Leggo, divertito, una simpatica notizia che mi riporta indietro di qualche anno. Lo racconto con qualche imbarazzo – quello che oggi si definirebbe un innocente “outing” - ai miei (pochi) lettori, e anche a me stesso. Dal 15 al 20 luglio, a Sidney, si terrà l’incontro dei Papa-boys, i supercattolici devoti al Papa ed alla Chiesa; in vista dell’evento i bordelli, i troiai e i casini incrementano il personale ed i servizi. Simpatiche donne, gnocche, gentili e soprattutto disponibili, dietro congruo compenso sollazzeranno le giornate dei cattolicissimi giovini. Cattolici che più cattolici non ce n’è. Qualche mese fa parlai con uno di questi Papa-boys. Cercò di convincermi a seguirmi con questi argomenti molto spirituali e cattolici: “Vieni, caro Andrea, si tromba come dei matti!”
Apro una parentesi: il termine “cattolico” è molto diverso da “cristiano”. Mentre un cattolico – perlomeno in teoria – segue fedelmente gli insegnamenti ufficiali della Chiesa e dell’autorità autodefinitasi infallibile in tema di morale, il Papa, viceversa il cristiano ha una fede, cristiana per l’appunto, ma non necessariamente cattolica: può cioè differire dall’insegnamento cattolico in diversi punti (l’aborto, la verginità fino al matrimonio etc). Quindi coloro che si definiscono cattolici, ma che allo stesso tempo non seguono fedelmente gli insegnamenti della Chiesa, automaticamente non sono più cattolici. In sintesi, in Italia non c’è neanche un cattolico, ma si sa che in Italia le etichette piacciono più della coerenza, per cui tantissime persone si definiscono cattoliche, ignorando platealmente la dottrina della loro stessa Chiesa. Un po’ come per il Fascismo ed i Fascisti, insomma.
Questa notizia, scrivevo, mi riporta indietro a quando, intorno ai 17 anni, frequentavo la Comunità Neocatecumenale. Non guardatemi così. Tutti possono commettere degli errori nella vita, ed io ero anche molto giovane. C’è chi a 17 anni ascolta i Gemelli Diversi, chi si droga, chi si ubriaca, chi gira sul motorino senza il casco: io ero in Comunità Neocatecumenale e, a parte drogarmi e ascoltare i Gemelli Diversi, facevo tutte queste cose insieme. Ovviamente l’impegno spirituale che dedicavo alla Comunità era la minima, anzi la minimissima parte, in luogo di un impegno ben più terreno, cioè le conoscenze dell’altro sesso che nei cosiddetti “ritiri spirituali” – delle full immersion di alcuni giorni che ci vedevano pregare in qualche albergo di Provincia senza sosta – potevamo fare durante le ore notturne o del dopo pranzo. Ho grandi ricordi dei ritiri spirituali. Si incontravano personaggi di tutti i generi. Così ti poteva capitare di incontrare il povero skin-head cinquantenne pentito, con panzone, riportino e tre figli, che si chinava e chiedeva perdono per tutti i calci nel sedere dati ai comunisti nei bei tempi passati e per le sue idee così poco progressiste; nella mia diciassettenne mente si faceva già strada una parola: “traditore”. Oppure potevi incontrare uno dei migliori liberi professionisti di Cagliari proclamare solennemente una vita di castità ed ascesi, salvo poi, alla fine del ritiro, salire sul suo lussuoso SUV per andare alla sua villa da mezzo miliardo di vecchie lire. Oppure la sgualdrina della compagnia – quella sulla quale noi giovincelli spendevamo i nostri piccoli patrimoni in alcol per riuscire anche solo ad avvicinare – che si commuoveva davanti al racconto della Madonna, e così via. Il tutto condito da buonismo, pietà a buon mercato e filantropia spicciola, da mercatino delle pulci. Tutti i propositi fasulli e artificiali di castità, purezza, contemplazione divina e santità che noi ragazzi proclamavamo a mani giunte davanti ai candelabri e ai catechisti (“catechista” si definisce colui che officia la messa neocatecumenale) con solenne contrizione, svanivano nella notte o dietro i boschetti dei giardini dell’albergo. Dopo cena l’alcol scorreva a fiumi e noi ragazzi facevamo il giro delle stanze, cercando di mettere su troiai epici: ci ubriacavamo, qualcuno di noi trombava, qualcun altro riusciva a toccare un seno o una chiappa; per consolarti ci poteva scappare anche una slinguazzata, e tornavi ubriaco alla tua stanza convinto di aver compiuto una impresa. Qualche anno fa incontrai un camerata ex neocatecumenale pentito e contrito, come me, e gli chiesi: “Che cosa ti ricordi della comunità neocatecumenale?” E lui: “Che da quando me ne sono andato da lì non ho più trombato come allora. Che tempi!” Nostalgia canaglia, dico io!
