Possiamo ricordare l'8
ottobre 1985 come l’ultimo – e forse anche l’unico – sussulto di orgoglio e di
dignità della Repubblica Italiana. In quella notte tesissima, Presidente del
Consiglio era un assai combattivo Bettino Craxi, l’Italia affrontò e vinse gli
Stati Uniti d’America in una battaglia che dalla pura e semplice diplomazia per
un soffio non passò alle vie di fatto.
È il 7 ottobre 1985. La nave
da crociera Achille Lauro lascia le acque egiziane per proseguire il suo
viaggio in direzione Israele; è in questo frangente che viene presa in ostaggio
da quattro uomini armati – appartenenti al FLP, il Fronte di Liberazione per la
Palestina – i quali lanciano un ultimatum agghiacciante alle autorità sioniste:
se non fossero stati immediatamente liberati 50 prigionieri tra i detenuti
nella carceri di sicurezza israeliane, avrebbero ucciso un ostaggio ogni tre
minuti. Per dimostrare che fanno sul serio non esitano a giustiziare sul posto
l’ebreo Leon Klinghoffer, per poi gettarlo in mare. Tale azione desta sgomento in
tutto l’Occidente, ancora più scioccante perché Klinghoffer era un disabile in
carrozzina, pertanto incapace di opporre una sia pur minima resistenza.
Lo stesso Amu Abbas, capo
del FLP, disapprova in toto il comportamento dei quattro terroristi
(probabilmente una cellula pazza dell’organizzazione) e partecipa attivamente
alle trattative tra i terroristi e le autorità internazionali, cercando di
farli desistere dai loro obiettivi.
Anche l’Italia è
fattivamente coinvolta in questo processo: il luogo in cui si consuma questo
atto di terrorismo è l’Achille Lauro, nave battente bandiera italiana e
pertanto ricadente sotto la Giurisdizione del Governo Italiano.
Dopo diversi giorni di
trattative, i terroristi del FLP accettano di essere presi in consegna dalle
autorità egiziane per essere portati in Tunisia. Durante questo passaggio,
quattro F14 TomCat americani decollarono dal Mediterraneo intercettando l’aereo
e costringendolo ad atterrare nella base NATO di Sigonella. Tale e tanta è la
voglia degli statunitensi di mettere le mani addosso ai terroristi palestinesi
che gli Stati Uniti hanno, fin da subito, cercato di annullare del tutto
qualunque eventualità di un possibile intervento italiano. Lo stesso
atterraggio forzato dell’aereo egiziano a Sigonella è avvenuto senza alcun
permesso da parte delle autorità italiane;
a rimorchio dei quattro aerei da guerra vi sono anche due Lockheed 141,
aerei da trasporto di personale militare strategico dai quali scendono
improvvisamente 200 uomini della Delta Force americana che, in totale spregio
della sovranità italiana, circondano l’aeroporto. Gli italiani si ritrovano delle
armi americane puntate contro di loro, nel loro stesso Paese: non accadeva dal
1945, quaranta anni prima.
Gli statunitensi, però,
non hanno ancora fatto i conti con Bettino Craxi. Se il Presidente degli Stati
Uniti Donald Reagan è aggressivo e battagliero, il Presidente del Consiglio Italiano,
almeno in questo frangente, non ha alcunché da invidiargli. A nulla serve un
tentativo, voluto dalla diplomazia italiana, di riconciliazione tra i due Paesi
mediante una telefonata tra i due capi: Reagan è furioso, Craxi quanto e più di lui.
Bettino Craxi non
digerisce che l’autorità italiana sia stata palesemente violata, per di più
davanti agli occhi del mondo. L’attacco dei terroristi del FLP è avvenuto sull’Achille
Lauro, battente bandiera italiana; i terroristi, a causa dell’arroganza
americana, vengono dirottati in Sicilia, quindi in territorio italiano: il
Nostro Paese ha tutte le carte in regola per poter imporre il suo intervento e
per far rispettare la sua sovranità.
L’Italia del 1985, con
Craxi al comando, non è, almeno non quella notte, il paesino che, come nel
1945, accoglie il nemico con fiori e baci da parte delle sue donne, pronta a
genuflettersi davanti all’invasore. Il Nostro Presidente del Consiglio
ribadisce sempre e comunque l’autorità italiana: l’attacco terroristico è
avvenuto in acque internazionali su una nave italiana; il Nostro Paese ha,
pertanto, la legittimità necessaria perché sia la Nostra Magistratura ad
assumersi la responsabilità di giudicare i terroristi. Gli Stati Uniti, al
contrario, non hanno alcuna legittimità ad intervenire nella questione. Questo sarà
compreso in seguito, nei giorni successivi. Ma non in quella notte. In quella
notte c’è una potenza mondiale, gli Stati Uniti, che credono di avere a che
fare con una colonia, l’Italia, e da tale la trattano, davanti agli occhi del
mondo.
Alla notizia che gli
americani hanno preso possesso della base aerea di Sigonella, puntando le armi
contro i padroni di casa, cioè gli italiani, Craxi dà l’ordine estremo all’attonito
Generale Carlo Bisognero: far affluire quanti più militari possibile dalle
vicine caserme di Catania e di Siracusa, circondando la base con blindati
militari e preparando i soldati tricolore per lo scontro a fuoco.
I militari americani, che
hanno le armi in pugno e circondano l’aereo, si ritrovano a loro volta circondati
dai soldati italiani. In mezzo c’è l’areo, circondato dagli statunitensi, che a
loro volta sono circondati dai nostri soldati. È lo stesso Carl Steiner,
comandante in capo delle forze statunitensi, che ammetterà candidamente in
seguito di non aver capito quanto fosse tesa la situazione fino a che non
sentirà l’ordine dato chiaramente ai Carabinieri e alle squadre di intervento
italiane di caricare le armi: in quella notte, nel silenzio assordante di quei
nervi tesi, si sente chiaramente il click della armi italiane. I nostri soldati
sono in assetto da battaglia, pronti a fare fuoco, le armi puntate contro i
militari statunitensi.
Alle 4 del mattino del 8
ottobre 1985 i soldati americani si ritirarono. Gli ostaggi furono presi in
consegna dalle autorità italiane. Il 13 ottobre gli Stati Uniti presentano la
domanda di estradizione, ma la Magistratura Italiana rispose con un altro secco
“no”: non si capisce cosa c’entrino gli Stati Uniti in tutta questa faccenda. Infatti
non c’entrano nulla.
Craxi dovette pagare
questo atto temerario con una crisi di governo, poi subito rientrata, ma si tolse
la soddisfazione di ricevere una lettera di Donald Reagan che iniziava con un “Caro
Bettino”.
Dopo quaranta anni dalla fine del secondo conflitto mondiale,
soldati italiani, per far valere la loro sovranità e la loro autorità,
puntarono le armi contro gli americani, e vinsero.
Una delle poche, pochissime
pagine belle della Repubblica antifascista italiana in cui il Nostro nome, almeno
per una sola volta, uscì onorato.
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