termine, almeno per noi, non è un insulto). Ora invece, quando interessa a loro (i plutocrati), se ne fregano delle leggi del libero mercato per nazionalizzare, ossia salvare dalla bancarotta, banche che hanno giocato con i capitali dei loro clienti come uno sceicco arabo al casinò, che hanno dilapidato interi risparmi con la finanza creativa, che rifilando gli swap hanno rovinato milioni di aziende e di istituti, che con i mutui subprime hanno privato milioni di famiglie della casa.
E in Italia? L’Italia è l’unico paese di cretini in cui le regole della finanza globale, che salassa noi comuni mortali sempre di più, continuano a venir seguite con scrupolosa coerenza. Il caso Alitalia ne è l’esempio emblematico; pur di salvare il carrozzone fallimentare da cui attingere voti, favorire clientelismi e sistemare politici trombati sopra belle poltrone in pelle, si è innanzitutto mandata a quel paese AirFrance – l’unica disposta ad accollarsi l’Alitalia in fallimento –, poi si è dato un bell’aiuto di Stato (300 milioni di euro) che poi, quando l’Unione Europea ha sollevato il ditino e ha rimproverato il “nostro” governo, è stato mascherato da “cordata di volenterosi imprenditori italiani” che, come tutta l’imprenditoria italiana (che non imprende con capitali propri ma con quelli dei cittadini), scaricherà sui propri conti correnti i vantaggi e sulle nostre tasche gli svantaggi. Perlomeno quelli di AirFrance compravano il carrozzone in blocco, con spese (molte) e guadagni (pochi, per lo meno inizialmente).
L’attuale situazione internazionale dimostra, con disarmante evidenza, che tutto quello che ci hanno raccontato sull’economia e sul capitalismo non funziona più, ammesso e non concesso che abbia mai funzionato effettivamente. Qui non si tratta del fallimento di Lehman Brothers, o della nazionalizzazione di Fannie Mac, bensì della crisi irreversibile di un intero sistema economico e finanziario che sta cadendo letteralmente a pezzi. E cade sopra di noi.
Se questi “signori” fossero stati coerenti con quello che ci impongono da quando hanno vinto la loro guerra nel ’45, ci saremmo tolti la soddisfazione di vedere anche i dipendenti di Aig, di Fannie e di Freddie andarsene dal loro ufficio con una scatola di cartone. Chissà che non ci toglieremo anche questa magra soddisfazione. Loro intanto, pur di difendere i loro soldi, sono diventati statalisti. Senza dirlo, in punta di piedi. E a noi continuano a raccontare balle.
Chessa Andrea

Falsari alla ribalta: il mito della Risiera di San Sabba


Carlo Gariglio

Pubblicato sul mensile "Il Popolo d'Italia", aprile 2000


Negli ultimi tempi gli appassionati di fanta-storia stanno monopolizzando l’attenzione, in quel di Trieste, continuando a deliziarci di fantasie circa il mai esistito campo di “sterminio” nazista in Italia, vale a dire la Risiera di San Sabba.Questo grossolano falso, ricostruito con i soldi del Comune di Trieste negli anni 60, ebbe il suo scopo propagandistico di distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica dagli stermini, inequivocabilmente veri, commessi da comunisti slavi (inizialmente spalleggiati da quelli italiani) ai danni di decine di migliaia d’italiani, indipendentemente dal fatto che costoro fossero o no fascisti: stiamo parlando delle Foibe. Periodicamente, soprattutto in occasione di successi e avanzate della Destra Europea, la fandonia di San Sabba riprende colore, specie nel triestino, arricchendosi di nuovi particolari e, naturalmente, di nuovi morti; dopo il successo elettorale di Haider non vi è stata TV, radio, giornale che non abbia parlato (a sproposito) della Risiera e dei 5000 (!) ebrei che vi sarebbero stati sterminati mediante una camera a gas che nessuno ha mai visto. Naturalmente la versione ufficiale, buona per Auschwitz come per San Sabba, è che se non vi sono prove di questi avvenimenti dipende dal fatto che i nazisti in ritirata fecero saltare tutto, per cancellare le prove dello sterminio (?).Grandi idioti questi nazisti; tanto affannati nel far saltare le camere a gas di Auschwitz, San Sabba e molte altre località al fine di cancellare le “prove”, ma altrettanto “distratti” da lasciare in vita centinaia di migliaia di scampati pronti a fornirci la loro testimonianza, l’immancabile libro, le interviste a gogò e qualche bel film sul presunto “olocausto”!Ma qual è la realtà di San Sabba? Grazie al compianto Giorgio Pisanò, che dalle pagine del suo Candido fece della questione della Risiera quasi un fatto personale e grazie al più noto degli storici revisionisti italiani, Carlo Mattogno, abbiamo un enorme mole di materiali inconfutabili che smontano completamente le fandonie dell’olocausto triestino e tutti i suoi sostenitori, primo fra tutti quel Ferruccio Folkel, che nel 1979 pubblicò a Milano, grazie alla Arnoldo Mondadori Editore, il testo: “La Risiera di San Sabba”. Mattogno, nel suo contro-testo pubblicato a Monfalcone nel 1985 grazie alle Edizioni Sentinella d’Italia, “La Risiera di San Sabba – Un falso grossolano”, in 40 misere pagine demolisce completamente le argomentazioni ridicole del Folkel, soprattutto quelle inerenti ai cinquemila morti ebrei, cifra pacchiana ottenuta “assumendo” che a San Sabba si uccidessero 50 ebrei al giorno (!) per tre giorni la settimana (!!), ed il tutto naturalmente senza la benché minima prova addotta per confermare tale delirio! Non migliore figura fanno le “testimonianze” presentate dal Folkel, dato che è impossibile trovarne due che collimino fra loro e soprattutto espresse da persone viventi; una delle migliori espressioni di involontaria comicità del Folkel si ha nell’esaminare la testimonianza di un certo Wachsberger, il quale, dopo aver ipotizzato che la “camera a gas” di San Sabba fosse celata nel garage, racconta che durante le “esecuzioni” la porta del garage rimaneva aperta! Che diavoli questi nazisti! Avevano già inventato negli anni 40 delle camere a gas funzionanti “a porta aperta”! Come avranno fatto a perdere la guerra con queste conoscenza tecniche d’avanguardia?Uscendo dal mito tanto caro ai circoncisi e attingendo all’opera di Giorgio Pisanò, la Risiera di San Sabba non fu nulla di più che un campo di detenzione di polizia, riservato a prigionieri ebrei e partigiani che vi transitavano per brevi periodi, in attesa di essere inviati al lager di destinazione. Se così non fosse, difficilmente si spiegherebbero i 22 convogli di deportati che dal 09/10/1943 al 07/11/1944 furono inviati ad Auschwitz.Dal 1945 fino agli inizi degli anni 60 nessuno a Trieste aveva mai osato parlare di un “campo di sterminio”: né i “titini” che avevano occupato la città subito dopo la guerra, né i britannici che la amministrarono fino al 1954, né gli storici antifascisti locali, né tanto meno gli storici resistenzialisti nazionali (Bocca, Secchia, Battaglia…). Eppure, ai primi degli anni 60, per bilanciare gli orrori tragicamente veri delle Foibe, ecco apparire il “campo di sterminio”, edificato ex novo (forno crematorio compreso) nel 1965 con i soldi stanziati dal Comune di Trieste e su progetto dell’architetto Bolco!Ma c’è di più: nel 1976 a Trieste venne celebrato il processo agli aguzzini di San Sabba, cioè a dei veri e propri criminali in divisa germanica che si resero responsabili della soppressione gratuita di alcuni prigionieri. Ebbene, grazie a quel processo si accertò che a San Sabba morirono una ventina di prigionieri, dei quali si conservano regolarmente i nominativi, ed il responsabile ancora in vita venne condannato per omicidio plurimo aggravato continuato, non certo per strage o sterminio!Dunque nel 1976 per il Tribunale di Trieste non esistevano prove alcune di stermini e/o stragi, mentre nel 1979 il “buon” Folkel pretese di “stimare” il numero dei morti di San Sabba in più di cinquemila!Altra pietra tombale sulle balle olocaustiche venne posta sempre da Giorgio Pisanò, che ripubblicò la testimonianza dell’avvocato ebreo Bruno Piazza, il quale transitò dalla Risiera nel 1944, per poi essere trasferito, vivo e vegeto, alla carceri del Coroneo; tale testimonianza venne cialtronescamente ignorata dai fautori delle balle olocaustiche, nonostante fosse stata pubblicata in tre edizioni successive dalla Casa Editrice Feltrinelli (terza edizione: giugno 1990), in un libro dal titolo “Perché gli altri dimenticano”.Questi dati e questi fatti potrebbero anche bastare per sbugiardare a dovere circoncisi e reggicoda vari a proposito della Risiera, ma esiste la cosiddetta “ciliegine sulla torta”; nel novembre 1992, a Trieste, in occasione di una delle tante commemorazioni dei mai esistiti 4/5000 morti di San Sabba, il Movimento Fascismo e Libertà cittadino diffuse nella Risiera un volantino firmato da Giorgio Pisanò in persona, nel quale si esortavano i giovani a non farsi ulteriormente imbrogliare dai falsari antifascisti. In conseguenza di ciò gli attivisti locali, fra i quali Angelo Cauter e lo stesso Pisanò, vennero denunciati per “ricostituzione del PNF” e “apologia di Fascismo”.Ebbene, il 5 maggio 1994 il Tribunale di Trieste mandò assolti gli attivisti fascisti da ogni accusa, riconoscendo del tutto lecita la contestazione dell’autenticità della Risiera di San Sabba, in quanto diatriba definita ancora aperta fra le versioni antifasciste e quelle fasciste, il che costituisce un’implicita ammissione che sull’autenticità della Risiera come campo di sterminio nessuno è pronto a giurare, tanto meno il Tribunale di Trieste.Questi sono i dati da sbattere in faccia al coro di lamentosi circoncisi sempre pronti ad inventare stermini di massa anche dove non ve ne furono; contro fatti, dati, processi, studi, costoro hanno saputo solo opporre “stime”, testimonianze contraddittorie, falsità macroscopiche e mezzucci vergognosi quali la ricostruzione e novo di un mai esistito campo di sterminio.Tuttavia, alla massa belante di italioti sempre pronti a scusarsi per olocausti mai avvenuti, ciò non basta, dato che continua a prendere per buone le balle colossali di certo ebraismo, catalogando come “falsità” di stampo nazista i fatti precisi e i processi svoltisi negli anni passati.Mai come ora la nota esortazione di Dante ci pare attuale, affinché “il giudeo di noi, fra noi non rida”.
Carlo Gariglio

