“In
un’era di menzogna, dire la Verità diventa un atto rivoluzionario”. Questo
aforisma di George Orwell ben si adatta alla storia che arriva dall’Inghilterra,
e che, pur nella sua normalità, ha letteralmente fatto impazzire tutta la
Nazione, con strascichi anche giudiziari.
Lunedì
22 giugno. Partita di Premier League tra Manchester City e Burnley. Poco prima dell’incontro
si assiste alla solita, disgustosa parata: giocatori – bianchi e neri –
rigorosamente inginocchiati nel nome del politicamente corretto, le magliette da
gioco con la scritta “Black lives matter”. Si sente un rombo, gli spettatori
alzano lo sguardo al cielo: un aereo con uno striscione sorvola lo stadio con la
scritta “White lives matter”.
La
partita non è ancora finita che l’indignazione generale è finita su internet, e
viene poi rilanciata dalla dirigenza del Burnley: i responsabili non sono i
benvenuti, collaboreremo con le autorità per trovare i responsabili di questo
infame gesto. “Mi vergogno a nome di tutta la squadra”, fa eco un giocatore.
L’infame
gesto, giova ricordarlo, è ricordare l’ovvio: cioè che anche le vite dei bianchi
contano, non sono quelle dei neri i quali, in nome di un’emergenza inesistente –
negli Stati Uniti sono molti di più i bianchi che subiscono aggressioni da
parte dei neri e, nonostante ciò, i neri hanno il primato per i reati contro la
persone (aggressioni, stupri, rapine, violenze, omicidi) – stanno letteralmente
mettendo a ferro e fuoco una Nazione, col beneplacito della sinistra
internazionale, oramai disgustosamente schierata per l’annientamento della razza
bianca.
Perché,
senza il beneplacito della sinistra e di tutto il sistema radical chic che
infetta televisioni e giornali, le distruzioni delle statue, il vandalismo fine
a se stesso, le dichiarazioni che inneggiano apertamente al suprematismo negro –
come quella di Priyamvada Gopal, insegnante della Cambridge University, che può
apertamente dichiarare che “White lives doesn’t matter” (“Le vite dei bianchi
non contano”), tra gli applausi della feccia sinistroide – la volontà di
abbattere monumenti, statue e perfino piramidi, tutto ciò, dicevamo, verrebbe
preso per quello che esattamente è, ovvero terrorismo simil-jihadista, unito
alla ormai sempre più evidente di cancellare la Civiltà Europea – e quindi la
Civiltà tout court – da schiacciare col ferro e con il fuoco.
Dicevamo
che il gesto ha avuto anche strascichi giudiziari. L’autore del gesto, Jake
Hepple, è stato bandito a vita dall’entrare allo stadio, e licenziato insieme
alla sua ragazza; quest’ultima sconta la colpa di aver rifiutato un corso sull’antirazzismo
propostole dall’azienda per la quale lavorava, corso che avrebbe dovuto seguire
per il solo fatto di essere la ragazza dell’autore di questa goliardata la
quale.
Questo
è costato il licenziamento alla coppia, l’obbligo di seguire dei corsi di
rieducazione, il divieto a vita di frequentare gli stadi ed un processo penale
nel quale Hepple dovrà difendersi dall’accusa di aver detto l’ovvio: che anche
le vite dei bianchi contano.
Campi
di rieducazione, ostracismo sociale, Tribunale del pensiero: ci torna alla
mente di nuovo George Orwell ed il suo Grande Fratello, che si avvicina a passi
da gigante.
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