Parlo per mia esperienza personale, non me ne vogliano i cattolici o i neocatecumenali: le persone che ho conosciuto lì sono tra le più losche, squallide e povere di spirito che abbia mai visto. Lì dentro avevo un amico, una persona che ritenevo un grande amico, colui che mi fece entrare nella comunità: anni dopo mi tradirà miseramente. Non vi dico i motivi, ma erano molto terreni, quasi “carnali”, oserei dire… Del resto si sa: Gesù aveva dodici discepoli e uno di loro lo tradì; noi, in Italia, andiamo sui settanta milioni. Ma non era solo lui, erano tutti così: la vita che facevano finta di avere davanti alla croce lasciava il posto, nella vita reale, ai più squallidi egoismi e voltagabbanismi, ad una condotta morale ricca di bassezze e povertà morale, politica, intellettuale e spirituale. Forse era proprio per questo che poi sentivano il dovere di consumare le proprie ginocchia a chiedere perdono. Probabilmente si sentivano sporchi e luridi dentro. Io, che avevo ben poco di cui rimproverarmi se non forse la mia ingenuità, e che ero stanco di pregare un Dio un po’ troppo distratto, dopo tre anni circa me ne andai, lasciando quella gente al loro destino. Cominciavo a maturare l’idea che, dato che Dio esita a mandare la sua giustizia qui sulla Terra, e fa si che ogni secondo qualche essere umano muoia, qualche donna venga violentata, qualche bambino venga violentato davanti alla telecamera per uno snuff-movie, qualche animale venga sventrato per farci strafogare o per darci i nostri “interni in pelle”, è ora di usare la nostra, di giustizia, mentre aspettiamo la sua. Non sentii più nessuno di loro. Mi chiamarono per un po’, invitandomi a tornare, fino a che non capirono che avevo deciso di smarrirmi definitivamente tra le selve oscure del peccato. Del resto cominciavo a seguire le file del “male assoluto”. Anche per i Papa-boys.
Apro una parentesi: il termine “cattolico” è molto diverso da “cristiano”. Mentre un cattolico – perlomeno in teoria – segue fedelmente gli insegnamenti ufficiali della Chiesa e dell’autorità autodefinitasi infallibile in tema di morale, il Papa, viceversa il cristiano ha una fede, cristiana per l’appunto, ma non necessariamente cattolica: può cioè differire dall’insegnamento cattolico in diversi punti (l’aborto, la verginità fino al matrimonio etc). Quindi coloro che si definiscono cattolici, ma che allo stesso tempo non seguono fedelmente gli insegnamenti della Chiesa, automaticamente non sono più cattolici. In sintesi, in Italia non c’è neanche un cattolico, ma si sa che in Italia le etichette piacciono più della coerenza, per cui tantissime persone si definiscono cattoliche, ignorando platealmente la dottrina della loro stessa Chiesa. Un po’ come per il Fascismo ed i Fascisti, insomma.
