Evelyn Beatrice Hall, e non Voltaire come si è sempre erroneamente pensato, pronunciò questa frase : “Disapprovo quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo”.
Voglio andare addirittura oltre. Come spesso fanno i benpensanti e i progressisti da caviale e villa al mare, voglio citare la Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo, articolo 19, la quale stabilisce : “Ogni individuo ha il diritto alla libertà di opinione e di espressione, incluso il diritto di non essere molestato per la propria opinione e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere.” Queste parole vengono citate, spesso e volentieri a sproposito, quando si decantano le infinte virtù della democrazia. Anzi, di questa democrazia. Non passa giorno in cui, proprio grazie a coloro che si ergono come i massimi interpreti di questo oramai inutile precetto democratico, quasi un ipocrita orpello per bocche che altrimenti non saprebbero come dare aria ai denti, questo potere non dia prova delle sue tendenze altamente antidemocratiche e arroganti. Ipocrite. Un esempio tra i tanti che giornalmente siamo costretti a constatare? La condanna a tre anni di carcere a David Irving. Rileggendo ora le prime due citazioni con la quale si apre questo intervento, qualcuno sorriderà. Ma sarà una risata amara. E purtroppo non possiamo non condividere la sagacia del nostro intuitivo lettore.
I camerati, nonché chiunque si interessi seriamente di Storia ( per “interessarsi” non intendiamo recitare il Sabbatucci a memoria come fanno certi storici, fantozziani nella loro ridicolità ) cercando di studiarla, o perlomeno di capirla, nelle sue varie sfaccettature, sanno bene di cosa stiamo parlando.
C’era già stata occasione, qualche mese fa, di parlare di David Irving e più in generale della persecuzione – con tanto di pestaggi e bomba sotto la macchina ( chiedere a Faurisson per credere ) – che, quasi come una moderna Via Crucis obbligata, gli storici revisionisti devono affrontare e subire quotidianamente. In quella occasione ebbi modo di illustrare, sinteticamente e in brevissima maniera, l’attività dei revisionisti. Storici scomodi al potere per il loro tentativo di dare nuove interpretazioni a fatti, movimenti politici o periodi storici non riconosciuti comunque dalla Storiografia ufficiale. In particolare Fascismo e Nazismo. E sappiamo bene come l’opinione pubblica e il potere che la comanda meschinamente, nei confronti di chiunque osi mettere in discussione il dogma dell’Olocauto e del “male assoluto” nazi-fascista, erge a protezione del suddetto dogma tutti i mezzi a sua disposizione. Inclusi quelli giudiziari. I quali, quando si tratta di incriminare uno storico per le sue ricerche scomode, si muovono con una meticolosità e precisione sconosciute nei processi ai delinquenti. Quelli veri, però. Non quelli ritenuti tali solo perché non assecondano il potere.
Eravamo rimasti all’arresto di David Irving, avvenuto in territorio austriaco, per apologia di Nazismo. Reato penalmente perseguibile in Austria, ma anche Germania, Francia e diversi altri Paesi europei. Senza volerci addentrare in digressioni giuridiche che non ci competono in questa sede, per “apologia di Nazismo” si intende propagandare o celebrare o lodare determinati aspetti o iniziative del fasci-nazismo, mettendone in evidenza, positivamente, la connotazione razzista, xenofoba e violenta.
Inutile dire che Irving non ha fatto niente di tutto questo. Semplicemente ha portato avanti la tesi secondo cui i Nazisti non avrebbero programmato, su scala mondiale, lo sterminio sistematico degli ebrei ( perché questo, cioè sterminare una determinata razza fin nei più sperduti angoli del globo, sarebbe stato impossibile ) e che i forni crematori dei vari campi di concentramento non rispondessero ad una volontà di sterminio, bensì ad una normale scelta igienica e sanitaria giustificata nella necessità di bruciare i morti di tifo – onde evitare il diffondersi di quest’ultimo – provocato dai continui bombardamenti degli Alleati. Da questo punto di vista quindi anche le cifre dei morti nei campi di concentramento nazisti vanno opportunamente rivalutate. In estrema sintesi ( non possiamo qui soffermarci né sull’attività di Irving né sul Revisionismo in generale, ma Internet può costituire un valido e tuttora indispensabile punto di partenza e di riferimento per documentarsi più a fondo su questo filone di studi storici ) questo è quello che Irving, più altri storici, cercano di fare nei loro studi. Il che – è una considerazione scontata ma vale comunque la pena di farla – non significa esaltare il Nazismo o non porsi in maniera critica di fronte ad esso. Non significa misconoscere le atrocità o le ingiustizie che purtroppo, da una parte come dall’altra degli schieramenti in conflitto, ci furono e che furono tante. Significa soltanto cercare una interpretazione altra a quello che la Storiografia ufficiale vuole far passare per una verità certa e ineluttabile, evitando il confronto con le tesi che i revisionisti sostengono.
