martedì 9 aprile 2013

Democrazia l'è morta



Da oggi sappiamo con assoluta certezza che, in questo Paese, la democrazia e la libertà di parola hanno espressamente tracciato il solco. La democrazia fornisce ai sudditi tutte le libertà che la plebaglia preferisce, meno quelle che contano davvero: indebitarsi per i telefoni cellulari di ultima generazione, violentare le proprie compagnette nei cessi delle discoteche, sovvertire ogni valore e ogni Tradizione nel nome del Dio Progresso e del Dio Dollaro. Ma c’è assolutamente una cosa che non si può fare: negare l’olocausto. La democrazia richiede solo ed esclusivamente un’unica e inevitabile prova di fede nei confronti dell’unica religione che ancora sopravvive in Europa, cioè quella olocaustica. 

Perché anche l’olocaustianesimo, come ogni religione che si rispetti, ha i suoi martiri (i sei milioni di ebrei uccisi), i suoi profeti (Primo levi, Hanna Arendth, Shlomo Venezia), i suoi demoni (Adolf Hitler, Benito Mussolini e le ideologie basate sulla sovranità nazionale), i suoi dogmi (sono stati uccisi coscientemente 6 milioni di ebrei, né uno di più né uno di meno; il Nazionalsocialismo è il male assoluto perché voleva uccidere tutti coloro che non erano biondi e con gli occhi azzurri) ai quali bisogna credere con fece cieca e ardente, senza fare alcuna domanda e addirittura senza alcun tentennamento, pena il dispiegarsi della Nuova Inquisizione fatta di magistrati e giudici al servizio della innominabile lobby. Perché a nominarla, questa lobby, viene quasi paura. Dobbiamo chiedere la partecipazione dei nostri lettori: non possiamo nemmeno dire di chi stiamo parlando: dovete arrivarci voi, da soli. 

Pensavamo che fossero finiti i tempi della Carboneria, quando si bussava di notte ad anonime porte di legno, volgendosi indietro timorosi che nessuno vedesse, e si pronunciava la parola d’ordine per entrare. Invece ci accorgiamo che, al confronto, i Carbonari, probabilmente, se la passavano meglio. Mille occhi elettronici che sorvegliano 24 ore su 24, i telefoni cellulari di chiunque di noi che sia ritenuto scomodo per il potere vengono intercettati costantemente (un Ministro dell’Interno, qualche anno fa, ci inserì anche nella lista delle organizzazioni terroristiche, noi che non abbiamo, in venti anni di attività, nemmeno un prescritto), e un onnipresente sistema giudiziario e di pubblica opinione che è pronto a rovinare la vita di chi osa contraddire l’unico dogma europeo, l’unico reato di opinione che vige in Europa dalla seconda guerra mondiale in poi, e per il quale si và in galera, senza sconti, e con procedure processuali velocissime, che nemmeno il delitto di Cogne, in cui un bambino di qualche mese è stato massacrato a coltellate, ha conosciuto.
Ma l’Italia non ha ancora ratificato la legge sul negazionismo, si dirà; l’Italia è ancora una dei pochi Stati in cui una legge simile, che nega chi ridimensiona fatti storici che vengono ritenuti unanimemente conclamati, non c’è. Una piccola isola felice, o quasi, insomma… Balle. Basta sempre derubricare il reato in incitamento all’odio razziale, tentata ricostituzione del Partito Fascista, violazione della Legge Mancino e dell’articolo della Costituzione, e qualche fesso da condannare esemplarmente lo si trova sempre. Non facciamoci illusioni: se non ci hanno ancora messo a tacere, se non ci hanno ancora arrestato in massa senza passare dal via, se non siamo finiti su tutti i giornali come dei pazzi criminali armati di spranghe pronti alla caccia al nero, è solo perché evidentemente non facciamo paura a nessuno. 

Ma basta poco. Questi qui si cacano addosso, garantito! Al processo contro Daniele Scarpino, Diego Masi, Luca Ciampaglia e Mirko Viola (quest’ultimo è stato l’unico ad aver avuto il coraggio di chiedere addirittura un contraddittorio in aula) c’era nientepopòdimeno che Riccardo Pacifici, il Presidente della Comunità Ebraica. Che diavolo ci faceva una delle più illustri personalità italiane, che và a braccetto con sindaci, premier e Capi di Stato, al processo contro quattro sconosciuti che avevano solamente espresso delle opinioni dalla pc della loro stanza? Semplice: voleva vedere, né più né meno, come andava a finire. Ha voluto accertarsi che quell’opera di propaganda e di demolizione sistematica dell’altro e delle sue idee, che comincia contro i pericolosissimi neonazisti italiani, per i quali qualunque pena non è mai sufficiente, e si conclude nei massacri di Gaza, che quell’opera sistematica di demolizione dell’altro, scrivevo, facesse il suo effetto, andasse a segno.
Che tristezza! In nome della tolleranza e dei diritti umani siamo sottoposti 24 ore su 24 ad una campagna mediatica che non conosce sosta, che invade tutti i libri, tutti i palinsesti televisivi, tutte le radio, che impegna tutte le Istituzioni, e poi basta che un ragazzo scriva davanti ad un pc perché si scateni la fine del mondo. Il tributo che la democrazia dovrebbe pagare a sé stessa dovrebbe essere quello della contestazione. Se lo pensavamo, ora sappiamo che non è così. 

Erving Goffmann ha magistralmente dimostrato come uno degli elementi costitutivi – e più affidabili – di ogni sistema repressivo sia quello di isolare gli elementi “sovversivi” mediante l’etichettatura del folle, del pazzo, dello psicotico, di modo che qualunque cosa detta da costoro sia marchiata alla fonte. Ci pensa la popolazione restante, instradata sul modello civile scelto e preparato dal Sistema, a svolgere un’opportuna funzione di controllo: sarà lo stesso popolino ad ammassarsi all’angolo della strada, aspettando il carro del condannato per poterlo riempire di sputi, di insulti e di contumelie. Sarà questo marchio a negare qualunque legittimità all’eretico, perché ne mina in partenza l’attendibilità e quindi favorirà il non-confronto.

Dobbiamo stare attenti e prepararci al peggio. La Nuova Inquisizione ha occhi e orecchie dappertutto, e basta il fascicoletto sul tavolo di un Magistrato perché possa cominciare la mattanza, per ora “solo” sociale, umana e politica. Ed ora che avete finito di leggere scuotete la testa e dimostratevi contrariati da quello che avete appena letto: probabilmente vi stanno guardando.

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