Leggendo
alcuni articoli, sovente, mi viene da interrogarmi se l’autore sia ignorante,
in malafede, voglia conformarsi al politicamente corretto antifascista, oppure
un miscuglio di tutte queste cose insieme.
È
quello che mi è accaduto ieri, a pagina 11 di Libero, leggendo l’articolo di
Giovanni Sallusti a commento dell’episodio di cronaca nera che ha sconvolto l’Italia:
Mario Bressi che, accecato dalla gelosia, uccide le sue due figlie per fare un
dispetto alla moglie dalla quale si stava separando e poi si getta nel vuoto,
uccidendosi.
Capiamo
le invettive di un Sallusti sconvolto quando scrive (giustamente): “Non definitelo comodamente bestia, perché gli
animali non si sarebbero mai lasciati alle spalle uno scempio del genere”. Condividiamo.
Sarebbe il caso di indagare un po’ più a fondo, però, e chiedersi cosa accada
nell’animo di un uomo che ha combattuto per la propria famiglia, che ha creduto
in dei valori e ha fatto dei sacrifici per essi, e che la vede disintegrarsi
sotto i suoi occhi per i futili capricci della donna che ha amato, la quale, un
bel giorno, si invaghisce di un altro e ti sbatte fuori di casa come l’ultimo
dei coglioni, grazie alla legge italiana che ti costringe a pagare anche quando
sei tu, palesemente, il “cornuto e mazziato”. Così sembrava andare la vita di
Mario Bressi.
Capiamo
però perfettamente che Giovanni Sallusti non si sia addentrato in queste
considerazioni, preferendo giocare sull’immediato, sulla “pelle” del lettore,
sulle disgustose emozioni che provoca in una persona normale l’omicidio di due
bambine da parte del padre, per motivi di gelosia.
Quello
che non capiamo, però, sono gli accostamenti storici fatti “ad minchiam”,
giusto per raccattare qualche applauso politicamente corretto, quando il
giornalista scrive: “Mario Bressi si è
congedato dal mondo oltre il patologico, oltre il criminale, in una dimensione
che perde i riferimenti anche più perversi e prevede solo un tetro
compiacimento dell’Io ridotto a discarica, ha fatto qualcosa che in passato ad
esempio fece Joseph Goebbels, per dire quanto bisogna scendere negli scantinati
dell’essere, uccidere i propri figli”.
Della
serie: se ti riduci a compiere la stessa scelta che fece l’allora Ministro per
la Propaganda del Terzo Reich, significa che hai raggiunto gli abissi più profondi
della degradazione dell’animo umano.
Come
al solito i gerarchi Nazionalsocialisti, quando non Adolf Hitler in persona,
vengono presi ad esempio del Male più assoluto, come in questo caso.
Sarebbe
bene che Giovanni Sallusti si rileggesse qualcosa su ciò che accadeva in quei
giorni, a Berlino, quando Joseph e Magda Goebbels presero la tremenda decisione
di avvelenare i propri figli, e non fu certamente una scelta a cuor leggero. Forse
testi come “Le ultime ore dell’Europa” di Adriano Romualdi, o “I leoni morti”
di Saint-Paulien, per citare solo due dei testi fondamentali per capire la
Storia (non quella scritta da massoni o da giudei, certamente), aprirebbero gli
occhi al giornalista antifascista.
Il
quale scoprirebbe cosa accadeva in quei giorni, a Berlino, mentre i diavoli
rossi della SS Charlemagne, i disperati, gli ultimi ancora capaci di combattere
dopo i massacri indiscriminati, difendevano il bunker di Adolf Hitler dalle
orde dell’Armata Rossa, superiore almeno dieci volte di numero, i cui soldati stupravano
indistintamente tutte le donne dai 7 agli 80 anni per poi inchiodarle alle
porte della case, uccidevano, torturavano, galvanizzati dalle parole dell’ebreo
Ilija Ehrenburg, che così scriveva loro: “Soldati
dell’Armata Rossa! Uccidete! Uccidete! Schiacciate la belva fascista nella sua
tana! Prendete come preda le donne tedesche! Umiliate il loro orgoglio
razziale! Uccidete i fascisti! Uccideteli tutti! Tutti i fascisti sono
colpevoli! I nati, ed i non nati!”.
Davanti
ad un carnaio simile, all’inferno che scende in terra portato dai selvaggi
demoni bolscevichi, “ogni atto di viltà
era un crimine intollerabile”, come scrisse Adriano Romualdi: fu a quello
scopo, infatti che Adolf Hitler costituì il “volksturm”, il richiamo dei
riservisti e l’arruolamento di tutti i ragazzi dai 16 anni in su (ma molti più
piccoli si arruoleranno volontariamente, il panzerfaust di sghimbescio sulla
traversa della bicicletta – momenti di gloria che rendono il popolo tedesco,
almeno quello fino al ’45, degno di essere omaggiato e ricordato) per difendere
la Patria dall’invasore e ricacciarlo indietro.
Fu
in questo inferno, con il sacrosanto terrore di quello che sarebbe accaduto ai
loro figli se solo fossero caduti in mano nemica – ai figli di uno dei Ministri
più importanti di quel Terzo Reich che cadeva gloriosamente in un inferno di
fiamme e di acciaio – che Magda e Joseph Gobbels scelsero, con la morte nel
cuore, di dare ai propri figli una morte indolore, che sarebbe stata di gran
lunga preferibile a ciò che avrebbero subito se fossero disgraziatamente caduti
nelle mani dei barbari sovietici. La stessa pietosa mano guidò quella del
Fuhrer – quell’Adolf Hitler che, nonostante gli innumerevoli consigli per la
propria sicurezza personale, era testardamente voluto restare a Berlino per
difenderla fino alla fine, per restare accanto al popolo tedesco – nei confronti
della sua cagnetta Blondie: chi aveva fatto così tanto per il benessere
animale, introducendo una legislazione all’avanguardia nella protezione dei
diritti degli animali, a tal punto che farebbe impallidire anche gli animalisti
più esagitati di oggi, tremava al solo pensiero di cosa sarebbe accaduto ad una
delle creature che più aveva amato in terra.
Paragonare
questi due avvenimenti, a prescindere dalla contestualizzazione che deve
necessariamente essere fatta, ed il tutto allo scopo di raccattare qualche
applauso dagli antifascisti della destra, è un’operazione che può fare solo chi
è profondamente in malafede o solo chi è profondamente ignorante. Scelga Sallusti cosa preferisce essere.
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