David Irving è stato arrestato e riconosciuto colpevole del reato addebitatogli. Tre anni di reclusione, gli è stato negato il beneficio di sospensione condizionale della pena. Nessuna attenuante. Quel sistema di impunità e di agevolazioni che è una triste realtà per pedofili, stupratori, ladri e assassini impuniti e recidivi, non può essere concesso a David Irving.
Non c’è giorno in cui un criminale, macchiatosi di qualche efferato delitto, non esca dal carcere molto prima di scontare definitivamente la pena comminatagli ; c’è sempre qualche giudice pronto a concedere un premio di buona condotta, o a sorvolare su qualche vizio di forma, che rimette in libertà il disgraziato. Il quale, oltre al danno la beffa, spesso e volentieri si accanisce contro colei o colui che aveva contribuito alla sua incriminazione, magari uccidendolo/a o picchiandolo/a. I casi di cronaca sono pieni, soprattutto nell’ultimo periodo, di avvenimenti del genere. Ma per bene che vada, lo risentiamo qualche giorno dopo la scarcerazione, al telegiornale in quanto ha commesso lo stesso reato. Questo è triste e degradante prassi nel nostro Paese, ma presente anche nel resto dell’Europa. Prodotto disumano e rozzo di quel volgare buonismo che conduce, giorno dopo giorno, all’annientamento dell’Europa e al suo stesso annichilimento.
Dunque? Irving peggio di un pedofilo. Peggio di un assassino. Peggio di uno stupratore o un malfattore qualunque. Neanche i servizi domiciliari.
La differenza? Il pedofilo, l’assassino o lo stupratore non mettono in discussione il potere. Irving, seppur implicitamente, lo fa. Riconoscere David Irving, e i suoi colleghi o collaboratori, come storici con i quali poter evidentemente imbastire un confronto storico, significa mettere in discussione, anche un minimo, il dogma olocaustico, lo sterminio degli ebrei, la barbarie nazi-fascista e tutto il corollario di menzogne che sistematicamente siamo costretti a sorbirci dai principali mezzi di informazione. Cioè tutto quello che, messo insieme, costituisce la legittimazione, agli occhi del popolo imbecille, dell’attuale sistema democratico. Pubblicare un libro di Irving, o di Faurisson, o di Hardwood, significherebbe riconoscerli come interlocutori. Dare spazio alle loro tesi. Partire dal presupposto – insito in ogni confronto – che uno dei due contendenti può avere ragione. E quindi confermare che forse qualcosa che non ci è stata detta, o sulla quale ci hanno mentito, c’è. Lo sterminio degli ebrei e la follia di Hitler, di Mussolini e dei loro complici, deve restare quello che è : un dogma. Come il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, in esso bisogna credere ciecamente, non fare domande. Non bisogna dubitare. Quindi Irving è come fumo negli occhi. Nel silenzio della democratica Europa ( la stessa Europa che tuona contro Ahmajinehad per delle sue dichiarazioni – le quali finché non diventano fatti non fanno male a nessuno – e che tace riguardo il lager a cielo aperto che Israele costruisce sul popolo palestinese ) David Irving viene rinchiuso in una cella austriaca per il reato d’opinione di sovietica memoria.
Basta semplicemente leggere le opere di David Irving – introvabili in commercio e reperibili quasi esclusivamente in Internet ( l’unica cosa che l’apparato repressivo della tirannia democratica non riesce a controllare ancora a dovere ) – per rendersi conto come queste siano cariche di informazioni e di prove che agli storici di regime sono sconosciute. O meglio, che non hanno mai sottoposto alla nostra attenzione di lettori. E quindi ci si accorge di quanto Irving sia pericoloso, proprio perché documentato e preciso nelle sue osservazioni.
Ma non è nostra intenzione, né ora né mai, fare di Irving il Prometeo delle ricerche storiche nell’ambito del Fascismo e del Nazismo. E non è perché si chiama Irving che balziamo in piedi.
