martedì 20 aprile 2010

La dittatura dei maiali in toga

Carlo Gariglio - Segretario Nazionale MFL

I Camerati che ci seguono con regolarità si ricorderanno certamente del ricorso presentato al TAR del Piemonte contro l’illecita esclusione della lista del MFL dalle elezioni provinciali torinesi del 2009; eravamo in attesa della Sentenza, che è finalmente arrivata.

Diciamo subito che ci facevamo poche illusioni a proposito: quando si ha a che fare con quell’immensa cloaca che viene definita Magistratura, specie se si è Fascisti dichiarati, ci sono ben poche possibilità di ottenere Giustizia… E questo vale sia a livello penale, sia a livello civile.

Un minimo più di rispetto l’avevamo per la Magistratura amministrativa, che quanto meno in passato aveva più volte avuto il coraggio di riammettere il nostro simbolo alle elezioni (TAR del Lazio e TAR della Sicilia), nonché di darci ragione contro ricorsi operati dopo la Sentenza favorevole del TAR del Lazio (Consiglio di Stato).

Oggi possiamo dire che questa piccola speranza era mal riposta, dopo avere preso visione della vergognosa “sentenza” emessa dal TAR del Piemonte… Anche i mascalzoni in toga che si occupano di Giustizia amministrativa hanno pensato bene di accodarsi al modo criminale di amministrare le Leggi e la Giustizia di certi maiali in toga rossa a noi ben noti.

Pensavamo di avere visto di tutto: ragazzi per bene in galera per avere fatto un saluto romano, persone oneste inquisite e condannate per reati d’opinione senza avere torto un capello a chicchessia, delinquenti matricolati lasciati liberi di compiere ogni sorta d’infamia in nome dell’anarchia e del comunismo (si noti l’articolo proposto in questa stessa pagina, tratto dal quotidiano “La Stampa” di Torino), infiltrati d’area che da anni rendono i loro servigi al regime danneggiando i movimenti seri e diffamandone i loro dirigenti senza essere mai “seccati” da condanne della Magistratura, toghe rosse che eliminano dalle elezioni movimenti e partiti a loro non graditi (o che ne riammettono altri eliminati da toghe di colore diverso), interi “pool” di farabutti togati che si dedicano esclusivamente alle più disparate aggressioni nei confronti di Berlusconi, arrivando persino a ricorrere alla Corte Costituzionale ogni qual volta il Governo ed il Presidente della Repubblica approvano una nuova Legge…

Ma leggere gli sproloqui di un gruppo di mascalzoni che, dimenticandosi di essere Magistrati di un TAR, ovvero chiamati solo ed esclusivamente a rispondere della legittimità di un Atto Amministrativo impugnato, si permettono di sostituirsi alla Storia, alla Magistratura Penale ed ai colleghi dei TAR e del Consiglio di Stato ribaltandone le Sentenze, non può che lasciarci allibiti e onestamente disgustati dalla protervia di chi crede di potersi atteggiare a Monarca assoluto in nome di un’ideologia depravata e pervertita quanto i suoi incorreggibili sostenitori; ideologia che, nonostante abbia sulla coscienza circa duecento milioni di morti, continua a rovinare la vita di milioni di esseri umani onesti e laboriosi, vessati in ogni parte dell’universo dagli infami propalatori del morbo comunista, i quali, pur essendo ormai ridotti ad un pugno di mascalzoni per Stato, riescono ancora ad esercitare il loro malefico influsso grazie ai posti chiave delle Nazioni che hanno occupato militarmente nel corso degli anni.

Finché non spazzeremo via dalla Magistratura, dalle Scuole, dalle Università, dalla carta stampata, dalle TV, dall’editoria in genere e dalla politica questi sudici figuri con le mani grondanti di sangue, non potremo sperare di vivere civilmente, tutelati e garantiti da una Legge veramente uguale per tutti.

Leggetevi, cari Camerati, le porcherie scritte da questi assassini del diritto e della Storia; a seguire troverete l’intera “Sentenza”, epurata dalle sole intestazioni iniziali e dai nomi dei cialtroni che hanno osato partorire una simile schifezza: anche il solo nominarli mi disgusta.

