Vorrei
esordire porgendo le mie più sincere scuse a John Carpenter, in
quanto mi permetto di titolare questo scritto ispirandomi liberamente
al suo celeberrimo film "Grosso guaio a Chinatown", ma
l'occasione era troppo ghiotta per resistere e quando, di recente, mi
sono mio malgrado trovata a riflettere su quanto sta accadendo, da
qualche tempo a questa parte, in alcuni mass-media "di regime",
uno strano paragone ha cominciato a far capolino nella mia mente.
Colgo
l'occasione della lettura di alcuni recenti articoli giornalistici
aventi a tema il "Fascismo" per fare qualche riflessione su
questo mondo tanto bizzarro e pericoloso.
Con
"mondo tanto bizzarro quanto pericoloso" non mi riferisco,
ovviamente, a quello del Fascismo, ma a quello della pseudocultura
divulgativa ideologizzata all'Italiana che ha l'ardire di definirsi
"giornalismo", laddove il termine “giornalista” ha
oramai evidentemente assunto rango d'insulto.
Tali
sedicenti giornalisti e scribacchini asserviti, qualche volta hanno
una laurea, magari anche un master, più spesso sono personaggi senza
arte né parte, talvolta con una spiccata tendenza al delirio
paranoide.
Lungi
da me, tuttavia, giudicare sulla base del possesso o meno di titoli:
disquisire dei titoli di questi signori, infatti, al di là di ogni
retorica, è perfettamente inutile, perché, muovano dall'alto di un
master o del terzo anno d'asilo, diffondono proprio le medesime
corbellerie.
D'altronde,
sono trascorsi secoli da quanto De Montaigne acutamente scriveva che
"c'è un'ignoranza degli analfabeti e un'ignoranza dei dottori":
purtroppo non ebbe l'acume per notare quanto spesso queste due forme
di ignoranza coincidano.
Ma
andiamo con ordine.
Negli ultimi due mesi, non sarà certamente sfuggito, a quanti seguono i notiziari e la carta stampata, il susseguirsi a tambur battente di notizie, spesso ai limiti del grottesco per titoli e contenuti, aventi a tema un paventato e non meglio definito “pericolo fascista”: dico “non meglio definito” perché, per quanto ci si sforzi, al di là degli esilaranti titoloni, evidentemente tesi a coprire una totale assenza di contenuti, comprendere gli esatti contorni nonché l'interesse pubblico rivestito dalle “notizie” in disamina è praticamente impossibile.
Addirittura, si apprende che in quel di Vicenza è stato organizzato nientemeno che il “Quinto Torneo delle Squadracce”!
Capite, cari lettori, di quali grossi problemi si affanna a renderci edotti il giornalismo nostrano?
Ora, al di là della involontaria comicità di giornalisti che, nel riferirci questa eclatante notizia, certamente di enorme importanza, dimenticano di parlare di disoccupazione, immigrazione clandestina selvaggia insostenibile, generale e graduale smantellamento dello stato sociale a detrimento dei cittadini tutti e via dicendo, ai lettori più attenti non potrà non sorgere un dubbio: se si parla di “quinto” torneo, infatti, è del tutto lecito ritenere che un simile torneo si sia svolto, senza polemiche di sorta, anche nei precedenti quatttro anni.
Dunque, cui prodest tutto ciò?
Perché queste notizie vengono diffuse solo ora ed a cadenza quotidiana?
I più maliziosi potrebbero pensare che si tratti di una astuta tecnica di comunicazione avente principalmente due scopi: da un lato, quello di distogliere l'attenzione dai problemi reali del nostro Paese dei quali, duole constatarlo, è ormai chiaro che non interessi nulla a nessuno; dall'altro, quello di esercitare una indebita pressione sulla coscienza dell'opinione pubblica al fine di spingere la stessa, attraverso martellanti suggestioni mediatiche, a temere uno spauracchio evanescente e dai contorni non chiari, al quale si dà il nome di “Fascismo”, termine ridotto, tuttavia, ad un vuoto contenitore nel quale inserire i contenuti più disparati: qualsiasi cosa, purché utile a solleticare la pruderie dei lettori ed ingenerare timore nel popolo.
Fiano, Boldrini e compagnia cantante ne saranno ben felici, in quanto un popolo artatamente disinformato ed impaurito è un popolo che più facilmente accetta qualsivoglia stretta repressiva ai danni di quanti possano avere la sventura di pensarla diversamente rispetto ai personaggi citati.
