giovedì 31 dicembre 2009

Cosa sta succedendo in Iran? (parte 1)

***** Parte 1. La seconda parte è disponibile qui: http://chessaandrea.blogspot.com/2009/12/cosa-sta-succedendo-in-iran-parte-2.html

Come interpretare la situazione iraniana?




Partiamo da un presupposto fondamentale: non essendo affiliato a nessuna loggia importante e non avendo contatti nei servizi segreti di nessun Paese è particolarmente difficile farsi una idea precisa della situazione. Pretendere di capire la situazione iraniana utilizzando solo i mass media ufficiali – semplici casse di risonanza degli apparati di potere – è da allocchi. Ma non bisogna neanche fidarsi solo ed esclusivamente della cosiddetta controinformazione di internet, che spesso agisce in parallelo all’informazione ufficiale (enfatizzando o sminuendo le informazioni, gonfiandone alcune e occultandone altre). Una sintesi di entrambe le voci può essere già più apprezzabile, ma deve essere anche suscettibile di verifiche e, perché no?, anche di marce indietro.


Comincio col dire che non credo alla storiella fantastica che ci propinano i mass media: il popolo eroico e vittorioso che lotta contro il perfido tiranno per portare se stesso sulla via della libertà. Questa è una visione di propaganda americana, surrogato di quelle trasposizioni cinematografiche dell’american way of life con le quali la mafia hollywoodiana ha cloroformizzato le menti delle ultime generazioni. Ma la realtà non è un film.


Sulle strade di Teheran, in questi giorni, si è riversata una folla scalmanata e vociante che, nel pieno stile della contestazione no-global occidentale, si è messa a sfasciare vetrine, ad incendiare macchine, a sparare contro le forze dell’ordine. È un modus operandi che noi occidentali conosciamo piuttosto bene, se pensiamo ai teppisti e criminali che si sono riversati a Genova nel 2001, in occasione del G8, mettendo a ferro e fuoco la città. Ma c’è un netta differenza tra le due cose: mentre i criminali di Genova erano (e sono) teppisti accorsi sul posto per dare fiato ai loro squallidi e anacronistici proclami antifascisti, questi “dimostranti” invece sembrano essere ben coordinati: prova ne sia che, dopo diversi giorni, le autorità iraniane non sono ancora riuscite a stroncare le proteste di una minoranza della popolazione che è certamente una minoranza, ma che è organizzata militarmente, coordina con un discreto successo le diverse componenti, e, cosa che ai più potrebbe apparire secondaria, effettua una capillare propaganda politica filo-occidentale utilizzando quell’importantissimo strumento che è internet, nonché due importanti social networks come Twitter e Facebook, parlando un inglese a dir poco perfetto come neanche riescono a fare i madrelingua.


La stessa Hillary Clinton ha candidamente affermato che gli Stati Uniti sono da tempo impegnati in un’opera di sostegno attivo alle organizzazioni antigovernative iraniane, ed hanno utilizzato, come strumenti di propaganda e di reclutamento, anche Facebook e Twitter; i gestori di quest’ultimo portale, in particolare, nelle settimane passate in cui si verificarono ancora scontri tra le autorità iraniane e la cosiddetta “onda verde”, ritardarono di un giorno le attività di manutenzione del sito proprio per poter permettere, nelle ore cruciali per il movimento sovversivo di protesta, l’attività del movimento stesso.


Non solo: la conferma arriva anche dal "Support for Civil Society and Rule of Law in Iran", un documento con il quale la Casa Bianca ha autorizzato lo stanziamento di 20 milioni di dollari alle organizzazione anti-Ahmadinejad.