La nostra indignazione, indignazione di uomini intelligenti che vogliono essere liberi, consiste tutta nel constatare come in questo regime di libertà quest’ultima viene utilizzata a senso unico : quando si tratta di insultare i musulmani con delle vignette blasfeme, ci si appella ipocritamente alla libertà di opinione. Quando invece si tratta di decidere, tramite leggi e condanne, cosa si può e cosa non si deve pensare, cosa si può e cosa non si deve dire, allora si trovano tutte le giustificazioni, anche le più imbarazzanti. La legge Gayssot francese è stata subito copiata da altri Paesi come Austria, Belgio, Repubblica Ceca, Slovacchia e via discorrendo : generalizzato divieto, vergognosamente accettato dall’opinione pubblica che si proclama libera e indipendente, di esprimere liberamente le proprie idee e di cercare di fare una ricerca storica indipendente. Nel senso nobile del termine. Anzi, l’opinione pubblica, per bocca di alcune sue voci più o meno eminenti, approva questo comportamento. Uno di questi è per esempio Guido Bolaffi, conduttore di Rai3 ( già capiamo il livello di indipendenza del personaggio ) e consigliere di D’Alema, nonché particolarmente tollerante nei confronti di Israele ( nuovamente non avevamo dubbi ). Bolaffi definisce le vignette satiriche sui musulmani libertà d’espressione ( e come dubitarne? ) mentre approva invece la crociata anti-revisionista di potere e giornali. Addirittura definisce le ricerche di Irving, molto probabilmente senza neanche averle mai lette, semplicemente “pornografia”. Sorvolando sull’inesattezza del termine, Bolaffi è la dimostrazione esemplare del giornalismo e della cultura sottomessa alle grandi lobby di potere, in primo luogo quella giudaica. Ma è in buona compagnia.
Il potere giuridico si arroga quindi il diritto di decidere quello che dobbiamo e quello che non dobbiamo leggere, cosa si deve pensare e dire e cosa invece non si può nemmeno pensare.
A giustificare questa repressione generalizzata e totalitarista, di questo lavaggio del cervello subdolo e globale, ci sono diverse motivazioni. Cerchiamo di analizzare – in maniera sintetica - le più diffuse.
Una di queste consiste nel fatto che gli scritti di Irving, come quelli di Hardwood, Mattogno, Faurisson, Nolte etc., siano pericolosi. Ovvero che le giovani generazioni, leggendo questi testi, siano portati a sottovalutare l’immane catastrofe e la distruzione alla quale il Nazi-fascismo ci ha portato. Questo perché le giovani generazioni, e chi non ha i mezzi adatti per farsi una cultura solida e libera, non hanno per l’appunto gli strumenti per vagliare le informazioni attendibili e quelle meno attendibili. Fortuna che ci sono i giudici austriaci. Questa obiezione è talmente stupida e in malafede che, se non fosse uno dei leit-motiv dei cortigiani di regime, neanche meriterebbe di essere menzionata e discussa.
A questo punto le obiezioni sono due. La prima : non ho notato lo stesso livore e la stessa preoccupazione per le giovani generazioni per i libri di storia sui quali i giovanotti studiano. Libri che nascondono le aberrazioni più crudeli del comunismo, che infangano, in tutto e per tutto, il nazifascismo dipingendolo come il male assoluto. Libri che hanno sottratto alla storia nazionale le foibe per un semplice calcolo politico. Qualche esempio terra terra? Basta soltanto leggere i termini con il quale vengono descritte le atrocità comuniste che ci si fa un’idea, seppur minima. Sei milioni ( ? ) di ebrei li chiamano sterminio. Sessanta milioni ( dieci volte tanto, se la matematica non è un opinione ) di cinesi li chiamano “rivoluzione culturale”. Mah…misteri della Storia. Oppure prendetevi lo Zingarelli e cercate il termine “foiba” : non lo troverete. Oppure accendete la tv e vedete se danno un documentario sui crimini alleati nella seconda guerra mondiale, o sui crimini di Tito, di Stalin ma anche di Lenin. Immagino di no. Sentirete olocausto, olocausto e ancora olocausto.