Questa notizia, scrivevo, mi riporta indietro a quando, intorno ai 17 anni, frequentavo la Comunità Neocatecumenale. Non guardatemi così. Tutti possono commettere degli errori nella vita, ed io ero anche molto giovane. C’è chi a 17 anni ascolta i Gemelli Diversi, chi si droga, chi si ubriaca, chi gira sul motorino senza il casco: io ero in Comunità Neocatecumenale e, a parte drogarmi e ascoltare i Gemelli Diversi, facevo tutte queste cose insieme. Ovviamente l’impegno spirituale che dedicavo alla Comunità era la minima, anzi la minimissima parte, in luogo di un impegno ben più terreno, cioè le conoscenze dell’altro sesso che nei cosiddetti “ritiri spirituali” – delle full immersion di alcuni giorni che ci vedevano pregare in qualche albergo di Provincia senza sosta – potevamo fare durante le ore notturne o del dopo pranzo. Ho grandi ricordi dei ritiri spirituali. Si incontravano personaggi di tutti i generi. Così ti poteva capitare di incontrare il povero skin-head cinquantenne pentito, con panzone, riportino e tre figli, che si chinava e chiedeva perdono per tutti i calci nel sedere dati ai comunisti nei bei tempi passati e per le sue idee così poco progressiste; nella mia diciassettenne mente si faceva già strada una parola: “traditore”. Oppure potevi incontrare uno dei migliori liberi professionisti di Cagliari proclamare solennemente una vita di castità ed ascesi, salvo poi, alla fine del ritiro, salire sul suo lussuoso SUV per andare alla sua villa da mezzo miliardo di vecchie lire. Oppure la sgualdrina della compagnia – quella sulla quale noi giovincelli spendevamo i nostri piccoli patrimoni in alcol per riuscire anche solo ad avvicinare – che si commuoveva davanti al racconto della Madonna, e così via. Il tutto condito da buonismo, pietà a buon mercato e filantropia spicciola, da mercatino delle pulci. Tutti i propositi fasulli e artificiali di castità, purezza, contemplazione divina e santità che noi ragazzi proclamavamo a mani giunte davanti ai candelabri e ai catechisti (“catechista” si definisce colui che officia la messa neocatecumenale) con solenne contrizione, svanivano nella notte o dietro i boschetti dei giardini dell’albergo. Dopo cena l’alcol scorreva a fiumi e noi ragazzi facevamo il giro delle stanze, cercando di mettere su troiai epici: ci ubriacavamo, qualcuno di noi trombava, qualcun altro riusciva a toccare un seno o una chiappa; per consolarti ci poteva scappare anche una slinguazzata, e tornavi ubriaco alla tua stanza convinto di aver compiuto una impresa. Qualche anno fa incontrai un camerata ex neocatecumenale pentito e contrito, come me, e gli chiesi: “Che cosa ti ricordi della comunità neocatecumenale?” E lui: “Che da quando me ne sono andato da lì non ho più trombato come allora. Che tempi!” Nostalgia canaglia, dico io!
Parlo per mia esperienza personale, non me ne vogliano i cattolici o i neocatecumenali: le persone che ho conosciuto lì sono tra le più losche, squallide e povere di spirito che abbia mai visto. Lì dentro avevo un amico, una persona che ritenevo un grande amico, colui che mi fece entrare nella comunità: anni dopo mi tradirà miseramente. Non vi dico i motivi, ma erano molto terreni, quasi “carnali”, oserei dire… Del resto si sa: Gesù aveva dodici discepoli e uno di loro lo tradì; noi, in Italia, andiamo sui settanta milioni. Ma non era solo lui, erano tutti così: la vita che facevano finta di avere davanti alla croce lasciava il posto, nella vita reale, ai più squallidi egoismi e voltagabbanismi, ad una condotta morale ricca di bassezze e povertà morale, politica, intellettuale e spirituale. Forse era proprio per questo che poi sentivano il dovere di consumare le proprie ginocchia a chiedere perdono. Probabilmente si sentivano sporchi e luridi dentro. Io, che avevo ben poco di cui rimproverarmi se non forse la mia ingenuità, e che ero stanco di pregare un Dio un po’ troppo distratto, dopo tre anni circa me ne andai, lasciando quella gente al loro destino. Cominciavo a maturare l’idea che, dato che Dio esita a mandare la sua giustizia qui sulla Terra, e fa si che ogni secondo qualche essere umano muoia, qualche donna venga violentata, qualche bambino venga violentato davanti alla telecamera per uno snuff-movie, qualche animale venga sventrato per farci strafogare o per darci i nostri “interni in pelle”, è ora di usare la nostra, di giustizia, mentre aspettiamo la sua. Non sentii più nessuno di loro. Mi chiamarono per un po’, invitandomi a tornare, fino a che non capirono che avevo deciso di smarrirmi definitivamente tra le selve oscure del peccato. Del resto cominciavo a seguire le file del “male assoluto”. Anche per i Papa-boys.
Chessa Andrea
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