Prestate particolare attenzione ai veri e propri insulti che lanciano contro il passato Regime Fascista e contro chi, come noi, ha l’ardire di affondare le radici del suo pensiero in questo passato… Leggete come persino l’uso del tricolore richiami, per questi mascalzoni abituati alla bandiera rossa, a quella che loro chiamano “sedicente” RSI… E già l’uso del termine “sedicente” a proposito di una Repubblica la dice lunga sul livello culturale dei compagni del TAR del Piemonte, dato che tale parola viene descritta in qualsiasi vocabolario come spregiativo dedicato a persona che dice di essere ciò che non è, che si attribuisce qualificazioni, meriti e similari non rispondenti a verità.

Ma possiamo pretendere una preparazione culturale da una toga rossa? Cioè da un individuo che collega il tricolore al Fascismo, senza neppure comprendere che l’Italia è tuttora rappresentata da un tricolore, e lo era ben prima dell’avvento del Fascismo? Possiamo illuderci di avere Giustizia da personaggi così squallidi da non sapere che il Fascio Repubblicano nacque nell’antica Roma pre – imperiale e che fin da allora (e tuttora!) viene utilizzato in ogni parte del mondo, USA compresi, per simboleggiare uno Stato democratico e repubblicano, retto dalla volontà popolare?

Ma prima di lasciare i lettori addentrarsi nella più profonda melma che rappresenta questa “Sentenza” (contro la quale, ovviamente, abbiamo già proposto ricorso al Consiglio di Stato), vorrei richiamare l’attenzione su una delle parti più stomachevoli della stessa, grazie alla quale si comprende chiaramente con che genere di mascalzoni prevenuti ed arroganti abbiamo a che fare. Secondo questi luminari del “diritto”, infatti, il MFL non sarebbe neppure legale perché, come avrebbero stabilito lorsignori visitando il nostro sito, “Non pare quindi che i principi e i valori che ispirano il movimento ricorrente, così come propalati anche dai manifesti politici e programmatici diffusi attraverso il sito web, siano improntatati all’antifascismo o quanto meno che concretino un atteggiamento antagonista ai dettami e alle simbologie proprie del fascismo”.

Capito Camerati? Secondo i maiali in toga del TAR del Piemonte un movimento politico non può essere legale se non ha principi e valori che si ispirino all’antifascismo! O quanto meno, bontà loro, che evidenzino un atteggiamento antagonista nei confronti del Fascismo! Con buona pace delle tante Sentenze Penali che ci hanno sempre assolto da ogni accusa (e che i mascalzoni in toga non hanno notato, visitando il sito e limitandosi a guardare le figure, ovvero l’unica cosa che potevano comprendere!) e di quella Costituzione che certi cialtroni brandiscono contro Berlusconi senza neppure conoscerla, dato che in essa esistono articoli fondamentali che tutelano la libertà di espressione ed associazione, nonché i diritti politici di tutti, Fascisti compresi!

Svegliatevi italiani e spazzate via questi mascalzoni prima che essi spazzino via del tutto i vostri diritti. Oggi tocca ai Fascisti e molti se la ridono, ma in futuro potrebbe toccare anche ad altri… Non c’è limite all’arroganza ed alla protervia di questi intoccabili maiali in toga rossa!

Carlo Gariglio

www.fascismoeliberta.it

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FATTO e DIRITTO

1.1. Il Sig. Gariglio Carlo, in proprio e in qualità di Segretario nazionale e legale rappresentante del Movimento Fascismo e Libertà, a seguito dei comizi elettorali del 6 giugno scorso celebrati per il rinnovo del consesso provinciale di Torino impugna il provvedimento di ricusazione della lista presentata da detto movimento.

Assume che dopo una prima ricusazione da parte dell’Ufficio Elettorale Centrale della Corte d’Appello di Torino del 10.5.2009, adottata sul rilievo che fosse dominante nel proposto contrassegno l’associazione al fascio della scritta laterale di sinistra, letta per prima: “FASCISMO”, (il che costituiva palese emblema di esaltazione del fascismo), il movimento de quo si sarebbe adeguato alla richiesta promanante dal suddetto Ufficio elettorale di presentazione di un legittimo contrassegno di lista.

