Sono stati aggrediti con calci e pugni nel quartiere
romano dell’Esquilino, mentre passeggiavano mano nella mano. La loro colpa?
Essersi scambiati delle effusioni davanti ad una moschea, tra l’altro abusiva, in
quanto era stata chiusa diversi mesi prima.
È successo qualche giorno fa, precisamente nella notte
tra domenica e lunedì, ad una coppia di cittadini romani, che in seguito all’incontro
ravvicinato con un immigrato malese, frequentatore della moschea, sono stati
costretti a ricorrere alle cure del Pronto Soccorso. L’episodio sarebbe potuto
finire ben più tragicamente se non fosse intervenuta una pattuglia delle forze
dell’ordine, che transitava da quelle parti per un normale controllo.
In questo episodio di cronaca c’è tutto il fallimento
dell’immigrazione selvaggia che in questo Paese è stata non solo permessa, ma
addirittura incoraggiata e fomentata, per anni e anni: una moschea abusiva che
non sarebbe dovuta essere aperta e che invece svolgeva normalmente la sua
attività, sotto gli occhi di tutti; un cittadino straniero che non riconosce
alcuna legge e alcuna tradizione della Nazione che lo ospita (in Italia,
fortunatamente, non siamo a Ryiad, e baciarsi per strada è permesso) ma,
viceversa, pretende di imporre la propria; la mancata copertura mediatica della
notizia, che sarebbe stata di ben diverso tenore se, ipotizziamo, si fosse
trattato di un immigrato aggredito da un italiano (abbiamo visto come nel caso
di Fermo, giusto per fare un esempio, un mafioso nigeriano che voleva
massacrare un nostro connazionale sia diventato una vittima, e la vera vittima,
Amedeo Mancini, sia stato criminalizzato per mesi su tutti i mass media, con
tanto di Boldrini che piagnucolava in TV contro il ritorno del pericoloso
razzismo).
L’ennesimo esempio di tragedia sfiorata e di
doppiopesismo mediatico, che fa si che quando una notizia permette di
propagandare l’immagine del “povero immigrato” viene riproposta incessantemente
e in tutte le salse, e quando invece riguarda le prepotenze dei fancazzisti
invasori viene coperta.
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