Non ho visto nessuna persona libera e indipendente strapparsi i capelli per la continua propaganda comunista e antinazionale che imperversa nelle Facoltà ( sfido qualcuno a trovarmi, in tutta Italia perlomeno, una Facoltà Universitaria, tranne la Bocconi di Milano o la Cattolica di Roma, che non siano a sinistra ), nelle scuole, nella magistratura, nella cultura, nei giornali e nelle televisioni. Nessuno si è mai posto il dubbio se quello che insegna o fa un insegnante, attivamente impegnato in politica o comunque militante, sia riconducibile alle sue idee politiche? Lo stesso dicasi per altre categorie…solo Irving plagia le giovani menti indifese? A me sembra che le giovani menti siano già state rese ampiamente rincretinite da Grande Fratello, cellulare che scatta le fotografie e motorino propri di questo sistema. Certo non è l’inquadramento con il passo dell’oca con tanto di M dorata stampata sul petto, ma è molto più efficace.
Seconda obiezione : come si può pretendere che un ragazzo che voglia informarsi, o qualcuno che voglia aumentare la propria conoscenza, possa farlo in maniera profonda se si è già deciso cosa può essere e cosa non può essere pubblicato? Si attenta, già dall’inizio, alla sua formazione. Se qualcuno – appassionatamente antinazista e filoisraeliano – volesse leggersi i testi di Irving per vedere le assurdità che dice riguardo la seconda guerra mondiale, perché non può farlo?
E’ normale che il potere si assuma il diritto di decidere cosa leggere e cosa no?
Noi pensiamo che la ricerca storica vada nobilitata dalla ricerca storica stessa. Chiunque, sia egli fascista, comunista, socialista o anarchico, di destra o di sinistra, filoisraeliano o antisemita, deve avere l’occasione di dire la sua. Sarà poi il confronto e la dialettica, nell’ambito di quella stessa disciplina, a decidere chi ha ragione. E il lettore-spettatore, vagliate le tesi, deciderà da che parte stare o se stare da qualche parte. Tesi storiche superate o inesatte vanno analizzate ed eventualmente smontate all’interno della Storiografia. Non è forse questa la democrazia? Non è forse così che si produce cultura?
Irving è un impostore con tendenze da storico? Afferma delle ipotesi dettate dal suo strabismo ideologico e non da ricerche serie e documentate? Benissimo. Dimostratecelo. Da quando in qua gli storici hanno bisogno dei giudici – che arrestino lo storico controcorrente e proibiscano la vendita e la diffusione delle sue opere – per portare avanti le proprie tesi? Sembra quasi che laddove non arrivi lo storico subito si fiondi il giudice : sembra che per alimentare il dogma dell’Olocausto non bastino solo gli storici. E tutto ciò non è solo antidemocratico, ma deprimente e squallido.
Noi Europei, si dice, abbiamo tutte le libertà che vogliamo.
Possiamo dare i bambini ai culattoni ( si può dire culattoni con la libertà di espressione? Beh…se loro disegnano i musulmani che si fanno sodomizzare dai cani io a maggior ragione potrò dire culattone ai culattoni ), concedere il matrimonio ai travestiti e ai transessuali, ammazzare i bambini che non vogliamo mediante quell’infanticidio legalizzato chiamato “aborto”, dare dei sodomiti ai musulmani e appellarci alla libertà di espressione. Abbiamo tutte le libertà fuorché quelle che contano davvero, quelle che mettono in discussione il potere e lo legittimano, nobilitandolo nella lotta per il suo popolo.
Siamo come dei maiali. Il maiale infatti sta in un suo recinto e non deve assolutamente pensare alla propria sopravvivenza : pensa a tutto l’allevatore, il quale striglia il suo maialino, lo lava, gli costruisce il riparo dalle intemperie ( ahimè i nostri governanti non fanno neanche più questo ), gli fornisce le ghiande e la crusca, e quando magari non ne ha magari qualcos’altro : tanto il maiale mangia e si beve di tutto. Ma non si permetta il maiale di provare ad uscire dal recinto o di chiedere un diverso tipo di ghianda.
Tanto alla fine arriva l’allevatore, lo sgozza e lo mette allo spiedo. A prescindere.
Loro con noi stanno facendo questo : ci permettono di mangiare crusca e ghiande, ma uno dopo l’altro ci sgozzano. Solo che sono dei furbacchioni, perché non usano coltelli o spiedi. Usano giornali, valigette piene di soldi, toghe, onorevoli e senatori, pennivendoli e giornalisti corrotti.
Ma mentre il maiale non ha colpa di quello che gli accade perché non ha il diritto di dire la sua né di capire quello che gli sta succedendo, noi siamo viceversa colpevoli.
