15/02/2007
Dopo neanche metà legislatura, dopo essere riusciti nella difficilissima impresa di far rimpiangere il governo precedente a causa di scelte economiche scellerate ( e non solo ), dopo aver consumato l’ennesimo delitto ( ripetuto quotidianamente da sessant’anni a questa parte ) contro la sovranità nazionale sull’altare libanese ( e non solo ), il governo Prodi ( ma meglio sarebbe dire il governo di chi gioca dietro le quinte, come la “Goldman Sachs” e le varie banche a Prodi collegate ) è caduto. La maggioranza ( se così si può chiamare una maggioranza che per legiferare deve contare sull’aiuto di alcuni vecchi bacucchi della politica, i quali in qualunque altro paese del mondo sarebbero già stati affidati per evitare di cadere col bastone o di pisciare il letto ) si è spaccata sull’Afghanistan: rinnovare o meno il mandato alle nostre truppe? Continuare o no a mandare a crepare le nostre truppe in una guerra inutile per l’Italia ( ahimè! L’interesse nazionale! Quello che un tempo per gli statisti degni di tal nome era un vero e proprio faro per i naviganti – si pensi ad un vecchio volpone come Bismarck – ora non è altro che un inutile orpello ) che il nostro Paese non ha né voluto né preventivato, e che per giunta si sta pure perdendo, grazie all’arroganza dei comandi americani e britannici che lavorano in loco? E così, spaccatasi la sinistra e l’estrema sinistra su questo tema, la destra ha colto la palla al balzo e facendo mancare i voti per il rifinanziamento della missione ha stretto il cappio attorno al collo dell’impiccato. A dir la verità la cosa ha stupito anche me: pensavo che, nella loro foga di dimostrare di essere amici degli americani ( ma non si preoccupino quelli che oramai solo i deficienti si ostinano a chiamare “i camerati della destra”: sulla loro fedeltà – canina – agli US-raeliani non abbiamo dubbi ), nel loro tentativo di passare per una coalizione responsabile e che mantiene gli impegni presi, la destra avrebbe votato comunque per la missione di rifinanziamento in Afghanistan. Salvando così Prodi non tanto dalla figuraccia ( i nostri politici sono oramai abituati a svergognarsi villanamente ) quanto dalla crisi di governo vera e propria.
Ma questa crisi di governo, a mio modo di vedere, altro non serve se non a rafforzare ulteriormente Prodi. Lo scorso febbraio infatti il governo Prodi è stato, diciamo così, riabilitato: il Prodi-bis. Con le stesse quasi identiche percentuali di voto che aveva l’esecutivo precedente.
Rianalizziamo un attimo i fatti.
Alla vigilia delle defezioni dell’estrema sinistra ( PRC, Verdi, Comunisti Italiani in testa ) sulla manifestazione per la base di Vicenza, D’Alema e Prodi avevano annunciato che se il governo poi fosse caduto sull’Afghanistan ( come in effetti è successo ) si sarebbe andati tutti a casa. Ciononostante la manifestazione di Vicenza è stata, lo si voglia o meno, un successo. Non soltanto perché quasi tutto lo schieramento politico ( da Giuliano Ferrara a Gad Lerner, da Rutelli a Berlusconi ) era lì, con gli occhi fissi sulla manifestazione, pronta a cogliere e a condannare il minimo atto vandalico che poi in effetti non c’è stato, ma anche perché i rossi hanno mostrato i muscoli. Prodi, allora, sfiducia il suo governo, e si grida alla debacle totale. Ma di debacle totale non si tratta assolutamente: viceversa a me sembra una manovra lucida. Se Prodi così non avesse fatto avrebbe completamente perso l’ala del suo schieramento, e avrebbe dato, alla sua stessa coalizione, l’idea di non riuscire a farsi rispettare. Così invece non soltanto una buona parte della bufera mediatico-politica che è seguita si è abbattuta su PRC, Verdi e PDCI, costringendoli a recitare il mea culpa davanti al proprio elettorato ( spaventato di un ritorno al potere del cosiddetto centro-destra ), ma anche Prodi è uscito rafforzato; d’ora in poi, quando minaccerà la crisi piena di governo in caso di defezione dei rossi e dei loro compagni di merende, verrà senza dubbio preso maggiormente sul serio.
Perché si sa… fate casino quanto vi pare, protestate a denti stretti per la base di Vicenza, ma non permettetevi mai più di manifestare apertamente contro il padrone.
Andrea Chessa
Ma questa crisi di governo, a mio modo di vedere, altro non serve se non a rafforzare ulteriormente Prodi. Lo scorso febbraio infatti il governo Prodi è stato, diciamo così, riabilitato: il Prodi-bis. Con le stesse quasi identiche percentuali di voto che aveva l’esecutivo precedente.
Rianalizziamo un attimo i fatti.
Alla vigilia delle defezioni dell’estrema sinistra ( PRC, Verdi, Comunisti Italiani in testa ) sulla manifestazione per la base di Vicenza, D’Alema e Prodi avevano annunciato che se il governo poi fosse caduto sull’Afghanistan ( come in effetti è successo ) si sarebbe andati tutti a casa. Ciononostante la manifestazione di Vicenza è stata, lo si voglia o meno, un successo. Non soltanto perché quasi tutto lo schieramento politico ( da Giuliano Ferrara a Gad Lerner, da Rutelli a Berlusconi ) era lì, con gli occhi fissi sulla manifestazione, pronta a cogliere e a condannare il minimo atto vandalico che poi in effetti non c’è stato, ma anche perché i rossi hanno mostrato i muscoli. Prodi, allora, sfiducia il suo governo, e si grida alla debacle totale. Ma di debacle totale non si tratta assolutamente: viceversa a me sembra una manovra lucida. Se Prodi così non avesse fatto avrebbe completamente perso l’ala del suo schieramento, e avrebbe dato, alla sua stessa coalizione, l’idea di non riuscire a farsi rispettare. Così invece non soltanto una buona parte della bufera mediatico-politica che è seguita si è abbattuta su PRC, Verdi e PDCI, costringendoli a recitare il mea culpa davanti al proprio elettorato ( spaventato di un ritorno al potere del cosiddetto centro-destra ), ma anche Prodi è uscito rafforzato; d’ora in poi, quando minaccerà la crisi piena di governo in caso di defezione dei rossi e dei loro compagni di merende, verrà senza dubbio preso maggiormente sul serio.
Perché si sa… fate casino quanto vi pare, protestate a denti stretti per la base di Vicenza, ma non permettetevi mai più di manifestare apertamente contro il padrone.
Andrea Chessa
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