sabato 1 giugno 2013

Franca Rame e la Morte

Riproponiamo ai nostri lettori il bellissimo articolo di Paolo Fraschetti, dal sito internet Overblog.it, in merito alla morte della "signora" Franca Rame. Articolo lucido, interessante, diretto e chiarissimo nel sbugiardare le menzogne di una certa stampa asservita al potere e alla violenza che dimostra tutta la sua bassezza morale cercando di santificare chi santa non é. Buona lettura!

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Franca Rame non aveva ancora esalato l'ultimo respiro che subito e' scattata nel paese la corsa da parte di una certa cultura di sinistra e del Movimento 5 stelle ( che farebbe meglio ad occuparsi del perche' perde voti ) per trasformarla in un santino prima ancora che in una santa. Se ne sono sentite di tutti i colori: “un paradigma di passioni civili”, “la dedizione generosa per gli altri ne ha fatto una donna speciale”, memorabili le sue “battaglie per i diritti civili e sociali al fianco di studenti e lavoratori” tra poco sarà pubblicato “il suo testamento civile”, “una grande donna”, che ha dato voce alla “vera sinistra”. A ruota libera, senza nessun freno dettato da una analisi piu' ponderata del personaggio o quantomeno da un minimo senso del ridicolo. Un'orgia di piaggeria come solo in Italia capita di vedere. Bene, una volta reso cristiano omaggio alla salma, vediamo un po' di capire meglio chi era la signora Rame in Fo' e quali sono state queste famose battaglie per i diritti civili e sociali. Quando si parla di impegno civile il pensiero delle persone per bene corre subito ai volontari che vanno in Africa, che lavorano nelle carceri per il recupero dei detenuti, ai maestri nelle scuole di periferia, nelle borgate con tassi elevati di criminalità. Ai medici ospedalieri che sacrificano anche la famiglia e il proprio tempo, tutto, per curare e salvare la vita, all' impegno dei magistrati senza nome in prima linea, dei poliziotti e carabinieri che credono nel loro lavoro nonostante tutto e rischiano la vita ogni giorno. Questo per un italiano per bene, che lavora duramente per mantenere decorosamente la famiglia, e' l'impegno civile. Ma per altri no. Per altri l'impegno civile si identifica con la militanza faziosa ed ottusa da una ben determinata parte politica. Una militanza talmente faziosa e talmente ottusa da arrivare a creare, con il fattivo e determinante contributo della famiglia Fo' e della signora Rame, una organizzazione criminale chiamata Soccorso Rosso militante, che, a dispetto del nome, di caritatevole non aveva proprio nulla. Ma si occupava ben di altro. In quegli anni terribili che presero poi il nome di "anni di piombo" Soccorso Rosso era la mosca cocchiera che preparava il crimine, vedi i selvaggi attacchi personali contro il Commissario Calabresi, e la pattuglia di retroguardia che proteggeva l'esfiltrazione di coloro che lo avevano compiuto. Ovvero, in povere parole, era una organizzazione che spalleggiava ed aiutava volgari assassini. Un vizio che peraltro non hanno ancora perduto. Ricordiamo infatti le parole spese da certi personaggi, tipo Carla Bruni, a favore di un assassino pluricondannato come Cesare Battisti, tanto per ricordare un altro farabutto. La Signora Rame si impegnava civilmente cosi', nel proteggere e nel sostenere in tutti i modi la peggiore feccia della sinistra. Per capirci bene, non quella che uccideva durante gli scontri di piazza. Un evento doloroso ma almeno comprensibile. No, Franca Rame non amava il militante dall'occhio febbricitante di passione, pronto a dare la propria vita o a prenderne qualcuna durante un tumulto. No. la Signora Rame amava le operazioni chirurgiche, fatte di notte, in venti contro uno, armati di chiavi inglesi, le famigerate Hazet 36, un oggetto lungo quarantacinque centimetri, del peso di tre chili e mezzo con il quale questi eroi, questi alfieri dei popoli oppressi, spaccavano ossa, aprivano crani e spargevano su qualche marciapiede insanguinato la materia cerebrale di qualche ragazzino di destra. Come il povero Sergio Ramelli, morto a 19 anni dopo un pestaggio bestiale ed un'agonia atroce, durata un mese. Anche per Ramelli ci fu un pensierino carino da parte della famiglia Fo'. Questa volta da parte di Dario, il Premio Nobel, l'ex paracadutista della RSI, il rastrellatore di partigiani riciclatosi guitto e cantore della sinistra. "...Va beh...in fondo e' morto solo un fascista....". Queste le parole di questo individuo ignobile. Cosa era Ramelli dunque per questa gente, per i Fo' ? Cosa era un ragazzo di 19 anni sbriciolato a colpi di chiave inglese e lasciato ad agonizzare sull'asfalto di una Milano capitale della vergogna ? Nulla, per il nostro Premio Nobel, Ramelli era un fascista ed in quanto tale poteva essere ucciso a piacimento, come un animale nocivo, poiche', come si gridava a squarciagola nelle piazze in quel periodo: "Uccidere un fascista non e' reato". E Soccorso Rosso e la famiglia Fo' e la Rame erano fanatici sostenitori di questo imperativo...Uccidere i fascisti. Ed allora nel '72 viene massacrato a pugnalate Carlo Falvella, uno studente universitario di 22 anni, ed immediatamente Soccorso Rosso parte con la sua propaganda mefitica, velenosa incivile, infangando anche il ricordo di un bravo ragazzo pur di proteggere un altro assassino schifoso ma il culmine lo si raggiunge con l'"affaire" Mattei. 
 