Molto probabilmente Voltaire o la Hall, se fossero ancora vivi, non sarebbero contenti. Proprio per niente.
Voglio andare addirittura oltre. Come spesso fanno i benpensanti e i progressisti da caviale e villa al mare, voglio citare la Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo, articolo 19, la quale stabilisce : “Ogni individuo ha il diritto alla libertà di opinione e di espressione, incluso il diritto di non essere molestato per la propria opinione e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere.” Queste parole vengono citate, spesso e volentieri a sproposito, quando si decantano le infinte virtù della democrazia. Anzi, di questa democrazia. Non passa giorno in cui, proprio grazie a coloro che si ergono come i massimi interpreti di questo oramai inutile precetto democratico, quasi un ipocrita orpello per bocche che altrimenti non saprebbero come dare aria ai denti, questo potere non dia prova delle sue tendenze altamente antidemocratiche e arroganti. Ipocrite. Un esempio tra i tanti che giornalmente siamo costretti a constatare? La condanna a tre anni di carcere a David Irving. Rileggendo ora le prime due citazioni con la quale si apre questo intervento, qualcuno sorriderà. Ma sarà una risata amara. E purtroppo non possiamo non condividere la sagacia del nostro intuitivo lettore.
I camerati, nonché chiunque si interessi seriamente di Storia ( per “interessarsi” non intendiamo recitare il Sabbatucci a memoria come fanno certi storici, fantozziani nella loro ridicolità ) cercando di studiarla, o perlomeno di capirla, nelle sue varie sfaccettature, sanno bene di cosa stiamo parlando.
C’era già stata occasione, qualche mese fa, di parlare di David Irving e più in generale della persecuzione – con tanto di pestaggi e bomba sotto la macchina ( chiedere a Faurisson per credere ) – che, quasi come una moderna Via Crucis obbligata, gli storici revisionisti devono affrontare e subire quotidianamente. In quella occasione ebbi modo di illustrare, sinteticamente e in brevissima maniera, l’attività dei revisionisti. Storici scomodi al potere per il loro tentativo di dare nuove interpretazioni a fatti, movimenti politici o periodi storici non riconosciuti comunque dalla Storiografia ufficiale. In particolare Fascismo e Nazismo. E sappiamo bene come l’opinione pubblica e il potere che la comanda meschinamente, nei confronti di chiunque osi mettere in discussione il dogma dell’Olocauto e del “male assoluto” nazi-fascista, erge a protezione del suddetto dogma tutti i mezzi a sua disposizione. Inclusi quelli giudiziari. I quali, quando si tratta di incriminare uno storico per le sue ricerche scomode, si muovono con una meticolosità e precisione sconosciute nei processi ai delinquenti. Quelli veri, però. Non quelli ritenuti tali solo perché non assecondano il potere.
Eravamo rimasti all’arresto di David Irving, avvenuto in territorio austriaco, per apologia di Nazismo. Reato penalmente perseguibile in Austria, ma anche Germania, Francia e diversi altri Paesi europei. Senza volerci addentrare in digressioni giuridiche che non ci competono in questa sede, per “apologia di Nazismo” si intende propagandare o celebrare o lodare determinati aspetti o iniziative del fasci-nazismo, mettendone in evidenza, positivamente, la connotazione razzista, xenofoba e violenta.
Inutile dire che Irving non ha fatto niente di tutto questo. Semplicemente ha portato avanti la tesi secondo cui i Nazisti non avrebbero programmato, su scala mondiale, lo sterminio sistematico degli ebrei ( perché questo, cioè sterminare una determinata razza fin nei più sperduti angoli del globo, sarebbe stato impossibile ) e che i forni crematori dei vari campi di concentramento non rispondessero ad una volontà di sterminio, bensì ad una normale scelta igienica e sanitaria giustificata nella necessità di bruciare i morti di tifo – onde evitare il diffondersi di quest’ultimo – provocato dai continui bombardamenti degli Alleati. Da questo punto di vista quindi anche le cifre dei morti nei campi di concentramento nazisti vanno opportunamente rivalutate. In estrema sintesi ( non possiamo qui soffermarci né sull’attività di Irving né sul Revisionismo in generale, ma Internet può costituire un valido e tuttora indispensabile punto di partenza e di riferimento per documentarsi più a fondo su questo filone di studi storici ) questo è quello che Irving, più altri storici, cercano di fare nei loro studi. Il che – è una considerazione scontata ma vale comunque la pena di farla – non significa esaltare il Nazismo o non porsi in maniera critica di fronte ad esso. Non significa misconoscere le atrocità o le ingiustizie che purtroppo, da una parte come dall’altra degli schieramenti in conflitto, ci furono e che furono tante. Significa soltanto cercare una interpretazione altra a quello che la Storiografia ufficiale vuole far passare per una verità certa e ineluttabile, evitando il confronto con le tesi che i revisionisti sostengono.
