È la famosissima frase del film “Frankenstein Junior”
quella che ci viene in mente nel leggere una delle notizie del giorno: fedele
al programma economico presentato agli elettori americani durante la campagna
elettorale, Donald Trump, che si insedierà alla Casa Bianca tra qualche giorno,
ha candidamente fatto sapere alla General Motors e alla Ford, note case
automobilistiche americane, che se costruiranno le loro nuove fabbriche all’estero
pagheranno grossi dazi. Né più, né meno.
La risposta più interessante è arrivata proprio dalla
Ford, che, per bocca del suo amministratore Mark Fields, ha annunciato che
annullerà il progetto di costruzione di una nuova fabbrica in Messico dal
valore di 1,6 milioni di dollari, investendo 700 milioni per costruirne una in
Michigan.
L’obiettivo è quello di riportare il lavoro all’interno
degli Stati Uniti, bloccando la fuga delle multinazionali all’estero (in
particolar modo in Oriente e in Europa dell’est, dove i costi salariali sono di
gran lunga inferiori), e pare proprio che il neo Presidente degli USA voglia
continuare su questa strada.
Quella, cioè, di una politica sovranista e nazionale,
in cui le aziende americane lavorino in America e paghino cittadini americani. Quello
che ogni politico dovrebbe essere portato a fare nel proprio Paese.
Sappiamo bene che le promesse della campagna elettorale
sono cosa ben diversa dalla normale prassi di governo, ma Trump sembra
intenzionato a non smentirsi.
È ancor più significativo che un tale cambiamento di
rotta nella politica economica americana avvenga proprio negli Stati Uniti,
vale a dire la Nazione che più di tutte al mondo ha beneficiato dei vantaggi
del capitalismo totale, avendolo inventato.
Probabilmente difendere i lavoratori con politiche
sovraniste non sarà così semplice come la mettiamo noi, ma non è nemmeno così difficile
come vogliono farci credere i soloni del liberalismo e del capitalismo globale:
un candidato alla Casa Bianca, per ora, ci sta provando.
Si può fare.
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