La coalizione elettorale presentava quindi altro contrassegno, epurato del termine FASCISMO, ma riportante pur sempre un fascio rosso in una circonferenza recante a destra la sigla MFL. Da notarsi i colori dell’acronimo, chiaramente coincidenti con quelli della bandiera nazionale, posto che la M era verde, la F era bianca e la L rossa.

La lista veniva così descritta con apposita didascalia: “Fascio repubblicano rosso iscritto in una circonferenza con alla destra, dall’alto verso il basso, la sigla MFL, con carattere M di colore verde, F di colore bianco e L di colore rosso”.

Ciononostante l’Ufficio elettorale confermava, con determinazione del 12.5.2009, la precedente decisione espulsiva, sostenendo che il movimento avrebbe inteso mantenere il legame con un’istituzione dichiaratamente fascista ed inoltre che la predetta lettera “F” era collegabile anche all’acronimo P.F.R. – Partito Fascista Repubblicano della disciolta repubblica sociale italiana del 1944 – 45.

1.2. Insorgeva immediatamente avverso la suindicata decisione il Gariglio con gravame che veniva dichiarato inammissibile dalla Sezione con sentenza n. 1599/2009 stante la natura endoprocedimentale dell’atto di esclusione della lista.

Ripropone quindi oggi le medesime censure il ricorrente, dirigendole sia avverso la predetta determinazione di esclusione dalla competizione che contro l’atto di proclamazione degli eletti.
2.1. La difesa dello Stato si costituiva con memoria del 16.9.2009 domandando la declaratoria del difetto di legittimazione passiva dell’Amministrazione centrale.

Alla pubblica Udienza del’8.10.2009 la causa veniva rinviata alla pubblica Udienza del 5.11.2009 ad istanza del ricorrente onde integrare il contraddittorio nei confronti di un controinteressato pretermesso, avendo poi in quest’ultima Udienza subito ulteriori rinvii fino a pervenire alla pubblica Udienza del 14.1.2010 nella quale il gravame è stato introitato per la definitiva decisione.

2.2. Deve preliminarmente il Collegio dichiarare il difetto di legittimazione passiva al ricorso del’Amministrazione civile degli Interni, stante la radicata acquisizione giurisprudenziale, dalla quale la Sezione non ravvisa ragioni per discostarsi, in ossequi alla quale la temporaneità e straordinarietà delle attribuzioni degli uffici elettorali, investiti unicamente del munus di sovraintendere e organizzare le operazioni di comizio elettivo, non li rendono portatori di interesse giuridicamente apprezzabile al mantenimento in vita degli atti dagli stessi assunti, derivandone la non necessità che il gravame sia notificato all’Amministrazione centrale, essendo unica parte resistente quella locale nella cui sfera organizzativa ed istituzionale ridondano gli effetti dei risultati delle operazioni elettorali (per tutte, A.P., 23.2.1979, n. 7; Cons. di Stato, Sez. v, 3.2.1999, n. 115).

La giurisprudenza ha poi più di recente precisato che ove il gravame venga notificato agli uffici elettorali, circoscrizionale e centrale, stante il delineato difetto di legittimazione – o anche di interesse – a resistere in giudizio in capo alle predetta amministrazione statale, la stessa deve essere estromessa dal giudizio. Si è infatti precisato che “nel giudizio elettorale unica parte pubblica necessaria è l’Ente locale interessato, che si appropria del risultato elettorale e nel quale si riverberano gli effetti di un eventuale annullamento, ovvero della conferma della proclamazione degli eletti. In particolare, gli organi temporanei, abilitati a dichiarare i risultati finali del procedimento elettorale, come l’ufficio Elettorale Centrale, e a maggior ragione gli Uffici circoscrizionali e di sezione, non sono portatori di un interesse giuridicamente apprezzabile al mantenimento dei loro atti per cui il ricorso contro le operazioni elettorali non deve essere ad essi notificato. Ove poi, come nella fattispecie, il ricorso sia stato notificato ad uno dei predetti Uffici, quest’ultimo, qualora lo richieda costituendosi in giudizio, deve essere estromesso dal giudizio elettorale per difetto di legittimazione passiva”.( T.A.R. Lazio – Roma, sez. II, 7 settembre 2005, n. 6608; in terminis, T.A.R. Toscana, Sez. II, 26 gennaio 2005, n. 318).