martedì 16 settembre 2008

Capitalismo e socializzazione: un confronto


Con la sconfitta delle potenze dell’Asse social-nazionale (prevalentemente Italia, Germania, Giappone) nella seconda guerra mondiale – guerra che, contrariamente a quanto si crede, non è stata condotta dalle potenze cosiddette “plutocratiche” per lodevoli fini umanitari, liberare l’Europa dal nazifascismo, quanto per imporre il modello economico capitalista – ha prevalso il modello economico oggi imperante. Quello capitalista, per l’appunto.
Tale modello economico si basa essenzialmente sulla legge della domanda e dell’offerta
: secondo tale assunto, è la competizione tra i fornitori e/o produttori di uno stesso bene a portare, a lungo andare, ad un significativo progresso; sono esclusivamente i produttori/fornitori e i consumatori/acquirenti a “trattare” le modalità con le quali quel bene deve essere venduto, contrattato, scambiato. Attraverso tale economia di mercato si realizza la fase successiva, vale a dire la fase capitalistica, all’interno della quale diversi soggetti –siano essi società, persone giuridiche o anche privati cittadini – concorrono tra di loro per assumere il monopolio (supremazia economica) all’interno di un determinato ambito economico. Attraverso il capitalismo pertanto il rapporto tra domanda e offerta viene ad equilibrarsi da se, senza alcun intervento della mano statale, con significativi vantaggi per il consumatore, il quale verrebbe a trovarsi nella condizione di poter scegliere diversi prodotti di uno stesso bene a costi monetari altamente competitivi (in quanto il produttore/fornitore del bene ha tutto l’interesse ad ottimizzare la produzione del bene e conseguentemente ad abbassare il costo dello stesso, al fine di guadagnare sempre maggiori fette di mercato). I soggetti privati che possiedono mezzi di produzione o capitali propri possono pertanto impiegare le proprie risorse esclusivamente secondo il proprio interesse e disporre anche dei lavoratori (coloro che, non possedendo mezzi di produzione propri, prestano la propria opera lavorativa dietro corrispettivo pagamento) nel modo che ritengono più opportuno al soddisfacimento dei propri fini. Pertanto lo Stato si configurerebbe, all’interno di questo sistema, come un osservatore il quale, mediante l’istituzione di istituti di controllo super partes (in Italia, per esempio, l’Antitrust) non avrebbe alcun potere di intervento nel sistema economico capitalistica che non sia quello di impedire il monopolio e le truffe ai propri cittadini o garantire l’esecuzione contrattuale tra soggetti diversi.
Senza perderci in ulteriori digressioni, i sostenitori del capitalismo sostengono generalmente che, mediante questo sistema economico, i vantaggi sono molteplici: accesso ad una vasta selezione di beni da parte di un sempre maggior numero di persone (acquirenti/clienti), generale miglioramento delle condizioni di vita, maggiori possibilità di lavoro in seguito all’iniziativa privata e via dicendo.
In tal senso l’aumento impressionante dell’immigrazione, che ha portato le nazioni europee ad una perdita sostanziale delle proprie identità, delle proprie tradizioni, nonché ad un generale e preoccupante senso di malessere e di insicurezza da parte della popolazione autoctona europea, va visto esattamente in quest’ottica: l’abbattimento di ogni frontiera, di ogni barriera, di ogni confine geografico, politico, nazionale e spirituale si inquadra non solo nell’ottica mondialista e massonica, al fine di poter più facilmente sottomettere un popolo di bastardi meticci piuttosto che un popolo di patrioti, ma anche nel favorire, fino alle più estreme conseguenze, la libera circolazione di uomini e merci per favorire l’economia capitalistica.
E’ interessante notare come questa teoria economica, sebbene al giorno d’oggi sia assunta dalla maggior parte delle nazioni del mondo per regolamentare il proprio mercato economico interno ed estero (tanto che oggi si può affermare senza timore di smentita che ben pochi sono gli stati all’interno dei quali non sia applicata un’economia di Stato capitalista), non è assolutamente la dottrina economica per eccellenza: il capitalismo, come si è già avuto modo di dire, è soltanto una teoria che si è imposta definitivamente solo in seguito all’evento bellico della seconda guerra mondiale.
Prima del 1940 ben altre erano le teorie economiche che guidavano le scelte degli stati europei. Mentre in Inghilterra o negli Stati Uniti imperversava la rivoluzione industriale, nazioni come la Germania Nazionalsocialista o l’Italia Fascista mostravano, con le loro scelte economiche, una straordinaria capacità di ripresa economica dalle gravi difficoltà ereditate in seguito al primo conflitto. L’Italia, infatti, sarà danneggiata dalla crisi del ’29 molto meno di tanti altri stati europei, e ciò non solo per la maggior arretratezza economica ed industriale del nostro Stato nei confronti dell’Europa (gap che, comunque, verrà velocemente colmato), come tanta propaganda antifascista cerca di far credere, ma anche per le misure economiche prese dal Fascismo mussoliniano sin dai primi anni di governo; tant’è vero che il New Deal di Roosevelt riprenderà molte indicazioni dell’Italia del tempo, tanto da spingere Mussolini ad affermare: "Noi queste cose in Italia le facciamo già da dieci anni".
Sostanzialmente la dottrina economica fascista partiva da basi certamente diverse rispetto a quelle capitalistiche. Per il Fascismo, infatti, la politica economica doveva servire, fondamentalmente, ad un immediato e generale miglioramento delle condizioni di vita dei cittadini senza escludere la componente fondamentale e il fine ultimo di tutto il processo economico: il benessere sociale: da qui il termine di socializzazione. Benché solitamente si tenda ad identificarlo come una ideologia estremista e distruttrice, completamente incapace di qualunque azione istruttiva o propositiva e di qualunque via di mezzo, il Fascismo italiano si pose immediatamente come “terza via” tra i due “estremi” economici, ovvero capitalismo e comunismo. Una terza via che mediasse efficacemente fra le contraddizioni dei due sistemi, per riprendere esclusivamente i vantaggi sia di una economia di mercato, completamente centralizzata, statalista e dirigista (la quale provocava, è bene ricordarlo, decine e decine di milioni di morti in Russia), sia di un’economia liberista e capitalista (la quale portava, e ha definitivamente portato a tutt’oggi, alla definitiva disgregazione dello stato sociale inteso come vita politica, economica e culturale nazionale). La soluzione socialista si imponeva ai Fascisti come punto di incontro, di sintesi e di mediazione tra le esigenze individuali e quelle collettive; questo porta a considerare il lavoratore non più come una merce o come un prodotto del capitalismo stesso, da poter quindi utilizzare secondo le regole dettate dal mercato e da poter scambiare o valutare secondo la logica capitalistica (più capitale, meno lavoro), ma come una componente fondamentale accanto ad imprenditori pubblici, imprenditori privati, tecnici e fornitori di capitale (sia esso capitalista e non); tale obiettivo di sintesi doveva essere raggiunto mediante l’essenza corporativista: col corporativismo si garantisce a qualunque categoria che partecipa della vita nazionale (imprenditori, lavoratori, tecnici, pensatori etc.) la propria rappresentatività politica che veniva quindi salvaguardata dallo Stato, il quale diventava, pertanto, arbitro e garante dell’attuazione della socializzazione; facendo si quindi che il lavoratore partecipi alla vita nazionale, o meglio, alla gestione della cosa pubblica, lo si responsabilizzava maggiormente in un’ottica meritocratica.
Tali principi vennero enunciati nella Carta del Lavoro del 1927 e subiranno un ulteriore evoluzione nel periodo della Repubblica Sociale Italiana, allorquando il Fascismo repubblicano emanerà altre direttive che rappresentavano un’innovazione incredibile nell’ordinamento sociale e lavorativo non solo italiano, bensì europeo, che avrebbero messo in seria difficoltà i comunisti.
A tutto ciò si collochi quello Stato sociale che il Fascismo seppe creare dal nulla, in un Paese uscito abbastanza malconcio dal primo conflitto mondiale, volto a tutelare prevalentemente il lavoratore e le categorie svantaggiate in generale.
Il Fascismo, pertanto, seppe prendere spunto non solo dalla realtà e dalle dottrine economiche degli anni Venti e Trenta, ma addirittura rinnovò completamente - in senso “socialista” - il quadro corporativo già elaborato negli anni passati, e questo pochi mesi prima della sua caduta: dimostrazione ne siano i 18 punti di Verona. Una caduta, è bene ricordarlo, che avvenne manu militari, e non certo perchè il Fascismo si trovò impreparato ad affrontare quel periodo storico. A dimostrazione di una realtà politica e culturale come mai se ne sono viste in tutta la Storia d'Italia. che neanche le bombe hanno saputo mettere a tacere.
Tutto quanto sopra detto può considerarsi, semza ombra di dubbio, come il lascito più significativo del Fascismo storico alla società del dopoguerra, fino ai giorni nostri.
Chessa Andrea
Vice Segretario Nazionale Isole - Movimento Facismo e Libertà

