In un Paese normale, la vicenda relativa alle figurine
di Anna Frank (che alcuni tifosi della Lazio avrebbero affisso allo stadio per
prendere in giro i giocatori della Roma) sarebbe stata derubricata a presa in
giro di cattivo gusto. Chiunque sia andato almeno una volta nella vita allo
stadio sa bene, infatti, come tra le tifoserie – in special modo quelle
appartenenti alla stessa città – sia in vigore l’ironia più assoluta e
pungente, spesso ben oltre i limiti del politicamente corretto e del bon ton. Dagli
insulti all’arbitro a quelli rivolti alle mamme dei giocatori, passando per le
foto ironiche che vengono pubblicate sulle reti sociali, le tifoserie
avversarie non se le sono mai mandati a dire.
Eppure è bastato questo episodio per scatenare, su
tutti i principali organi di stampa, una vera e propria crocifissione in sala
mensa dei tifosi della Lazio e della società, costretta a genuflettersi davanti
al potere giudaico alla Sinagoga di Roma con una corona di fiori che poi è
stata buttata nel Tevere (i giudei, evidentemente, hanno giudicato questo atto
riparatore di poco valore).
Una isteria e una rabbia bavosa e livorosa ha pervaso
tutti i principali media, con i nostri politici che non hanno perso l’occasione
per inchinarsi davanti agli ebrei in atti di sottomissione e riparazione.
Verrebbe da chiedersi dove stia l'indignazione e l'isteria di questi signori davanti alle quotidiane notizie di cronaca in cui i protagonisti sono immigrati, o dove erano mentre in questa Nazione chiudono più di ventimila imprese all'anno, o dove i poveri sono diventati in poco meno di una quindicina di anni quasi cinque milioni.
Servi. Sempre e comunque.
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