domenica 27 giugno 2010

Sono Pacifici, dopotutto

C’era bisogno di rifargli un po’ il trucco, a questo Stato canaglia guerrafondaio e violento che di nome fa Israele. La cosiddetta “Operazione simpatia”, una gigantesca azione di propaganda che il povero popolo minacciato nella sua stessa esistenza sta portando in giro per l’Europa grazie ai potentissimi agganci che la onnipotente lobby sionista ha in tutti gli Stati europei, non riesce tanto bene. Anche a destra dell’Europa qualcuno comincia a seccarsi dell’arroganza degli eletti. E poi assaltare navi di pacifisti in acque internazionali, massacrandoli deliberatamente, non aiuta di sicuro.

Così ecco che a Roma l’innominabile lobby mobilita tutto l’entourage destrorso per ricordare il caporale Shalit. Chi è costui? Un soldato che, quattro anni fa, partecipava ad una operazione di guerra in territorio palestinese (una delle tante incursioni mordi e fuggi israeliane, che lasciano sul posto sempre qualche morto, spesso donne e bambini) e che è stato catturato. È presente Renato Zingaretti, il Presidente della Provincia di Roma; la Polverini, Presidente della Regione; il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, che di questi lieti eventi non se ne perde neanche uno; e poi Riccardo Pacifici, il Presidente della Comunità Ebraica di Roma; e insieme a questa allegra compagnia il “Bnai Brith Giovani”, organizzazione para-massonica riservata ai soli eletti, la Unione Giovani Ebrei Italiani (UGEI), e tanti altri simpatici filantropi. Tanto per gradire, l’inossidabile Gianfranco Fini, nelle stesse ore, era in Israele a prodigarsi in entusiastiche dichiarazioni di sostegno a favore degli eletti.

Tutti uniti insieme per spegnere le luci del Colosseo e protestare contro quei cattivoni dei palestinesi, che detengono da 4 anni un soldato israeliano catturato in una azione di guerra e non vogliono lasciarlo andare. Insomma: Shalit uno di noi, gli hanno concesso pure la cittadinanza onoraria del Comune di Roma.

A ricordare che per un Shalit nelle mani di Hamas ci sono più di undicimila (si, avete letto bene: 11.000) palestinesi illegalmente detenuti nelle carceri israeliane, spesso bambini (per Israele tutti i maschi, dai dodici anni in su, sono potenziali nemici), brutalmente torturati e seviziati, spesso imprigionati in condizioni disumane senza neanche conoscere la ragione del loro arresto, ci ha pensato la “Rete di solidarietà con il popolo Palestinese”: una rete, per l’appunto, formata da varie organizzazioni pro-Palestina, che si occupa di sensibilizzare i cittadini e le istituzioni sulle condizioni disastrose in cui versa la popolazione di Gaza e della Cisgiordania a causa del criminale comportamento israeliano. E, sia detto per inciso, ho già scritto, e non faccio fatica a ripetere, che è a dir poco seccante che la questione palestinese sia stata lasciata definitivamente in mano dei comunisti e dei loro sodali, dei quali conosciamo ormai bene l’ipocrisia e la doppiezza.

Ma ecco cosa dice un testimone in merito ai fatti di cui stiamo trattando, Youssef Salman: «Quando siamo arrivati erano quasi le 23, c’erano le camionette dei carabinieri, la Digos ecc. allora abbiamo deciso che per mandare il nostro messaggio era meglio la scalinata del Campidoglio per appoggiare le nostre candele. Avevamo appena cominciato ad accenderle, nessuno gridava o lanciava slogan. Io ero a metà della scalinata con una bandiera palestinese in mano, che mi sono saltati addosso, uno mi ha strappato la bandiera poi altri 4 o 5 sono arrivati su di me e mi hanno aggredito a pugni e calci. Tanti pugni e calci che non li ho contati più. Ferito, ho provato rabbia non per me ma perché vedevo questo gruppo di una quindicina di persone, molti con i caschi, prendere a calci e pugni le tante ragazze del presidio». Dei ragazzi appoggiano delle normalissime candele (notoriamente oggetti dal significato profondamente antisemita) sulla scalinata del Campidoglio, e vengono aggrediti da una vera e propria squadra punitiva (criticano tanto le squadre d’azione di Mussolini, ma sembra tanto che quei metodi piacciano anche a loro, quando si tratta di utilizzarli contro gli avversari). I giornali danno la notizia dell’evento, ma lo qualificano come “rissa”. Ora, se prendiamo un normalissimo vocabolario e leggiamo il significato di questa parola, scopriamo che si parla di rissa quando due contendenti si affrontano uno contro l’altro, con l’espressa volontà di farsi reciprocamente del male. Ma qui sembra di capire che non ci sia alcuna rissa, bensì una vera e propria aggressione da parte di una squadraccia filo-israeliana contro dei ragazzi che, semplicemente con striscioni e candele, manifestavano a sostegno della causa palestinese. Il tutto mentre la Polizia e la Digos guardano lo spettacolo, senza accennare la benché minima reazione se non qualche decina di minuti dopo che si è consumato il pestaggio. Il risultato di questa vile aggressione sono sei feriti, diversi dei quali ricoverati in ospedale. E sono tutti tra i pacifisti, il che la dice lunga sulla presunta “rissa”.