In attesa che la legislatura volga al termine e tali personaggi tornino in quel nulla cosmico dal quale sono arrivati (sono troppo ottimista per poter pensare che qualcuno possa nuovamente dare loro il proprio voto), in ogni caso, si deve constatare come il giornalismo nostrano si affanni con ogni mezzo a perorare le loro battaglie degne di miglior causa.
Nel fare ciò, buona parte del giornalismo italiano ha invece dimenticato di darci notizia delle condanne per stupro, passate in sordina, in capo ad alcuni antifascisti del centro sociale Raf, la rete antifascista di Parma: non si sono visti, in questa circostanza, molti scribacchini intenti a stracciarsi le vesti, impegnati com'erano a tuonare contro il Torneo delle Squadracce e similari.
Ad ammorbare ulteriormente le coscienze, ci si mette anche una crescente e mirata disinformazione storica, evidentemente tesa a riportare all'ovile qualsiasi “pecorella smarrita” che abbia avuto il buon senso di cominciare a porsi qualche domanda.
Così, interviene nientemeno che Vice Italia che tenta inopinatamente di spiegare alla massa di “analfabeti funzionali” (per chi non lo sapesse, “analfabeta funzionale” è il nuovo concetto in voga presso sinistri e radical chic per indicare chiunque non la pensi come loro) che il Fascismo, per lo stato sociale, non fece proprio nulla.
Perfino le pensioni non sarebbero una creazione del Fascismo!
Evidente come io debba, a tal punto, sottopormi quanto prima ad una accurata visita medica in quanto chiaramente affetta da allucinazioni, come quella relativa al Regio Decreto Legge n. 371/1933, istitutivo dell'INFPS (ora INPS).
Mi rinfranca, tuttavia, giacché come si suol dire “mal comune, mezzo gaudio”, sapere di condividere tale allucinazione con tutti gli Autori di qualsiasi manuale di Diritto del Lavoro.
E no, non c'è alcun bisogno che Vice Italia mi ricordi che esisteva già da prima una “Cassa nazionale per le assicurazioni sociali”, perché ne sono perfettamente a conoscenza.
Così come sono perfettamente a conoscenza del fatto che la summenzionata “Cassa nazionale” tutelasse unicamente i dipendenti del settore pubblico laddove, nella costruzione degli Stati nazionali e borghesi di fine '800, le pubbliche amministrazioni erano essenzialmente costituite dai Ministeri e da organizzazioni simili, accentrate, e di dimensioni relativamente limitate.
Di conseguenza, i dipendenti pubblici che potevano usufruire della “Cassa nazionale per le assicurazioni sociali” erano una minoranza di cittadini, caratterizzata da una certa omogeneità sociale della burocrazia di ruolo legata alla classe politica, della quale costituiva di fatto la longa manus.
Certo, vista la solerzia con la quale negli ultimi 72 anni ci si è affannati nello smantellamento dello stato sociale (rinnovo agli interessati l'invito ad una accurata lettura di un qualsiasi manuale di Diritto del Lavoro: si guardino le date di ogni singola normativa a tutela dei lavoratori e quelle di ogni successiva legge abrogatrice, e ci si dia da soli una risposta alle proprie domande), non mi sorprenderebbe poi così tanto se qualcuno volesse tornare al sistema di fine '800- al quale, peraltro, di questo passo si tornerà sul serio.
Appare consolatoria, di contro, la notizia relativa alla richiesta di archiviazione, da parte del PM di Milano, per gli indagati per i “saluti romani” al Campo X del Cimitero Musocco, di cui si fece un gran parlare a fine aprile.
Dopo una necessaria premessa relativa al fatto che, come giustamente evidenziato dal nostro Segretario Nazionale Carlo Gariglio sul suo blog, nessuno di questi personaggi immortalati nell'atto di salutare romanamente i caduti della RSI avesse in tasca una tessera del MFL, ma anzi fossero a quanto pare afferenti a movimenti politici i cui dirigenti non perdono occasione per smentire di essere fascisti non appena “interrogati” in merito da qualche giornalista, e dopo un altrettanto caloroso invito a tali militanti, se -come io mi ostino a pensare- in buona fede, a valutare con più attenzione a chi offrire i propri ideali e la propria attività, posto che troverei personalmente alquanto disturbante “onorare” i caduti della RSI salvo poi avere in tasca la tessera di qualche partito i cui rappresentanti pubblicamente negano ogni collegamento col Fascismo, vorrei esprimere comunque sollievo per questo epilogo.