sabato 13 settembre 2008

Ecco come la Massoneria abbattè il Fascismo



Il sito Controstoria.it, tra i più apprezzabili siti internet per quanto riguarda la veridicità e l'attendibilità delle informazioni internet che riporta, pubblica sette documenti segreti della massoneria già a suo tempo pubblicati da "La vita italiana del 1944" di Giovanni Preziosi, ovviamente dimenticati e taciuti dalla stampa di regime - asservita sempre ai "grembiulini". Tali documenti dimostrano, in modo inequivocabile, l'odio viscerale che la massoneria italiana ed internazionale nutrì per il Fascismo, per il suo capo e per le conquiste dell'Italia durante il Ventennio, ed il conseguente imperativo che i "fratelli d'Italia" si diedero - in seguito alla emanazione della legge (fortemente voluta da Mussolini) del 1925 contro le società segrete - per abbattere in tutti i modi il Fascismo. In tutti i modi. Ecco quindi che per distruggere il Fascismo e le sue conquiste sociali tutto diventa lecito: da una fortissima campagna di disinformazione e denigrazione del Fascismo, della sua ideologia e dei suoi dirigenti (cosa che continua con lo stesso e identico vigore e livore, a dimostrazione indiretta della validità del Fascismo e della paura che anche solo il nome provoca a questi "signori"), passando per l'alleanza con la Russia "del Nostro Gran Fratello Lenin", fino a sabotare le iniziative belliche dell'Italia, fino a "favorire la corruzione per disgustare il popolo" del fascismo. Ancora: spingere al contrabbando, impoverire la popolazione con il mercato nero, applicare nel modo più incoerente e rigido le leggi italiane - in modo da provocare la rabbia della popolazione contro il regime - impoverire le finanze statali e le risorse del popolo affamandolo, in modo da far si che si potesse sollevare ontro il Fascismo. Insomma, "l'ordine è uno solo: tradire".


Adesso si chiedano i lettori: che cosa si deve pensare di un ristretto numero di persone che, per raggiungere i propri scopi di potere e di vendetta, affama il popolo, sabota la propria Nazione in guerra, affama i soldati e fa avere loro equipaggiamento insufficiente, ridicolizza e mette in pericolo coscientemente i dirigenti e i politici nazionali, e per far ciò si allea con i peggiori nemici della Nazione stessa?




DOCUMENTO 1


Londra, 1 settembre 1935: Al Dilettissimo e Potentissimo Fratello Venerabile Gran Maestro del Grande Oriente Italiano dì Rito Scozzese Antico e Accettato, e della Grande Loggia di Rito Simbolico. I Potentissimi Fratelli delegati di tutti gli Orienti, riuniti sotto la Volta Celeste del Supremo Aeropago per i lavori del segreto Gran Congresso Massonico Universale, chiamati a discutere sulla nostra posizione generale di fronte alla reazione, hanno ammesso all'unanimità che un ulteriore sviluppo e durata del fascismo provocherebbe, col ritorno all'oscurantismo, la nostra fine irreparabile. Per iniziativa dei Potentissimi Fratelli rappresentanti la valle del Senna, il Congresso, riconosciuti i fatti lamentati e la inderogabile necessità di porvi riparo, ha affermato all'unanimità assoluta di voler insorgere con tutte le forze contro il fascismo, specialmente europeo, prima che esso, affermandosi negli Orienti ancora immuni, ne tolga i mezzi e la possibilità. L'odio profondo che il fascismo, nelle sue concezioni dottrinarie e per le azioni dei suoi capi e gregari a noi avversi, ha dimostrato verso di noi con la distruzione degli Orienti più prosperosi a lui soggetti, ci autorizza ad essere inesorabili nella lotta e nella scelta dei mezzi da impegnare verso di esso e i popoli che lo sostengono e lo nutrono con la loro sopportazione e con la loro fiducia. Alla testa dell'antifascismo i fascisti massoni: il Congresso Universale con voto unanime, ha investito il Supremo Grande Oriente Universale di tutta l'autorità necessaria ad iniziare la lotta contro i vari dispotismi esistenti nel mondo e, tracciata la linea di condotta, ha riversato, nel supremo aeropago, che da oggi siederà in permanenza, tutti i mezzi occorrenti al raggiungimento del fine. Il Congresso, accolta la relazione che i Potentìssimi Fratelli Vostri rappresentanti hanno ampiamente illustrata, dalla quale risulta la completa ripresa di ogni Vostro lavoro, esprimendo il suo compiacimento, ha esultato nell'apprendere l'inconcussa fede massonica di tutti i Vostri diletti Fratelli partecipanti al fascismo e come essi siano disposti a tutto osare per l'affermazione dei nostri ideali. Il giuramento da essi rinnovato nelle Vostre mani e in quelle dei Potentissimi Fratelli del grado 33° da Voi delegati, dimostra che avete saputo ben operare per la nostra causa e che inoltre possiamo anche contare su tutti i Fratelli partecipanti nell'Esercito e nel suo Stato Maggiore da Voi dipendente. Il Supremo Congresso, nel riconoscere la grande opera da Voi spiegata per la brillante ripresa dell'Oriente italiano, il più conculcato dal fascismo, che ha pure sanato il dissidio fra le sponde del vecchio Tevere, constata che la Vostra ripresa è base vitale per l'inizio della lotta e demanda a Noi, Supremo Maestro del Grande Oriente Universale, l'incarico di porgervi la riconoscenza della Massoneria Universale. Col nostro plauso Vi trasmettiamo il nostro incoraggiamento per il futuro.




DOCUMENTO 2


Per la Società delle Nazioni - Londra, 15 ottobre 1935: In seguito al Vostro suggerimento, il Supremo Grande Oriente del Grande Oriente Universale, dopo aver interpellato gli Orienti interessati, ha deciso di formulare le istruzioni per l'opera che i Potentissimi e Potenti Fratelli partecipanti alla Società della Nazioni debbono svolgere per la lotta contro il fascismo. Vi accludiamo copia destinata ai Fratelli di codesto Grande Oriente da Voi fatti designare a rappresentare la Vostra Nazione, in quel supremo consesso internazionale, pregandovi di farne prendere visione ai Fratelli del Dicastero degli Esteri e degli Enti interessati. I Potenti Fratelli, membri permanenti nel Supremo Aeropago Universale, sono concordi nel riconoscere che l'Oriente italiano da Voi fatto risorgere a nuova vita, è stato il primo ad essere colpito dalla reazione fascista e a risentirne gli effetti deleteri. Il satanico creatore del fascismo, governa sul territorio del Vostro Oriente principalmente per spegnere ogni traccia del nostro potere. Costui vuole ignorare la nostra potenza e la forza insopprimibile del nostro giuramento! Dopo averci osteggiato da socialista ed essere assurto al potere in virtù della nostra credulità e dell'azione fattiva e concreta dei nostri Fratelli migliori, vorrebbe, distruggendoci, ricondurre la sua Nazione all'oscurantismo, ma non si rende conto di essere in nostro potere e ignora le nostre irrevocabili decisioni per il suo annientamento. Il Supremo Gran Consiglio del Grande Oriente Universale ha perciò deciso che la lotta contro il fascismo, per la riscossa democratica che ridarà nel mondo la pace agli uomini di buona volontà, sia iniziata dall'Oriente italiano. Per la pratica attuazione di tale decisione il Supremo Gran Consiglio, che ha raccolto durante il Congresso le proteste dei Potentissimi Fratelli ad esso partecipanti, ha in esame quelle stesse proteste dettate dalla luminosa Vostra esperienza personale e da quella dei Potentissimi Fratelli Vostri Supremi Consiglieri, per armonizzarle. Nel preavvisarvi l'invio del piano d'azione concretato dal Supremo Consiglio in base alla psicologia del Vostro popolo e alla conoscenza del despota, Vi sollecitiamo l'invio dei dati del Vostro tesoro per equilibrarlo con quelli degli altri Orienti, acciò di bilanciarlo alle necessità generali dell'azione ed eventualmente per provvedere in tempo alle sue deficienze.




