Scopriamo, da Franceschini coi mocassini, che l’Italia è un paese razzista. Di più: in Italia sono tornate le leggi razziali. A parte il fatto che le leggi per la difesa della razza (1938) contenevano tali e tante esenzioni ed eccezioni da essere di fatto inapplicabili, ci piacerebbe sapere dal codazzo di paci-finti quali sarebbero queste leggi. E quali sarebbero le discriminazioni alle quali andrebbero incontro gli immigrati che – con grande indignazione dei sinistri – vengono rispediti al porto di partenza.
Facciamo chiarezza, e cerchiamo di usare il buon senso, cosa che i sinistri non riescono proprio a fare. E’ da anni ed anni che la Libia, strafregandosene altamente di tutti gli accordi bilaterali (Italia-Libia) ed internazionali, sversa quotidianamente sui nostri mari immigrati su immigrati.
Anzi, no! Non si chiamano più immigrati, l’avete notato? Ora si chiamano “migranti”. La perversione del politicamente corretto ha portato i pennivendoli italici a non utilizzare più il termine “immigrati”, eccessivamente abusato e criminalizzato, bensì il termine “migranti”, che è “nuovo” e meno carico di significati negativi per gli ascoltatori italiani. La mafia internazionale, pur di imporre la sua idea di multietnicità, si abbassa perfino a questo giochetto. Sicuramente molti non lo sanno, ma c’è stato un “pioniere” di questo termine, strenuo difensore del mondialismo, che già nei primi anni 90 usava il termine “migranti”. Si chiama Armando Gnisci – studioso della letteratura comparata – il volume è “Creolizzare l’Europa”. Secondo Gnisci il termine “migrante” si presta molto meglio di “immigrato” a descrivere quella umanità che cerca di reinventarsi una vita in Europa: non siamo forse tutti dei migranti? E il fine stesso dell’uomo non è forse un migrare costantemente, intellettualmente, socialmente, politicamente? Non era già connaturata nell’uomo stesso, tanti millenni fa, l’idea di spostarsi a vedere che cosa ci fosse oltre la montagna, magari per vedere se c’erano altri uomini? Più o meno il concetto è questo. Sicuramente non tutti gli italiani hanno letto Gnisci, ma c’è da dire che, a distanza di anni, inizia ad avere la meglio.
Chiudiamo la parentesi.
Parlavamo della Libia che, per decenni, non ha impedito ad un solo barcone – uno che fosse uno – di salpare dai suoi porti verso l’Italia. E così l’Italia è diventata territorio di conquista, una vera e propria colonizzazione di disperati, attuata senza armi (meglio: senza eserciti), che lentamente ed inesorabilmente ha sradicato qualunque idea di unità nazionale, di tradizione, di cultura italiana. Ammesso e non concesso che, dal secondo dopoguerra in poi, l’Italia abbia avuto una qualche unità nazionale.
Bisognerebbe chiedersi perché, nel momento in cui si richiede costantemente agli europei di cospargersi il capo di cenere per la colonizzazione selvaggia attuata in Africa e in sud America nei secoli scorsi, nessuno abbia il coraggio di protestare contro questa colonizzazione. Che è un tipo di colonizzazione diversa da quella che abbiamo studiato, ma di fatto c’è, esiste.
In tutti questi anni l’Europa non ha fiatato. L’ONU non ha fiatato. Il Vaticano non ha fiatato. La sinistra non ha fiatato. Gli stessi che in questi giorni si indignano e ci accusano di razzismo sono gli stessi che mai hanno chiesto e auspicato un intervento – da parte degli organismi internazionali – per far si che la Libia rispettasse gli impegni presi con l’Italia.
Che la sinistra, ormai in decomposizione, abbia abbandonato l’ideologia dei proletari per difendere travestiti, ladri, spacciatori, delinquenti, no-global e clandestini – vale a dire tutto ciò che, in un modo o nell’altro, non si conforma minimamente alle regole, al buon senso, al comune sentire della gente – è qualcosa che non ci stupisce più. Non stupisce neanche che si indigni per qualunque presa di posizione del Governo, tacciandola di razzismo.
Che il Vaticano si indigni, anche questo, ahimè, non fa più notizia! Del resto non è proprio il Vaticano, con la CARITAS e altre innumerevoli organizzazioni filantropiche, a gestire in gran parte il business dei clandestini?
