Se qualcuno nutrisse ancora dei dubbi sul potere intimidatorio
e finanche mafioso che i centri sociali e gli antifascisti militanti esercitano
su quel che rimane del tessuto culturale italiano, forse la vicenda dei CUA di
Bologna potrebbe essere, se ancora ce ne fosse bisogno, l’ennesima dimostrazione
di tale evidenza.
A Bologna, in Italia, nel nord Italia, per anni si è
tollerata l’esistenza di una sorta di terra di nessuno dove la civiltà e la
legge si sono ben guardate dall’entrare. Nella Biblioteca dell’Università di
Lettere della Facoltà di Bologna, per anni, tutta l’immondizia umana più
disgustosa e più immonda ha trovato rifugio: clandestini, spacciatori,
immigrati, drogati, punkabbestia, hanno eletto il simbolo della civiltà – quale
dovrebbe essere, appunto, una qualunque Biblioteca – come luogo prediletto per
bucarsi, spacciare droga, consumare rapporti sessuali (in cui non sempre era
necessario il chiaro consenso delle ragazze che avevano la sfortuna di
incappare in simili teppisti), bivaccare. Ad imporre la sua presenza mafiosa,
per anni – giova ricordarlo – sempre il CUA: il Collettivo Autonomo
Universitario, formazione studentesca universitaria di estrema sinistra,
formata dai più disgustosi e violenti antifascisti, quelli sempre in prima fila
negli agguati contro i “neri” (rigorosamente in dieci contro uno, ovviamente!),
sempre pronti a rovinare le manifestazioni di destra o non apertamente
riconducibili all’area antagonista, sempre pronti allo scontro con le forze
dell’ordine, con i Fascisti, e via dicendo.
Già qualche anno fa avevo avuto il sentore di questo
clima di terrore. Ricordo che un camerata, dirigente del MFL, mi disse
chiaramente del “cazziatone” che fecero ad uno dei nostri, colpevole di essere
andato a volantinare nella zona del CUA (perché questi hanno le loro zone
operative, né più né meno come quella mafia che tanto sostengono a suon di
canne, pasticche e droga) senza una adeguata protezione. Il camerata mi
raccontava di questo pazzo che aveva avuto il coraggio addirittura di rischiare
la pelle, “Perché se ti prendono da solo ti riempiono di botte, e se riesci ad
andare via in ambulanza sei già fortunato”. Mi colpì il modo di parlare del
camerata: era una cosa assolutamente normale che andare a volantinare nelle
zone del CUA fosse considerata un’azione da pazzi squilibrati, quasi un
suicidio. La cosa era assolutamente normale, come è normale la presenza della
mafia in diverse zone del sud. E spesso, in quanto ad organizzazione e modalità
di attacco contro le forze politiche nemiche, non c’era nemmeno così tanta
differenza.
Tale situazione, si diceva, è stata tollerata per anni.
Ultimamente, però, le denunce di quanto accadeva all’interno della Biblioteca
si sono fatte sempre più gravi: aggressioni sessuali alle ragazze che si
attardavano a studiare, drogati che si bucavano “tranquillamente” tra i banchi,
incontri tra omosessuali, e via dicendo.
Quando la Facoltà di Bologna si è decisa ad intervenire
con l’installazione di appositi tornelli – “costringendo” gli studenti ad avere
un badge per l’ingresso o a dichiarare i motivi del loro ingresso (cosa che
accade in tutti i posti civili, non solo nelle biblioteche), il CUA, per tutta
risposta, ha distrutto i tornelli, costringendo il Rettorato a chiamare la Polizia.
Il resto è cronaca dell’ultimo periodo: una vera e propria guerriglia urbana
che si è conclusa solo dopo diverse ore di lotta corpo a corpo tra gli
estremisti di sinistra e le forze dell’ordine, con i locali completamente
devastati e diverse persone (tra le quali studenti che si sono trovati tra le
due opposte fazioni nel momento in cui queste venivano a contatto) costrette a
ricorrere alle cure del Pronto Soccorso. Non solo, la lotta è continuata anche
sui social network, con una vera e propria campagna intimidatoria condotta,
sempre dalle pagine social del CUA, consapevole della propria impunità
guadagnata in anni e anni di amministrazioni di sinistra, contro quelli
studenti che hanno avuto il coraggio di lodare l’intervento armato delle forze
dell’ordine per porre fine ad una situazione di degrado e di illegalità
talmente diffusa da essere diventata la norma.
Eppure, nonostante questa massa di criminali e di
teppisti abbia favorito all’interno di locali di proprietà di una nota
università italiana ogni genere di atto illegale, nonostante abbia ingaggiato
uno scontro militare contro le forze dell’ordine, nonostante anche dopo ciò
abbia continuato la propria guerra di linciaggio mediatico contro quelli
studenti che hanno lodato l’intervento di Polizia e carabinieri per riportare i
locali dell’Ateneo ad una situazione di normalità, nonostante tutto ciò il
Collettino Universitario Autonomo ha vinto.
Il rettore dell’Alma Mater, Francesco Ubertini, ha
deciso di non proseguire con l’installazione dei tornelli in Biblioteca. Tornelli
che, lo ricordiamo, erano già stati precedentemente installati e subito divelti
e rovinati dalla canaglia di sinistra.
Ora, gioverebbe fare sempre lo stesso giochino: come
sarebbero andate le cose se si fosse trattato dell’opposta parte politica? Se,
cioè, un collettivo universitario dichiaratamente di destra avesse eletto i
locali di una Biblioteca universitaria a propria stabile dimora, favorendo la
diffusione di ogni tipo di illegalità, distruggendo i locali del Rettorato,
ingaggiando uno scontro violentissimo con la Polizia e minacciando, infine, gli
studenti dalle pagine dei propri social network? Potete ben immaginarlo, ovviamente.
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