martedì 24 luglio 2018

Il piagnucolio penoso di Roberto Saviano


Roberto Saviano non ci sta. Abituato alla grancassa mediatica che da sempre i suoi appelli e quelli dei radical chic della sinistra hanno riscosso sulle rincoglionite masse, non ci sta proprio a stare solo, a venire ignorato da tutti, o quasi tutti.


Insomma, anche il nuovo paladino della sinistra si rende conto di una cosa banale quanto ovvia: le piazze, la sinistra, non le ha più. Prima era sufficiente un Nanni Moretti qualunque, una Sabrina Ferilli, una Alba Parietti, anche una Sabina Guzzanti, per mobilitare migliaia di persone, fare girotondi, lanciare appelli strappalacrime, magari mettere a ferro e fuoco qualche città con la bassa manovalanza dei teppisti di sinistra, ma sempre nel sacro nome della democrazia e dei diritti umani. Ora, invece, il nulla. O quasi. Il gioco di Roberto Saviano, quella di spararla sempre più grossa e sempre più cafona, di buttarla sul becero e sullo squallido (tutte cose che a sinistra vanno sempre alla grande, come dimostra la prima di copertina de Il Manifesto di qualche giorno fa dedicata a Sergio Marchionne), non paga più. Il dare al Ministro dell’Interno del Ministro della Malavita, del buffone, chiedergli quanto si eccita a vedere i bambini morire in mare (qui ha toccato proprio il fondo) gli è valso una bella querela, che, magistrati amici a parte, potrebbe creargli qualche fastidioso grattacapo. 

Quando sbarelli in continuazione e non ne azzecchi più una, puoi fare essenzialmente due cose: fermarti, fare un bel respiro e chiederti dove hai sbagliato, oppure tirare dritto a testa bassa senza porti alcun “perché”. Saviano, come era logico, ha scelto la seconda soluzione. E siccome è abbastanza abituato ai piagnistei, lancia l’ennesimo pippone piagnucoloso dalle colonne di Repubblica, il cannone da 90 dei radical chic capalbiari e salottari, sempre generoso nel concedergli tutto lo spazio che serve: 

Dove siete? Perché vi nascondete? Amici cari, scrittori, giornalisti, cantanti, blogger, intellettuali, filosofi, drammaturghi, attori, sceneggiatori, produttori, ballerini, medici, cuochi, stilisti, youtuber, oggi non possiamo permetterci più di essere solo questo. Oggi le persone pubbliche, tutte le persone pubbliche, chiunque abbia la possibilità di parlare a una comunità deve sentire il dovere di prendere posizione. Non abbiamo scelta. Oggi tacere significa dire: quello che sta accadendo mi sta bene. […] E il silenzio, oggi, è un lusso che non possiamo permetterci”.

Saviano, con i suoi volgari insulti a Salvini, l’ha fatta fuori dal vaso e i suoi compagni, tolto qualche vecchio catafalco alla Oliviero Toscani o alla Laura Boldrini, l’hanno prontamente abbandonato.

Il motivo è molto semplice: nell’era di internet smascherare le balle della sinistra è diventato abbastanza semplice.

Ci hanno raccontato per anni la storiella dei poveri migranti che scappano dalla guerra, e sappiamo benissimo che la stragrande maggioranza dei parassiti che sbarcano sulle nostre coste non scappano da nessun conflitto; ci hanno raccontato che le ong erano organizzazioni caritatevoli che si occupavano di salvare vite umane, e basta qualche esperti di Photoshop per smascherare i ridicoli fotomontaggi, o un cellulare di ultima generazione per filmare quelli della OpenArms mentre squarciano i gommoni per simulare mai avvenuti salvataggi in mare; prendono una povera disperata per renderla la nuova eroina dei clandestini e non si rendono conto che Josepha non è molto credibile con la messa in piega perfetta, le unghie laccate e la pelle o le labbra senza alcun segno di disidratazione.


Saviano ricorda i bei vecchi tempi, quando con giudici compiacenti e magistrati conniventi si decidevano i destini politici di questa Nazione:

“Con Berlusconi, in fondo, era tutto più chiaro: c’era lui e c’eravamo noi. Criticarlo portava conseguenze, reazioni forti, artiglieria di fango, ma c’era una comunità attiva, che si stringeva attorno a chi lo faceva. Prendere posizione contro Berlusconi non significava perdere share, copie, consenso. Oggi non è più così e in questo governo si stenta a scorgere i germi di qualcosa di estremamente pericoloso”.

Ah, eccolo il problema. Prima dare del mafioso, del pedofilo, del malato e del criminale a Silvio Berlusconi era lo sport nazionale preferito da questa sinistra: non si rischiava nulla, se non le comparsate in prima serata e l’omaggio a reti unificate dei massmedia della sinistra (vale a dire la stragrande maggioranza). Si avevano share, copie e consenso. Adesso, invece, si può reagire: basta andare sulla pagina Facebook di un qualunque Saviano o di una qualunque Laura Boldrini e rispondere per le rime. Possiamo non solo schifarci, ma mandarli a quel Paese e sommergerli sotto una montagna di m***a, quella hanno sempre gettato addosso a chiunque non avesse le loro stesse idee, contando sulla loro potenza di fuoco massmediatica.

A questo non ci sono abituati. Dopo la tranvata del referendum costituzionale, dopo la tranvata delle elezioni perse malamente, gli è rimasto l’insulto facile, la calunnia, la delegittimazione umana, prima ancora che ideologica e politica, dell’avversario, trasmutato a nemico. 

Però le figuracce sono dietro l’angolo: il povero migrante che cammina sulle acque con tanto di cerchietto rosso per indicarlo meglio, gli attivisti che squarciano il gommone che in teoria dovrebbero soccorrere, le comparse e gli attori che simulano un naufragio, le foto delle rotte delle ong prese da uno dei tanti siti come marinetraffic.com che dimostrano chiaramente la loro collusione con gli scafisti… sono piombati, di colpo, in un mondo per loro nuovo. Dove agli applausi delle prime serate e alle presentazioni dei libri si sostituiscono le figure miserabili e meschine, i “vaffa” degli utenti indignati, che non si contano più. Loro sono ancora rimasti a Palmiro Togliatti, che tornava dall'Unione Sovietica con negli occhi i massacri e la deportazione di milioni di esseri umani, ma appena sceso dall'aereo raccontava ai compagni italiani come era bello il Paradiso dell'URSS.


La figuraccia la rimedi un giorno si e l’altro pure, e gli insulti non riesci a bloccarli nemmeno con dieci moderatori che controllano il tuo profilo Facebook. Normale che, almeno un minimo, fai qualche passo indietro. Specialmente se ti vanti di essere erede dei partigiani, poi, combattere col nemico che ti guarda anziché darti le spalle non è proprio la tua specialità.

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