giovedì 19 marzo 2009

Pitbull, yorkshire e la tipica idiozia italica

Le recenti aggressioni di cani randagi contro persone e bambini, nonché le idiote reazioni a queste, sarebbero da classificare tra le pagine di cronaca nera se non rivelassero, a mio modo di vedere, un modo di pensare endemico, ed altamente dannoso, della classica mentalità italica.

Quella, cioè, di non saper guardare avanti, di essere incapaci di progettare il futuro, e pertanto di oscillare, ogni volta che i problemi si propongono (o vengono proposti) con una certa urgenza, tra gli estremi. Se è vero che spesso e volentieri una reazione estrema è necessaria ed auspicabile per risolvere una situazione di estrema urgenza, è anche vero che ragionare sempre e comunque in bianco o nero, senza essere capaci di saper cogliere le sfumature, non è solo cretinaggine (spesso e volentieri dettata dall’ignoranza di situazioni ed avvenimenti), ma, nel caso italiano, il modo più comodo e più veloce per risolvere problemi dei quali ci si è disinteressati per decenni.

Qualche imbecille elogia la mafia su internet? Chiudiamo internet! Ogni fine settimana intere legioni di ubriaconi e cocainomani si spalmano sopra qualche innocente automobilista o su qualche albero? Vietiamo l’alcol! Le discoteche sono il luogo in cui si consumano spesso e volentieri sostanze stupefacenti? Chiudiamo tutte le discoteche! E nella fattispecie: dei cani randagi aggrediscono in branco i bambini? Uccidiamo tutti i cani!

Il problema delle razze canine pericolose e del randagismo va inquadrato proprio in questa ottica.

Innanzitutto, per il sottoscritto, il problema delle razze canine pericolose non si pone certamente con l’urgenza che viene strepitata dai mass media e dai governanti. Sarebbe scorretto negare che alcune razze di cani, come per esempio i pitbull oppure i boxer, hanno una aggressività (soprattutto intracanina, cioè tra cani che sono della stessa razza) maggiore rispetto ad altri cani. Ma nulla che un addestramento portato avanti con scrupolo e coscienziosità (senza utilizzare metodi violenti o coercitivi nei confronti dell’animale), e un padrone intelligente e sensibile, non possano risolvere. Pertanto, affidare i cani (o determinate razze di cani) solo a persone che non abbiano precedenti penali per reati contro le persone, ad esempio, e portare via gli animali che vengono sfruttati dal loro padrone solo per fare del male, è già un buon punto di partenza per far si che i cani possano crescere serenamente e pacificamente con la società che li circonda. Ma nessuno, a quanto ho modo di vedere, sembra pensare a queste elementari soluzioni…

Si potrebbe obbiettare a quanto sopra scritto semplicemente facendo una rassegna stampa delle aggressioni di pitbull, boxer o rotweiller avvenute negli ultimi mesi. Rispondo che la cosa sarebbe altamente fuorviante. Per un motivo molto semplice. Quanti di voi conoscono cani di piccolissima taglia (pincher, yorkshire etc.) particolarmente aggressivi? Io ne ho visti tantissimi. Solo che se si viene morsi da uno yorkshire la cosa non fa notizia (spesso basta qualche pedata per riportare alla ragione la bestia troppo esuberante), mentre se si viene morsi da un pastore tedesco o da un rottweiler, cani dalle mascelle ben più potenti e tenaci, ecco subito accorrere legioni di giornalisti che cominciano a parlare di razze pericolose e di cani pericolosi.

Io stesso ho amici che hanno cani di grossa taglia (pastore tedesco, rottweiler, pitbull, boxer) da anni, bestie dolcissime e altamente pacifiche, esclusivamente dedite al gioco, alle coccole e al proprio padrone. E ho anche amici che hanno cani piccolissimi ma letteralmente ingestibili e pericolosi. Faccio solo l’esempio di un mio amico che è costretto a rincorrere giornalmente il suo yorkshire per tutta la città, poiché quest’ultimo vaga per le strade cercando di azzannare quanti più bambini possibile. Solo che questo yorkshire riesce, fortunatamente, a fare ben pochi danni per via delle sue piccole dimensioni, e l’unico scopo che raggiunge è quello di farci ridere a crepapelle.

Questo per dire una cosa essenziale: che gli animali, e specialmente i cani, sono bestie splendide capaci di dare un amore incondizionato in cambio di qualche ciotola di croccantini e di tante coccole, tanto da diventare per il padrone dei veri e propri amici e compagni inseparabili, spesso molto più di tanti presunti “umani”. E gli occhioni di un cagnone grande e grosso che non appena scendi dall’auto ti salta addosso, sbavandoti addosso e ricoprendoti di peli, in molte case (la mia in primis) è un rito con il proprio fedele compagno da celebrare con solennità.