Va quindi accolta l’eccezione di difetto di legittimazione dell’Amministrazione centrale della quale va per l’effetto pronunciata l’estromissione dal presente giudizio.

3.1. Deduce un unico motivo il ricorrente, rubricando violazione dell’art. 8 della Legge 8.3.1951 n. 122, dell’art. 33 del D.P.R. 16.5.19690 n. 570 e dell’art. 3 della L. n. 241/1990, nonché eccesso di potere per travisamento ed erronea valutazione dei presupposti, carenza o insufficienza di istruttoria e motivazione ed illogicità, contraddittorietà sviamento ed illegittimità derivata.

Come avvertito in fatto, a seguito dei rilievi formulati dagli uffici elettorali, il Movimento Fascismo e Libertà assume di essersi ad essi adeguato, epurando il contrassegno di lista del termine FASCISMO, ma mantenendo pur sempre un fascio rosso in una circonferenza recante a destra la sigla MFL. Da notarsi i colori dell’acronimo, chiaramente coincidenti con quelli della bandiera nazionale, posto che la M era verde, la F era bianca e la L rossa.

La lista veniva così descritta con apposita didascalia: “Fascio repubblicano rosso iscritto in una circonferenza con al la destra, dall’alto verso il basso, la sigla MFL, con carattere M di colore verde, F di colore bianco e L di colore rosso”.

Ciononostante l’Ufficio elettorale confermava, con determinazione del 12.5.2009, la precedente decisione espulsiva, affermando che il movimento avrebbe inteso mantenere il legame con un’istituzione dichiaratamente fascista ed inoltre che la predetta lettera “F” era collegabile anche all’acronimo P.F.R. – Partito Fascista Repubblicano della disciolta repubblica sociale italiana del 1944 – 45.

3.2. Lamenta al riguardo il ricorrente che il fascio contenuto nel contrassegno contestato deriva il suo nome e l’aggettivo repubblicano, non dalla Repubblica sociale italiana ma dall’antica repubblica romana, invocando al riguardo un vecchio parere del Consiglio di Stato, secondo cui ormai quell’elemento “ha assunto nel tempo il valore di simbolo della forma repubblicana dello Stato”, benché sia “anche vero che all’occhio dell’osservatore italiano l’emblema del fascio non può non richiamare alla memoria, primariamente, proprio il regime fascista” (Consiglio di Stato, Sez. I 23.2.1994, n. 173).

Sostiene ancora il ricorrente che l’Ufficio elettorale centrale nell’adunanza del 10.5.2009 non avrebbe percepito le sostanziali differenze grafiche tra il precedente simbolo e quello proposto in seguito ai rilievi, differenza che consisterebbe prevalentemente nel fatto che l’ascia consolare, nel contrassegno ricostruito è rivolta a destra, mentre nel fascio in uso durante il periodo fascista era rivolta a sinistra ed era situata all’esterno del fascio di verghe, laddove nel simbolo proposto è interna ad esso.

3.3. Siffatte argomentazioni non persuadono il Collegio, che opina che malgrado le predette differenze, il simbolo contestato possiede comunque perdurante efficacia evocativa del periodo fascista.

La prima notazione svolta, inerente la presunta riconduzione della lettera F al fascio della repubblica romana anziché a quella sociale di Salò varca per saltum la soglia della fantasiosità, per usare un consentito eufemismo.

Non è chi non veda come non possa ragionevolmente dubitarsi che l’elettorato medio colleghi la lettera F in questione al periodo fascista, anziché agli antichi romani.