DOCUMENTO 3


Le vittorie di Etiopia sono uno scacco per il 'Supremo potere' - Londra, 20 maggio 1936: Da tutti gli Orienti ci pervengono osservazioni, tutt'altro che benevole, per i risultati ottenuti sullo sviluppo della campagna italiana in Etiopia. È la prima volta che il nostro Supremo potere viene messo in scacco da un avversario che non avrebbe avuto la capacità e i mezzi di poterci resìstere. Questo prova che in tutti i Fratelli dell'Oriente italiano è mancata la volontà di essere soprattutto massoni, come il sacro giuramento prestato imponeva loro di dimostrare coi fatti. Non possiamo accettare le ragioni da Voi posteci e da Voi ritenute adatte a giustificare l'impossibilità materiale di eseguire i voleri del Supremo Grande Oriente Universale, interprete fedele e regolatore degli interessi della Massoneria Universale. Il fallimento del piano applicato attraverso la Società delle Nazioni e l'aiuto che il despota reca ai ribelli spagnoli nostri nemici, ne sono la prova irrefutabile. Il Supremo Grande Oriente che veglia in permanenza sugli interessi della nostra grande Famiglia, dopo i ripetuti avvertimenti fatti a Voi pervenire per mio mezzo, ha deciso di infliggervi il biasimo di tutta la Massoneria Universale e dì richiamare all'ordine, per l'ultima volta, tutto l'Oriente italiano, dal Supremo Gran Consigliere all'ultimo Fratello del grado I, e con l'avvertimento categorico che, continuando nella condotta tenuta fino ad oggi, detto Oriente verrà irrevocabilmente e definitivamente espulso dalla Grande Famiglia Universale per indegnità massonica dimostrata nell'imperdonabile tradimento. Riteniamo superfluo rammentarvi le dure conseguenze che risulterebbero a danno Vostro e di tutti i Fratelli dell'Oriente italiano, perché la Massoneria Universale non ha alcuna intenzione di abdicare nella lotta intrapresa, e la Vostra Nazione si verrebbe a trovare indifesa nelle dure conseguenze che ne deriverebbero. Attendiamo di leggere le Vostre conclusioni in merito e di prendere nota di quelle assicurazioni sostanziali che riterrete di presentarci per la difesa del Vostro avvenire in seno alla Grande Famiglia, rammentandovi che accetteremo solamente argomenti concreti e veramente atti ad assicurarci.




DOCUMENTO 4


Londra, 27 giugno 1936: Abbiamo preso atto delle giustificazioni inviatici per decisione unanime del Vostro Supremo Gran Consiglio e le accettiamo con riserva di vederle convalidate dalle Vostre opere e pertanto veniamo a porgerVi il mezzo per dimostrarci la sincerità della Vostra fede. Gli osservatori presso di Voi distaccati dal Supremo Gran Consiglio della Massoneria Universale, ci riferiscono con ampia e dotta relazione, che qualora la fede dei Vostri Fratelli fosse sincera, nella zona di codesto Oriente il terreno sarebbe maturo per passare dalla fase decisiva della lotta contro il nostro più mortale nemico. Ci rivolgiamo perciò al Potentissimo Fratello Venerabile Maestro del Gran Oriente Italiano, posto sulle sponde del vecchio Tevere, del Rito Scozzese Antico e Accettato, e della Gran Loggia Simbolica Italiana: Potentissimo, il Gran Maestro del Supremo Grande Oriente Universale, è pronto quindi a comunicare a tutti i Fratelli del suo Oriente e di quella Gran Loggia Simbolica, e ai loro visitatori, le disposizioni di massima già sottoposte al Vostro altissimo parere. Noi, Supremo Gran Maestro del Supremo Grande Oriente Universale, dopo l'ultima approvazione del Supremo Gran Consiglio ci degneremo trasmetterle per iniziare la decisiva della lotta. Noi riterremo personalmente responsabili sia il Potentissimo Fratello Gran Maestro, sia i Potentissimi Fratelli del grado 33° del Vostro Gran Consiglio, di fronte alla loro coscienza massonica, di fronte a noi Supremi Regolatori della Condotta Massonica Universale e al cospetto dell'Altissimo Grande Architetto dell'Universo, per ciò che riguarda la fedele e accurata esecuzione dei voleri del Congresso Universale emanati da Noi, suo esecutore, e solo innanzi a Lui responsabile. Fidando sulla Vostra fede vi investiamo del potere Supremo perché prendiate, a Nostro Nome, tutte le precauzioni necessarie alla perfetta riuscita dell'attuazione dei voleri del Congresso. Voi Potentissimo Gran Maestro detterete gli ordini necessari per guidare e sostenere i Fratelli diligenti che avranno l'onore della responsabilità, e provvederete alla rigorosa sorveglianza acciocché tutti gli altri Fratelli attivi e dormienti, collaborino con essi volenterosamente, prendendo nel contempo tutte le misure perché nessuno possa tradire anche involontariamente l'opera nostra. A questo riguardo Vi autorizziamo, Potentissimo Gran Maestro, ad infliggere, anche a Nostro Nome, tutte le punizioni, comprese quelle del 'rogo' e della soppressione effettiva, rammentando che i Fratelli incaricati della sorte di questo triste ma necessario mandato, sono fin da ora riconosciuti degni di tutte le lodi, della Nostra imperitura riconoscenza, dell'impunità più assoluta e della nostra sostanziale protezione, come di eventuale adeguato compenso. Qualora Voi, Venerabile Gran Maestro, trovaste ostacoli sormontabili solo col Nostro diretto intervento, dovrete premurosamente richiedercelo, certo di ottenerlo e sviluppato con completa e sollecitata energia.




DOCUMENTO 5


Il perché dell'alleanza col 'detestato' bolscevismo - Londra, 15 agosto 1936: Per ogni azione da svolgere nella lotta, il Dilettissimo Nostro Potentissimo Fratello Maestro tenga presente che tutte le Nazioni democratiche del Globo, dal Grande Architetto a Noi affidate, quando sarà giunto il momento, entreranno coalizzate in guerra contro l'acerrimo nemico per annientarlo. In seguito ai Vostri giusti rilievi e ai preziosi consigli trasmessici dai Fratelli interessati, Vi comunichiamo, Venerabile Gran Maestro, che la Russia, benché non sia più quella del Nostro Gran Fratello Lenin, troppo prematuramente scomparso, sta distruggendo inesorabilmente con la Vita dei Nostri Dilettissimi Fratelli ogni Nostro potere e attività in quel disgraziato Oriente, e scenderà certamente in campo con le Nazioni democratiche. La necessità strategica da Voi, Dilettissimo Gran Maestro giustamente impostaci per la comune salvezza, ha riempito l'animo Nostro di amarezza per l'orrore di tale inderogabile necessità; però purtroppo siamo costretti a riconoscere che nella lotta senza quartiere iniziata contro il più mortale nemico, avere al fianco un alleato di quella potenza può significare la vittoria. Facciamo perciò buon viso alla jattura che Ci colpisce temporaneamente, consolandoci con la certezza di poter battere, attraverso lui, il più potente dei due nemici. L'Altissimo Grande Architetto dell'Universo Ci consentirà, in seguito, di distruggerlo per vendicare inesorabilmente la morte e il martirio di tanti nostri disgraziati e dilettissimi Fratelli. Nella certezza di quanto è giusto ottenere dobbiamo trovare la forza per marciare al fianco di tale inesorabile nemico. Eliminate quindi ogni contrasto coi partecipanti al bolscevismo, aiutandoli quel tanto che serva a provare la Nostra apparente benevolenza, servendovi, con cautela, dei pochi Fratelli loro simpatizzanti.