David Irving è stato arrestato e riconosciuto colpevole del reato addebitatogli. Tre anni di reclusione, gli è stato negato il beneficio di sospensione condizionale della pena. Nessuna attenuante. Quel sistema di impunità e di agevolazioni che è una triste realtà per pedofili, stupratori, ladri e assassini impuniti e recidivi, non può essere concesso a David Irving.
Non c’è giorno in cui un criminale, macchiatosi di qualche efferato delitto, non esca dal carcere molto prima di scontare definitivamente la pena comminatagli ; c’è sempre qualche giudice pronto a concedere un premio di buona condotta, o a sorvolare su qualche vizio di forma, che rimette in libertà il disgraziato. Il quale, oltre al danno la beffa, spesso e volentieri si accanisce contro colei o colui che aveva contribuito alla sua incriminazione, magari uccidendolo/a o picchiandolo/a. I casi di cronaca sono pieni, soprattutto nell’ultimo periodo, di avvenimenti del genere. Ma per bene che vada, lo risentiamo qualche giorno dopo la scarcerazione, al telegiornale in quanto ha commesso lo stesso reato. Questo è triste e degradante prassi nel nostro Paese, ma presente anche nel resto dell’Europa. Prodotto disumano e rozzo di quel volgare buonismo che conduce, giorno dopo giorno, all’annientamento dell’Europa e al suo stesso annichilimento.
Dunque? Irving peggio di un pedofilo. Peggio di un assassino. Peggio di uno stupratore o un malfattore qualunque. Neanche i servizi domiciliari.
La differenza? Il pedofilo, l’assassino o lo stupratore non mettono in discussione il potere. Irving, seppur implicitamente, lo fa. Riconoscere David Irving, e i suoi colleghi o collaboratori, come storici con i quali poter evidentemente imbastire un confronto storico, significa mettere in discussione, anche un minimo, il dogma olocaustico, lo sterminio degli ebrei, la barbarie nazi-fascista e tutto il corollario di menzogne che sistematicamente siamo costretti a sorbirci dai principali mezzi di informazione. Cioè tutto quello che, messo insieme, costituisce la legittimazione, agli occhi del popolo imbecille, dell’attuale sistema democratico. Pubblicare un libro di Irving, o di Faurisson, o di Hardwood, significherebbe riconoscerli come interlocutori. Dare spazio alle loro tesi. Partire dal presupposto – insito in ogni confronto – che uno dei due contendenti può avere ragione. E quindi confermare che forse qualcosa che non ci è stata detta, o sulla quale ci hanno mentito, c’è. Lo sterminio degli ebrei e la follia di Hitler, di Mussolini e dei loro complici, deve restare quello che è : un dogma. Come il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, in esso bisogna credere ciecamente, non fare domande. Non bisogna dubitare. Quindi Irving è come fumo negli occhi. Nel silenzio della democratica Europa ( la stessa Europa che tuona contro Ahmajinehad per delle sue dichiarazioni – le quali finché non diventano fatti non fanno male a nessuno – e che tace riguardo il lager a cielo aperto che Israele costruisce sul popolo palestinese ) David Irving viene rinchiuso in una cella austriaca per il reato d’opinione di sovietica memoria.
Basta semplicemente leggere le opere di David Irving – introvabili in commercio e reperibili quasi esclusivamente in Internet ( l’unica cosa che l’apparato repressivo della tirannia democratica non riesce a controllare ancora a dovere ) – per rendersi conto come queste siano cariche di informazioni e di prove che agli storici di regime sono sconosciute. O meglio, che non hanno mai sottoposto alla nostra attenzione di lettori. E quindi ci si accorge di quanto Irving sia pericoloso, proprio perché documentato e preciso nelle sue osservazioni.
Ma non è nostra intenzione, né ora né mai, fare di Irving il Prometeo delle ricerche storiche nell’ambito del Fascismo e del Nazismo. E non è perché si chiama Irving che balziamo in piedi.
