lunedì 8 giugno 2020

White lives matter


La rivolta che ha messo a ferro e fuoco gli Stati Uniti – a seguito dell’arresto con conseguente morte di George Floyd – dimostra, casomai ce ne fosse bisogno, diverse cose.


Anzitutto la forza dei mezzi di comunicazione di massa: essi sono l’unico potere che ha, nel senso più “vero” del termine, il potere di plasmare la realtà. Un fatto che non esiste, e che viene smentito dai numeri, viene trasformato in un fatto conclamato, anzi di più: la presunta persecuzione della quale sarebbero vittime i negri negli Stati Uniti diventa il primo problema nazionale. Perché, basta dare un’occhiata ai numeri (la politica è “opinione”, va bene, ma il dato plastico, spesso e volentieri, si ha con i numeri), questa persecuzione è inesistente.


Basta un dato, una semplice tabella, presa dal BJS, il Bureau of Justice Statistics, alle dirette dipendenze del Ministero della Giustizia americano: negli Stati Uniti la probabilità che un nero aggredisca un bianco è quasi 10 volte superiore al suo opposto; seguono, a grande distanza, gli ispanici, che non possono comunque mai eguagliare i neri.

Di più: negli USA i neri sono il 10/14% della popolazione complessiva, ma compiono, da soli, la metà delle aggressioni e degli omicidi; per quanto riguarda le rapine, invece, sono il 67%.

Già questi dati bastano, da soli, a smentire fiumi di inchiostro e di lacrime del politicamente corretto, che descrivono i neri come una categoria vittima di un odio razziale sistematico da parte dei bianchi e delle istituzioni americane.

Cosa sarebbero gli Stati Uniti se, per ogni bianco ucciso da un nero, orde di caucasici avessero aggredito le persone di colore in giro per le strade? Se, cioè, i bianchi americani si fossero comportati esattamente come stanno facendo in queste ore orde di neri che rapinano, distruggono, si danno al saccheggio più barbaro dietro il falso paravento della “giustizia” per George Floyd?

Già, George Floyd. La stampa lo ha descritto come un povero cristo, uno qualunque, ennesima vittima della Polizia. Vediamo rapidamente il “curriculum” di questo martire: arrestato varie volte, nel 2007 aveva fatto irruzione in casa di una donna incinta, con il proposito di rapinarla, e non aveva esitato a puntarle la pistola alla pancia. Il giorno della sua morte Floyd era letteralmente strafatto di varie droghe, chiaramente in uno stato alterato (è per questo che sono intervenuti i poliziotti) ed irascibile, che lo contraddistinguevano come un soggetto pericoloso. 

Chi ci dà queste informazioni? Un cattivo razzista americano? Un attivista filo-Trump, propagatore di bufale contro i neri? Un nostalgico del Ku Klux Klan? Niente di tutto questo. Una delle poche ad elevarsi contro l’ipocrisia ed il politicamente (s)corretto è l’attivista politica Candace Owens, che ha osato squarciare il velo di omertà di questo criminale finito, per l’ennesima volta, braccato dalla Polizia:  


“Non mi devo scusare per nulla. George Floyd non può essere il mio martire. può essere il vostro, forse.” Potete anche solo lontanamente immaginare tutti gli insulti che Candace Owens si è vista affibbiare da coloro che, per diritto divino, si sono autoproclamati i difensori dei diritti umani e lottatori contro il razzismo e la xenofobia: negra, puttana, negra puttana, scimmia, traditrice della sua stessa razza… e via dicendo. Ovviamente nessun giornale e nessun attivista politico si è preso la briga di scrivere due righe sugli insulti e le minacce che questa ragazza ha ricevuto per aver osato dire la verità: quando a dire “negro di merda” sono i democratici tutto è permesso.

Di più: se pochissime sono le voci controcorrente negli USA, ancor meno lo sono in Italia, dove il servilismo della nostra stampa è oramai un dato di fatto. Myrta Merlino che si inginocchia, nel suo studio di “L’aria che tira”, a compiere idealmente una fellatio al “Black lives matter”, organizzazione terroristica di suprematisti neri, è la rappresentazione più immediata e allo stesso tempo più triste dei nostri giornalisti: sempre conniventi, sempre schierati, sempre vigliacchi. Dove è la Merlino quando le donne italiane vengono violentate da clandestini, o quando qualche italiano è vittima di stranieri? Dove era la Merlino quando una ragazza di 16 anni è stata violentata e messa a pezzi dentro una valigia? Dove era quando un clandestino ha preso un piccone ed è sceso in strada ad ammazzare sconosciuti a caso? Eppure gli stranieri, pur essendo non più del 7% della popolazione complessiva italiana, influiscono per il 30/40% sui reati contro la persona (rapine, aggressioni, stupri, omicidi, violenze): ha avuto tutto il tempo per indignarsi, questa "giornalista"...


In nome di un problema che non esiste, e che se esiste esiste esattamente al contrario – neri che aggrediscono sistematicamente e violentemente i bianchi – abbiamo visto orde di selvaggi e di subumani mettere a ferro e fuoco le città, saccheggiare negozi, bruciare automobili, vandalizzare i monumemti. Tali scene si sono verificate anche in Italia, e precisamente al Palazzo Civico di Torino, dove la statua di Leopoldo II è stata imbrattata e scheggiata.

Orde di negri, dallo scarsissimo livello di istruzione e dal grado di scolarizzazione pressoché inesistente, si sono accaniti contro tutto ciò che, nel bene o nel male, rappresenta la civiltà europea e la sua evoluzione, dal quale questi esseri sono rimasti pressoché esclusi: incendi appiccati alle automobili di lusso (che non potranno mai acquistare), tentativi di forzare le casse bancomat delle banche (nelle quali non potranno mai accedere), vandalizzazioni delle statue dei grandi nomi della Civiltà del Nostro continente (Leopoldo II – sovrano illuminato, amante del bello e della cultura, gran legislatore), statue e nomi che essi non conoscono perché non hanno mai studiato, totalmente avulsi ed estranei al contesto sociale e storico nel quale gli è stato dato di vivere. 


 

E festeggiano orgogliosi e fieri, sulle rovine che essi stessi hanno creato, in paesaggi resi spettrali dalla vittoria dell’inciviltà, di cui un’Europa che si vergogna di se stessa è complice.

Nessun commento: