martedì 18 maggio 2021

Gli italiani: come pecore al macello


È desolante constatare come, nonostante l’evidenza, l’italiano medio continui a credere ciecamente alla narrazione di regime, una vera e propria propaganda di guerra – “da” guerra! – martellante ventiquattro ore su ventiquattro che ha ridotto gran parte della popolazione ad una massa di decerebrati ipocondriaci. 

Chiuso nella sua doppia mascherina, con le mani impiastricciate di gel alcolico, l’italidiota medio guarda la tv di regime con lo stesso spirito con il quale guarda una partita di calcio. Saremo nuovamente in zona bianca? Potremo tornare alle 23 anziché alle 22? Saranno consentiti i tavolini all’aperto? Ogni velina di regime viene accolta con stupore o con rassegnazione: gli italiani sono prontissimi ad esultare per le vaghe aperture di un regime democratico che ha soppresso da più di un anno le libertà fondamentali così come sono altrettanto lesti, se la curva pandemica sale o l’indice RT si impenna dello zero virgola qualcosa, ad incolpare gli italiani irresponsabili che non rispettano le regole. Prima erano coloro che correvano sotto casa, poi i poveri cristi colpevoli solo di dover portare il proprio cane a fare i propri bisogni, poi i maledetti cultori dello Spritz.

Provare a parlare con queste persone – che ognuno di noi ha in casa (genitori, zii, cugini, vicini) – è letteralmente impossibile. Guai a far notare le incongruenze da malati di mente partorite da comitati scientifici e dal Governo Italiano (vi ricordate i “fate l’amore con la mascherina”, “evitate gli abbracci ed i baci”?); guai a chiedersi perché le prescrizioni anti-pandemiche alle quali hanno dovuto adeguarsi i ristoranti – che sono poi stati lasciati letteralmente morire di fame – valgano di giorno ma non valgano a cena (eppure non ci vuole certo un comitato tecnico-scientifico per capire che se si amplia l’orario di apertura dei ristoranti il rischio di contagio è minore); guai, soprattutto, a far notare come gli olocausti pandemici che da mesi predicono i soloni della catastrofe non si siano mai – dico mai – verificati nemmeno una volta. Ultimo, ma solo in ordine di tempo, l’assembramento dei trentamila tifosi che si sono riuniti in Piazza Duomo di Milano per festeggiare lo scudetto dell’Inter: sarebbe dovuta essere una carneficina, con cadaveri ammassati agli angoli delle strade come nemmeno con la spagnola, ed invece non è successo alcunché.

Nonostante tutto l’italidiota esulta per il coprifuoco esteso alle 23 o il permesso di spostarsi tra Regioni di colore diverso: esattamente come il carcerato esulta quando il secondino allunga di venti minuti l’ora d’aria per fargli fumare l’ultima sigaretta della giornata.

Il Covid19 ha assunto, in questo enorme e geniale esperimento di ingegneria sociale, le stesse caratteristiche del culto dell’olocausto: un vero e proprio insieme di dogmi ai quali bisogna ciecamente credere, pena l’infamante etichetta di “negazionista” e l’esclusione dal consesso sociale, grazie al quale sta venendo edificata una nuova civiltà basata sul rifiuto del pensiero, sull’automatismo sociale, sulla cieca obbedienza.

Si, con questa acritica massa di imbecilli il progetto non era impossibile, ma chi mai avrebbe pensato che sarebbe stato così facile?

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