DOCUMENTO 6


Suscitare rancore contro il Duce e il regime fascista - Londra, 28 ottobre 1936: Nel trascrivervi gli ordini ricevuti ed approvati dal Supremo Gran Consiglio già da Voi precedentemente sanzionati, Vi comunichiamo che sono stati elaborati in base alla perfetta conoscenza della psicologia del popolo da Voi sorvegliato. Con le variazioni adatte alla differenza di mentalità dei popoli corrispondenti, andiamo ad impartirle anche ai Grandi Orienti tedesco e spagnolo e a tutti gli altri Orienti interessati. Fingere devozione al Duce e applicare le leggi senza logica: Illustrateli con chiarezza ai Dilettissimi Vostri Fratelli e ai loro visitatori, analizzandoli con perfetto spirito massonico e in modo che l'opera dei buoni e volenterosi Fratelli, presenti nei posti di comando del fascismo, una volta attuata, lasci ignari tutti coloro che non sono con noi, rammentando a tutti che occorre agire sempre esaminando l'azione da compiere in base alla psicologia umana e all'esperienza che si possiede sui singoli e sul popolo dal quale ci ripromettiamo di ottenere il risultato. Curate soprattutto la precisione dei particolari perché solo l'esecuzione scrupolosa di essi può dare la certezza della vittoria, senza preoccuparvi del risultato che certamente pregiudicherebbe quello finale. Con questa accuratezza provocheremo la confusione, il malumore e poi il rancore verso il despota e il regime, diminuendo lentamente ma sicuramente la capacità di rendimento dei suoi adepti in buona fede e la stima dei simpatizzanti, degli agnostici e del popolo tutto. Nulla deve essere abbandonato al caso. Fingere alla perfezione una incondizionata devozione al Duce e all'idea: fascista, sacrificando, se occorre, qualche Fratello noto (da compensare in seguito) pur di dare tale sicurezza. Assecondare abilmente lo sviluppo del lavoro mussoliniano, senza mai dimenticare di farlo gravare anziché gradire al popolo. Applicare le leggi fasciste con la minor logica possibile e con la massima rigidezza. Il Partito Socialista con gli scioperi bianchi, più perniciosi di qualunque altra forma di ribellione, vinse le sue più belle battaglie e noi dobbiamo saperne seguire l'esempio. Quando una disposizione o una legge, così applicata, provocherà il malessere, occorrerà proporre nuove disposizioni in apparenza adatte a correggere il supposto errore che, applicate col metodo anzidetto, completeranno il risultato. Svalutare i fascisti e invelenire gli antifascisti: Nella creazione degli organi corporativi, provocare la necessità di un maggior numero di essi, in modo da rendere pletorico l'inquadramento e praticamente irraggiungibile lo scopo, favorendo la confusione e la perplessità che verranno a crearsi nella Nazione. Portare le autorità costituite, Pubblica Sicurezza, Carabinieri Reali, Guardia di Finanza, ad assecondare in pieno il nostro piano creando, con arresti, carcerazioni, confinamenti ecc., il vittimismo, specie tra i fascisti definiti puri, per farlo ricadere sul loro capo e sul fascismo. Per ottenere questo risultato occorre corazzare le nostre coscienze adamantine con la necessità impellente del Nostro successo, rammentando che il fine giustifica il mezzo. Segnalare tutte le pubblicazioni antifasciste, anche se inoffensive, provocando quei provvedimenti coercitivi che le renderanno più preziose e facilmente assimilabili; favorire la diffusione di quelle fasciste di nessun valore, per dimostrare la povertà dell'intellettualità fascista. Favorire la corruzione per disgustare il popolo: Coadiuvare con ogni mezzo i Fratelli presenti nelle Forze Armate, specialmente quelli dello Stato Maggiore, vantandone presso il Duce il sapere e la fedeltà fascista. Fomentare, in qualsiasi modo, l'attrito tra Milizia ed Esercito. Spronare tutti i Fratelli ma specialmente i Potentissimi a consolidare, a spese del regime, la loro posizione materiale al fine di poter generosamente pensare al 'sacco della vedova', controllando che ciò avvenga con serietà d'intenti; questo provocherà il disgusto del popolo e specialmente di coloro che non possono arrivarvi. Sabotare con tutti i mezzi, nessuno escluso, la tedescofilia di Mussolini, favorendo la ben nota fobia del Sovrano. Depauperare le scorte e spingere al contrabbando: Ritardare il più possibile il razionamento sui generi di prima necessità, in modo da depauperare le scorte, sabotando con tutti i mezzi la sua applicazione quando verrà decisa; spingere nel miglior modo tutto il popolo al contrabbando per produrre, nel più breve tempo, la svalutazione della moneta favorendone tutte le conseguenze. I Nostri Fratelli preposti alla direzione del razionamento dovranno, con l'applicazione rigida delle disposizioni, provocare il marasma, ostacolando in ogni modo le importazioni dall'estero. Noi penseremo a coadiuvare la loro azione dall'esterno. Provocare, adoperando con accortezza tutti i ben noti sistemi, il depauperamento delle finanze italiane, propagandone poi largamente tra i1 popolo le conseguenze e addebitarne la causa alla condotta del Governo. Comunicate ai Fratelli dell'Esercito le norme presenti, perché comincino ad adeguare la loro condotta allo scopo.




DOCUMENTO 7


Aizzare contro Mussolini i subalterni delle Forze Armate - Londra, 15 dicembre 1936: Vi trasmettiamo le istruzioni di massima per i Fratelli appartenenti ai Dicasteri militari che il Supremo Gran Consiglio ha riveduto e corretto in base alle vostre osservazioni e alla relazione dei Potentissimi Fratelli Osservatori. Sabotare per via capillare ogni intendimento fascista e soprattutto il sentimento tedescofilo, principalmente fra gli ufficiali subalterni che sono più a diretto contatto con la truppa, creando lentamente rancore per Mussolini. Dimostrare, con argomenti adatti e soprattutto con le cifre, la solidità e la grandezza della potenza finanziaria e militare, praticamente inesauribile, delle Nazioni democratiche, mettendo in evidenza l'immensità dell'Impero Inglese, ove il sole non tramonta mai, facendo risultare che la Russia, loro fedele alleata, sarebbe da sola sufficiente a battere tutte le Nazioni fasciste. Vantare qualunque successo politico e, quando verranno, quelli militari dei nostri amici, minimizzando quelli fascisti. Portare il servizio di informazioni militari nelle mani della Massoneria: I Fratelli diano esempio di critica prima benevola, poi sempre più accentuata, agli inferiori, dimostrando evidente sprezzo per le eventuali rappresaglie che lasciano indifferente l'elemento militare, guardandosi dal non commettere errori con gli elementi fedeli al Regime verso i quali dovranno saper fingere l'attaccamento al fascismo. Quando le truppe italo-tedesche verranno messe a contatto fra loro, drammatizzare tutti quegli incidenti che certamente nasceranno tra i bassi elementi, cosi differenti di abitudini e di mentalità, in modo che tra i componenti dei due eserciti non possa sorgere, né mantenersi, il benché minimo sentimento di cameratismo che sarebbe esiziale al nostro piano. Far giungere alle nazioni amiche, attraverso il Nostro tramite, tutte le notizie interessanti su macchine di guerra veramente utili e qualsiasi progetto geniale che i Nostri Fratelli avessero studiato e volessero, dietro adeguato compenso, cedere ai Nostri alleati. Provvedere a porre, fin da ora, a Capo del SIM e specie della Divisione Controspionaggio, dei Fratelli di Vostra completa fiducia, che al momento giusto sappiano neutralizzare gli effetti, per noi deleteri, di quei servizi, allontanandone accortamente tutti gli elementi fascisti e filo-fascisti, ponendo i volenterosi che intendessero collaborare col 'Servizio' per amor patrio, nelle condizioni di perderne l'intenzione. Creare la deficienza dei viveri per la popolazione civile: Per diminuire con certezza gli effetti dannosi, sarebbe bene creare in detta branca delle altre Divisioni Speciali, con compiti unici e ben definiti, in modo che dividendo le responsabilità e i compiti, se ne diminuisca l'efficacia dei risultati. Queste nuove specialità accavallandosi fra loro, dovranno produrre la confusione adatta ad annullare la capacità di lavoro di tutte quelle zelanti persone non ancora allontanate. Quale sia l'esito di queste ultime disposizioni, dovrete adoperarvi per segnalarci in tempo gli agenti distaccati all'estero per neutralizzare la loro opera dannosa. Ci facciamo garanti della vita, della completa incolumità personale e del benessere di quegli agenti che Ci verranno segnalati in tempo utile e per i quali Ci limiteremo alla neutralizzazione del loro lavoro. Sarebbe superfluo aggiungere che nel caso essi fossero Nostri Fratelli, come tali dovranno essere segnalati immediatamente. I Fratelli dello Stato Maggiore, requisendo per le Forze Armate più del necessario, ostacoleranno lo svolgimento della vita civile, creando quello stato di disagio necessario a far odiare il Fascismo e a porre la Nazione in stato di marasma e poi di collasso. Far mancare alla truppa i rifornimenti: A questo riguardo tenete presente che la deficienza dei viveri influisce più sulla popolazione civile che sull'elemento militare, sorvegliato e guidato dalla disciplina, e che quindi, sottraendo al consumo civile la maggior quantità di viveri e di altri generi necessari porremmo il popolo nelle condizioni di risentimento, diminuendone la capacità morale e togliendogli la volontà di incitamento alla resistenza militare. Anche se i magazzini dell'esercito verranno a trovarsi ben forniti, si dovrà cercare il modo di far mancare alla truppa i rifornimenti necessari, specie nell'equipaggiamento personale, in quanto questa deficienza apparente è, da sola, sufficiente a far ritenere certa la mancanza di scorte. Una volta create le deficienze, con propaganda molto accorta e facendo in modo che siano i militari, specie di truppa, a farle conoscere al popolo, occorre farne ricadere la colpa sul Capo del Governo e sugli eventuali responsabili militari che possono essere scambiati per fascisti. Fare apparire Vittorio Emanuele III come 'simpatizzante' massone: I Nostri Potentissimi Fratelli dello Stato Maggiore debbono trovare il modo plausibile che non urti, almeno inizialmente, la suscettibilità di Mussolini, per trovarsi a diuturno contatto col Sovrano, verso il quale rammentando le sue innate fobie tedesche, useranno una persuasione lenta, accorta e sottile, per addebitare le varie cause, sorgenti col tempo, al Capo del Governo, del quale però si dichiareranno tuttavia, entusiasti ammiratori, e questo fino a quando non sarete ben certi di avere completamente il Sovrano dalla parte Vostra. A questo riguardo rammentare che egli, da principe ereditario, è stato realmente nostro simpatizzante, e accolto da noi quale 'gradito visitatore'. Il Commissariato per le fabbricazioni di guerra dovrà essere assegnato a un Potentissimo Fratello, molto accorto e assolutamente devoto alla causa, in quanto esso non potrà, per la sua posizione essere giornalmente controllato dal Vostro vigile occhio. Questi dovrà curare che la distribuzione delle materie prime alle industrie di guerra avvenga in modo da favorire il più possibile quelle rette da Fratelli obbedienti, procrastinando ogni assegnazione e fornitura non rispondente ai Nostri fini. L'ordine è uno solo: tradire: Provvedere a perfezionare fin d'ora, attraverso il SIM, il sistema di fornire al momento opportuno ai Nostri amici, e per tramite Nostro, i cifrari riservati e le segnalazioni riguardanti tutti i movimenti militari e specialmente quelli marittimi relativi ai convogli di rifornimenti, che dovranno esserCi segnalati soprattutto nei momenti critici della guerra, quando intercettarli vuol dire vincere. Ostacolare tutte le proposte atte al miglioramento del vitto alla truppa e alla mensa ufficiali, perché il malessere creato in quel campo è il miglior coefficiente per far maggiormente gravare il peso della guerra sui combattenti. Favorire in ogni modo la distanza corrente fra i vari gradi di ufficiali, e fra questi e la truppa, in modo che manchi l'affiatamento e che la comunicativa del superiore influisca il meno possibile sull'inferiore, favorendo l'irrigidimento della disciplina formale, cercando pure di distaccare quanto è più possibile militari dai centri abitati ove potrebbero trovare conforto, ed eventuale incitamento alla guerra; a meno che nei centri abitati non prevalgano gli elementi sovvertitori. Non Ci stancheremo mai di ripetere che la nostra azione deve basarsi innanzi tutto sui coefficienti psicologici e sull'accurato studio delle conseguenze materiali che esse produrranno con la loro applicazione. Nell'autorizzarVi tutte le iniziative che tendono a colmare le lacune e le difficoltà che certamente sorgeranno durante l'esecuzione del piano, di cui gli ordini di massima trasmessiVi rappresentano la falsa riga, Vi rammentiamo che tutto l'avvenire della Massoneria Universale è posto nelle Vostre mani e che l'attenzione di tutti i Fratelli della Grande Famiglia è rivolta ansiosamente su di Voi.




