Chi ha avuto, anche per poco tempo, un contatto di qualche tipo con i bambini, sa che hanno una capacità fondamentale: quella di riuscire, spesso, a dimenticare gli orrori della vita nei quali sono stati, loro malgrado, protagonisti. Negli occhi di un bambino c’è tutta questa purezza verso il mondo, una fiducia innata verso quello che sarà domani, verso le persone che lo circondano. Nei pochi brandelli di servizi televisivi che i farabutti media occidentali dedicano alla questione palestinese, nelle riprese dei bambini palestinesi o libanesi, un osservatore attento prova, a tratti, questa sensazione. Quella cioè che l’indole del bambino, proprio in virtù del fatto che è un bambino, sia fatta apposta per guardare avanti, verso il futuro. Anche se si vive in una striscia di terra sovrappopolata, con un esercito potentissimo che annichilisce e stermina, lentamente ma inesorabilmente, il proprio popolo indifeso; anche se i pochi centri di soccorso per bambini sono intasati da ragazzi con gravi turbe psicologiche a causa di quei mostri dell’aria che, con gran fragore, invadono lo spazio aereo per sganciare quotidianamente il loro carico di dolore e disperazione; anche se per la stragrande maggioranza di questi bambini non ci sarà alcun futuro, perché in quanto palestinesi, umiliati e vessati dalla brutale forza sionista, non possono accedere a lavori qualificati e socialmente qualificanti, comprare una casa, girare in automobile, vedere i propri parenti e amici a causa di un muro che li ghettizza e li isola dal mondo; anche se spesso i generatori degli ospedali non funzionano perché Israele non fa arrivare la benzina; anche se bisogna fare file interminabili di giorni, sottoposti ai soprusi di soldati con la stella di David che si rifiutano categoricamente di far passare una donna incinta, un contadino che deve mietere il suo campo, un paziente che deve affrontare un’operazione urgente; anche se è difficile persino andare a scuola, a causa di quei coloni, spalleggiati dall’esercito israeliano, che tirano i sassi sui bambini e sui genitori palestinesi. Sembra che quello sguardo fiducioso e puro, che ogni bambino su questa terra dovrebbe avere per diritto di nascita, sia giornalmente “sommerso” e vinto da questa quotidianità di orrore, di disperazione, di sporcizia.
Eppure, se l’Europa non fosse governata da un manipolo di burocrati massoni, e se gli Stati nazionali non si inginocchiassero quotidianamente davanti alla famosissima lobby, basterebbe poco per alleviare le sofferenze palestinesi. Le Palestiniadi, in questo senso, sono una dimostrazione lampante. Oggi, 29 novembre, in Libano si svolge questa manifestazione sportiva, comprendente discipline come il ping-pong, la pallacanestro, la corsa ad ostacoli, che permetterà ai bambini palestinesi di gareggiare tra loro, di conoscersi, di sorridere di nuovo. E’ l’eterno mito dello sport, competizione fiera da una parte e unione fraterna dall’altra tra i popoli, le culture, le tradizioni, che già i Greci avevano santificato con feste, altari, templi, celebrazioni.
Spiace vedere che la classe politica italiana, sempre più realista del re, snobbi questo avvenimento che invece è un’occasione importante non solo perché i libanesi e i palestinesi possano festeggiare, unirsi, stare insieme, ma anche per denunciare le continue angherie da parte di uno dei pochi veri Stati-canaglia della Terra: Israele.
Certamente, sappiamo che non possiamo aspettarci questo genere di cose dai nostri politici. Richiederebbe un coraggio, prima di tutto intellettuale, che loro non hanno e non hanno mai voluto avere; non a sinistra, dove il capo di Stato recita il solito rancido copione del filosionismo, della lotta all’antisemitismo etc.; non a destra, dove chi arriva al potere ha come primissima occupazione quello di far sventolare nell’istituzione dal lui rappresentata la bandiera di Israele, tanto per dimostrare subito che non intende contraddire il padrone.
Rimangono in pochi, noi per primi, a denunciare queste inumanità quotidiane. Oggi, come sempre da diciassette anni, senza sventolare le bandiere dei padroni, senza inginocchiarci a piangere per olocausti mai avvenuti, ma sempre e soltanto alzando il vessillo della Nostra tradizione e del Fascismo. Ma ricominceremo da domani. Oggi anche noi vogliamo sorridere e distendere la nostra anima, mentre guardiamo i bambini delle Palestiniadi giocare.
Eppure, se l’Europa non fosse governata da un manipolo di burocrati massoni, e se gli Stati nazionali non si inginocchiassero quotidianamente davanti alla famosissima lobby, basterebbe poco per alleviare le sofferenze palestinesi. Le Palestiniadi, in questo senso, sono una dimostrazione lampante. Oggi, 29 novembre, in Libano si svolge questa manifestazione sportiva, comprendente discipline come il ping-pong, la pallacanestro, la corsa ad ostacoli, che permetterà ai bambini palestinesi di gareggiare tra loro, di conoscersi, di sorridere di nuovo. E’ l’eterno mito dello sport, competizione fiera da una parte e unione fraterna dall’altra tra i popoli, le culture, le tradizioni, che già i Greci avevano santificato con feste, altari, templi, celebrazioni.
Spiace vedere che la classe politica italiana, sempre più realista del re, snobbi questo avvenimento che invece è un’occasione importante non solo perché i libanesi e i palestinesi possano festeggiare, unirsi, stare insieme, ma anche per denunciare le continue angherie da parte di uno dei pochi veri Stati-canaglia della Terra: Israele.
Certamente, sappiamo che non possiamo aspettarci questo genere di cose dai nostri politici. Richiederebbe un coraggio, prima di tutto intellettuale, che loro non hanno e non hanno mai voluto avere; non a sinistra, dove il capo di Stato recita il solito rancido copione del filosionismo, della lotta all’antisemitismo etc.; non a destra, dove chi arriva al potere ha come primissima occupazione quello di far sventolare nell’istituzione dal lui rappresentata la bandiera di Israele, tanto per dimostrare subito che non intende contraddire il padrone.
Rimangono in pochi, noi per primi, a denunciare queste inumanità quotidiane. Oggi, come sempre da diciassette anni, senza sventolare le bandiere dei padroni, senza inginocchiarci a piangere per olocausti mai avvenuti, ma sempre e soltanto alzando il vessillo della Nostra tradizione e del Fascismo. Ma ricominceremo da domani. Oggi anche noi vogliamo sorridere e distendere la nostra anima, mentre guardiamo i bambini delle Palestiniadi giocare.
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