Non certo in virtù di una conoscenza o simpatia per i personaggi coinvolti, bensì nel nome di un'altra considerazione: un Paese nel quale l'assenza di pietas giunge a varcare la soglia dei cimiteri (che lo faccia per mano di questurini che solertemente identificano persone “colpevoli” di aver portato un saluto sulle tombe dei caduti della RSI o per mano di un branco di vigliacchi che si prodigano a vandalizzare la tomba di Ettore Muti) è un Paese affetto da una ferita profonda, dilagante, forse insanabile.
Non che la mia opinione sull'attualità del nostro Paese diverga molto da quella sopra esposta ma, almeno in questo frangente, sono felice di essere stata smentita.
Negli ultimi due mesi, non sarà certamente sfuggito, a quanti seguono i notiziari e la carta stampata, il susseguirsi a tambur battente di notizie, spesso ai limiti del grottesco per titoli e contenuti, aventi a tema un paventato e non meglio definito “pericolo fascista”: dico “non meglio definito” perché, per quanto ci si sforzi, al di là degli esilaranti titoloni, evidentemente tesi a coprire una totale assenza di contenuti, comprendere gli esatti contorni nonché l'interesse pubblico rivestito dalle “notizie” in disamina è praticamente impossibile.
Addirittura, si apprende che in quel di Vicenza è stato organizzato nientemeno che il “Quinto Torneo delle Squadracce”!
Capite, cari lettori, di quali grossi problemi si affanna a renderci edotti il giornalismo nostrano?
Ora, al di là della involontaria comicità di giornalisti che, nel riferirci questa eclatante notizia, certamente di enorme importanza, dimenticano di parlare di disoccupazione, immigrazione clandestina selvaggia insostenibile, generale e graduale smantellamento dello stato sociale a detrimento dei cittadini tutti e via dicendo, ai lettori più attenti non potrà non sorgere un dubbio: se si parla di “quinto” torneo, infatti, è del tutto lecito ritenere che un simile torneo si sia svolto, senza polemiche di sorta, anche nei precedenti quatttro anni.
Dunque, cui prodest tutto ciò?
Perché queste notizie vengono diffuse solo ora ed a cadenza quotidiana?
I più maliziosi potrebbero pensare che si tratti di una astuta tecnica di comunicazione avente principalmente due scopi: da un lato, quello di distogliere l'attenzione dai problemi reali del nostro Paese dei quali, duole constatarlo, è ormai chiaro che non interessi nulla a nessuno; dall'altro, quello di esercitare una indebita pressione sulla coscienza dell'opinione pubblica al fine di spingere la stessa, attraverso martellanti suggestioni mediatiche, a temere uno spauracchio evanescente e dai contorni non chiari, al quale si dà il nome di “Fascismo”, termine ridotto, tuttavia, ad un vuoto contenitore nel quale inserire i contenuti più disparati: qualsiasi cosa, purché utile a solleticare la pruderie dei lettori ed ingenerare timore nel popolo.
Fiano, Boldrini e compagnia cantante ne saranno ben felici, in quanto un popolo artatamente disinformato ed impaurito è un popolo che più facilmente accetta qualsivoglia stretta repressiva ai danni di quanti possano avere la sventura di pensarla diversamente rispetto ai personaggi citati.
In attesa che la legislatura volga al termine e tali personaggi tornino in quel nulla cosmico dal quale sono arrivati (sono troppo ottimista per poter pensare che qualcuno possa nuovamente dare loro il proprio voto), in ogni caso, si deve constatare come il giornalismo nostrano si affanni con ogni mezzo a perorare le loro battaglie degne di miglior causa.
Nel fare ciò, buona parte del giornalismo italiano ha invece dimenticato di darci notizia delle condanne per stupro, passate in sordina, in capo ad alcuni antifascisti del centro sociale Raf, la rete antifascista di Parma: non si sono visti, in questa circostanza, molti scribacchini intenti a stracciarsi le vesti, impegnati com'erano a tuonare contro il Torneo delle Squadracce e similari.
