giovedì 26 marzo 2009

In Italia come in Iraq

Leggo che un F16 americano, decollato dalla base militare di Aviano per una normale esercitazione, ha avuto dei problemi in alta quota. Così il pilota ha pensato bene di liberarsi di due serbatoi di carburante, di mezza tonnellata ciascuno, sganciandoli sul centro abitato. Così, con molta nonchalance, come tanti automobilisti che distrattamente gettano un fazzoletto dal finestrino.

Il primo serbatoio è caduto a Tamai, centrando in pieno una casa e disintegrando una automobile parcheggiata, mentre il secondo serbatoio è caduto a Brugnera, sfiorando dei bambini che giocavano nei pressi.

Inutile dire che, se si è evitata la tragedia, è stato solamente per una incredibile serie di circostanze fortunate e fortunose.

Con curiosità provo a sfogliare qualche quotidiano, ma mi accorgo che la notizia è data solo dai quotidiani locali e da Il Manifesto.

Una strage sfiorata per colpa di un “top gun” non sembra allarmare eccessivamente i nostri politici. Non una parola di condanna, una interrogazione parlamentare; l’ennesimo atto di prepotenza degli americani nei confronti dell’Italia passa inosservato, non richiede neanche la pagina 20 di un giornale a distribuzione nazionale.

In un Paese civile, come minimo, il Ministro degli Esteri avrebbe contattato immediatamente i vertici militari USA, o anche l’ambasciatore americano in Italia, per rendere immediatamente colpo dell’accaduto, identificare il responsabile e punirlo secondo la punizione che merita. L’accusa, se formulata, dovrebbe essere gravissima. In quelli che una volta si chiamavano Stati nazionali, mettere in pericolo dei civili in tempo di pace, per negligenza o per vendetta, era considerata un’accusa molto grave. Invece, par di capire, in questa colonia americana dove sventola il tricolore un militare che per non appesantire troppo il suo aereo sgancia i suoi serbatoi pieni di carburante sui centri abitati non fa notizia, non suscita clamore, non provoca indignazione, ma solo qualche trafiletto nei giornali del posto. Il nostro Ministro degli Esteri Franco Frattini è troppo occupato a protestare contro l’antisemitismo di Durban II e a garantire il suo sostegno ad Israele; evidentemente non trova il tempo di fare nient’altro. Viene da chiedersi di quale Stato sia il Ministro degli Esteri, Frattini…

Certo, certo, se anziché centrare una automobile oppure l’aperta campagna i serbatoi avessero centrato qualche bambino, o qualche innocente passante, l’indignazione sarebbe stata grande. Ma, in Italia, si protesta solo quando ci scappa il morto, mai per evitare che il morto ci sia in futuro.

La Storia si ripete, come la strage del Cermis. Dove, dopo innumerevoli travagli subiti dai parenti delle vittime e coperture giudiziarie da parte degli americani (come confermato dagli stessi accusati), i quaranta milioni di risarcimento da destinare ai parenti delle vittime di chi perse la vita a causa dei piloti americani sono stati bloccati dall’allora Ministro della Difesa americano in persona, William Cohen (notare il cognome).

Come per Calipari, dove l’Italia rimase con un pugno di mosche in seguito alla piena assoluzione americana che ebbero gli autori di quell’attacco insensato.

Questo dimostra, a qualunque idiota che ancora non l’abbia capito, che la sovranità italiana non è fortemente limitata solo a livello economico o politico, ma anche sul fronte dove di solito si misura il potere di una Nazione: il fronte interno. L’Italia non riesce a protestare neanche per le arroganze più inverosimili: è la politica che io ho definito la “politica dei novanta gradi”.

E’ la stessa protervia americana che abbiamo sperimentato diversi decenni fa, quando il nostro suolo patrio fungeva da tiro a segno per i gangsters dell’aria e le nostre donne da premio per il vincitore. E’ la stessa protervia che vediamo tutti i giorni nei paesi sottomessi alla dittatura mondialista americana. L'Italia come L'Iraq. Almeno lì, però, trovano ancora qualcuno che li spara addosso.

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