lunedì 9 novembre 2009

Ma come sono Pacifici

Se il protagonista del gesto (dal sapore vagamente mafioso) di cui si parlerà a breve fosse stato un islamico, oppure un cristiano, sarebbe successo quanto meno un finimondo. Avremmo avuto gli speciali di Bruno Vespa, i servizi del Tg2, lunghissimi cortei che avrebbero invaso le nostre città per combattere contro il razzismo.

Se questo gesto avesse visto il suo autore come vittima, Riccardo Pacifici ci avrebbe messo in guardia dall’ “antisemitismo che ritorna”; l’Anti Defamation League avrebbe declassato l’Italia al rango di Nazione più antisemita di tutta Europa, in degna compagnia di Iran e Siria; qualche portavoce ONU avrebbe richiamato l’Italia a rispettare “i diritti umani e le più elementari forme di democrazia”, costantemente in pericolo nel nostro Paese.

Ma siccome questo atto di pura arroganza è stato compiuto da uno di coloro che appartengono alle eterne vittime, le uniche che hanno unilateralmente il primato della sofferenza e del martirio, allora si tace democraticamente.

Succede che a Cittanova c’è un incontro sull’Olocausto (l’unico, quello vero, l’originale che non si può più studiare perché “E’ avvenuto e basta”). Gli ospiti sono Riccardo Pacifici, rabbino capo di Roma, e Antonio Sorrenti, Presidente del Centro Studi sulla Shoa. Sono ospiti illustri, pertanto c’è grande attesa, grande interesse, c’è anche la stampa nazionale. L’incontro comincia, tutti i convitati cercano di prendere posto e prepararsi a seguire il convegno; si accendono le telecamere. Ma Sorrenti non può cominciare. C’è qualcosa che urta la sua delicata sensibilità. Più precisamente c’è una ragazza, lì tra gli ascoltatori, che sta compiendo un gesto esecrabile, un qualcosa di abominevole e profondamente antidemocratico che colpisce acutamente l’animo dell’illustre studioso. Che cosa mai starà facendo questa ragazza? Non starà mica sventolando una svastica? Si starà esibendo in qualche saluto nazista? No, no... E allora? Starà divulgando qualche libro di Irving o di Faurisson? Qualche pezzo di carta terrorista che infanga la memoria eletta? No, no… è qualcosa di molto peggio. Questa ragazza indossa una kefiah, il tipico fazzoletto palestinese che anche in Occidente tante persone indossano come elemento simbolico per dimostrare la propria vicinanza al popolo palestinese. Se questa ragazza indossa la kefiah non si può proprio continuare. “Se la tolga, io non posso assolutamente vederlo”, sentenzia il professore. C’è un attimo di sbandamento. Qualcuno, probabilmente un pericoloso antisemita, si chiede come un fazzoletto possa dare fastidio. Qualcun altro, un pericoloso terrorista sul quale probabilmente si stanno concentrando le Digos di tutta Italia, osa addirittura andare oltre con queste frasi blasfeme: “Cosa direste se qualcuno vi chiedesse di togliere la menorah dal banco dei relatori?” La menorah è il candelabro con sette braccia, tipico simbolo della religione ebraica. Morale della favola: la ragazza è costretta a togliersi la kefiah per non sollecitare ulteriormente il delicato animo di Sorrenti. Finalmente, rimosso il pericoloso simbolo antisemita, il convegno può incominciare in tutta tranquillità. Antisemiti permettendo, ovviamente. L’incontro si conclude. A suggellare il grande esempio di democrazia che è stato impartito il giorno, il rabbino riceve anche una pergamena a nome di tutto l’Istituto Scolastico: “Possa questa occasione essere l’inizio di un dialogo caratterizzato dal rispetto reciproco”. Come taluni intendono il dialogo, del resto, è stato ampiamente dimostrato.

