sabato 7 marzo 2009

Durban II: l'Italia non ci sarà

Il Ministro degli Esteri Franco Frattini, approfittando della riunione della NATO a Bruxelles, ha fatto sapere ufficialmente che l’Italia non parteciperà alla Conferenza contro il Razzismo, ribattezzata Durban II (dal nome della città sudafricana, per l’appunto Durban, dove si svolse il primo incontro), che si terrà a Ginevra il prossimo mese di aprile. Alla stessa decisione sono giunti Stati come Canada, Stati Uniti d’America, Israele, Francia, Belgio, Danimarca e Canada.

Si tratta di una pregiudiziale fortissima. Che ricorda di molto la precedente conferenza, dello stesso tenore, che si svolse a Durban (Sudafrica) qualche anno fa, precisamente nel 2001.

Secondo la diplomazia italiana, nel testo che sarà presentato a Ginevra vi sono delle pregiudiziali fortemente antisemite che per il nostro Paese non sono negoziabili: prima fra tutte l’equiparazione tra razzismo e sionismo, a seguire la quale vi sarebbero tutta una serie di accuse alla politica che Israele applica nei Territori Occupati, giudicata “in violazione dei diritti umani internazionali, un crimine contro l’umanità e una forma contemporanea di apartheid”. Nel testo, inoltre, si esprime “profonda preoccupazione per le discriminazioni razziali compiute da Israele contro i Palestinesi e i cittadini Siriani nel Golan occupato”.

Secondo gli Stati Uniti, inoltre, questo convegno verrebbe strumentalizzato dai fanatici musulmani, Iran in primis, per gettare “discredito” nei confronti dello Stato-canaglia di Israele. Tutto ciò è quantomeno paradossale se si pensa che l’Iran non risulta invitato alla manifestazione.

Ben altri sono, invece, gli scopi della Conferenza di Durban II, che parte dallo stesso presupposto della volta scorsa: che i principi che erano già stati stabiliti nel 2001 ( si tenga ben presente che USA e Israele boicottarono anche quella precedente) non sono serviti a fermare i tanti conflitti armati che purtroppo imperversano giornalmente in ogni angolo del globo e che sono stati causati in gran parte proprio da parte di quei Paesi che hanno sabotato il precedente incontro. E tali conflitti armati sono causati proprio dal razzismo, dalla discriminazione, dalla continua e persistente violazione dei diritti umani e dalla negazione della autodeterminazione nazionale, che pure l’ONU, tra le sue prerogative, si impegna a difendere e nello stesso tempo a rispettare. Risultato di questo impegno è la CERD (Convention for the Elimination of alla forms of Racial Discriminations), che Israele ha sottoscritto, obbligandosi quindi a rispettare, nel 1979. Fino ad ora, però, il comportamento di Israele va esattamente nella strada opposta rispetto alle linee guida contenute nel documento delle Nazioni Unite, e i palestinesi non sembrano averne tratto alcun particolare giovamento.

Innanzitutto vi è da dire che era perfettamente prevedibile che nazioni come l’Italia, gli USA o Israele avrebbero cercato di sabotare in ogni modo il processo di pace. Israele fra tutti. E’ stata infatti Israele, in tutti questi anni, a dimostrare il più alto disprezzo per le Nazioni Unite; non soltanto disattendendo le 73 esplicite risoluzioni ONU che intimano ad Israele, come Stato occupante, di provvedere al meglio alle condizioni di vita dei palestinesi; ma anche perché è stato proprio lo Stato ebraico, nell’ultima spedizione punitiva contro la gente di Gaza, a sparare impunemente sugli edifici con la bandiera dell’ONU, sulle ambulanze; è stata Israele a cercare di intimidire tutti coloro che, rappresentando l’ONU, hanno criticato il suo comportamento nella Striscia: Richard Falk, ambasciatore ONU, ebreo americano, che è stato tenuto in ostaggio per qualche ora al confine israeliano, e poi espulso come “cittadino non gradito in Israele”, è solamente l’ultimo in ordine di tempo.

E, più in generale, è proprio Israele a perseguire, fin dal 1948 (anno che i palestinesi definiscono “nabka”, cioè “tragedia”) politiche di discriminazione e di imprigionamento non solo ai danni dei nativi palestinesi, ma anche degli Stati e dei popoli vicini.

Per quanto riguarda gli USA, sono stati proprio questi, con una politica di unilateralismo e di aggressività propria della dottrina neoconservatrice di Bush e dei suoi accoliti, ad invadere due Stati sovrani con la scusa di armi di distruzione di massa, che non sono mai state trovate probabilmente perché non sono mai esistite (Iraq), e con la scusa di combattere l’inafferrabile Bin Laden (Afganistan). E sono sempre gli USA che, grazie al generoso sostegno economico che ogni anno versano ad Israele (si va dai 3 agli 8 miliardi di dollari, secondo le varie stime che propongono Walt e Marsheimer nel loro “La lobby israeliana e la politica estera USA), permettono a quest’ultimo di continuare la sua politica espansionistica, forte anche dell’appoggio diplomatico incondizionato che sa di poter ricevere dall’unica superpotenza rimasta.

