giovedì 29 gennaio 2009

I revisionisti lefebvriani: un'altra crepa nel muro della menzogna

Come molti sapranno, fanno scalpore in questi giorni le dichiarazioni di alcuni vescovi lefebvriani (vale a dire gli appartenenti a quel movimento cattolico e tradizionalista, fondato da Marcel Lefebvre, che non riconosce la validità del Concilio Vaticano II) in merito all’olocausto ebraico. Giorni fa, Papa Benedetto XVI ha deciso di togliere la scomunica a quattro vescovi lefebvriani.

Colui che ha dato fuoco alle polveri, qualche giorno fa, è stato il lefebvriano Padre Williamson. Ovviamente, se fate una rapida ricerca dell’argomento sui principali quotidiani italiani, gran parte dei sempre onestissimi giornalisti italici gridano di indignazione, scrivendo che Williamson avrebbe negato l’esistenza delle camere a gas. Niente di tutto questo, come al solito. Padre Williamson si è solo limitato a dire un qualcosa che un vasto numero di ricercatori e di storici pensa: che si, certamente le camere a gas sono esistite, ma che servivano per la disinfezione degli abiti dei detenuti e non certo per lo sterminio degli stessi.

Adesso la polemica ha un nuovo capitolo: a dar man forte a Williamson interviene Floriano Abrahamowicz, prete lefebvriano della comunità di Treviso, che specifica che non è chiara la funzione delle camere a gas naziste e che molto probabilmente queste ultime avevano dei compiti di disinfezione.

L’opinione pubblica si indigna: si taccia, in questi giorni, degli israeliani che impediscono ai camion della Croce Rossa di passare ai valichi di Gaza, lasciando caterve di feriti ad agonizzare nelle strade; si taccia della guerra in Rwanda che sta conoscendo, proprio in questi giorni e nel più assoluto silenzio dei mass media, un aumento della violenza e della barbarie indicibile… ma se qualcuno nega l’olocausto quello no, lo si esponga al pubblico ludibrio!

Gli esponenti della comunità ebraica si indignano; gli esponenti di quella israeliana pure (a proposito, ma sionismo ed ebraismo sono cose separate oppure dobbiamo farne un blocco unico? Che ce lo dicano!); i giornalisti ne approfittano per sparare qualche balla di circostanza (l’antisemitismo che ritorna, attenzione ai fantasmi del passato, stiamo tornando al 1938, e così via) sui loro pezzi di carta; la Chiesa, sempre indulgente quando si tratta di punire preti comunisti (come quel famoso prete no-global, di cui non ricordo il nome), preti pedofili o esigere rigore nei confronti degli immigrati clandestini, ci ha tenuto a ricordarci l’unico dogma che sente il dovere di difendere: quello olocaustico. E così via…

Tiriamo un po’ le somme. Quando qualcuno, in special modo nei mass media, afferma qualcosa di indimostrabile o di palesemente contrario alla verità accertata e provata, la soluzione è una, e molto semplice: una intervista ad un esperto dell’argomento, anche solo per qualche minuto, qualche piccolo approfondimento negli spazi di dibattito politico, e colui che ha detto la clamorosa falsità finisce nell’oblio collettivo, oppure, al massimo, viene sbeffeggiato ignominosamente. Del resto, per il mondo giornalistico trovare uno storico esperto di olocausto non dovrebbe essere un problema. Abituati ad intervistare tanti “esperti”, anche i più idioti, su qualunque moda o idiozia del giorno che permetta loro di riempire i propri telegiornali (a Natale dobbiamo sorbirci gli immancabili consigli per gli acquisti dei regali di Natale; in estate c’è l’immancabile nutrizionista, che ci suggerisce cortesemente di mangiare molta frutta e verdura e bere molta acqua; d’inverno l’illuminato medico, che ci consiglia di stare al caldo ed indossare abiti pesanti… e così via), dovrebbe essere relativamente semplice, per un giornalista, trovare uno storico ritenuto competente che, dati e fatti alla mano, sbugiardi i lefebvriani e i revisionisti, o negazionisti che dir si voglia. Qualche dato, qualche data, qualche cifra, e tutti zitti, lefebvriani inclusi: chiedete tutti scusa.

E invece niente di tutto ciò. Tutti chiedono pubblicamente una punizione esemplare per i revisionisti e per i negazionisti, ma nessuno ci dimostra, seppur sinteticamente, perché il presunto olocausto che dovettero patire gli ebrei nel secondo conflitto mondiale avvenne davvero. Va bene prenderlo per scontato e accontentarsi, dopo sessanta anni, di farci vedere qualche filmatino di repertorio, qualche giudeo che piagnucola davanti alle telecamere, qualche commemorazione per la presunta Shoà dove ci invitano a “non dimenticare” (e come potremmo, visto che l’olocausto e l’antifascismo sono le uniche due cose che tengono insieme, da sessanta anni a questa parte, questa repubblichetta di ladri, di puttane e di massoni?)… Ma se qualche eretico come Williamson osa pubblicamente sfidare l’unica religione esistente, quella dell’olocausto, qualche sforzo in più i solerti democratici nostrani potevano pur farlo! Un documento, una data, una cifra, qualcosa…