Lo stesso Segretario di Stato, in un'intervista a Farred Zacharia della CNN del 9 agosto 2009, ha candidamente dichiarato: “Permettetemi di rispondere alla prima parte della sua domanda sulla nostra reazione. Vi è stato un altro aspetto molto importante. Non ci volevamo trovare tra le proteste e le manifestazioni legittime del popolo iraniano e il potere. E sapevamo che se si interveniva troppo presto, e troppo decisamente, l’attenzione avrebbe potuto oscillare e il potere avrebbe cercato di utilizzarci per unificare il Paese contro i manifestanti. E’ stata una decisione difficile, ma credo che, in retrospettiva, ne siamo usciti bene. Tuttavia, dietro le quinte, abbiamo fatto molto." Cosa hanno fatto dietro le quinte gli americani? Forse supportare gruppi sovversivi ed antigovernativi per cercare di mettere in difficoltà Ahmadinejad ed il suo governo o, peggio, per cercare di farlo cadere con rivoluzioni di massa?



La cosa, del resto, non deve stupire troppo: l’Occidente, e gli USA in maniera particolare, non si sono mai limitati a guardare dalla finestra l’evolversi della situazione nei Paesi in cui avevano e hanno particolari interessi politici, economici o geostrategici; sono sempre intervenuti in vari modi per “aiutare” la sorte a disegnare uno scenario favorevole alle esigenze occidentali: più libero mercato, meno nazionalizzazione, governi più filo-occidentali ed aperti alle politiche economiche neoliberiste della World Trade Organizaton. Le cosiddette rivoluzioni colorate negli Stati ex sovietici, ma anche gli avvenimenti italiani del secondo dopoguerra, ne sono una conferma.


L’Iran, del resto, non ha esitato a condannare il movimento sovversivo ispirato “dai sionisti e da Washington”.
Lo stesso ambasciatore inglese a Teheran è stato richiamato ufficialmente per spiegare la politica di Londra, che si è schierata senza mezzi termini con i rivoltosi.


Rivoltosi che, manco a dirlo, abusano sfacciatamente delle paroline magiche in nome delle quali l’Occidente si è macchiato, e si macchia quotidianamente in Iraq, Afghanistan, Gaza, delle atrocità più aberranti: diritti umani. Che cosa facciamo ogni giorno in nome dei diritti umani è sotto gli occhi di chiunque non abbia portato il proprio cervello alla rottamazione.


Una cosa, comunque, sembra assodata: questa rivoluzione non è così spontanea come la si vuol far apparire, e diverse potenze straniere sono coinvolte. Vuoi con i proclami via Facebook, vuoi con dollari che arrivano alle varie ONG stanziate nel Paese (e contro le quali l’Iran effettuò, qualche tempo fa, un’opera di “pulizia” che evidentemente non deve aver dato i risultati sperati), vuoi con l’attivo sostegno dei Paesi occidentali ai rivoltosi. Tale sostegno non è solo di tipo economico e politico, ma si esplica anche nel campo dell’informazione. Quell’informazione che tutta, senza eccezioni, ci fa apparire la contestazione iraniana come la coraggiosa lotta di un popolo per la propria libertà.


Ecco spiegata la incredibile attività di delegittimazione del Presidente Ahmadinejad – Presidente regolarmente e democraticamente eletto, vale la pena di ricordarlo – e le sperticate lodi che vengono fatte di Moussawi, un novello Che Guevara alla testa della rivoluzione. Ma chi è veramente Moussawi? Il mistero è presto svelato: ben introdotto negli ambienti del potere iraniano, fece con Khomeini la rivoluzione iraniana, fu una delle personalità più importanti di quello che fu un tempo il Ministero dell’Informazione Iraniano, che si rese responsabile di centinaia di migliaia di sparizioni, arresti arbitrari, uccisioni e torture contro i dissidenti politici. Non proprio un santo, insomma.


