Il circo che ha messo in
piedi la politica italiana, circo che, a distanza di due mesi, ha impedito la
formazione di un governo che possa guidare la Nazione secondo il volere
espresso dalla maggioranza degli elettori, è stomachevole e rivoltante.
Stomachevole e rivoltante
è, ogni giorno che passa, il comportamento dei Cinque Stelle, in particolare di
quel somaro che solo in un partito di ignoranti e falliti poteva trovare il suo
spazio e la sua collocazione, vale a dire quel Gigi Di Maio che, in nemmeno
sessanta giorni, è riuscito a dire e fare tutto e il contrario di tutto, senza
azzeccare un congiuntivo e senza provare un minimo di vergogna.
Di Maio e i Cinque Stelle
hanno cominciato, subito dopo il 4 marzo, a fare la voce grossa per ottenere l’incarico
da parte del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, di formare un
nuovo governo. Incapaci perfino di usare una semplicissima calcolatrice, dopo aver
visto che con quel 33% non c’erano i numeri per formare un governo, hanno
cominciato a corteggiare la coalizione vincente, cioè Matteo Salvini e il
centro-destra. Ma, ovviamente, col solito stile da buzzurri: la coalizione si
fa, ma senza Berlusconi, che è un condannato, un pregiudicato, e quando
arriveremo al governo faremo anche una legge per “toccare” in qualche modo
Mediaset. Ovviamente cominciare un dialogo di questo tipo non faceva ben
sperare un esito positivo. E infatti così non è stato. Ciò anche a causa di
Berlusconi che, non accettando di non essere più la prima donna della destra,
ha gettato benzina sul fuoco dell’alleanza M5S- centrodestra: i grillini sono
dei falliti, è gente che non ha mai lavorato, non hanno alcuna competenza
specifica. Tutte cose giuste, per carità, ma che ci possiamo permettere di dire
noi altri, che non stiamo trattando per un’alleanza politica e mai penseremmo
di portarne avanti una insultando il nostro avversario. Le basi...
Dopo un mese di stallo, in
cui si è palesata tutta l’arroganza e l’inconsistenza dei grullini (due
elementi che spesso e volentieri vanno a braccetto), ecco che questi cambiano sponda,
e vanno a corteggiare il PD. Perfino una prostituta di quart’ordine avrebbe più
dignità e più classe di questi ciarlatani improvvisatisi politici. Ecco quindi
che coloro che fino a poco prima erano stati chiamati ladri, assassini, corrotti,
mafiosi, massoni – tutte cose giuste e condivisibili, per carità – sono
diventati improvvisamente “una forza politica con cui poter dialogare”. Sui
social Rocco Casalino aveva già impartito gli ordini alla truppa: eliminare
dalle pagine Facebook, dai blog e dai siti del Movimento tutti gli insulti e le
contumelie più imprensentabili rivolte a quelli del PD. Ci è voluta tutta l’energia
di Matteo Renzi, in prima serata da Fabio Fazio, per chiudere le porte in
faccia ai Cinque Stelle e alla loro smisurata arroganza. Anche perché i
renziani in Parlamento hanno i numeri: se Renzi dice di no, è no. Sarebbe
bastato fare due conti, ma evidentemente per i grullini anche queste piccolezze
sono montagne da scalare.
L’unico che ha mantenuto
un po’ di coerenza e di dignità è stato, piaccia o meno, Matteo Salvini. Che è
rimasto sempre fedele all’alleanza (cosa rara, specialmente tra gli italiani)
con le altre forze politiche di coalizione e, responsabilmente, ha cercato di
spegnere gli incendi che prima Di Maio e poi Berlusconi rinfocolavano
ossessivamente.
Anche, anzi soprattutto,
il comportamento di Sergio Mattarella è assai equivoco: che il Presidente della
Repubblica non voglia vedere un governo targato centrodestra è fuori di dubbio.
Prima ha dato l’incarico di trovare delle alleanza per la formazione di un
governo a Di Maio e ai Cinque Stelle, vale a dire la forza minoritaria rispetto
alla coalizione di centrodestra. Non ha battuto ciglio mentre Di Maio si
prostituiva prima con Salvini e poi con il PD per cercare di raccattare un
numero di voti minimo per governare. Per qualche giorno, prima cioè che Matteo
Renzi ponesse il veto contro i grullini in diretta nazionale, abbiamo rischiato
un governo Cinque Stelle-PD: vale a dire un governo formato da chi era arrivato
secondo alle elezioni (i Cinque Stelle) e da chi le aveva pleatealmente perse (il
Partito Democratico).
Ora il passo successivo,
che sarebbe dovuto essere il primo da compiere, sarebbe quello di incaricare il
centrodestra: le elezioni in Friuli, che hanno visto una netta e lacerante
sconfitta delle sinistre (a quanto pare trescare con le banche, piegarsi a 90
gradi davanti ai brucorati di Bruxelles e riempire l’Italia di criminali e di
parassiti africani non paga), confermano ancor più questa proiezione.
Ciò che resta come un dato
di fatto, però, è questo: l’arroganza di un imbecillotto che non azzecca
nemmeno un tempo verbale in una frase ci è costata due mesi di paralisi
politica e rischia di costarcene altrettanti.
È il segno ulteriore della
decadenza di questa Nazione. Ridateci Andreotti e Craxi, per piacere.
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