Nell’immaginario collettivo, tuttora visitato da ancestrali lugubri e tristi memorie, talora rinverdite dai racconti di chi quella tragica e dolorosa epoca della nostra storia ha vissuto, la lettera F è immediatamente ricollegata al fascismo, solo la fantasia e l’inventiva del ricorrente potendo consentire un suo abbinamento all’antica Res publica romana.

Giova al riguardo rimarcare che ciò che smentisce il predetto assunto di parte ricorrente è la stessa disposizione grafica dei colori della sigla MFL figurante sul contrassegno. Ebbene, tale acronimo, riportato all’interno della circonferenza che racchiude il simbolo a destra dell’ascia sormontante il fascio, reca i colori della bandiera italiana, tra l’altro seguendone la medesima disposizione, in quanto la M è di colore verde, la F è di colore bianco e la L è di colore rosso, esattamente come nella bandiera nazionale, dove l’estremità è di colore rosso, a simboleggiare il fuoco e la forza che si richiedono all’esterno per difendere la Patria.

Non può dubitarsi, quindi, che l’accostamento di quella sigla MFL agli stessi colori della bandiera nazionale è da ricollegare non certo all’antica repubblica romana ma a sedicenti e a noi tristemente più vicine “repubbliche”.

4. Lamenta ancora il ricorrente che lo statuto del Movimento Fascismo e libertà è ispirato ai valori della democrazia e della libertà politica e associativa, essendo pertanto rispettoso della Costituzione.

Siffatto argomento è all’evidenza contraddetto proprio dai contenuti emergenti dal sito fascismo e libertà.it.

Invero, dalla consultazione del sito internet del movimento de quo, si legge intanto che esso adopera la denominazione di partito Socialista Nazionale: “Il Movimento Fascismo e Libertà-Partito Socialista Nazionale, vuole realizzare uno Stato sganciato dalle ideologie fallite, sanguinarie e falsamente democratiche imperanti nel X X secolo”.

A sinistra compare il link per “Il lavoro fascista” che è definito Organo ufficiale del Movimento Fascismo e Libertà – Partito socialista nazionale.

In alto a sinistra della “home page” figura l’aquila fascista, che compare poi ad ogni sezione contenente dei vari articoli, che risultano tutti firmati da tal Cameratesca-mente.

Per completare il quadro sinistramente evocativo, sempre a sinistra nella “home page” compare il link “Testamento di Mussolini” cliccando il quale appare la fotografica di Mussolini e in basso il suo integrale testamento politico.

Confessa poi propriamente il Movimento la sua patente estrazione e impronta fascista, là dove in fondo alla “home page” risulta la scritta “Il Movimento Fascismo e Libertà – Partito Socialista Nazionale aderisce all’Unione Mondiale dei Nazionalsocialisti”.

Non pare quindi che i principi e i valori che ispirano il movimento ricorrente, così come propalati anche dai manifesti politici e programmatici diffusi attraverso il sito web, siano improntatati all’antifascismo o quanto meno che concretino un atteggiamento antagonista ai dettami e alle simbologie proprie del fascismo.

La doglianza in analisi non coglie dunque nel segno e va respinta.

5.1. Ultima censura articolata in ricorso è l’illegittimità della disposta ricusazione per l’assenza di una norma di copertura, posto che l’art.33 del D.P.R. n. 570/1969 che individua le cause di ricusazione non contempla il motivo posto a base della deliberata oppugnata esclusione.

La censura non persuade il Collegio.

Posto che, effettivamente, sul piano letterale la causa di esclusione per rievocazione del partito fascista da parte di un determinato schieramento elettorale non è espressamente annoverata tra le fattispecie definite alla norma in analisi, va tuttavia rimarcato che la conformità all’ordinamento costituzionale repubblicano è una condicio iuris implicita o presupposta all’impianto dell’art. 33 del D.P.R. n. 570/1960.

Detta implicita presupposizione origina direttamente dalla cogenza della XII Disposizione transitoria e finale della costituzione a norma della quale “ è vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista”.

