“La Russia è stata provocata col progetto di collocare i missili in Polonia e Repubblica Ceca, e questo ha suscitato nella Russia reazioni di fermezza”. Segnatevi queste parole che Berlusconi ha pronunciato qualche giorno fa, perché solo sei mesi fa sarebbe stato semplicemente impensabile che il “nostro” si rivolgesse in questo modo “all’amico Bush”. Certamente, come oramai il nostro Presidente del Consiglio ci ha abituato da anni, la frase è stata prontamente smentita e il “premier” se l’è presa ancora una volta con i giornalisti rei, a suo dire, di travisare in continuazione le sue dichiarazioni. Ma questo atteggiamento, comunque lo si voglia vedere, è una dimostrazione di come la prospettiva comincia a cambiare. Anche lui, l’esempio vivente di “Cavalier servente” del carrozzone a stelle e strisce, sente che le cose non sono più le stesse. La situazione internazionale, per via dell’attuale crisi economica, è cambiata in un modo impensabile solo fino a un anno fa. Questo passaggio è epocale, è storico. Testimonia che adesso, ora che gli Stati Uniti trascinano l’intero mondo nell’abisso con la dottrina del “più libero mercato e meno Stato”, i servetti non sono più così disposti a farsi dettare le regole dalla Casa Bianca.
Il G20, in questo senso, ne è la dimostrazione più esemplare. E’ un ostacolo, non so dire quanto più o meno grande, al sogno di dominio massonico-mondialista che auspica la totale cancellazione delle sovranità nazionali, per lasciare il posto a entità sovranazionali. E invece venti Stati si siederanno, si guarderanno negli occhi, molto probabilmente prenderanno delle decisioni comuni; si parla già di una nuova Bretton Woods: l’ha detto Tremonti (colui che diversi mesi fa ad Annozero parlava di un gruppuscolo di “illuminati”), lo dice Medvedev, ne parla la stampa. Per la prima volta, mi accorgo che seguo gli eventi di queste ore non con la solita indifferenza, ma con un minimo interesse. E la dichiarazione di Berlusconi, di fatto una apertura verso la Russia, mi fa pensare che Russia e Italia non dico siederanno dalla stessa parte, ma quantomeno cercheranno qualche strada comune. C’è di che sperare che il dominio americano, che è di fatto enormemente aumentato da quando l’altra superpotenza, l’URSS, è collassata su se stessa, venga intaccato in qualche modo. E, con esso, il sistema di libero mercato. Quel sistema che per decenni ci ha cantato le lodi del capitalismo, dei capitali che automaticamente si allocavano da se, della competizione salariale, della privatizzazione in ogni campo dello Stato: quel sistema, insomma, del “più libero mercato e meno Stato” che chiunque si azzardava a criticare o a contestare era tacciato come Fascista, statalista (come se questi due termini fossero degli insulti), demagogo e così via... Meglio: l’intervento di Stato serve solo quando deve salvare le banche dall’insolvenza. In questo senso, i banchieri hanno rapinato gli Stati nazionali due volte: la prima quando hanno prestato a debitori che sapevano certamente insolventi, quando hanno trafficato in swaps, hedge funds, quando hanno giocato al casinò della finanza mondiale; la seconda quando hanno costretto gli Stati nazionali a finanziare le loro operazioni e i loro capitali con i soldi pubblici, cioè dei cittadini. Solo in America le banche hanno predato 700 miliardi di euro.
Sperare che tutto questo si concluda nel prossimo G20, o nei mesi futuri, è senza dubbio non realistico. La finanza internazionale e massonica ha sempre il suo potere predominante. Ma l’Europa non sta ferma a guardare, non aspetta più gli Stati Uniti. Gli Stati europei si muovono, concertano insieme, cominciano a ragionare su come uscire da questa crisi economica. E’ questo un motivo per avere un poco di fiducia, di ottimismo. Poco, ma sempre meglio della disperazione e dell’incertezza.
Il G20, in questo senso, ne è la dimostrazione più esemplare. E’ un ostacolo, non so dire quanto più o meno grande, al sogno di dominio massonico-mondialista che auspica la totale cancellazione delle sovranità nazionali, per lasciare il posto a entità sovranazionali. E invece venti Stati si siederanno, si guarderanno negli occhi, molto probabilmente prenderanno delle decisioni comuni; si parla già di una nuova Bretton Woods: l’ha detto Tremonti (colui che diversi mesi fa ad Annozero parlava di un gruppuscolo di “illuminati”), lo dice Medvedev, ne parla la stampa. Per la prima volta, mi accorgo che seguo gli eventi di queste ore non con la solita indifferenza, ma con un minimo interesse. E la dichiarazione di Berlusconi, di fatto una apertura verso la Russia, mi fa pensare che Russia e Italia non dico siederanno dalla stessa parte, ma quantomeno cercheranno qualche strada comune. C’è di che sperare che il dominio americano, che è di fatto enormemente aumentato da quando l’altra superpotenza, l’URSS, è collassata su se stessa, venga intaccato in qualche modo. E, con esso, il sistema di libero mercato. Quel sistema che per decenni ci ha cantato le lodi del capitalismo, dei capitali che automaticamente si allocavano da se, della competizione salariale, della privatizzazione in ogni campo dello Stato: quel sistema, insomma, del “più libero mercato e meno Stato” che chiunque si azzardava a criticare o a contestare era tacciato come Fascista, statalista (come se questi due termini fossero degli insulti), demagogo e così via... Meglio: l’intervento di Stato serve solo quando deve salvare le banche dall’insolvenza. In questo senso, i banchieri hanno rapinato gli Stati nazionali due volte: la prima quando hanno prestato a debitori che sapevano certamente insolventi, quando hanno trafficato in swaps, hedge funds, quando hanno giocato al casinò della finanza mondiale; la seconda quando hanno costretto gli Stati nazionali a finanziare le loro operazioni e i loro capitali con i soldi pubblici, cioè dei cittadini. Solo in America le banche hanno predato 700 miliardi di euro.
Sperare che tutto questo si concluda nel prossimo G20, o nei mesi futuri, è senza dubbio non realistico. La finanza internazionale e massonica ha sempre il suo potere predominante. Ma l’Europa non sta ferma a guardare, non aspetta più gli Stati Uniti. Gli Stati europei si muovono, concertano insieme, cominciano a ragionare su come uscire da questa crisi economica. E’ questo un motivo per avere un poco di fiducia, di ottimismo. Poco, ma sempre meglio della disperazione e dell’incertezza.
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