Per quanto riguarda l’Italia, è stata l’unica nazione che ha dimostrato un tale grado di servilismo nei confronti dei sionisti e degli americani. Ricordiamo solo che, mentre la superpotenza pirata del Medio Oriente inceneriva Gaza con la sua elevatissima tecnologia di morte, i nostri parlamentari hanno avuto la faccia tosta di indire manifestazioni dove campeggiavano giganteschi striscioni con questa scritta: “Con Israele per la pace”. In nessun altro Paese europeo si ha avuto il coraggio di arrivare a tanto.

E’ molto probabile che questa conferenza naufragherà, o partirà comunque abbastanza monca a causa dell’assenza di interlocutori importanti. Ma ormai i crimini di Israele sono di portata mondiale. Le balle dei reggibastone non bastano più: basta una telecamera ed una connessione ad internet perché tutto il mondo possa vedere quello che gli israeliani praticano quotidianamente nei confronti dei palestinesi.
Che altro non è se non l’applicazione, lucida e coerente, del sionismo. Di quell’ideologia, cioè, che fin dalla sua nascita, nell’Ottocento, ha previsto scientificamente l’allontanamento forzato della popolazione araba dai suoi territori per l’edificazione di Eretz Israel, la Grande Israele. E mentre all’Italia si chiede ancora di cospargersi il capo per delle leggi razziali che di fatto diventarono inapplicabili, tali e tante erano le esenzioni per gli ebrei all’interno dell’impianto legislativo varato dal Fascismo, in Israele il razzismo si applica oggi. Centinaia di migliaia di palestinesi sono stati sfrattati dalle loro case e molto probabilmente sarà loro impedito per sempre di rientraci (Israele ha sempre detto, senza alcun tentennamento, che il ritorno dei profughi ai loro territori di origine è fuori discussione); su circa 6000 chilometri quadrati di territorio palestinese, Israele se ne è unilateralmente annesso più di 3500. All’interno di Israele i cittadini palestinesi, anche quei pochi che hanno acquisito la cittadinanza israeliana a seguito di matrimoni con israeliani, rimangono discriminati per il resto della loro vita: più di 3000 palestinesi della palestinesissima Jaffa hanno visto le loro case venire abbattute, con la scusa che erano considerate case abusive nonostante fossero lì da decenni. Nel solo marzo 2008 Israele ha finanziato piani edilizi per l’edificazione di nuove città e nuove colonie, e lo stesso Governo ha annunciato 15.000 nuove case in via di costruzione.

Non solo questo. Soltanto negli ultimi anni, lo Stato di Israele si è reso responsabile di varie violazioni territoriali (prevalentemente aeree) ai danni delle altre nazioni vicine: in primo luogo Siria, Iran ed Iraq. Ha inoltre condotto guerre su vasta scala volte ad opprimere popolazioni confinanti, come nella guerra del Libano 2006, o nell’invasione della Striscia di Gaza nel dicembre 2008. La Striscia, in particolare, è sotto occupazione militare da anni, con gravissimi danni per l’economia palestinese e la mobilità dei cittadini residenti al suo interno, i quali, per uscire, devono sottoporsi ad interminabili file di ore ed ore ai check-points sotto controllo israeliano, che regolano l’entrata e l’uscita non solo delle persone, ma anche delle merci, dei medicinali, della benzina, delle parti di ricambio per gli autoveicoli, etc. Per cercare di risolvere questa situazione di isolamento totale, i palestinesi sono stati costretti a scavare dei tunnel sotterranei, della lunghezza di qualche centinaio di metri, che collegano l’estremità della Striscia di Gaza con il confine egiziano. Proprio come fanno i topi i quali, quando si vedono in trappola, cercano in tutti i modi una via di uscita. Israele bombarda giornalmente questi tunnel.

Per il “nostro” Ministro tutto questo non è niente di diverso dall’ ”antisemitismo”. Bisogna chiedersi se la malafede di Frattini è voluta, nel senso che è utile a ben determinate lobby di potere, oppure dettata dall’ignoranza. La seconda, purtroppo, non può essere, essendo Frattini un personaggio sveglio, intelligente e nient’affatto stupido. E allora è la prima. Ma anche i sassi riescono a comprendere che “sionismo” ed “ebraismo” sono due cose ben separate e distinte: tantissimi ebrei del mondo sono antisionisti, allo stesso modo in cui tanti sfegatati sostenitori di Israele e del sionismo non sono ebrei. E come si potrebbe parlare di Israele senza includere gli ebrei, o di ebrei senza includere Israele, dato che è stato proprio questo Stato-pirata ad autodichiararsi “Stato ebraico”, denotandosi così in senso esplicitamente religioso, pertando discriminatorio e condannabile in sede internazionale?

Avrebbe fatto piacere vedere i criminali di guerra non dico ad una nuova Norimberga (per questo bisognerà attendere ancora, a mio parere), ma quantomeno ad un confronto – come poteva essere il Convegno contro il Razzismo – in cui qualcuno chiedesse od esigesse queste precisazioni. Non ci saranno, neanche questa volta.

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