giovedì 11 settembre 2008

Un mio errore (lavorando su Feed Burner)

Cari amici e/o lettori,
si è verificato un problema con le vostre sottoscrizioni effettuate per ricevere gli aggiornamenti. Il problema è stato creato dal sottoscritto. Ho infatti modificato l'indirizzo di posta elettronica che deve inviarvi - ad ogni mio nuovo intervento sul blog - l'annesso messaggio di posta; non sapevo che cambiando questo indirizzo avrei perso tutte le sottoscrizioni effettuate con l'indirizzo precedente, pertanto, se volete ricevere in futuro i miei aggiornamenti, dovete rieffettuare la sottoscrizione. Non facendo parte di alcun gruppo politico, non potendo contare su webmaster prezzolati che mi aiutano a gestire il blog, devo pareggiare l'imprecisione con l'esperienza e i tentativi. Mi scuso personalmente con l'inconveniente che Vi ho arrecato.

Un saluto

Andrea Chessa

lunedì 8 settembre 2008

Per chi ha la memoria corta

Di Carlo Gariglio - Segretario Nazionale MFL.
Pubblicato sul mensile "Costruire" - aprile 1999.

Da più parti negli ultimi tempi sentiamo e leggiamo prese di posizione sconcertanti da parte di “fascisti” o presunti tali i quali, probabilmente per farsi belli di fronte alla Storia e, più modestamente, di fronte al tentacolare potere giudaico-massonico, passano il tempo ad auto-lodarsi, a riempirsi la bocca di revisionismo, a rammentare i fasti del passato Ventennio e soprattutto, i più anziani, a rammentare eroiche e titaniche battaglie alle quali avrebbero partecipato. Purtroppo, questi eroi ai quali mi sto riferendo concludono un po’ troppo spesso le loro vanaglorie con dei puerili e miserabili distinguo, cercando di scindere le proprie responsabilità (?) da quelle dei “biechi” nazisti, con i quali nessuno vuol avere nulla a che fare.Queste prese di posizione da parte di chi la guerra l’ha combattuta (o dice di averlo fatto), hanno come risultato immediato l’apprendimento di questi distinguo da parte dei più giovani, i quali, senza avere tutti i torti, sono portati a pensare che chi certe cose le ha viste, dovrebbe avere una capacità di giudizio maggiore di chi la dottrina la impara da costoro.Ora, tanto per rinfrescare la memoria a certi imbecilli che dimostrano di non aver compreso neppure ciò che hanno vissuto, nonché ai loro sciagurati discepoli, sarebbe il caso di ricordare una volta per tutte le migliaia di ragazzi europei che, sotto le insegne delle Waffen SS, sacrificarono la loro vita per difendere un’idea, una civiltà e delle tradizioni che certi vigliacchi dediti ai distinguo più che ai combattimenti non sono degni di rappresentare.L’Europa intera vide l’affermazione di movimenti fascisteggianti, i quali, ispirandosi direttamente al Fascismo Mussoliniano già noto fin dagli anni 20, adattarono alla propria specificità nazionale e culturale un’ideologia che, di base, era sempre la stessa; certamente vi furono delle differenze anche sostanziali. Il Rexismo belga di Degrelle ebbe un’impronta più marcatamente cristiana, al pari del movimento romeno di Codreanu, mentre il Nazismo accentuò l’anti-ebraismo a causa della situazione interna della Germania post 1918; tuttavia, i volontari che diedero la vita nella lotta al bolscevismo ed al capitalismo americano, difendendo ad oltranza il suolo europeo dai nuovi barbari, non si fermarono a disquisire sul nazismo, sugli ebrei, sui crimini presunti che qualcuno avrebbe inventato dopo il 1945, trovando legioni di cretini (anche fra i “fascisti”) pronti a crederci.Per tutti questi vigliacchi che screditano il nome del Fascismo, e che probabilmente hanno salvato la pelle proprio a causa di questi distinguo e di queste dissociazioni, per gli idioti che si affannano a revisionare la storia del Fascismo, prendendo per buona quella degli altri movimenti, per i senza attributi che cedettero le armi a quattro pezzenti partigiani male armati, mentre all’est una intera generazione di combattenti si sacrificava anche per loro, battendosi da partigiani neri fino quasi gli anni 50 contro il comunismo, e soprattutto per gli incauti discepoli di costoro, più bravi a dividere che ad unire, riproduciamo la lettera postuma che il volontario spagnolo della “Division Azul” J. L. Somez Tello dedicò al poeta francese Robert Brasillach, fucilato dopo un processo farsa voluto da De Gaulle; difficilmente costoro ai quali la dedico capiranno lo spirito di chi sacrificò la propria vita per difendere un’idea UNICA, resa immortale dal cameratismo dei combattenti di tutta Europa. Speriamo almeno serva loro per VERGOGNARSI DI ESISTERE!