Ora, proviamo a pensare se fosse accaduto il contrario. Se, cioè, durante una manifestazione, degli attivisti filo-israeliani vengono aggrediti da dei pacifisti di sinistra, picchiati selvaggiamente sotto lo sguardo impassibile della Polizia, per poi dileguarsi impunemente mentre i portavoce dei pacifisti minimizzano l’accaduto, rifiutando di chiedere scusa, anche in maniera simbolica.

Riuscite ad immaginarvi il coro unanime di indignazione della politica, dell’opinione pubblica, dei mass media? Le accorate prese di posizione di Pacifici, gli speciali alla TV sul pericoloso ritorno dell’antisemitismo? Fiamma Nirenstein che riunisce con celerità comitati di emergenza per fare nuove e repressive leggi onde arginare questa pericolosa piaga?

Insomma: chi non ha ancora portato il proprio cervello a rottamare vede con chiarezza che, sulla questione palestinese come per tante altre cose, la politica italiana usa due pesi e due misure.

Ma non basta: a ciò si aggiunga anche un’altra cosa. Non è affatto la prima volta che le squadracce sioniste si attivano con spranghe e bastoni per seminare il terrore fra gli avversari politici. Andando a memoria basti ricordare cosa accadde al processo contro Erich Priebke, dove la violenza della teppaglia sionista romana si riversò non solo in Tribunale ma anche nelle strade vicine allo stesso. Eventi di violenza e di guerriglia che la famosa teppaglia ripeté quando al novantaduenne Priebke furono concessi gli arresti domiciliari. E la stessa teppaglia si distinse anche nel 2007 a Teramo, in occasione della conferenza sull’olocausto tenuta dal Prof. Faurisson (che fu selvaggiamente picchiato e ricoverato in ospedale), che ha la sola colpa di pensarla sull’olocausto diversamente dai sionisti romani.

E tanti altri episodi si potrebbero citare. Tutti con un elemento in comune: nessuno di questi teppisti e di questi violenti e fanatici risulta essere stato mai fermato dalla Polizia, inquisito, arrestato o denunciato. Totale arroganza e impunità.

Le istituzioni, la Polverini e Alemanno, dimostrano dal canto loro, se mai ce ne fosse nuovamente bisogno, come nella destra romana e italiana la questione palestinese sia ben lontana dall’essere affrontata con un minimo di obiettività e come si preferisca adottare una linea acriticamente e sfacciatamente favorevole ad Israele, sempre e comunque.

Nessuno, né da parte delle istituzioni né da parte della Comunità Ebraica, ha ben pensato di chiedere scusa o di dissociarsi dall’accaduto. Addirittura il Presidente della Comunità Ebraica romana, Riccardo Pacifici, ha accusato i manifestanti di aver utilizzato slogan antisemiti e insulti. Il che, ammesso e non concesso che sia vero, farebbe comunque meno male delle costole incrinate e delle fratture sul volto che hanno riportato diversi manifestanti. In seguito Pacifici si è rifiutato di chiedere scusa o di dissociarsi dall’accaduto, affermando che “Saranno le forze dell’ordine a decidere se chiedere scusa o no”. E, giusto per non farsi mancare nulla, ha anche arrogantemente invitato i manifestanti ad andare tutti insieme a Gaza a visitare Shalit. Dimenticandosi, ovviamente, di ricordarsi anche degli undicimila prigionieri palestinesi che sono illegalmente detenuti nelle carceri israeliane. Sono Pacifici, dopotutto.

6 commenti:

ettore ha detto...

caro Andrea, fino a che, si andrà ad affrontare i giudei pensando di essere protetti dalle istituzioni saremmo sempre cornuti e mazziati. la mi constatazione è sostenuta dai ricordi dei fatti che avvenivano durante le manifestazioni nei primi anni degli anni settanta...Le prossime volte si cerchi di fare in modo che le qudracce dei giudei trovino pane ( azzimo!9 per i loro denti....

Andrea Chessa ha detto...

Concordo, Ettore.

Fosse per noi...

Anonimo ha detto...

www.memorialedellashoah.it

ettore ha detto...

c'era una comunità ebraica in sardegna che è stata deportata? questa mi giunge nuova...E di grazia cosa c'entrano i palestinesi? Se Andrea mi facesse un torto, potrei fare un mazzo così a te, ed ogni critica verrebbe messa a tacere da quello che Andrea mi ha fatto? Fammi capire, dato che ogni volta ci si azzarda a criticare Israele uscite fuori con sta menata della Shoah!

Andrea Chessa ha detto...

Ettore,
questo è un lettore che rimane rigorosamente nell'anonimato e che, ogni qualvolta io scriva un articolo riguardante Israele, interviene solo ed esclusivamente scrivendo questo sito. Ciò ci fa capire molto bene il suo modo di ragionare: basta un collegamento alla Shoa, e tutto quello che scriviamo viene sminuito, ai suoi occhi, come per incanto. La Shoa come randello morale da utilizzare per metterci a tacere: niente di nuovo sotto il sole. Sarebbe sicuramente più interessante se questo anonimo lettore ci dicesse anche il suo parere, senza limitarsi al compitino per casa.

Contrariamente ai sostenitori del sito che ha citato, che vorrebbero metterci a tacere con leggi speciali perchè abbiamo l'ardire di non credere ai dogmi storiografici che vogliono imporci con la coercizione, qui Lui e chiunque altro può esprimere liberamente il suo parere.

Un saluto

Anonimo ha detto...

ci manca solo il museo della shoah in sardegna Adesso e siamo apposto ... andiamo bene ...

Salvatore .