Roberto Saviano non ci
sta. Abituato alla grancassa mediatica che da sempre i suoi appelli e quelli
dei radical chic della sinistra hanno riscosso sulle rincoglionite masse, non
ci sta proprio a stare solo, a venire ignorato da tutti, o quasi tutti.
Insomma, anche il nuovo
paladino della sinistra si rende conto di una cosa banale quanto ovvia: le
piazze, la sinistra, non le ha più. Prima era sufficiente un Nanni Moretti
qualunque, una Sabrina Ferilli, una Alba Parietti, anche una Sabina Guzzanti,
per mobilitare migliaia di persone, fare girotondi, lanciare appelli
strappalacrime, magari mettere a ferro e fuoco qualche città con la bassa
manovalanza dei teppisti di sinistra, ma sempre nel sacro nome della democrazia
e dei diritti umani. Ora, invece, il nulla. O quasi. Il gioco di Roberto
Saviano, quella di spararla sempre più grossa e sempre più cafona, di buttarla
sul becero e sullo squallido (tutte cose che a sinistra vanno sempre alla
grande, come dimostra la prima di copertina de Il Manifesto di qualche giorno
fa dedicata a Sergio Marchionne), non paga più. Il dare al Ministro dell’Interno
del Ministro della Malavita, del buffone, chiedergli quanto si eccita a vedere
i bambini morire in mare (qui ha toccato proprio il fondo) gli è valso una
bella querela, che, magistrati amici a parte, potrebbe creargli qualche
fastidioso grattacapo.
Quando sbarelli in
continuazione e non ne azzecchi più una, puoi fare essenzialmente due cose:
fermarti, fare un bel respiro e chiederti dove hai sbagliato, oppure tirare
dritto a testa bassa senza porti alcun “perché”. Saviano, come era logico, ha
scelto la seconda soluzione. E siccome è abbastanza abituato ai piagnistei,
lancia l’ennesimo pippone piagnucoloso dalle colonne di Repubblica, il cannone
da 90 dei radical chic capalbiari e salottari, sempre generoso nel concedergli
tutto lo spazio che serve:
“Dove
siete? Perché vi nascondete? Amici cari, scrittori,
giornalisti, cantanti, blogger, intellettuali, filosofi, drammaturghi, attori,
sceneggiatori, produttori, ballerini, medici, cuochi, stilisti, youtuber, oggi
non possiamo permetterci più di essere solo questo. Oggi le persone pubbliche,
tutte le persone pubbliche, chiunque abbia la possibilità di parlare a una
comunità deve sentire il dovere di prendere posizione. Non abbiamo scelta. Oggi
tacere significa dire: quello
che sta accadendo mi sta bene. […] E il silenzio, oggi, è un lusso che non possiamo permetterci”.
Saviano, con i suoi
volgari insulti a Salvini, l’ha fatta fuori dal vaso e i suoi compagni, tolto
qualche vecchio catafalco alla Oliviero Toscani o alla Laura Boldrini, l’hanno
prontamente abbandonato.
Il motivo è molto
semplice: nell’era di internet smascherare le balle della sinistra è diventato
abbastanza semplice.
Ci hanno raccontato per
anni la storiella dei poveri migranti che scappano dalla guerra, e sappiamo
benissimo che la stragrande maggioranza dei parassiti che sbarcano sulle nostre
coste non scappano da nessun conflitto; ci hanno raccontato che le ong erano
organizzazioni caritatevoli che si occupavano di salvare vite umane, e basta
qualche esperti di Photoshop per smascherare i ridicoli fotomontaggi, o un
cellulare di ultima generazione per filmare quelli della OpenArms mentre
squarciano i gommoni per simulare mai avvenuti salvataggi in mare; prendono una
povera disperata per renderla la nuova eroina dei clandestini e non si rendono
conto che Josepha non è molto credibile con la messa in piega perfetta, le
unghie laccate e la pelle o le labbra senza alcun segno di disidratazione.
Saviano ricorda i bei
vecchi tempi, quando con giudici compiacenti e magistrati conniventi si
decidevano i destini politici di questa Nazione:
“Con Berlusconi, in fondo, era tutto più chiaro:
c’era lui e c’eravamo noi. Criticarlo portava conseguenze, reazioni forti, artiglieria
di fango, ma c’era una comunità attiva, che si stringeva attorno a chi lo
faceva. Prendere posizione contro Berlusconi non significava perdere share,
copie, consenso. Oggi
non è più così e in questo governo si stenta a scorgere i germi
di qualcosa di estremamente pericoloso”.
Ah, eccolo il problema. Prima
dare del mafioso, del pedofilo, del malato e del criminale a Silvio Berlusconi
era lo sport nazionale preferito da questa sinistra: non si rischiava nulla, se
non le comparsate in prima serata e l’omaggio a reti unificate dei massmedia
della sinistra (vale a dire la stragrande maggioranza). Si avevano share, copie
e consenso. Adesso, invece, si può reagire: basta andare sulla pagina Facebook
di un qualunque Saviano o di una qualunque Laura Boldrini e rispondere per le
rime. Possiamo non solo schifarci, ma mandarli a quel Paese e sommergerli sotto
una montagna di m***a, quella hanno sempre gettato addosso a chiunque non
avesse le loro stesse idee, contando sulla loro potenza di fuoco massmediatica.
A questo non ci sono
abituati. Dopo la tranvata del referendum costituzionale, dopo la tranvata
delle elezioni perse malamente, gli è rimasto l’insulto facile, la calunnia, la
delegittimazione umana, prima ancora che ideologica e politica, dell’avversario,
trasmutato a nemico.
Però le figuracce sono
dietro l’angolo: il povero migrante che cammina sulle acque con tanto di
cerchietto rosso per indicarlo meglio, gli attivisti che squarciano il gommone
che in teoria dovrebbero soccorrere, le comparse e gli attori che simulano un
naufragio, le foto delle rotte delle ong prese da uno dei tanti siti come
marinetraffic.com che dimostrano chiaramente la loro collusione con gli scafisti…
sono piombati, di colpo, in un mondo per loro nuovo. Dove agli applausi delle
prime serate e alle presentazioni dei libri si sostituiscono le figure
miserabili e meschine, i “vaffa” degli utenti indignati, che non si contano più. Loro sono ancora rimasti a Palmiro Togliatti, che tornava dall'Unione Sovietica con negli occhi i massacri e la deportazione di milioni di esseri umani, ma appena sceso dall'aereo raccontava ai compagni italiani come era bello il Paradiso dell'URSS.
La figuraccia la rimedi un
giorno si e l’altro pure, e gli insulti non riesci a bloccarli nemmeno con
dieci moderatori che controllano il tuo profilo Facebook. Normale che, almeno
un minimo, fai qualche passo indietro. Specialmente se ti vanti di essere erede dei partigiani, poi, combattere col nemico che ti guarda anziché darti le spalle non è proprio la tua specialità.
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