La nostra indignazione, indignazione di uomini intelligenti che vogliono essere liberi, consiste tutta nel constatare come in questo regime di libertà quest’ultima viene utilizzata a senso unico : quando si tratta di insultare i musulmani con delle vignette blasfeme, ci si appella ipocritamente alla libertà di opinione. Quando invece si tratta di decidere, tramite leggi e condanne, cosa si può e cosa non si deve pensare, cosa si può e cosa non si deve dire, allora si trovano tutte le giustificazioni, anche le più imbarazzanti. La legge Gayssot francese è stata subito copiata da altri Paesi come Austria, Belgio, Repubblica Ceca, Slovacchia e via discorrendo : generalizzato divieto, vergognosamente accettato dall’opinione pubblica che si proclama libera e indipendente, di esprimere liberamente le proprie idee e di cercare di fare una ricerca storica indipendente. Nel senso nobile del termine. Anzi, l’opinione pubblica, per bocca di alcune sue voci più o meno eminenti, approva questo comportamento. Uno di questi è per esempio Guido Bolaffi, conduttore di Rai3 ( già capiamo il livello di indipendenza del personaggio ) e consigliere di D’Alema, nonché particolarmente tollerante nei confronti di Israele ( nuovamente non avevamo dubbi ). Bolaffi definisce le vignette satiriche sui musulmani libertà d’espressione ( e come dubitarne? ) mentre approva invece la crociata anti-revisionista di potere e giornali. Addirittura definisce le ricerche di Irving, molto probabilmente senza neanche averle mai lette, semplicemente “pornografia”. Sorvolando sull’inesattezza del termine, Bolaffi è la dimostrazione esemplare del giornalismo e della cultura sottomessa alle grandi lobby di potere, in primo luogo quella giudaica. Ma è in buona compagnia.
Il potere giuridico si arroga quindi il diritto di decidere quello che dobbiamo e quello che non dobbiamo leggere, cosa si deve pensare e dire e cosa invece non si può nemmeno pensare.
A giustificare questa repressione generalizzata e totalitarista, di questo lavaggio del cervello subdolo e globale, ci sono diverse motivazioni. Cerchiamo di analizzare – in maniera sintetica - le più diffuse.
Una di queste consiste nel fatto che gli scritti di Irving, come quelli di Hardwood, Mattogno, Faurisson, Nolte etc., siano pericolosi. Ovvero che le giovani generazioni, leggendo questi testi, siano portati a sottovalutare l’immane catastrofe e la distruzione alla quale il Nazi-fascismo ci ha portato. Questo perché le giovani generazioni, e chi non ha i mezzi adatti per farsi una cultura solida e libera, non hanno per l’appunto gli strumenti per vagliare le informazioni attendibili e quelle meno attendibili. Fortuna che ci sono i giudici austriaci. Questa obiezione è talmente stupida e in malafede che, se non fosse uno dei leit-motiv dei cortigiani di regime, neanche meriterebbe di essere menzionata e discussa.
A questo punto le obiezioni sono due. La prima : non ho notato lo stesso livore e la stessa preoccupazione per le giovani generazioni per i libri di storia sui quali i giovanotti studiano. Libri che nascondono le aberrazioni più crudeli del comunismo, che infangano, in tutto e per tutto, il nazifascismo dipingendolo come il male assoluto. Libri che hanno sottratto alla storia nazionale le foibe per un semplice calcolo politico. Qualche esempio terra terra? Basta soltanto leggere i termini con il quale vengono descritte le atrocità comuniste che ci si fa un’idea, seppur minima. Sei milioni ( ? ) di ebrei li chiamano sterminio. Sessanta milioni ( dieci volte tanto, se la matematica non è un opinione ) di cinesi li chiamano “rivoluzione culturale”. Mah…misteri della Storia. Oppure prendetevi lo Zingarelli e cercate il termine “foiba” : non lo troverete. Oppure accendete la tv e vedete se danno un documentario sui crimini alleati nella seconda guerra mondiale, o sui crimini di Tito, di Stalin ma anche di Lenin. Immagino di no. Sentirete olocausto, olocausto e ancora olocausto.