Si tenga presente anche un altro fatto, che a mio parere è spesso trascurato. È mai possibile che un popolo si rivolga, di colpo, contro quel potere che ha democraticamente eletto pochi mesi prima? Certo, si potrebbe obbiettare, se quel governo, col passare del tempo, peggiora progressivamente le condizioni di vita della popolazione. Obiezione giusta. Ma ricordiamoci che il governo di Ahmadinejad è stato eletto, con 11 milioni di voti di differenza (una percentuale enorme, che lo ha accreditato come uno dei leader iraniani più amati e più accreditati, almeno sul fronte interno), solamente sei mesi fa. A meno che un governo non incida pesantemente e violentemente nelle dinamiche politiche, economiche sociali della popolazione, causando il drammatico peggioramento delle condizioni di vita di quest’ultima, è estremamente raro che un governo possa perdere in soli sei mesi tutto quel vantaggio che le elezioni gli hanno conferito. E Ahmadinejad, sostanzialmente, non ha cambiato la propria politica.


È necessario farsi anche un’altra domanda, d’obbligo in avvenimenti come questi: a chi giova la rivoluzione iraniana ed, eventualmente, un cambio di governo?

*****Fine prima parte. La seconda parte è disponibile qui: http://chessaandrea.blogspot.com/2009/12/cosa-sta-succedendo-in-iran-parte-2.html

5 commenti:

Anonimo ha detto...

In Iran succede questo ( non ci sono stato,ma leggendo degli stati sudamericani)la classe industriale e' convinta che aprendosi all'occidente avra' maggiore possibilita' di arricchirsi ancora di piu'.Mentre non sanno che vivranno di briciole perche' il fondo monetario e la banca mondiale gli porteranno via tutto,alla fine si rifaranno sulla pelle di coloro che hanno beneficato del welfare che il governo di adesso gli da.Poi costoro sono doppiamente stupidi perche' si fanno manipolare dagli iraniani fuoriusciti che non vedono l'ora della rivalsa.Saranno trombati,vivranno come i ricconi colombiani dentro i bunker ma a pagare sara' sempre il popolo.
E' un mondo difficile.Bye bye.

Andrea Chessa ha detto...

Diciamo che anche lì hanno i traditori e i panciafichisti. Ma, a differenza di noi che li mandiamo in Parlamento, lì gli sparano addosso. Bisognerebbe chiedersi chi è più civile, ma per far ciò dovremmo rivalutare il nostro stesso concetto di civiltà.

Un saluto

Anonimo ha detto...

Giusto-)) pensa alle rapine nelle ville,non hanno mai tentato minimamente di toccare la casa di un politico,non so anche uno senza scorta,niente questi feroci rapinatori sanno stare al mondo.Loro(i nostri rappresentati)fanno la bella vita e per giunta sono anche arroganti pensa a a barbareschi che dice che 23.000 euro non gli bastano al mese? e il conflitto d'interesse di tutti i politici che lavorano e fanno i consulenti per banche e industrie? in sudamerica i sindacalisti muoiono come le mosche i nostri a stento finiscono in galera.Il tuo conterraneo cossiga durante il rapimento moro era impazzito e segretamente ricoverato perche' non sapeva se anche lui stava sulla lista "dei suoi amici" e' stata l'unica volta in cui hanno avuto paura e rispetto per la vita.
Ciao.

Andrea Chessa ha detto...

Questo perchè, come educazione degli italiani, noi non stiamo certi messi meglio degli iraniani. Partendo dal basso (prova solo ad uscire in strada: gente che parcheggia sui marciapiedi, auto che ti tagliano la strada, persone che ti insultano se non sgommi quando scatta il verde, persone che chiudono le poche rampe di accesso ai disabili) fino ad arrivare in alto (politici affaristi, collusi con la massoneria e la mafia - è molto più pericolosa la prima della seconda, a mio parere - uomini che si svendono per un pezzo di pane allo straniero).

Ed abbiamo i governanti che ci meritiamo: arroganti, ignoranti e prepotenti. Proprio come noi.

Un saluto

Anonimo ha detto...

Dissento.Il marcio viene sempre dall'alto.L'esempio e' formativo,tu obbedisci alle leggi dello stato,la famiglia e la scuola ti educano.Tu,almeno che non sei un genio,agirai e ti comporterai come sei stato educato.Esempio:le strade sono piene di buche,io governatore della regione x non li riparo cambio macchina mi compro il suv.Capito il concetto?
Ciao.
Giuseppe.