Ad ammorbare ulteriormente le coscienze, ci si mette anche una crescente e mirata disinformazione storica, evidentemente tesa a riportare all'ovile qualsiasi “pecorella smarrita” che abbia avuto il buon senso di cominciare a porsi qualche domanda.
Così, interviene nientemeno che Vice Italia che tenta inopinatamente di spiegare alla massa di “analfabeti funzionali” (per chi non lo sapesse, “analfabeta funzionale” è il nuovo concetto in voga presso sinistri e radical chic per indicare chiunque non la pensi come loro) che il Fascismo, per lo stato sociale, non fece proprio nulla.
Perfino le pensioni non sarebbero una creazione del Fascismo!
Evidente come io debba, a tal punto, sottopormi quanto prima ad una accurata visita medica in quanto chiaramente affetta da allucinazioni, come quella relativa al Regio Decreto Legge n. 371/1933, istitutivo dell'INFPS (ora INPS).
Mi rinfranca, tuttavia, giacché come si suol dire “mal comune, mezzo gaudio”, sapere di condividere tale allucinazione con tutti gli Autori di qualsiasi manuale di Diritto del Lavoro.
E no, non c'è alcun bisogno che Vice Italia mi ricordi che esisteva già da prima una “Cassa nazionale per le assicurazioni sociali”, perché ne sono perfettamente a conoscenza.
Così come sono perfettamente a conoscenza del fatto che la summenzionata “Cassa nazionale” tutelasse unicamente i dipendenti del settore pubblico laddove, nella costruzione degli Stati nazionali e borghesi di fine '800, le pubbliche amministrazioni erano essenzialmente costituite dai Ministeri e da organizzazioni simili, accentrate, e di dimensioni relativamente limitate.
Di conseguenza, i dipendenti pubblici che potevano usufruire della “Cassa nazionale per le assicurazioni sociali” erano una minoranza di cittadini, caratterizzata da una certa omogeneità sociale della burocrazia di ruolo legata alla classe politica, della quale costituiva di fatto la longa manus.
Certo, vista la solerzia con la quale negli ultimi 72 anni ci si è affannati nello smantellamento dello stato sociale (rinnovo agli interessati l'invito ad una accurata lettura di un qualsiasi manuale di Diritto del Lavoro: si guardino le date di ogni singola normativa a tutela dei lavoratori e quelle di ogni successiva legge abrogatrice, e ci si dia da soli una risposta alle proprie domande), non mi sorprenderebbe poi così tanto se qualcuno volesse tornare al sistema di fine '800- al quale, peraltro, di questo passo si tornerà sul serio.
Appare consolatoria, di contro, la notizia relativa alla richiesta di archiviazione, da parte del PM di Milano, per gli indagati per i “saluti romani” al Campo X del Cimitero Musocco, di cui si fece un gran parlare a fine aprile.
Dopo una necessaria premessa relativa al fatto che, come giustamente evidenziato dal nostro Segretario Nazionale Carlo Gariglio sul suo blog, nessuno di questi personaggi immortalati nell'atto di salutare romanamente i caduti della RSI avesse in tasca una tessera del MFL, ma anzi fossero a quanto pare afferenti a movimenti politici i cui dirigenti non perdono occasione per smentire di essere fascisti non appena “interrogati” in merito da qualche giornalista, e dopo un altrettanto caloroso invito a tali militanti, se -come io mi ostino a pensare- in buona fede, a valutare con più attenzione a chi offrire i propri ideali e la propria attività, posto che troverei personalmente alquanto disturbante “onorare” i caduti della RSI salvo poi avere in tasca la tessera di qualche partito i cui rappresentanti pubblicamente negano ogni collegamento col Fascismo, vorrei esprimere comunque sollievo per questo epilogo.
Non certo in virtù di una conoscenza o simpatia per i personaggi coinvolti, bensì nel nome di un'altra considerazione: un Paese nel quale l'assenza di pietas giunge a varcare la soglia dei cimiteri (che lo faccia per mano di questurini che solertemente identificano persone “colpevoli” di aver portato un saluto sulle tombe dei caduti della RSI o per mano di un branco di vigliacchi che si prodigano a vandalizzare la tomba di Ettore Muti) è un Paese affetto da una ferita profonda, dilagante, forse insanabile.
Non che la mia opinione sull'attualità del nostro Paese diverga molto da quella sopra esposta ma, almeno in questo frangente, sono felice di essere stata smentita.
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