Questo per dire qualcosa sul problema “razze pericolose”, che viene imposto con urgenza e clamore ad ogni aggressione canina che viene riportata dalle agenzie di stampa. Ma il problema del randagismo potrebbe muoversi su un terreno analogo.

In Italia è stimato che i cani randagi siano all’incirca 600.000, di cui neanche un terzo (per la precisione circa 150.000) sono custoditi nei canili. Il numero, purtroppo, è destinato ad aumentare, ed è fedele specchio dell’inciviltà italica che fa si che questa sia un urgenza tipicamente italiana. Nessun paese europeo ha un problema randagismo, tranne l’Italia.

Pertanto quasi mezzo milione di cani vaga per tutta la penisola, spesso e volentieri unendosi in branco, cercando un tetto sulla testa e qualcosa da mangiare. Il fare branco è una necessità: insieme si è più forti, e quando si sta insieme c’è bisogno di qualcuno che comandi mentre gli altri sono costretti ad ubbidire (come gli esseri umani, anche se tanti idioti si ostinano a negare questa evenienza). Spesso e volentieri le vicissitudini del branco di randagi, che sono maltrattati, affamati, sporchi ed ammalati, fanno si che questi cani divengano particolarmente aggressivi nei confronti di chiunque. Se voi foste da giorni senza mangiare, tremanti di freddo ed ammalati non sareste un poco incazzati? Ma non sono i cani ad essere feroci: è quella condizione che scatena tutta la rabbia di cui sono capaci. E quella condizione è colpa dell’uomo, che prima li ha voluti e dopo li ha abbandonati.

Anche qui, i rimedi sarebbero pochi ma buoni: pratiche di sterilizzazione forzata per evitare la riproduzione dei randagi (ormai la sterilizzazione è quasi completamente senza conseguenze per la stragrande maggioranza degli animali sui quali viene fatta), canili a misura di cane (gabbie ampie e spaziose, condizioni igieniche buone, climatizzazione automatica per non far soffrire agli animali le rigide temperature invernali), leggi severe e dure contro l’abbandono ed il maltrattamento degli animali (multe salatissime e nei casi più gravi il carcere), educazione alla convivenza uomo-animale sin dalla più tenera età (pensate quanto sarebbe bello portare, una volta al mese, dei cuccioletti abbandonati nelle scuole in modo da abituare i bambini a convivere e a rispettare quelli che poi molto probabilmente saranno i loro amici), campagne di prevenzione contro il randagismo, di sensibilizzazione al problema, e di repressione contro gli abusi sugli animali.

In sostanza tutte cose che sentiamo dire da decenni, ma che vengono sostanzialmente disattese. E nel frattempo siamo costretti a sentire proposte abominevoli, vergognosamente ammantate di legittimità, come la soppressione forzata di tutti i cani randagi. Tipico degli italiani, per i quali il buon senso e il semplice ragionamento è un optional.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Ciao Andrea,questa è una poesia in ciociaro scritta da un mio conterraneo,spero che si capisca il senso

'NE CANE

Siè lette la nutizia maddemane?
qual' essa cumpa? Chella deglie cane
ch' è fatte glie piantone alla prigione
do' c' erene schiaffate glie padrone.
Parecchia gente s'è pigliate a core
ste cane ch' aspettava pe dafòre.
Une che chiù degli atre s'è cummosse,
ogni mezz' ora c'è jettava n' osse
ma la bestia sta manna refiutava
perchè senza padrone trebbulava.
Glie direttore, allora, assai gentile
è fatte entra glie cane aglie curtile:
Chiamate il detenute Brocca Pie
perchè glie stà a' spettà n' amiche sie!
Glie prigiuniere, quande ch' è arrevate
vedenneglie è rimaste senza fiate:
le recchie spelacchiate e pennechènne
a longhe c' è allisciate, pò chiagnenne
è ditte assì: Tiengue nepute i frate
ma sole tu de mi 'n te siè scurdate.
Amiche mie, bastarde siè dafòre
ma sotte a 'sè pilacce tiè ne core...
Cumpà, la siè capita la murale?
E' giuste dì: glie cane è 'n animale?
Colapietro.

Andrea Chessa ha detto...

E' bellissima. Poche righe e dice tutto. Fai i complimenti al tuo amico da parte mia, se possono valere qualcosa.