giovedì 13 novembre 2008

Immigrazione e mondialismo


La storia della cinquantina circa di “rifugiati politici” che vede in questi giorni Cagliari tristemente protagonista è significativa della concezione, pelosamente e ipocritamente perbenista e multietnica, della multirazzialità che l’opinione pubblica e il potere mondialista hanno imposto definitivamente all’Europa.
Questo è il breve antefatto. A Cagliari, qualche giorno fa, sono arrivati degli extracomunitari che richiedevano lo status di rifugiati politici; in base alla Convenzione di Ginevra è stata riconosciuta pertanto questa caratteristica giuridica ai rifugiati, i quali hanno passato gli ultimi giorni nel CPA. Una volta usciti da questa struttura, ai rifugiati politici si è spalancata la porta della disperazione e dell’incertezza: che fare? Senza un euro, senza un lavoro, senza conoscere la lingua italiana, senza un tetto sotto cui avere la certezza di passare la notte… Facile che poi questa umanità sfortunata vada a rinfoltire le file della delinquenza.
Ora si chieda il lettore: è più razzista chi attira queste persone con false promesse di una vita migliore e con ipocrite scuse di umanità, di fratellanza umana, con la giustificazione schiavistica ( e falsa oltre ogni limite!) che queste persone “fanno i lavori che gli italiani non vogliono più fare”, costringendo poi irrimediabilmente queste persone a diventare dei criminali (quando, e capita spesso, non vengono in Italia con la esplicita intenzione di delinquere), oppure è più razzista chi – come noi – afferma che deve esserci una severa regolamentazione dei flussi migratori (pena l’infido e viscido calderone multirazziale, che sradica ogni cultura ed ogni senso di appartenenza nazionale degli autoctoni e distrugge l’intera economia nazionale e sociale dell’Italia) accompagnato da una politica estera seria e responsabile, in modo da aiutare queste persone nel proprio Paese di origine?
Ancora un’altra domanda. Il 4 novembre, in occasione di quella che oramai è una squallida celebrazione di circostanza e non una festa nazionale che unisce tutto il popolo italiano, è scoppiata una polemica: nel nord Italia alcune maestre si sono rifiutate di accompagnare i loro scolari alle celebrazioni della festa, sostenendo che tale atteggiamento è discriminatorio per i bambini e le famiglie straniere. Ma questo non è razzismo al contrario? Quale è lo scopo: unire tutti gli italiani, anche coloro che lo sono da poco in base ad un pezzettino di carta chiamato “cittadinanza”, oppure dobbiamo perennemente far sentire una parte della popolazione, che si vuole considerare per forza italiana, un corpo estraneo? Integrazione è anche ed essenzialmente questo: non una rinuncia ai propri valori, non una mistificazione costante della propria Storia nazionale per asservire lo straniero extracomunitario, ma una chiamata, rivolta anche all’extracomunitario, a “partecipare insieme”, a sentire come propria, culturalmente e spiritualmente, la Nazione all’interno della quale vengono a vivere.
In ogni caso, il primo episodio, così come il secondo, dimostrano chiaramente una cosa: che dietro la tanto sbandierata integrazione, multirazzialità e società multiculturale antifascista del mondialismo, non c’è alcun progetto, alcuna volontà di attuare una seppur minima coesione sociale, alcuna idea. E forse lo scopo da perseguire, da parte del potere massonico e mondialista, è proprio questo. Perché un popolo di bastardi è molto più facilmente governabile di un gruppo di patrioti.

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