sabato 1 gennaio 2011

Note sulla morte di un soldato

Pubblichiamo qui di seguito lo scritto dell'amico e camerata Ettore Marano relativo alla tragica notizia del Caporal Maggiore Matteo Miotto, tragicamente morto in Afghanistan.

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Lasciando perdere le prefiche ipocrite che piangeranno, simili a coccodrilli o alligatori, la morte di chi hanno spedito a crepare mentre loro se ne stavano tranquilli a casa, solo per cupidigia di servilismo verso gli USA, ho da dire qualcosa su certi ragionamenti che sento...

Intanto a chi dice che Miotto era andato, come gli altri caduti in Afghanistan solo per soldi...( a parte il fatto che preferisco questa giustificazione a quella sono andati lì a portare la democrazia...) Mi viene da dire "allora?". Come diceva Nietszche, non c'è nulla di disonorevole nello scegliersi il pericolo come mestiere...

Solo che pur essendo la canzone il Mercenario di Lucera, specie nella versione degli SFS, una delle mie canzoni preferite, non penso che Bob Denard Steiner ed altri a cui come guerrieri faccio tanto di cappello siano stati dei Patrioti o dei difensori della razza bianca o dell'Occidente contro il Comunismo. Signori è morto un guerriero, non insultiamo la sua morte dandogli motivazioni patriottiche, che non ci sono...

Quindi adesso freddamente dobbiamo vedere quale può essere l'evoluzione dell'esercito Italiano, in questi ultimi tempi. Ovviamente l'aver fatto dell'esercito di leva un esercito di mestiere, ha portato benefici sul campo dell'efficienza.

Questo devono dircelo meglio dei camerati che sono ancora nell'esercito.

E che non dobbiamo allontanare, considerandoli tout court ascari degli USA, anche se è il ruolo che purtroppo occupano.

Sicuramente si sta formando uno spirito di corpo, specie fra coloro che sono in missioni agli esteri e che quando torneranno potranno essere equiparati agli ex-combattenti. Ora, storicamente, camerati, non vi ritornano alla mente alcune situazioni? Quando questo stato, questa repubblica, come è usanza di tutte le democrazie, si dimostrerà ingrata con loro,( ed è normale in quanto una democrazia diffida sempre di coloro che usan le armi, nelle trincee puo' formarsi un rude socialismo, non una democrazia parlamentare!) magari negandogli quei quattro soldi che erano per le loro famiglie, oppure perchè li processeranno, presi da sussulti moralistici , per ciò che avranno dovuto eventualmente fare, ( signori la guerrra è guerra, ed i soldati italiani non fanno lì le dame di San Vincenzo, checchè ne dicano i pennivendoli!), quale sarà la reazione dei soldati? Non sarà vicina alla reazione dei reduci italiani del 1918, dei Freikorps, oppure andando ad un esempio "democratico" alla reazione dei soldati francesi durante le ultime fasi della guerra d'Algeria. Se ci consideriamo rivoluzionari, per me sarebbe cretino, alienarsi gente che le armi, necessariamente, le sa usare...Deve essere la nostra una propaganda mirante a spiegare loro che i loro capi non meritano il loro sacrificio, il loro valore, la loro dedizione.

Guardate un po' che strano camerati, mentre scrivevo questa nota mi è arrivata in e-mail un articolo che in un suo commento il caporalmaggiore Miotto, di Thiene, aveva mandato il 4 novembre c.m.

Voglio ringraziare a nome mio, ma soprattutto a nome di tutti noi militari in missione, chi ci vuole ascoltare e non ci degna del suo pensiero solo in tristi occasioni come quando il tricolore avvolge quattro alpini morti facendo il loro dovere. Corrono giorni in cui identita’ e valori sembrano superati, soffocati da una realta’ che ci nega il tempo per pensare a cosa siamo, da dove veniamo, a cosa apparteniamo. Questi popoli di terre sventurate, dove spadroneggia la corruzione, dove a comandare non sono solo i governanti ma anche ancora i capi clan, questi popoli hanno saputo conservare le loro radici dopo che i migliori eserciti, le piu’ grosse armate hanno marciato sulle loro case: invano. L’essenza del popolo afghano e’ viva, le loro tradizioni si ripetono immutate, possiamo ritenerle sbagliate, arcaiche, ma da migliaia di anni sono rimaste immutate. Gente che nasce, vive e muore per amore delle proprie radici, della propria terra e di essa si nutre. Allora riesci a capire che questo strano popolo dalle usanze a volte anche stravaganti ha qualcosa da insegnare anche a noi.” Camerati, vi sembra questa la lettera, vi sembra questo il modo di pensare di un ascaro?Quest'uomo poteva essere un ottimo militante nazionalrivoluzionario, perchè ne aveva tutte le potenzialità!!

Non commettiamo l'errore dei marxisti italiani, quando nel 1919, si alienarono, sputando addosso ai reduci, gli unici che la rivoluzione avrebberopotuto farla, e sotto la guida del Fascismo l'hanno fatta, sul serio!

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Ottimo, Andrea.
Dimitri

Andrea Chessa ha detto...

Grazie, i complimenti vanno prevalentemente al camerata Ettore Marano, autore dello scritto.

Nobis