È noto che in attuazione e concretizzazione della citata fonte costituzionale è stata emanata la legge 20.6.1952, n. 645 che ha inteso, oltre che predisporre delle sanzioni penali per i comportamenti afferenti a fenomeni riorganizzativi del partito fascista, dettagliare anche le fattispecie concrete attraverso cui quei comportamenti possono estrinsecarsi ed assumere giuridica rilevanza.

Orbene, l’art. 1 della L. 645/1952 stabilisce che ai fini della XII disposizione transitoria e finale (comma primo) della Costituzione, si ha riorganizzazione del disciolto partito fascista quando una associazione, un movimento o comunque un gruppo di persone non inferiore a cinque, tra l’altro, “rivolge la sua attività alla esaltazione di esponenti, principi, fatti e metodi propri del predetto partito o compie manifestazioni esteriori di carattere fascista”. La norma è stata nei predetti sensi sostituita dall’art. 7, l. 22 maggio 1975, n. 152.

I contenuti ideologici promananti dal manifesto diramato sul sito web del movimento fascismo e libertà possono con serenità essere ricondotti ad atteggiamenti esaltanti principi propri del partito fascista o al compimento di manifestazioni esteriori di carattere fascista, giusta il disposto della riportata norma.

5.2. Non va, del resto, trascurato che secondo la giurisprudenza l’art. 33 del D.P.R. n. 570/1960 è inteso a tutelare la libertà di formazione del convincimento elettorale poiché nel vietare l’utilizzo dei contrassegni di lista tali da trarre in errore l’elettore, e quindi idonei a pregiudicarne la libertà di scelta politica, mira a tutelare la libertà del voto sancita dall’art. 48 comma 2 cost. (oltre che nel momento dell’espressione del voto anche) nel momento della formazione del convincimento dell’elettore medesimo. (T.A.R. Lazio – Roma, Sez. II, 28 luglio 2004, n. 7488).

Ben può, quindi, ritenersi che la causa di esclusione consistente nel rievocare simboli, principi e ideologie appartenuti al disciolto partito fascista opera come precetto implicito o presupposto alla norma di cui all’art. 33 del D.P.R. n. 570/196, del quale non può conseguentemente predicarsi l’avvenuta violazione dall’Ufficio Elettorale Centrale.

5.3. Va anche debitamente posto in luce che l’esclusione è stata disposta in applicazione non del potere di ricusazione ma di quello di deliberare sulle modificazioni richieste dall’ufficio elettorale, in esecuzione dell’art. 33, comma 3 del D.P.R. n. 570/1960 a termini del quale “la commissione, entro il ventiseiesimo giorno antecedente la data della votazione, si riunisce per udire eventualmente i delegati delle liste contestate o modificate, ammettere nuovi documenti e deliberare sulle modificazioni eseguite”.

Avendo l’Ufficio competente riscontrato le rilevate anomalie nel contrassegno di lista del ricorrente movimento ed avendolo invitato a rimuoverle, si è poi nuovamente riunito per deliberare sulle modifiche poste in essere dagli interessati.

E tale giudizio ha condotto al lume dei principi tutti esposti correttamente nei due provvedimenti del maggio 2009 e riconducibili all’interpretazione fornita dalla Corte di Cassazione penale sulla L. n. 645/1952 attuativa della XIII Disposizione transitoria e finale della Costituzione.

Il potere di escludere la lista che non abbia ottemperato all’invito rivolto al fine di eliminare ogni possibile confusione con le simbologie esteriori proprie del fascismo, o che vi abbia ottemperato solo parzialmente, discende quindi con sicurezza dal potere di deliberare sulle modificazioni eseguite, conferito agli Uffici elettorali dall’ultimo comma dell’art. 33 del D.P.R. n. 570/1960.

Nessuna infrazione della norma all’esame può quindi a parere del Collegio seriamente prospettarsi nell’operato degli Uffici elettorali.

In definitiva, il ricorso si profila infondato e va pertanto respinto.

Le spese possono essere compensate per eque ragioni.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale del Piemonte – Prima Sezione – definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo respinge.

Estromette dal giudizio l’Amministrazione degli Interni.

Spese compensate.

Ordina che la presente Sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Torino nella Camera di Consiglio del giorno 14/01/2010 .

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