Carlo Gariglio – Vice Segr. Naz. MFL

No camerata Brasillach, poeta sincero, amico di Spagna, fucilato il 6 febbraio 1945, non è solo a te che han posto le catene dei carcerati nella prigione mostruosa di Fresnes, ove tu sentisti, cocente, l’ultimo brivido, pensando alla gioventù d’ogni popolo europeo. Quelle catene le portiamo tutti, alle caviglie, dal 1945. Ognuno di noi, come te, è un grande ed illustre prigioniero. La differenza è data solo dal particolare che tu fosti fisicamente messo al muro e fucilato. Noi, una gioventù come mai ne è esistita altra, una gioventù d’Europa che è caduta con Rommel in Africa, con Dietle a Narvik, con Degrelle a Derenkowez, con il principe Borghese nelle fila della X MAS, in disperata difesa della Venezia Giulia una giovinezza sacrificatasi nei cento giorni dell’accerchiamento di Francoforte, nei tre mesi dell’assedio di Konigsberg, caduta difendendo Stalingrado e Roma, combattendo per Budapest e Vienna, travolta nella lotta eroica al metrò di Berlino e fra le macerie di Colonia, una gioventù che non è quella di Adenauer, immolatasi a Parigi contro i senegalesi lanciati a liberare la Francia e a miticizzare la Germania bionda e pura di Wagner, una generazione caduta fucilata con Borsani, l’ex combattente cieco, una gioventù per la quale i venticinque anni sono stati, come nei tuoi poemi: “La zuppa scarsa, i muri freddi, la marcia orgogliosa”, noi abbiamo diritto di invidiare la tua morte. Tu sei morto quando tutto era bello, puro, fresco, come la primavera dei soldati. La primavera dei soldati d’Europa, alzata come una nube rossa sui carri armati e sui cannoni, come una stella sulle baionette. Tu sei morto come Andrea Chénier, a trentasei anni, e come lui hai contato fino all’agonia gli assassinati, i dolori, i martiri. Ciò è più bello che veder rispuntare tra le rovine del nostro sogno i serpi del tradimento. Ti fucilarono perché eri giovane, entusiasta, impetuoso, sincero e violento come il mondo che desideriamo costruire. Noi, in un mondo vecchio e codardo siamo fucilati ogni giorno. E non possiamo neanche avere la soddisfazione che tu hai avuto, di mostrare il petto e dire al plotone di esecuzione: “Sparate qui”.“Sento il dolore del mio paese con le sue città in fiamme – le sofferenze infertegli dai suoi nemici e dai suoi alleati – sento l’agonia del mio paese lacerato nel suo corpo e nella sua anima, chiuso sotto le trappole di ferro della sofferenza.” Questi sono i versi del “Mio Paese”. Noi anche sentiamo il dolore di questo Paese comune per il quale fummo soldati desiosi del più bello degli ideali, dell’Europa. E ci addolora quello che viene fatto all’Europa dai suoi nemici e dai suoi alleati. Sai tu, Robert Brasillach, fucilato per aver creduto nell’Europa dei soldati, nell’Europa di Carlo Magno e di Roma, che domani forse dovremo morire per l’Europa dei mercanti e dei giudei?“Oh gioventù, al fondo di questa nebbia troverai, prima che sia troppo tardi, la forza di scongiurare la catastrofe? Solo in te crede e confida il mio cuore preso dalla morte.” Non è questo testamento di Brasillach la consegna delle sorti del mondo alla gioventù? Noi crediamo in questo atto di fede. Tu hai visto altri cadere, prima del tuo cammino di morte. Che stupenda, che pura è quella morte dei fucilati, dei torturati, degli assassinati? Tu hai visto morire sotto le raffiche i fanciulli tedeschi di 12 anni combattenti contro i senegalesi in difesa della Patria, tu hai visto a S. Maria Novella a Firenze i giovani squadristi di 15 anni morire con il braccio alto ed il grido di Mussolini sulle labbra.Tu hai intuito per loro. “Su qualsiasi muro – nel fondo di qualunque quartiere basso delle nostre città – nel fango, ovunque – i fucili della guardia mobile uccidono senza pietà – i nostri fratelli della guerra civile”.“Sono simili, marciano con lo stesso passo. Le spalle segnate dalla responsabilità severa di essere uomini. E fraternamente mi parlano a voce bassa”.Ci chiamano a voce bassa. Non li odi, giovane del nostro tempo? Ora possono gridare i massoni di Strasburgo e gli altri massoni che non si sa dove siano. Ora possono gridare quelli che dicono che vanno difendere l’Europa e commerciano con la Russia: i capitalisti della democrazia, gli Joanovic di queste manifestazioni immortali dell’animo europeo. Noi udiamo gli uomini che Brasillach chiamò ad assistere al suo processo. Processo? L’avvocato lo difese semplicemente citando i suoi versi che dicevano: “Se domani la vita sarà concessa - questi uomini che si piegano contro il muro - non sembreranno figure del passato?” Il 19 gennaio Robert Brasillach è condannato a morte.Il 1° febbraio la sua morte è decisa. “Io ho trascorso questa notte sul Monte degli Olivi. Ero indegno, o Signore, di cercare Voi? Io non lo so, ma la catena era stretta attorno alla mia caviglia ed io sudavo, come voi, il mio sudore.” Il 5 febbraio gli portano la notizia che sarà fucilato il giorno seguente. La domanda di grazia firmata da Claudel, Cocteau, Colette, da trenta Accademici, dagli studenti di Parigi, è stata respinta. Il giorno 6 egli è di fronte al sole ed alla morte.All’alba Robert Brasillach viene prelevato da Fresnes, tra una fitta schiera di gendarmi armati di mitra. Guarda la fotografia di sua madre e dice: “Desidero morire con essa sopra il cuore”. I corridoi di Fresnes sono ampi, oscuri e tetri. La voce di Brasillach grida: “Arrivederci Beraud, arrivederci Comballe” Il patibolo si alza a Montrouge. Brasillach sorride quando vede i dodici fucili puntarglisi addosso. Lo legano al palo. Egli ha la testa alta e sorridente. Per l’ultima volta grida “Viva la Francia”. Cade stroncato da dodici proiettili. “Tu cercavi nella notte negra una luce per illuminarti…” E’ bello morire così. E’ bello pensare che a questa Europa, che non è quella di Strasburgo, né quella dei difensori dell’ultima ora, noi possiamo offrire le stille del sangue di Brasillach, che il suo difensore ha raccolto su di un foglio di carta. Sono cinque gocce di sangue: quella di José Antonio, le due di quelli che non si possono nominare, quella di Codreanu e quella di Robert Brasillach. Cinque stupende gocce di sangue, le nostre cinque rose.
J. L. Gomez Tello

venerdì 5 settembre 2008

Se questo è uno Stato laico...


Un milione e quattrocentomila euro. Questa è la cifra che la Regione Sardegna – guidata da Renato Soru - ha “regalato” alla Curia di Cagliari per la visita del Papa Benedetto XVI che si terrà la settimana prossima. Visita che non durerà più di dieci ore e per la quale le stime prevedono all’incirca 300.000 persone, in una Cagliari sostanzialmente blindata e chiusa al traffico nelle sue vie principali. La questione, non foss’altro per la cifra enorme che la Regione ha stanziato “a fondo perduto”, si presta ad alcune riflessioni.
Innanzitutto la visita del Papa in Sardegna è, per i cattolici sardi (e non solo), qualcosa di epocale. Centinaia e centinaia di migliaia i credenti che affluiranno non solo da tutte le parti dell’Isola, ma anche da tutta Italia. Altissimo – e non ancora quantificato – sarà pertanto l’introito economico che ne avrà la città: pensiamo agli alberghi, ai ristoranti, alle compagnie di viaggio e di trasporto persone, alle strutture di Cagliari in generale. Ciò nonostante c’è da chiedersi se la visita di un Papa valga tutti i soldi che la Regione ha sostanzialmente regalato alla Curia Arcivescovile di Cagliari, che dovrà curare ed organizzare l’evento. E si che, se la Regione disponeva di un milione e mezzo di euro, non mancava certamente il modo di impiegarli per tutti i sardi, anche coloro che cattolici non lo sono. Per esempio si potevano ampliare e migliorare le strade e i trasporti di tutta la Provincia, i quali sono a dir poco carenti (pensiamo alla SS 195, che annualmente causa, specialmente nel periodo estivo, diversi morti; o alla SS 131, una delle principali vie di collegamento sarde da anni in costruzione); ancora, si poteva intervenire con delle azioni a scopo sociale (incremento di strutture di assistenza per i poveri, strutture sociali, contributi anti-povertà); ancora, si potevano finanziare, con un milione e mezzo di euro, delle borse di studio per i ricercatori e gli studiosi sardi; ancora, buona parte di questi soldi poteva essere devoluta all’Università, per ampliare i suoi spazi e la sua offerta o anche solo per rimettere in sesto strutture fatiscenti; ancora, non sarebbe stata una cattiva idea incrementare le auto della Polizia Stradale (la quale, come dimostrato da un articolo de Il Giornale di Sardegna di qualche tempo fa, “copre” l’intera Provincia di Cagliari con non più di una decina di autovetture); oppure si potevano bandire dei concorsi per la formazione lavoro, in modo da contrastare, seppur un minimo, la disoccupazione; o, se proprio si voleva andare sul sicuro, e fare contenti tutti i sardi – anche i cattolici – progettare la tanto agognata ristrutturazione dell’Ospedale Microcitemico di Cagliari, dove ogni giorno tantissimi malati sono costretti a barcamenarsi tra spossanti file e posti letto perennemente insufficienti. Invece niente di tutto ciò. La Regione Sardegna ha destinato una montagna di soldi pubblici per un evento si pubblico, ma che sicuramente non affronta le tante problematiche dei sardi e va incontro alle esigenze (spirituali) di una minoranza di essi. In uno Stato civile è prassi che le manifestazioni religiose vengano pagate dai religiosi stessi, senza gravare sulle spalle di tutta la collettività, e non si assisterebbe a tristi spettacoli in cui una giunta regionale, pur di segnare un punto a suo favore nella propaganda politica, sborsa cifre da capogiro.
La prossima volta che i nostri solerti politici sardi ci diranno la famosa frase “Mancano i finanziamenti” o “Non siamo riusciti a trovare le risorse”, magari riferendosi alla mancata progettazione del nuovo reparto ospedaliero del microcitemico, ricordiamoci del milione e mezzo di euro speso per la visita del Papa.

