Nuovi tagli alla spesa pubblica; nessuna diminuzione
delle tasse (come le odiose accise sul carburante, che in meno di una decina d’anni
sono aumentate del 50%); aumento delle tasse esistenti (come sigarette e
carburante); lotta all’evasione.
L’Europa chiama, l’Italia di Gentiloni e Padoan
risponde. Il leit motiv è sempre quello del “ce lo chiede l’Europa”, unito al
rispetto dei parametri di Bruxelles che azzoppano la crescita così tanto a
lungo desiderata e sempre rimandata.
Insomma, sul fronte fiscale pare proprio che l’anno in
corso sarà di lacrime e sangue: avremo servizi peggiori e che
contemporaneamente pagheremo di più, e saremo ulteriormente vessati da uno
Stato che definire rapace e vampiresco con i propri cittadini è dir poco.
Come se non bastasse, le notizie dell’ISTAT sul fronte
dell’occupazione sono tutt’altro che incoraggianti, e certificano il totale
fallimento del Jobs Act con cui Renzi si è giocato una parte della sua
permanenza al governo. Si registra un sensibile peggioramento della situazione
lavorativa italiana, con un aumento della disoccupazione (arrivata al 12%) e
quella giovanile che tocca e supera nuovamente il 40%; stabili gli occupati,
fermi al 57,3%.
L’unica cosa valida del Jobs Act, vale a dire gli
incentivi per le imprese che assumevano o che acquistavano macchinari nuovi per
le proprie attività, è ormai venuta meno: i fondi sono finiti, e pertanto la
situazione è ritornata ai livelli di partenza.
Se è vero che le cattive notizie non vengono mai sole,
ci pensa il Centro Studi Unimpresa a farci dormire ulteriormente sonni ben poco
tranquilli: 9,3 milioni di persone, in Italia, sono a rischio povertà. All’interno
troviamo anche i lavoratori occupati ma precari, il cui lavoro, cioè, non garantisce
loro un adeguato sostentamento e la possibilità di far fronte alle incombenze
economiche più elementari.
Ci aspettanto tempi brutti.
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