Non ho visto nessuna persona libera e indipendente strapparsi i capelli per la continua propaganda comunista e antinazionale che imperversa nelle Facoltà ( sfido qualcuno a trovarmi, in tutta Italia perlomeno, una Facoltà Universitaria, tranne la Bocconi di Milano o la Cattolica di Roma, che non siano a sinistra ), nelle scuole, nella magistratura, nella cultura, nei giornali e nelle televisioni. Nessuno si è mai posto il dubbio se quello che insegna o fa un insegnante, attivamente impegnato in politica o comunque militante, sia riconducibile alle sue idee politiche? Lo stesso dicasi per altre categorie…solo Irving plagia le giovani menti indifese? A me sembra che le giovani menti siano già state rese ampiamente rincretinite da Grande Fratello, cellulare che scatta le fotografie e motorino propri di questo sistema. Certo non è l’inquadramento con il passo dell’oca con tanto di M dorata stampata sul petto, ma è molto più efficace.
Seconda obiezione : come si può pretendere che un ragazzo che voglia informarsi, o qualcuno che voglia aumentare la propria conoscenza, possa farlo in maniera profonda se si è già deciso cosa può essere e cosa non può essere pubblicato? Si attenta, già dall’inizio, alla sua formazione. Se qualcuno – appassionatamente antinazista e filoisraeliano – volesse leggersi i testi di Irving per vedere le assurdità che dice riguardo la seconda guerra mondiale, perché non può farlo?
E’ normale che il potere si assuma il diritto di decidere cosa leggere e cosa no?
Noi pensiamo che la ricerca storica vada nobilitata dalla ricerca storica stessa. Chiunque, sia egli fascista, comunista, socialista o anarchico, di destra o di sinistra, filoisraeliano o antisemita, deve avere l’occasione di dire la sua. Sarà poi il confronto e la dialettica, nell’ambito di quella stessa disciplina, a decidere chi ha ragione. E il lettore-spettatore, vagliate le tesi, deciderà da che parte stare o se stare da qualche parte. Tesi storiche superate o inesatte vanno analizzate ed eventualmente smontate all’interno della Storiografia. Non è forse questa la democrazia? Non è forse così che si produce cultura?
Irving è un impostore con tendenze da storico? Afferma delle ipotesi dettate dal suo strabismo ideologico e non da ricerche serie e documentate? Benissimo. Dimostratecelo. Da quando in qua gli storici hanno bisogno dei giudici – che arrestino lo storico controcorrente e proibiscano la vendita e la diffusione delle sue opere – per portare avanti le proprie tesi? Sembra quasi che laddove non arrivi lo storico subito si fiondi il giudice : sembra che per alimentare il dogma dell’Olocausto non bastino solo gli storici. E tutto ciò non è solo antidemocratico, ma deprimente e squallido.
Noi Europei, si dice, abbiamo tutte le libertà che vogliamo.
Possiamo dare i bambini ai culattoni ( si può dire culattoni con la libertà di espressione? Beh…se loro disegnano i musulmani che si fanno sodomizzare dai cani io a maggior ragione potrò dire culattone ai culattoni ), concedere il matrimonio ai travestiti e ai transessuali, ammazzare i bambini che non vogliamo mediante quell’infanticidio legalizzato chiamato “aborto”, dare dei sodomiti ai musulmani e appellarci alla libertà di espressione. Abbiamo tutte le libertà fuorché quelle che contano davvero, quelle che mettono in discussione il potere e lo legittimano, nobilitandolo nella lotta per il suo popolo.
Siamo come dei maiali. Il maiale infatti sta in un suo recinto e non deve assolutamente pensare alla propria sopravvivenza : pensa a tutto l’allevatore, il quale striglia il suo maialino, lo lava, gli costruisce il riparo dalle intemperie ( ahimè i nostri governanti non fanno neanche più questo ), gli fornisce le ghiande e la crusca, e quando magari non ne ha magari qualcos’altro : tanto il maiale mangia e si beve di tutto. Ma non si permetta il maiale di provare ad uscire dal recinto o di chiedere un diverso tipo di ghianda.
Tanto alla fine arriva l’allevatore, lo sgozza e lo mette allo spiedo. A prescindere.
Loro con noi stanno facendo questo : ci permettono di mangiare crusca e ghiande, ma uno dopo l’altro ci sgozzano. Solo che sono dei furbacchioni, perché non usano coltelli o spiedi. Usano giornali, valigette piene di soldi, toghe, onorevoli e senatori, pennivendoli e giornalisti corrotti.
Ma mentre il maiale non ha colpa di quello che gli accade perché non ha il diritto di dire la sua né di capire quello che gli sta succedendo, noi siamo viceversa colpevoli.
Molto probabilmente Voltaire o la Hall, se fossero ancora vivi, non sarebbero contenti. Proprio per niente.
Andrea Chessa
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