Ma lo strascico di questa polemica rimane. Qualcuno vuole sapere dalla viva voce di Sorrenti quale oltraggio ci possa mai essere nell’indossare una kefiah. E il nostro ci regala una perla che resterà negli annali del calcio: “Non posso assolutamente vedere quel simbolo. Che volete? Ho anch’io le mie debolezze, come Marrazzo”. L’andare a trans, per Sorrenti, è uguale ad impedire ad una cittadina italiana che gode di pieni diritti di vestirsi come meglio crede, esercitando le sue legittime prerogative democratiche e di espressione del pensiero.

Ma provate, solo per un attimo, ad invertire le parti. Immaginate che ad un convegno, di qualunque natura (politica, culturale, economica), uno dei relatori si rifiuti di incominciare il suo intervento se prima uno degli ascoltatori non si togliesse la propria kippà. Che cosa accadrebbe? Potete immaginarvelo facilmente: ritorna l’antisemitismo! Una nuova ondata di razzismo! La democrazia è in pericolo! Si muoverebbe l’ONU, Frattini sarebbe in “prima linea”, Di Segni terrebbe un discorso in TV a reti unificate per metterci in guardia dalla terrificante minaccia.

Invece se a subire il sopruso è una persona che indossa una kefiah tutto tace; non si sente l’esigenza di urlare allo scandalo; Repubblica non lancia nessun allarme “democrazia in pericolo”.

Del resto, come intendano la democrazia certi “signori” l’abbiamo ampiamente capito. Ora i sacerdoti della religione olocaustica hanno fatto un importante passo avanti: non solo si perseguita chiunque osi anche solo dubitare del dogma olocaustico ufficiale; non solo si zittisce qualunque voce critica su Israele con le solite infamanti accuse; non solo si intimidiscono giornalisti, liberi pensatori, docenti o semplici cittadini con campagne di diffamazione e di intimidazione violente e ben orchestrate. Ora si è fatto un passo in più: il meccanismo di repressione e di intimidazione è talmente collaudato e ben oliato che anche il semplice indossare una kefiah non può essere tollerato. Non lo sopporto, dice Sorrenti, anche io ho i miei vizi allo stesso modo di Marrazzo. Ma tra andare a trans e impedire ad una cittadina italiana di vestirsi come meglio crede, vietandole i diritti garantiti di una Costituzione della quale ci si riempie spesso e volentieri a sproposito la bocca, c’è una differenza abissale. Ma nessuno sembra voler coglierla. Contro i personaggi che contano Repubblica non lancia i suoi strali mediatici e le sue campagne di diffamazione e di calunnia.

Aspettiamoci, a breve, delle leggi che oltre a depenalizzare l’andare a travestiti ci impediscano anche di mettere una kefiah.

Povero Sorrenti. Non possiamo neanche lontanamente immaginare quale e quanta sofferenza deve aver provato. Quella kefiah gli avrà forse ricordato le centinaia di migliaia di palestinesi massacrati dall’esercito sionista? Oppure i quasi 5 milioni che hanno dovuto abbandonare forzatamente le proprie case? Oppure i 1400 morti dell’ultima operazione di Israele, Piombo Fuso? O forse avrà pensato a qualche pericoloso palestinese scampato all’opera di intervento umanitario che Israele persegue così generosamente a Gaza? Non lo possiamo assolutamente sapere. Certe sofferenze sono così atroci e così difficili da sopportare che chi non le prova non può capire.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

I sionisti, nel gioco subdolo di mistificazione dei fatti hanno asservito ormai tutto il mondo occidentale con l'istaurazione di fittizi sistemi "democratici", hanno creato quella che viene chiamata la dittatura delle maggioranze, l'imposizione dell'idea maggioritaria. Un'idea di democrazia bizzarra questa intesa dai sionisti, non c'è altro da aggiungere. Oggi i "terroristi" sicuramente, secondo la logica dei contrari di stampo "democratico", sono i palestinesi come furono 64 anni fa gli "sterminatori" i due leaders italiano e germanico!!!
In alto i cuori!!!
Emil

Andrea Chessa ha detto...

Esatto. Hanno vinto la guerra, e noi siamo sotto la frusta di un severissimo padrone.