Che si indigni anche l’ONU fa parte anche questo del copione. Dimostra la grande considerazione della quale gode l’Italia all’estero, e la forza con la quale sa farsi ascoltare. E l’ipocrisia di un organismo internazionale che prima se ne frega per anni degli allarmi italiani, per poi strapparsi i capelli quando l’Italia rispedisce indietro qualche barcone.
Che poi… anche il modo in cui i clandestini vengono rispediti indietro andrebbe specificato. E’ semplice: mentre prima potevano raggiungere il suolo italiano per essere accolti nei centri di accoglienza in attesa di rimpatrio (che spesso, anzi spessissimo, non avveniva), ora vengono soccorsi direttamente in mare – acque internazionali o no – e poi portati al porto dal quale sono partiti (prevalentemente Tripoli). Secondo la propaganda i clandestini che tornano indietro rischierebbero di dover subire le angherie – in alcuni casi anche la morte – da parte del governo libico.
Balle. Per giunta dette in malafede. Innanzitutto è proprio la Libia che lascia partire, senza alcuna limitazione, i clandestini. Che non sono, nella maggior parte dei casi, persone che richiedono asilo politico, ma esseri umani che cercano di riscattarsi con una nuova vita, e delle quali Gheddafi è ben lieto di sbarazzarsi. L’unica cosa che si può legittimamente pensare è che cerchi di buttarli a mare un’altra volta. Ma se – giustamente – si ha così paura per la sorte di questi fuggiaschi che vengono rispediti nel luogo dal quale hanno cercato di fuggire, perché se la prendono con l’Italia – che cerca legittimamente di salvaguardare le sue frontiere (a proposito: dopo il Trattato di Lisbona, che l’Europa sta cercando, con tutti i mezzi, anche i più subdoli, di imporre, per quanto tempo ancora avremo delle frontiere?) – e non con la Libia?
Basta questo per capire come alla sinistra, ed agli eterni moralisti di cui in Italia non si sente mai la mancanza, degli immigrati non frega sostanzialmente un acca. E’ tutta propaganda, buona per cercare di mettere in cattiva luce il Governo e Berlusconi. Che – da astuto uomo politico quale è diventato negli anni – ha fiutato l’aria che tira: sa che una simile azione, così decisa, contro i clandestini, ora se la può permettere; sa che la maggioranza degli italiani è con lui, almeno da questo punto di vista.
Comunisti e CARITAS, intanto, sclerano di brutto. Dell’ingerenza dei comunisti siamo riusciti a liberarci, cacciandoli fuori dal Parlamento. Ora aspettiamo di liberarci anche di quella, sempre più indebita e ficcanaso, dei preti.
Facciamo chiarezza, e cerchiamo di usare il buon senso, cosa che i sinistri non riescono proprio a fare. E’ da anni ed anni che la Libia, strafregandosene altamente di tutti gli accordi bilaterali (Italia-Libia) ed internazionali, sversa quotidianamente sui nostri mari immigrati su immigrati.
Anzi, no! Non si chiamano più immigrati, l’avete notato? Ora si chiamano “migranti”. La perversione del politicamente corretto ha portato i pennivendoli italici a non utilizzare più il termine “immigrati”, eccessivamente abusato e criminalizzato, bensì il termine “migranti”, che è “nuovo” e meno carico di significati negativi per gli ascoltatori italiani. La mafia internazionale, pur di imporre la sua idea di multietnicità, si abbassa perfino a questo giochetto. Sicuramente molti non lo sanno, ma c’è stato un “pioniere” di questo termine, strenuo difensore del mondialismo, che già nei primi anni 90 usava il termine “migranti”. Si chiama Armando Gnisci – studioso della letteratura comparata – il volume è “Creolizzare l’Europa”. Secondo Gnisci il termine “migrante” si presta molto meglio di “immigrato” a descrivere quella umanità che cerca di reinventarsi una vita in Europa: non siamo forse tutti dei migranti? E il fine stesso dell’uomo non è forse un migrare costantemente, intellettualmente, socialmente, politicamente? Non era già connaturata nell’uomo stesso, tanti millenni fa, l’idea di spostarsi a vedere che cosa ci fosse oltre la montagna, magari per vedere se c’erano altri uomini? Più o meno il concetto è questo. Sicuramente non tutti gli italiani hanno letto Gnisci, ma c’è da dire che, a distanza di anni, inizia ad avere la meglio.
Chiudiamo la parentesi.