Qualunque sia la trasmissione che state guardando, o il giornale che state leggendo, notate una cosa: non vedrete mai uno storico che, dati alla mano, vi spiegherà come è avvenuto l’olocausto, perché si parla di sei milioni di ebrei morti e perché. Sono attentissimi a non cadere nel trabocchetto della discussione più propriamente “tecnica” riguardo l’olocausto. Se lo facessero, dovrebbero spiegarvi come mai il World Almanach dell’American Jewish Committee (importante e fortissima organizzazione ebraica americana), nella sua relazione del 1939, stabiliva in quindici milioni e mezzo la popolazione ebraica mondiale, mentre nel 1948 il New York Times faceva oscillare la cifra degli ebrei mondiali tra 15,6 milioni e 18 milioni di ebrei; dovrebbero spiegarvi come mai, se già dal 1938-39 cominciò la presunta opera di sterminio degli ebrei, fu permesso alla Croce Rossa di entrare ad Auschwitz per accertare le condizioni di vita dei prigionieri, che furono ritenute nell’insieme soddisfacenti; dovrebbero spiegarvi come mai, se come scrisse Primo Levi i nazionalsocialisti, appena poche ore prima dell’arrivo dell’Armata Rossa ad Auschwitz, bruciavano tutti i documenti comprovanti i loro orribili misfatti, chiesero agli stessi internati – tra i quali lo stesso Levi – se volevano unirsi alle colonne di tedeschi che abbandonavano il campo; dovrebbero raccontarvi delle relazioni che i Nazionalsocialisti e i Sionisti intrattennero, per anni, allo scopo di favorire l’emigrazione degli ebrei in Palestina, i Nazionalsocialisti sperando di liberarsi di quello che per loro era un problema ebraico, e i Sionisti sperando di formare i primi insediamenti che avrebbero poi costituito il futuro Stato di Israele; e dovrebbero spiegarvi, subito dopo, perché se i Nazionalsocialisti avevano progettato lo sterminio degli ebrei, permisero a migliaia e migliaia di loro l’evacuazione fuori dalla Germania; dovrebbero spiegarvi come mai, se lo sterminio era programmato e deliberato, più di 250.000 soldati ebrei servirono, spesso con onore e senso del sacrificio, nelle SS naziste: voi avete mai visto soldati che combattono per eliminare la loro stessa etnia? Se i sinceri democratici volessero sbugiardare i “revisionisti, dovrebbero spiegarvi anche come mai Fritjof Meyer, dalle pagine dello Spiegel, partendo dalla capacità di contenimento massima delle presunte camere a gas, e ipotizzando un funzionamento delle stesse camere a gas senza alcuna interruzione per tutto il tempo in cui furono attive, arrivò a contare poco più di 600.000 morti nei campi di concentramento nazisti; in altre parole sarebbe come se voi, avendo una automobile che può arrivare al massimo fino a 160 chilometri orari, guidaste dal momento in cui accendete il motore dell’auto fino al momento in cui lo spegnete perennemente a 160 chilometri orari: tale cifra sarebbe enormemente esagerata, e sicuramente nessuno di noi ha mai guidato per ore e ore sempre a 160 km/h con la propria auto. Se misurassimo il numero di chilometri da noi fatti con questo principio otterremmo una cifra incredibilmente più alta della strada effettivamente percorsa: eppure Meyer, con questo metodo, ha conteggiato un numero di morti nelle camere a gas naziste di molto inferiore a quelle della storiografia ufficiale.

Sono solo pochi spunti, ma dovrebbero darvi l’idea. Non aspettatevi questo genere di spiegazioni da Mentana, o su Sky TG24, o a Porta a Porta di Bruno Vespa. Sanno benissimo che non potrebbero mai spiegarvelo senza ammettere una verità lampante: che la Storia della seconda guerra mondiale, incluse le vere ragioni della guerra, lo sterminio degli ebrei, l’olocausto e via dicendo è stata scritta dai vincitori, mentre ai vinti è stata rifilata una Storia fallace e falsa. Ma non ve lo diranno mai. E’ molto più facile diffamare, calunniare e minacciare i revisionisti, piuttosto che confutare le loro tesi.
Cinquanta anni fa chi parlava di foibe, di eccidi comunisti e di stalinismo sanguinario era additato come “fascista”; il nostro stesso Capo dello Stato, mentre i carri armati sovietici entravano a Praga, parlava degli insorti anticomunisti come di pericolosi “controrivoluzionari”, salvo poi chiedere scusa cinquanta anni dopo, a massacri compiuti. Tra cento anni, forse, ci diranno che lo sterminio degli ebrei era una balla. Oggi come ieri: stesso nemico, e stesse tattiche.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

No Andrea, ti sbagli. per entrare nelle SS era richiesta l'appartenenza alla razza ariana. Escludo quindi che 250.000 ebrei vi abbiano fatto parte. E' la prima che sento. Cordialmente.

Andrea Chessa ha detto...

L'appartenenza alla razza ariana non era affatto vincolante; tant'è che nelle SS non militarono solo i 250.000 ebrei (leggi, a questo proposito, il testo "I soldati ebrei di Hitler" dello storico Mark Rigg) di cui ho detto, ma anche tantissimi slavi, indiani, orientali, caucasici e via dicendo. Tanto che le SS devono essere considerate l'esercito più multirazziale del mondo, con soldati e camerati di ogni provenienza che combatterono affianco ai soldati germanici per un nuovo ordine europeo.
Che si dovesse appartenere alla razza ariana è propaganda da History Channel...