Andrea Chessa

lunedì 1 settembre 2008

Ridateci Bava Beccaris


Come è ormai – purtroppo – prassi comune, anche ieri la domenica calcistica ha regalato all’Italia, e al mondo intero, la solita domenica di devastazione, di saccheggio, di disordine. Un esempio tipico di cafoneria italica che ci è stato proposto dalla spazzatura subumana di Napoli – l’unica che andrebbe riciclata per prima, per poter procedere ad un riassetto quantomeno decoroso della città – distruggendo e occupando abusivamente il treno in partenza per il capoluogo campano; teppisti aiutati, in questo caso, dallo stesso personale di Trenitalia, che ha invitato i passeggeri muniti di regolare biglietto a scendere dal treno per far posto ai tristemente conosciuti parassiti napoletani. Questo esempio non potrebbe descrivere meglio la squallida condizione in cui versa la nostra Patria: delinquenti e parassiti che, con la forza della prepotenza e della cafoneria, hanno la meglio sui cittadini onesti.
In un Paese civile, quale noi non siamo più da quando siamo stati “liberati”, si sarebbe fatta una cosa assai semplice. Si sarebbe fatta sgomberare tutta la stazione e, con l’esercito munito di autoblindo, pallettoni di piombo, fumogeni e manganelli si sarebbe fatto un repulisti generale. E poi, dopo aver fermato e schedato tutti i delinquenti napoletani onde poter poi far pagare loro i danni e i disagi causati agli onesti cittadini, via subito con i napoletani in galera e i cittadini sul treno, risarciti del ritardo e delle complicazioni. Questo in un Paese civile. Invece in Italia, l’Italia dei Flavio Briatore, l’Italia dell’antifascismo, l’Italia della cosiddetta “resistenza”, l’Italia dove i giovani hanno la forza di indignarsi e protestare solo per le motivazioni più stupide (il diritto allo sballo, la sconfitta della squadra del cuore, l’apertura delle discoteche fino a tardi, il diritto a sbagliare senza mai dover essere costretti a rendere conto delle proprie azioni) la prepotenza la fa da padrona. Chissà che cosa sarebbe accaduto se si fosse fatta un’azione del genere, come era auspicabile e purtroppo improbabile (se non impossibile). “Famiglia Cristiana” – la stessa che ha gridato al Fascismo per paura che, con la diminuzione del numero dei clandestini, alle organizzazioni “di carità”, cioè quelle che prendono milioni di euro all’anno sfruttando il problema dell’immigrazione clandestina, andassero in tasca meno soldi – avrebbe gridato al “ritorno del Fascismo”; i delinquenti noglobal, per spirito di “solidarietà delinquenziale”, avrebbero manifestato a favore dei napoletani vittime della repressione fascista ed antidemocratica; i giornali e i media di sinistra, la stragrande maggioranza, avrebbero gridato all’attentato contro la democrazia, e via dicendo. E’ un coro che – ahimé noi – abbiamo già sentito molte volte.
A parte queste considerazioni, purtroppo scontate e ritrite, c’è un'altra osservazione più triste che va fatta. Questi incivili cominciano a diventare la maggioranza in Italia. La cafoneria italiana comincia al supermercato, dove si parcheggia nel posto macchina riservato ai disabili pur non avendo l’autorizzazione, per continuare nelle strade, dove ogni fine settimana intere legioni di dementi, strafatti ed ubriachi, uccidono i poveri genitori di turno che tornano dalla cena con gli amici; continua e si estende poi in ogni ambito della vita civile, passando dai vicini del piano di sopra che mettono lo stereo a palla alle due del pomeriggio, per finire poi in tv – un tempo educatrice degli italiani (ricordate quei bellissimi programmi della RAI dove l’immagine solenne del professore che spiegava la materia si alternava agli schemini blu, fatti apposta per aiutare il lettore a capire meglio?) e oggi vetrina per ignoranti palestrati e tatuati e per veline, letterine e quant’altro. (Non è moralità spicciola: a tutti, e al sottoscritto per primo, fa piacere guardare un programma intervallato dai balletti di cinque belle ragazze; ma la televisione, e i media in genere, si sono ridotti “unicamente” a questo).
Ancora una considerazione, logica conseguenza di queste. Come ci si dovrebbe comportare se il proprio figlio trascurasse i suoi doveri scolastici per passare tutto il suo tempo davanti ai videogiochi? Bisognerebbe sequestrare subito il videogioco, magari facendolo usare al bambino solo dopo che ha finito tutti i suoi compiti. Come ci si comporterebbe con una persona che pretende di monopolizzare la discussione non concedendo agli altri il diritto di replica? Si cercherebbe di riportare la discussione entro delle “regole” e, in caso di insuccesso, si abbandonerebbe la conversazione stessa. Come ci si comporterebbe con il ragazzino che, nell’utilizzo del suo telefono cellulare, spende decine e decine di euro al mese? Si stipulerebbe un piano tariffario prepagato, rinnovabile solo dai suoi genitori, o gli si sequestrerebbe direttamente il cellulare. Come si comporterebbe la ragazza nei confronti del suo fidanzato se questi pensasse ogni sabato sera solo ad uscire con gli amici, lasciandola ogni fine settimana da sola? Si arrabbierebbe, e pretenderebbe giustamente dal suo ragazzo dei comportamenti più seri, lasciandolo se questo continuasse nei suoi atteggiamenti irrispettosi. C’è, in sintesi, un senso della misura, della moderazione, del buon senso e dell’equilibrio che dovrebbe scandire tutta la nostra vita. Non è questione di destra o di sinistra, di fascisti o di antifascisti, ma di quel famoso buon senso che scaturisce da un ragionamento logico elementare. Ora, in base a questi ragionamenti, è evidente che l’inciviltà italiana impedisce agli italiani stessi di vivere spensieratamente e di godere di determinati divertimenti che negli altri paesi sono comunissimi.
Pensiamo al Capodanno; in Italia non è possibile festeggiare un Capodanno senza che il giorno dopo il telegiornale ci svegli con un vero e proprio bollettino di guerra: petardi illegali sparati impunemente, cialtroni che sparano contro i palazzi uccidendo onesti padri di famiglia (come successo il 31 dicembre a Napoli), persone che perdono le mani o l’udito per l’utilizzo improprio e criminale dei fuochi d’artificio. Pensiamo al sport del calcio; ogni domenica tifoserie di squadre avversarie si affrontano a suon di spranghe, bombe molotov e quant’altro: non più una sana domenica di sport, ma una vera e propria guerra che spesso colpisce anche bambini che portano i loro figli allo stadio, o normali viaggiatori come i pendolari di Trenitalia di ieri. Pensiamo alle discoteche del sabato sera; ogni domenica mattina metà telegiornale fa la conta dei morti del giorno prima: spesso e volentieri ragazzi strafatti e drogati (e fino a qui non ci sarebbe granché di cui dolersi) che si spalmano sulla loro BMW, altrettanto spesso intere famiglie rovinate da questi criminali (e qui dovrebbe scattare, come giustamente proposto da Di Pietro, l’accusa di omicidio intenzionale, e non colposo). Stessa cosa dicasi per le vacanze del Ferragosto, con i media che ribadiscono perennemente i soliti consigli che solo in un Paese incivile come il nostro vanno perennemente ricordati: guidare rispettando i limiti di velocità e le regole del Codice della Strada, non mettersi al volante se si è bevuto e simili.
Se fossimo in un Paese civile, allo stesso modo del genitore che sequestra il cellulare al figliolo spendaccione, o la mamma che requisisce il videogioco al bambino isterico, o la ragazza che, stanca di essere trascurata, manda a quel paese il suo ragazzo, osserveremo l’unica cosa che veramente si impone agli occhi di tutti con evidenza e che nessuno invece vuole vedere: che i festeggiamenti del Capodanno, le trasferte delle tifoserie calcistiche la domenica, “l’esodo” di Ferragosto o la discoteca il sabato sera sono tutte cose che non possiamo permetterci senza che puntualmente ci scappi il morto. Abbiamo dimostrato di essere immaturi non tanto come popolo (a quello ci ha già pensato la canea comunista, filoamericana e sterminazionista degli ultimi decenni), quanto come cittadini. La conclusione è una: vietare le discoteche il sabato, gli esodi vacanzieri, lo stadio aperto al pubblico. Ma ci vorrebbe una consapevolezza nazionale delle proprie miserie, bisognerebbe percepire fino in fondo lo squallore di questa società che abbiamo contribuito a creare, una voglia di crescere e di arricchirsi moralmente. La classe politica dovrebbe cominciare quest’opera di moralizzazione (non quella che porta avanti il Casini pluridivorziato o il Mele che va a puttane), dovrebbe imporla fortissimamente. Non è in grado di farlo. Fu solo uno l’uomo che riuscì a fare una cosa simile, ad elevare moralmente, culturalmente e spiritualmente – e non solo dal punto di vista economico e del tenore di vita – l’intero popolo italiano. Ci vorrebbe un altro Mussolini, ma la Storia non è così generosa, purtroppo. Possiamo solo seguire quegli insegnamenti, consapevoli della validità e dell’attualità della soluzione Fascista, con la nostra flebile voce. E nell’attesa di rivedere il Fascismo al potere, mi accontenterei anche di un Bava Beccaris.
Andrea Chessa
(foto da Corrieredellosport.it)