Parlavamo della Libia che, per decenni, non ha impedito ad un solo barcone – uno che fosse uno – di salpare dai suoi porti verso l’Italia. E così l’Italia è diventata territorio di conquista, una vera e propria colonizzazione di disperati, attuata senza armi (meglio: senza eserciti), che lentamente ed inesorabilmente ha sradicato qualunque idea di unità nazionale, di tradizione, di cultura italiana. Ammesso e non concesso che, dal secondo dopoguerra in poi, l’Italia abbia avuto una qualche unità nazionale.
Bisognerebbe chiedersi perché, nel momento in cui si richiede costantemente agli europei di cospargersi il capo di cenere per la colonizzazione selvaggia attuata in Africa e in sud America nei secoli scorsi, nessuno abbia il coraggio di protestare contro questa colonizzazione. Che è un tipo di colonizzazione diversa da quella che abbiamo studiato, ma di fatto c’è, esiste.
In tutti questi anni l’Europa non ha fiatato. L’ONU non ha fiatato. Il Vaticano non ha fiatato. La sinistra non ha fiatato. Gli stessi che in questi giorni si indignano e ci accusano di razzismo sono gli stessi che mai hanno chiesto e auspicato un intervento – da parte degli organismi internazionali – per far si che la Libia rispettasse gli impegni presi con l’Italia.
Che la sinistra, ormai in decomposizione, abbia abbandonato l’ideologia dei proletari per difendere travestiti, ladri, spacciatori, delinquenti, no-global e clandestini – vale a dire tutto ciò che, in un modo o nell’altro, non si conforma minimamente alle regole, al buon senso, al comune sentire della gente – è qualcosa che non ci stupisce più. Non stupisce neanche che si indigni per qualunque presa di posizione del Governo, tacciandola di razzismo.
Che il Vaticano si indigni, anche questo, ahimè, non fa più notizia! Del resto non è proprio il Vaticano, con la CARITAS e altre innumerevoli organizzazioni filantropiche, a gestire in gran parte il business dei clandestini?
Che si indigni anche l’ONU fa parte anche questo del copione. Dimostra la grande considerazione della quale gode l’Italia all’estero, e la forza con la quale sa farsi ascoltare. E l’ipocrisia di un organismo internazionale che prima se ne frega per anni degli allarmi italiani, per poi strapparsi i capelli quando l’Italia rispedisce indietro qualche barcone.
Che poi… anche il modo in cui i clandestini vengono rispediti indietro andrebbe specificato. E’ semplice: mentre prima potevano raggiungere il suolo italiano per essere accolti nei centri di accoglienza in attesa di rimpatrio (che spesso, anzi spessissimo, non avveniva), ora vengono soccorsi direttamente in mare – acque internazionali o no – e poi portati al porto dal quale sono partiti (prevalentemente Tripoli). Secondo la propaganda i clandestini che tornano indietro rischierebbero di dover subire le angherie – in alcuni casi anche la morte – da parte del governo libico.
Balle. Per giunta dette in malafede. Innanzitutto è proprio la Libia che lascia partire, senza alcuna limitazione, i clandestini. Che non sono, nella maggior parte dei casi, persone che richiedono asilo politico, ma esseri umani che cercano di riscattarsi con una nuova vita, e delle quali Gheddafi è ben lieto di sbarazzarsi. L’unica cosa che si può legittimamente pensare è che cerchi di buttarli a mare un’altra volta. Ma se – giustamente – si ha così paura per la sorte di questi fuggiaschi che vengono rispediti nel luogo dal quale hanno cercato di fuggire, perché se la prendono con l’Italia – che cerca legittimamente di salvaguardare le sue frontiere (a proposito: dopo il Trattato di Lisbona, che l’Europa sta cercando, con tutti i mezzi, anche i più subdoli, di imporre, per quanto tempo ancora avremo delle frontiere?) – e non con la Libia?
Basta questo per capire come alla sinistra, ed agli eterni moralisti di cui in Italia non si sente mai la mancanza, degli immigrati non frega sostanzialmente un acca. E’ tutta propaganda, buona per cercare di mettere in cattiva luce il Governo e Berlusconi. Che – da astuto uomo politico quale è diventato negli anni – ha fiutato l’aria che tira: sa che una simile azione, così decisa, contro i clandestini, ora se la può permettere; sa che la maggioranza degli italiani è con lui, almeno da questo punto di vista.
Comunisti e CARITAS, intanto, sclerano di brutto. Dell’ingerenza dei comunisti siamo riusciti a liberarci, cacciandoli fuori dal Parlamento. Ora aspettiamo di liberarci anche di quella, sempre più indebita e ficcanaso, dei preti.
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