Papa' Mattei e' un operaio. Un operaio missino, strano eh ? Eppure ce ne erano tanti. Viveva con la sua famiglia a Primavalle, un quartiere popolare di Roma ed era il Segretario della locale Sezione del MSI. Un uomo perbene, un padre amoroso, un lavoratore. Una famiglia perbene i Mattei, stimata e benvoluta nel quartiere, modesta ed onesta, dei bei figli. Il piu' piccolo, Stefano, ha nove anni. A qualcuno Mattei da fastidio, quella Sezione missina, nel cuore di un quartiere popolare da fastidio. Non e' tollerabile. Se ne parla dentro Potere Operaio ed un gruppo di giovani debosciati, tutti figli di famiglie ricche tra le quali spiccavano i Perrone, proprietari del Messaggero, decide di passare all'azione. A modo loro. Nemmeno le Hazet 36 questa volta. troppo pericoloso in quel quartiere, magari dalle case popolari sarebbero uscite persone in aiuto delle vittime e dunque decisero di ricorrere alla peggiore delle infamie. Bruciarli vivi. Una parte della famiglia riusci' a sfuggire al rogo, per i due fratelli Virgilio e Stefano, il bambino di nove anni, non vi fu nulla da fare. Morirono nella maniera piu' atroce. Bruciati vivi. Dopo poche ore gia' si sapeva tutto. Nomi e cognomi degli autori dell'epica impresa. Li sapevano a sinistra, li sapeva la Polizia e li sapevano i responsabili delle organizzazioni giovanili del MSI che con uno sforzo di disciplina immane rimasero comunque immobili, con l'arma al piede ma ci volle tutto il carisma di Giorgio Almirante per evitare una notte di San Bartolomeo perche' quei giovani, estenuati da uno stillicidio di morte che pareva non avere fine, intendevano farsi giustizia nella maniera piu' sommaria. Non appena il quadro fu chiaro, non appena vi fu la certezza che erano stati quelli di POTOP a commettere il misfatto, Soccorso Rosso e la Rame e la famiglia Fo iniziarono la loro opera infame, di disinformazione e di spargimento dei peggiori veleni. Mentre Jacopo, il figlioletto, una iena immonda con le peggiori caratteristiche del padre e della madre, pubblicava delle vignette nelle quali addossava la responsabilita' del rogo addirittura ad Almirante in combutta col Ministero degli Interni (“Ho provato dolore e umiliazione – starnazzo' Franca Rame - nel vedere gente che mente, senza rispetto dei propri morti”), mamma Franca scriveva un messaggio toccante a quel porco assassino di Achille Lollo, l'ideatore della strage. "Ti ho inserito nel Soccorso Rosso militante, riceverai denaro e lettere. Cosi' ti sentirai meno solo...". Testuale, ti sentirai meno solo....Il porco assassino. Quanto accadde dopo e' storia nota. I sei rampolli autori del crimine ebbero un trattamento giudiziario inqualificabile per il tipo di reato commesso e per una nazione civile. In uno dei processi vi furono scontri con i giovani del MSI che culminarono con la morte di un altro studente del FUAN, Mikis Mantakas, ed alla fine tutti si diedero ad una dorata latitanza e nessuno sconto' un giorno di prigione per quel delitto. Durante il periodo dei processi la Rame, per nulla pentita di quanto era avvenuto, nemmeno quando le evidenze erano palesi, trovo' anche il modo di scrivere un accorato appello al Presidente della Repubblica , Giovanni Leone, augurandosi che cadesse “la vergognosa montatura, ma intanto questo governo lo tiene dentro (Lollo), perché questo serve al sistema”. In questa infaticabile opera di inquinamento delle coscienze la famiglia F' non fu mai sola, parecchi di quelli che oggi rivestono ruoli di potere nell’industria culturale italiana provengono da quell’humus, ne fecero parte, e non sono pentiti. Gad Lerner, Giampiero Mughini, Erri De Luca, Paolo Liguori,  Paolo Mieli, tanto per nominarne qualcuno, hanno costruito un regime che per decenni ha messo al bando intellettuali di segno diverso. Quella cultura militante non è stata mai contro il potere. È stata ed è ancora l’incarnazione del Potere (anche economico) e la famiglia Fo' e' stata ed e' parte integrante di quel mondo.  Non si puo' quindi dimenticare o minimizzare  i danni e l’odio provocati da una certa cultura militante che non ha mai ritrattato. La Signora Rame, per esmpio,  non ha mai sentito il dovere in questi anni di ammettere di avere sbagliato con un certo tipo di solidarieta' e non ha mai chiesto perdono alle vittime. Se lo avesse fatto sarebbe stata diversamente giudicata in questo momento,  cosi' invece risulta solo oltraggiosa, anche da morta ed anche in questo tentativo di beatificazione, verso la sofferenza di tante famiglie e verso la vita negata a quanti sono caduti negli anni col sottofondo teatrale di quell’intolleranza incivile, a tratti sanguinaria.
 
Ammesso che fosse un'artista, l'arte non e' tutto, non giustifica tutto e non assolve da tutto, specialmente da un giudizio etico morale. Questo e' quanto, ed e' veramente tutto.

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